Nota conclusiva al Dossier Ugo Fedeli

L’idea di questo piccolo Dossier nasce da una giornata di studi che si svolse nel maggio 2018 al Centro studi Piero Gobetti di Torino1. L’obiettivo del seminario torinese era di riconnettere, attraverso la riflessione storiografica, il Fondo Ugo Fedeli conservato a Casa Gobetti con gli altri, e più consistenti, giacimenti documentari relativi all’anarchico italiano, in primo luogo le Ugo Fedeli Papers depositate presso l’International Institut of Social History di Amsterdam2.

La documentazione torinese venne donata al Centro Gobetti dalla moglie di Fedeli, Clelia Premoli, a metà degli anni Settanta. Nei dieci faldoni che costituiscono il fondo sono conservate numerose riviste anarchiche italiane e straniere (soprattutto dei primi anni successivi alla Seconda guerra mondiale), opuscoli, tra i quali copie ed estratti delle numerose pubblicazioni di Fedeli successive al 1950, volantini e manifesti libertari e molti ritagli di stampa in lingua italiana e straniera su vari argomenti. Oltre a queste fonti a stampa, sono conservate alcune lettere e cartoline che restituiscono elementi preziosi del percorso di relazioni, di studio e di ricerca di Ugo Fedeli, ma in maniera estremamente frammentaria. In ragione di questa frammentarietà, era necessario ricostruire, da una parte, il percorso biografico di Fedeli e il suo intensissimo rapporto con il proprio archivio-biblioteca e, dall’altra, avere un quadro il più preciso possibile dell’articolato insieme di archivi, biblioteche e reti per la documentazione anarchica in Italia e all’estero.

Ugo Fedeli fa parte della terza generazione dell’anarchismo italiano, la più drammatica3. Una generazione di militanti nati negli anni Novanta del XIX secolo, che spesso si ritrovarono in trincea a vent’anni e chi ne uscì visse i decenni successivi nell’Europa segnata dall’ascesa dei totalitarismi e dalla crisi delle liberal-democrazie. A partire dalla Prima guerra mondiale la “grande Storia” piombò nella vita individuale in misura precedentemente sconosciuta, lasciando tracce indelebili. Il riferimento, qui, non è solo all’esperienza vissuta al fronte da parte di milioni di giovani europei, ma anche alla sorte dei rifugiati politici. La «caccia all’uomo» a cui essi vennero sottoposti, «indesiderati ovunque, sospinti da frontiera a frontiera, spesso verso la morte», è infatti da annoverare – secondo la lettura dell’anarchica russa Emma Goldman – fra gli orrori prodotti dalla Grande Guerra e che bolscevismo, fascismo e nazismo non fecero che accrescere4.

Esponente principale e di gran lunga più studiato di questa generazione è Camillo Berneri (1897). Proprio gli studi su Berneri mostrano una importante “transizione” metodologica: dall’uso del metodo biografico per ricostruire un movimento collettivo (in questo caso l’anarchismo) si passa all’uso della biografia per ricostruire una comunità più ampia: quella degli antifascisti all’estero5.

Altre figure militanti fortemente significative, riscoperte dalla storiografia solamente negli ultimi anni, sono quelle di Giovanna Caleffi Berneri (1897), Cesare Zaccaria (1897), Ugo Fedeli (1898), Clelia Premoli Fedeli (1899), fino ad arrivare ai più giovani di questa generazione: Pio Turroni (1906) e Alfonso Failla (1906)6, che fanno da “ponte” con le generazioni successive.

Si potrebbero sicuramente elencare altri nomi, ma quel che preme qui mettere in evidenza è che ad emergere con elementi di forte novità e originalità rispetto alla precedente storia del movimento anarchico è, in queste biografie, la dimensione familiare: il riferimento esemplare è a due grandi coppie di militanti, quelle composte da Camillo Berneri e Giovanna Caleffi, e da Ugo Fedeli e Clelia Premoli.

Non è questo un caso, bensì il frutto di un’epoca. L’esperienza dell’esilio, negli anni Venti e Trenta, coinvolse infatti interi nuclei familiari e fece emergere per la prima volta in maniera consistente una militanza al femminile. Di fronte alla disgregazione dei loro nuclei familiari, molte donne vicine agli ambienti antifascisti e di opposizione iniziarono un nuovo percorso e si assunsero responsabilità pubbliche prima riservate ai rispettivi compagni7. Casi esemplari sono quelli delle famiglie Berneri, Fedeli e Fabbri che confermano appieno come ai gruppi familiari spetti uno status politico8.

