Le false notizie da Marc Bloch al Web

Cento anni fa l’Europa era martoriata dal primo conflitto mondiale, durante quella carneficina lo storico francese Marc Bloch, andato al fronte come sergente, troverà lo spunto per delle importanti riflessioni sulla guerra e in particolare sul fenomeno delle false notizie largamente diffuso tra i soldati. Adesso che il fenomeno delle false notizie ha raggiunto con la rete livelli di diffusione amplissimi il lavoro di Marc Bloch ci appare ancora più attuale, e necessario, in quanto anticipa meccanismi di propagazione del falso ben presenti oggi. Internet ci consente in teoria di ottenere tutto ciò di cui abbiamo bisogno per soddisfare rapidamente i nostri bisogni informativi, tuttavia il Web pone sempre più un problema di controllo della qualità dell’informazione. Il falso infatti si nasconde dietro i meccanismi di produzione, di trasmissione e di ricezione dell’informazione, ed è quindi indispensabile comprenderli bene per utilizzare le fonti in modo critico, corretto e creativo. In questo articolo il nostro obiettivo è quello di mostrare, partendo dal libro di Bloch, come questi meccanismi di diffusione del falso siano ben più antichi della nascita di Internet ma che nella rete hanno trovato una nuova linfa vitale. Alla rilettura del saggio di Bloch abbiamo affiancato quella di alcune pubblicazioni specialistiche sul fenomeno delle fake news.

 

Lo storico dei conflitti mondiali

Il volume La guerra e le false notizie è diviso in due parti fondamentalmente diverse ma legate insieme da una profonda riflessione sulla Grande Guerra. Nella prima sono raccolti gli appunti di guerra del sergente Bloch nei brevi momenti di tregua negli anni 1914-1915; la seconda parte è una riflessione a guerra finita sul conflitto e per l’appunto sulle false notizie largamente diffuse al fronte. La guerra o meglio le due guerre mondiali sono state il centro della vita e delle riflessioni dello storico francese il quale ha combattuto nella prima con il grado di sergente, concludendola con il grado di capitano e con ben quattro menzioni. Dopo la guerra Bloch riprese il suo lavoro di docente universitario che abbandonerà solo nel 1940 in seguito ai provvedimenti antisemiti della repubblica di Vichy, in quanto di origine ebraica. Entrato nella Resistenza pagherà con la vita, sarà fucilato, la sua adesione alla causa anti-nazista.

La prima parte del libro descrive i combattimenti e soprattutto le sensazioni dei soldati francesi nelle trincee ed è di fatto propedeutica alla seconda parte più analitica. È infatti nella descrizione delle sensazioni di angoscia, di paura e di impotenza dei soldati che capiamo come si sia creata una base solida per la diffusione delle false notizie. La guerra di trincea è una guerra di logoramento, vissuta in condizioni al limite dell’umana sopportazione, qui si vivono sensazioni “subdole” in quanto il nemico è di fatto invisibile e può attaccare da un momento all’altro.

La seconda parte dell’opera si concentra in pieno sul tema del titolo, partendo dal fenomeno generale per arrivare all’evento particolare del conflitto. Nelle considerazioni generali Bloch rileva come per lo storico l’errore non è soltanto un corpo estraneo da eliminare ma è un oggetto di studio per comprendere la concatenazione delle azioni umane. Lo storico che cerca di comprendere lo sviluppo delle false notizie non può basarsi soltanto sui documenti, anche questi contagiati dagli errori, ma deve appoggiarsi alla psicologia. Nell’errore storico e nella falsa notizia l’uomo esprime i suoi pregiudizi, gli odi, le paure, insomma tutte le sue forti emozioni. Quindi anche lo studio del passato si deve basare sull’osservazione del presente, in quanto questi sentimenti sono ben vivi ancora oggi.

Attualmente i nostri timori, i nostri pregiudizi creano un ambiente favorevole alla creazione delle fake news, le quali si diffondono in maniera molto più rapida rispetto al passato per mezzo di Internet. Il falso non è un portato della rete, ma in Internet assume molte forme, ricche di sfumature e implicazioni complesse, che rendono difficile tracciarne l’evoluzione. Difficile infatti è capire la fonte di una notizia falsa e allo stesso tempo capire come si sia potuta diffondere. Come lo stesso Bloch notava il falso può essere erroneo o infondato, una notizia si diffonde cioè con la sensazione che sia vera ma può essere anche ingannevole, perché creata ad arte con uno scopo fraudolento.

