Andrea Dresseno, responsabile dell’Archivio Videoludico della Fondazione Cineteca di Bologna, è laureato in DAMS Cinema all’Università di Bologna. Nel 2002 inizia a lavorare al Progetto Chaplin della Cineteca di Bologna, occupandosi della digitalizzazione e del trattamento del fondo cartaceo e fotografico appartenuto al cineasta inglese. Nel 2009 unisce esperienza archivistica e passione per i videogiochi per dare vita all’Archivio Videoludico, spazio dedicato alla conservazione e allo studio del videogioco. Collabora da anni con riviste e blog specializzati in videogiochi e cinema. L’intervista è a cura di Matteo Troilo.
Come nasce l’Archivio Videoludico? Qual è la sua storia?
L’Archivio Videoludico è nato dalla necessità di conservare un patrimonio, quello dei videogiochi, che rischia di andare altrimenti perduto. A differenza di libri e film, per i quali esistono spazi di conservazione deputati, il videogioco non è mai entrato all’interno di percorsi pubblici di preservazione. Qua e là emergono piccole collezioni custodite all’interno di biblioteche, ma con l’Archivio si è cercato di dar vita a un progetto strutturato di salvaguardia che coinvolgesse anche produttori e università. Conservare quindi, ma anche rendere fruibile il materiale, di modo che sia consentito a chiunque di accedervi e fare ricerca.
Il progetto nasce nel marzo 2009 dall’unione tra l’esperienza archivistica accumulata lavorando al Progetto Chaplin (che prevede la digitalizzazione e catalogazione dell’archivio cartaceo del grande cineasta, oltre al complesso restauro della sua opera cinematografica, ndr) e la mia passione per i videogiochi. Perché non applicare i principi archivistici anche al mondo dei videogiochi? Fermo restando che l’Archivio Videoludico non è propriamente un archivio, bensì una collezione, mi sono ritrovato ad affrontare alcune delle problematiche vissute dagli archivisti, vedi il tema della selezione, e ad applicare le conoscenze sviluppate in anni di lavoro sull’archivio Chaplin.
Cosa conservate?
L’Archivio conserva sia hardware che software, quest’ultimo sia in formato fisico che digitale. Sono 34 le piattaforme a disposizione del pubblico e circa 5100 i titoli consultabili (dato aggiornato a gennaio 2018). Tutti i giochi possono essere fruiti all’interno dello spazio della Biblioteca Renzo Renzi, in Piazzetta Pier Paolo Pasolini con entrata di fianco al cinema Lumière. Accanto al fondo dei giochi, gli utenti hanno a disposizione anche un fondo di libri, riviste, tesi e film legati al videogioco.
Chi è l’utente tipo?
Il pubblico dell’Archivio è molto variegato, per età e tipologia. Trattandosi di uno spazio principalmente di ricerca, il pubblico più giovane frequenta con meno assiduità gli spazi. Gli utenti sono spesso appassionati tra i 20 e i 30 anni; altrettanto spesso studenti universitari che stanno realizzando tesi o ricerche. C’è in ogni caso spazio anche per i bambini, accompagnati dai genitori. I videogame possono essere utilizzati solo in sede anche per evitare che eventuali copie finiscano nel mercato della pirateria.
Quali sono i progetti legati all’archivio?
Il fondo dei giochi è un punto di partenza. Nel corso degli anni si è sviluppata intorno al fondo una serie di attività ed eventi collaterali, che vanno nella doppia direzione di valorizzare l’Archivio e promuovere la ricerca sul videogioco. Vedi i percorsi didattici nelle scuole medie e superiori, volti a far dialogare il videogioco con le materie scolastiche; o ancora il Premio AV-Archivio Videoludico per le migliori tesi dedicate al videogioco, che si rivolge a tutti i laureati italiani. Ogni anno, a maggio, l’Archivio organizza inoltre Svilupparty, la festa degli sviluppatori italiani di videogiochi. Durante la tre giorni di Svilupparty la Biblioteca Renzo Renzi ospita sviluppatori provenienti da tutta la penisola, che hanno la possibilità di fare rete e di presentare il proprio lavoro al pubblico.