Crediamo che il metodo biografico e gli archivi di persona abbiano un valore antidogmatico. La varietà delle scelte individuali, dei percorsi di vita, delle contraddizioni personali, spesso non concordano con le grandi sintesi politiche e ideologiche. Ogni vita e ogni luogo da essa attraversato sono da interpretare come spazi aperti, la cui singolarità deriva da un processo continuo di relazioni personali e trans-locali «che mettono in gioco, che sfidano, gli stessi elementi identitari»9. E proprio Piero Gobetti, grande ideatore e creatore di riviste, da lui intese come laboratori e “ponti” tra posizioni, sensibilità culturali e correnti politiche diverse, invitava i giovani della sua generazione a interrogarsi sulla propria autobiografia, sulla propria storia personale, come se si trovassero di fronte a «un problema» da interpretare e risolvere, a un percorso a cui dare senso e significato10. Riflessioni che ancora oggi costituiscono uno stimolo a procedere in direzione della massima apertura e della più larga comprensione verso le posizioni radicali ed eretiche del XIX e del XX secolo.


Note

1 Carte e biografie del Novecento: l’anarchismo a Casa Gobetti. Giornata per Ugo Fedeli, Torino, Centro studi Piero Gobetti, 11 maggio 2018. Organizzazione scientifica di Carlo De Maria e Pietro Polito. Parteciparono ai lavori: Luigi Balsamini, Alessio Bottai, Emanuela Minuto, Marco Novarino, Giuseppe Rossi, Antonio Senta.

2 La fotografia di Fedeli e dei suoi libri che apre questa Nota conclusiva è tratta proprio dalle Fedeli Papers dell’Iish di Amsterdam.

3 Cfr. Giampietro Berti, Carlo De Maria (a cura di), L’anarchismo italiano. Storia e storiografia, Milano, Biblion, 2016, parte II “Le biografie e le generazioni”, con contributi di Carlo De Maria, Antonio Senta, Elena Bignami, Emanuela Minuto.

4 Emma Goldman, prefazione a Camillo Berneri, Pensieri e battaglie, edito a cura del Comitato Camillo Berneri, Paris 1938, p. 15. Fedeli incontrò Emma Goldman in Russia nei primi anni Venti.

5 Cfr. Mariuccia Salvati, Prefazione a Carlo De Maria, Camillo Berneri. Tra anarchismo e liberalismo, Milano, Franco Angeli, 2004, p. 9. E volendo ampliare il campo di analisi oltre gli steccati dell’anarchismo, aprendosi ad esempio al mondo più ampio del socialismo libertario, si potrebbe senz’altro comprendere nel quadro complessivo di questa generazione anche una figura di assoluto primo piano come quella di Andrea Caffi (1887), sul quale si veda la monografia di Marco Bresciani, La rivoluzione perduta. Andrea Caffi nell’Europa del Novecento, Bologna, Il Mulino, 2009.

6 Failla è uno dei grandi protagonisti, insieme a Emilio Canzi (1893) e a Umberto Marzocchi (1900), del contributo anarchico alla Resistenza nel 1943-45.

7 Cfr. Patrizia Gabrielli, Tempio di virilità. L’antifascismo, il genere, la storia, Milano, Franco Angeli, 2008.

8 Cfr. Carlo De Maria, Una famiglia anarchica. La vita dei Berneri tra affetti, impegno ed esilio nell’Europa del ’900, Roma, Viella, 2019; Eloisa Betti, Carlo De Maria (a cura di), Biografie, percorsi e networks nell’Età contemporanea. Un approccio transnazionale tra ricerca, didattica e Public History, Roma, Bradypus, 2018, parte II “Biografie di famiglia”, con contributi di Elena Musiani, Emanuela Minuto, Carlo De Maria. Alcune utili considerazioni di metodo in Paul Ginsborg, Ilaria Porciani, Introduzione a Famiglia, società civile e Stato tra Otto e Novecento, numero monografico di “Passato e presente”, XXI (2002), n. 57, p. 5-7.

9 Preziose da questo punto di vista le osservazioni di Christian G. De Vito, Verso una microstoria translocale (micro-spatial history), in “Quaderni storici”, n. 3, 2015, pp. 815-833.

10 Cfr. Piero Gobetti, La Rivoluzione Liberale. Saggio sulla lotta politica in Italia, a cura di Ersilia Alessandrone Perona, Torino, Einaudi, 1995 (1ª ed. 1924), p. 4.