 

Il falso infondato 

Le varie tipologie di falso sono oggi largamente presenti in rete, dal sito web ai social media, dalle riviste on line ai blog. Questo fenomeno è stato reso più semplice dal processo di disintermediazione che la rete ha messo in atto. Internet ha reso possibile la comunicazione diretta e reciproca tra autore e lettore, ha così progressivamente trasformato il modello tradizionale della comunicazione. Se infatti il libro a stampa ha un ciclo di vita complesso, con protagonisti l’autore, l’editore ma anche il distributore, il libraio e ovviamente il lettore, con la notizia in rete vengono meno i passaggi intermedi, che contribuiscono in modo determinante alla selezione di qualità dei prodotti. Il rapporto tra autore e lettore è diretto e non è detto che questo sia un elemento positivo. Oltre alla perdita di importanti filtri va sottolineata nelle informazioni in rete la presenza di un meccanismo che tende a far convergere su posizioni comuni persone con le stesse idee. L’ampia disponibilità di contenuti forniti dagli utenti nei social media facilita l’aggregazione di persone che condividono gli stessi interessi e la stessa visione del mondo. Ciò è aiutato dagli stessi algoritmi che regolano i social network e che tendono a creare vere e proprie comunità di utenti con gli stessi interessi, con il rischio di lasciarli intrappolati in “bolle” nelle quali la pluralità di informazioni della rete viene meno per essere sostituita da una sorta di pensiero unico. Il fattore principale di divulgazione di contenuti complottisti e pseudoscientifici è la presenza di gruppi di utenti omogenei che tecnicamente vengono definiti “camere di risonanza”. Quest’espressione è la traduzione letterale dell’inglese echo chamber che nei media indica una situazione in cui le informazioni, le idee o le convinzioni sono amplificate o consolidate dalla trasmissione o dalla ripetizione all’interno di un sistema chiuso, in cui visioni diverse o contrastanti sono censurate o sottorappresentate. È per questo motivo che le fake news si trasmettono tra utenti che mostrano una forte omogeneità con il rischio che una volta formatasi un’opinione errata una persona diventi molto riluttante a modificarla, considerando le informazioni corrette derivanti da una campagna di disinformazione.

Tornando all’opera di Bloch possiamo notare come la sua descrizione della trincea come camera di risonanza di false notizie si adatta bene al concetto contemporaneo di echo chamber. Anche in trincea, come più generalmente al fronte, gli stati d’animo dei soldati e il modo di pensare confluivano in una sorta di pensiero unico che fungeva da terreno fertile per il proliferare delle false notizie. Bloch ci narra due episodi interessanti accaduti sui due lati opposti del fronte. Il primo è la “leggenda dei rinforzi russi”. Nel 1914 in agosto si diffuse sia in Gran Bretagna che in Francia la voce infondata che migliaia di soldati russi si fossero uniti alle truppe anglo-francesi. Le cause di questa falsa notizia vanno fatte risalire allo stato d’animo del momento, era infatti grande il desiderio di vedere raddoppiato il fronte contro il pericolo tedesco e la fantasia popolare faceva affidamento alla Russia vista come una fonte inesauribile di soldati. A dare vita alla leggenda sarebbe stata la presenza di ufficiali russi in Inghilterra all’inizio del conflitto, la vista di uniformi insolite, una lingua sconosciuta parlata da soldati stranieri diedero vita a una psicosi che si accordava perfettamente con gli interessi di tutti.

Il secondo episodio registrato nella parte opposta del fronte prende in esame gli atroci racconti che giravano in Germania secondo cui i belgi durante la guerra si erano trasformati in vere e proprie “belve assetate di sangue”. La fantasia popolare collocava alla guida dei cosiddetti “franchi tiratori” i sacerdoti, cosa che turbò non poco anche il mondo cattolico tedesco, preoccupato di rappresaglie interne. È probabile che la resistenza e l’inaspettata (almeno agli occhi tedeschi) ostilità dei belgi all’invasione possa aver creato uno stato d’indignazione tale da far credere ai soldati qualunque fantasia. Ancora oggi permangono inconsapevolmente leggende e storie immaginarie un tempo cantate dai trovatori e menestrelli, poi riprese dalla letteratura e dal cinema, e oggi ovviamente dalla rete, che narrano di tradimenti, avvelenamenti e mutilazioni a danno di soldati feriti.