Quali sono le prospettive di sviluppo e valorizzazione dell’archivio?
Sicuramente l’obiettivo è quello di rendere ancora più strutturate le attività e diffonderne la conoscenza. Sul fronte didattico, si sta tentando di unire ai laboratori didattici in classe anche specifiche attività in biblioteca e in sala che coinvolgano i bambini, per esempio. In linea generale, l’intenzione è quella di proseguire le attività di studio portate avanti dall’Archivio e far crescere ulteriormente il fondo. La maggior parte dei videogiochi è stata inviata dagli stessi produttori ma non mancano le donazioni sia di software che di hardware (computer e console).
Come si fa a classificare un videogame?
In Archivio i videogiochi vengono catalogati per titolo, piattaforma, anno di pubblicazione, produttore e sviluppatore. Ogni scheda riporta anche il PEGI, ovvero l’età consigliata per fruire di quel gioco specifico. Il catalogo include anche la ricerca per soggetti. La voce “Sfoglia per Soggetto” raccoglie una serie di soggetti tematici, dalla A alla Z, prelevati dal Soggettario di cinema e precinema (Centro Sperimentale di Cinematografia, 2003) e parzialmente rivisti in chiave videoludica. Grazie ai soggetti l’utente può compiere ricerche a partire da numerosi temi di natura contenutistica e formale. Il soggettario è uno strumento in più a disposizione di chi fa ricerca: consente anche a chi non conosce bene i videogiochi di esplorare il fondo a partire dai temi di proprio interesse.
La sfida della conservazione digitale è quella di evitare l’obsolescenza cioè la possibilità che un file diventi illeggibile. Come fate ad evitare che un videogioco possa essere utilizzato con il passare del tempo?
In Archivio puntiamo sempre a utilizzare il gioco originale sulla piattaforma originale: si tratta della modalità di fruizione filologicamente più corretta. Tuttavia, in alcuni casi, ci affidiamo anche a collection di giochi meno recenti distribuite su piattaforme contemporanee. In quel caso si va a perdere la mediazione dell’interfaccia originaria ma si guadagna una comoda accessibilità. Si tratta di un compromesso tutto sommato accettabile. In generale, il tema dell’obsolescenza è molto sentito in Archivio ma anche molto complesso da gestire.
L’obsolescenza tecnologica è un tema che è importante non trascurare. Non solo il deterioramento delle piattaforme, ma anche dei supporti. Il backup dei giochi non è una strada percorribile sul fronte console, perché le copie di backup non sarebbero leggibili a causa dei sistemi di protezione e quindi sarebbero inutili dal punto di vista della fruizione, che è poi quel che a noi interessa. L’emulazione (l’operazione con la quale si replicano le funzioni di un determinato sistema su un secondo sistema differente dal primo, ndr) potrebbe essere una soluzione, ma qui si aprono due problematiche: un gioco emulato non restituisce l’esperienza originaria, e poi c’è da considerare la questione dei diritti. L’emulazione, in mancanza della copia originale, è illegale. In ambito di studio si potrebbe stringere un accordo con gli aventi diritto, ma ciò non risolve il primo problema. Penso per esempio ai giochi Nintendo, che spesso sono costruiti intorno al joypad della console per cui sono stati concepiti. Giocarli emulati su PC, dal punto di vista della ricerca, non sarebbe la stessa cosa.
Un altro tema è quello dei diritti legati alla distribuzione. È già accaduto che alcuni giochi disponibili solo in formato digitale siano stati rimossi dagli store alla scadenza degli accordi commerciali tra i publisher e i distributori. In quel caso i giochi sono diventati inaccessibili. Non sono morti (il codice ancora sopravvive), ma non potervi accedere non equivale forse alla morte? Il tema della conservazione a lungo termine richiede infine investimenti notevoli, che nel caso specifico dell’Archivio non sono al momento pianificabili.