Bloch nel corso del suo testo arriva alla conclusione che a preparare il terreno alla diffusione di notizie infondate servono delle particolari disposizioni emotive e rappresentazioni intellettuali. A questo punto, su questa base, perché nasca la notizia falsa sarà sufficiente un evento fortuito o una percezione interpretata in maniera inesatta. Oggi tutto ciò è ancora vero, la nostra società è caratterizzata da un clima di generale malcontento, dovuto principalmente alla crisi economica, e a una scarsissima fiducia nelle istituzioni. Tutto ciò fornisce un terreno favorevole a fake news spesso nate per caso e rimbalzate nella rete tanto da diventare veri e propri casi politici. Dal tema dell’immigrato cattivo e violento alla dannosità dei vaccini le notizie si diffondono velocemente e trovano sostenitori insospettabili anche in fasce culturalmente elevate. In tal senso la rete non fa da filtro ma al contrario aiuta la diffusione del falso. I complessi algoritmi che regolano i motori di ricerca on line non analizzano la qualità delle informazioni ma al contrario seguono principalmente la quantità del flusso informativo. A una particolare richiesta la risposta sarà in base ai siti più visitati e non i più autorevoli. Non c’è da meravigliarsi se tra i primi risultati ottenuti digitando su Google la domanda “l’Olocausto è mai avvenuto?”, compariranno anche siti con posizioni negazioniste o comunque con contenuti molto ambigui. All’insipienza dell’utente medio di Internet che fa rimbalzare in rete qualunque “bufala” va però affiancato un fenomeno ben più inquietante, le false notizie create ad arte con scopi fraudolenti.

 

Il falso ingannevole

Il 2016 è stato l’anno nel quale la presenza di notizie del tutto infondate ha coinvolto due tra i maggiori eventi di politica internazionale, il referendum britannico per l’uscita dalla Unione Europea e le elezioni presidenziali degli Stati Uniti. In questo caso però le fake news più che diffuse con un particolare meccanismo spontaneo sono state create con un preciso obiettivo politico, manipolare il risultato del voto. L’impatto del fenomeno non è nuovo, come scriveva Marc Bloch talvolta può accadere che venga riprodotta dalla stampa una voce diffusasi del tutto involontariamente, il più delle volte però la falsa notizia è un oggetto prefabbricato, abilmente forgiata per uno scopo preciso, agire sull’opinione pubblica e obbedire a una parola d’ordine. Le false notizie sono quindi anche e soprattutto finzioni abilmente create da uomini ingegnosi per attirare l’opinione pubblica alle proprie idee. Nel caso della Grande Guerra vi era anche il decisivo apporto della censura che rendeva la stampa molto lontano dal descrivere la realtà per non minare il morale dei soldati e dei cittadini. Oggi nel mondo occidentale la censura non è più un problema ma nel proliferare di fonti la difficoltà è proprio quella di trovare quelle più credibili.

Nella campagna elettorale a favore del fronte del Leave tra le tante notizie inverosimili per lungo tempo è girata quella che il Regno Unito avrebbe in realtà risparmiato con l’uscita dalla UE ben 350 milioni di sterline a settimana. Una notizia decisamente assurda, moltiplicando la cifra per 52 settimane viene fuori un esborso che manderebbe in bancarotta qualunque Stato, eppure questa è finita anche sui manifesti elettorali e solo a urne chiuse è stata smentita dal leader anti-europeo Farage. Ancora più alto è stato il livello di fake news durante la campagna elettorale Clinton-Trump del 2016. Alcune sono state fabbricate a scopo di propaganda, altre invece sono nate per guadagnare introiti pubblicitari, ma successivamente sono state riprese, soprattutto sul fronte Trump, per screditare l’avversario.

Vediamo quindi come Walter Quattrociocchi e Antonella Vicini nel libro Misinformation spiegano la nascita delle false notizie create ad arte. Interessanti sono i casi di notizie che infiammano l’indignazione popolare e che puntano su un linguaggio vibrante e aggressivo facendo leva in particolare sul malcontento popolare. Per tale motivo spesso la fake news si affida a elementi di comparazione retorica sul genere “chi ha il potere dice questo e invece…” oppure “nel nostro paese avviene questo ma le cose altrove funzionano in altro modo…”, che hanno il principale scopo di instillare nel lettore il dubbio. A questo si aggiunge in genere la presenza di dati non corretti, senza una fonte attendibile o comunque molto vaghi ma che nel contesto “emotivo” nel quale la notizia viene raccontata appaiono a una prima occhiata credibili.

Tra gli esempi più recenti c’è la notizia rimbalzata per mesi tra i social network riguardante il fantomatico tratto autostradale Valmontone-Saluggia, in costruzione da anni con un costo stratosferico per la comunità, quando in un paese più efficiente come l’Islanda si sarebbe speso circa un decimo della cifra con la metà del tempo per ottenere lo stesso risultato. Chi ha creato questo falso ha usato in realtà la tecnica del troll, quella cioè di creare una parodia di informazioni totalmente infondate utilizzando lo stesso linguaggio ma inserendo elementi tanto assurdi da poter essere in realtà facilmente scoperti. L’Islanda non è infatti una pietra di paragone credibile, a causa del suo territorio ha un’unica grande strada nazionale e i 101 miliardi di euro millantati per la realizzazione dell’autostrada sono più di dieci volte quelli impiegati nella realizzazione della Salerno-Reggio Calabria. Eppure molti elementi hanno fatto sì che la notizia rimbalzasse da una parte all’altra della rete ottenendo parecchi consensi. Tra di essi sicuramente la forza evocativa dell’Islanda, una nazione che è stata capace di superare una forte crisi economica nazionalizzando alcuni istituti bancari in fallimento, un evento che ha favorito il sostegno dal basso e acceso l’immaginario di chi era arrabbiato e frustrato per come l’Italia e l’Unione Europea stavano gestendo il difficile momento. Dall’altro lato c’è l’Italia conosciuta per i suoi sprechi e per la lentezza e l’inefficienza nella realizzazione delle opere pubbliche. Insomma pur chiaramente falsa la notizia viene ogni tanto riproposta in pagine social o siti che dicono di andare genericamente contro il sistema e contro la classe politica. 

Al di là dello scopo più canzonatorio che fraudolento delle “autostrade islandesi” un caso del genere deve fare riflettere sul quanto sia facile accendere l’indignazione e la rabbia in rete con il rischio forte di spegnere la lucidità delle persone. Tutto ciò può essere usato a scopo politico per favorire un clima di malcontento contro le istituzioni capace poi di portare particolari risultati anche a livello elettorale. I rischi sono alti in quanto spesso le fake news hanno una forza evocativa che non hanno le smentite anche se ufficiali.

 

Conclusioni

Proprio durante la Grande Guerra, nel 1917, le campagne italiane furono percorse da un violento movimento contro i vaccini obbligatori, che provocò tumulti e proteste tanto da spingere molte famiglie di contadini a ritirare i bambini dalle scuole. La voce infondata che si diffuse fu quella che il Governo volesse praticare iniezioni avvelenate ai bambini per farli morire e ridurre così il consumo di generi alimentari. La stessa voce girava anche in Belgio e in Francia ma là le notizie sostenevano il coinvolgimento nell’operazione dei nemici tedeschi. Si susseguirono in tutto il territorio nazionale casi di famiglie che ritirarono i bambini da scuola perché convinti del pericolo delle vaccinazioni e solo con l’intervento diretto del ministro dell’Interno Vittorio Emanuele Orlando la situazione tornò gradualmente alla normalità.   

Le false notizie non sono nate con la rete e il libro di Marc Bloch ce lo ha dimostrato ampiamente. Sono cambiati sicuramente i meccanismi di diffusione delle notizie per merito o per colpa del Web. Ciò che lega le false notizie di oggi con quelle raccontate dallo storico francese, così come quelle che si diffusero nel 1917 in Italia, è il generale clima di malcontento in cui crescono. Allora era la guerra a creare un clima di sospetto e paranoia, oggi sono la crisi economica, l’emergenza immigrati e la perdita di autorevolezza di importanti istituzioni come l’Unione Europea a contribuire al proliferare delle fake news. Nell’appiattimento del processo informativo favorito dal Web certe narrazioni si sono fatte ancora più fantasiose e strampalate ottenendo però un potenziale di impatto e diffusione sorprendente e quasi inarginabile. Come Bloch ci mise allora in guardia dai pericoli delle notizie infondate, così anche oggi gli esperti della comunicazione ci esortano ad essere il più possibile critici verso le informazioni della rete con l’obiettivo di arrivare alla formazione di un pensiero complesso, analitico e consapevole, unico vero antidoto alla disinformazione.

 

Per approfondire

Carlo Bianchini, Come imparare a riconoscere il falso in rete, Milano, Editrice Bibliografica, 2017.

Marc Bloch, La guerra e le false notizie. Ricordi (1914-1915) e riflessioni (1921), Roma, Donzelli (edizione più recente 2004).

Jacopo Giliberto, La storia centenaria delle notizie false sui vaccini velenosi: ecco cosa accadde nel 1917, in “Il Sole 24 ore”, 6 settembre 2017.

Walter Quattrociocchi, Antonella Vicini, Misinformation. Guida alla società dell’informazione e della credulità, Milano, Franco Angeli, 2016.