L’opera letteraria di Luigi Guarnieri è tutta intrisa di Storia. Sono storici e realmente esistiti molti dei personaggi dei suoi libri, come il pittore e geniale falsario novecentesco Han van Meegeren, protagonista de La doppia vita di Vermeer (Mondadori 2004) o Johannes Brahms al centro di Una strana storia d’amore (Rizzoli 2010). Storici, e ricostruiti con grande precisione, sono anche i contesti dei suoi romanzi in cui agiscono personaggi di fantasia. È il caso, ad esempio, ne I sentieri del cielo (Rizzoli 2008), del maggiore Albertis, ufficiale dell’esercito sabaudo a caccia dell’altrettanto fittizio brigante calabrese Evangelista Boccadoro nella Calabria del 1863, di Abigail Lopez da Costa ne La sposa ebrea (Rizzoli 2006), le cui vicende hanno come sfondo la comunità sefardita di Amsterdam nel diciassettesimo secolo o ancora, ne Il sosia di Hitler (Mondadori 2014), dello sfortunato violoncellista Mario Schatten costretto dai maggiorenti nazisti a diventare controfigura del dittatore.
Il carattere storico della produzione di Guarnieri non risiede, però, tanto nell’ambientazione delle sue opere e nella pur eccezionale erudizione di cui dà prova, peraltro necessaria ad affrontare con esiti così felici contesti tra loro diversissimi, dalla Germania del 1945 al meridione post-unitario. La Storia di Luigi Guarnieri consiste, piuttosto, nell’intensa simpatia per ogni vicenda ed essere umani di qualunque epoca che lo scrittore riesce a comunicare al lettore. Per questa ragione, innanzitutto, e non soltanto per l’evidente maggiore finezza e preparazione dell’autore, i suoi romanzi storici sono così superiori agli altri testi pubblicati negli ultimi anni e ascritti a questa categoria.
La manifestazione più evidente di tale atteggiamento dello scrittore è la partecipazione alla sofferenza dei suoi personaggi. La descrizione delle sopraffazioni subite dal povero Mario Schatten da parte dei nazisti prima e dai sovietici poi – del tutto priva di retorica – è davvero struggente, così come il sobrio ma incisivo racconto delle efferate crudeltà perpetrate dal brigantaggio filoborbonico e dai soldati italiani. Accanto a queste vittime delle guerre e della violenza di ogni epoca, suscitano un commosso coinvolgimento nel lettore anche esistenze affascinanti e privatamente dolorose come quella di Abigail Lopez, consumata da una misteriosa malattia forse psicosomatica e tuttavia irresistibilmente protesa verso un ideale di amore e conoscenza. Lo stesso si può dire per la sua discendente e omonima Rebecca, destinata a veder fallire tutte le sue aspirazioni e a rinchiudersi in una malattia mentale senza speranza di guarigione o per la tragica parabola di Robert Schumann, morto in manicomio, e di Brahms votatosi a un amore infelice per Clara Wieck-Schumann.
Guarnieri, però, è uno scrittore colto e acuto che va oltre il senso comune del nihil humani alienum e indaga ancora più in profondità il rapporto che lega indissolubilmente il contemporaneo al passato, la confusione tra reale e immaginario, tra l’originale e il suo doppio. Tutto il testo di Una strana storia d’amore è costituito da un’ultima lettera che Brahms dedica a Clara Schumann rievocando la loro conoscenza e il loro affetto reciproco insieme a tanti episodi indubbiamente accaduti nella realtà e ben attestati. È, però, una lettera immaginaria e, per di più, scritta a una defunta, perché iniziata subito dopo il funerale di lei. Inoltre, la rievocazione dell’aspetto ancora oggi dibattuto – se cioè vi sia stata una vera e propria relazione tra Johannes e Clara – è affidata a un passaggio dai tratti quasi onirici in cui Brahms racconta dell’appagamento della propria passione con tanta indeterminatezza da non distinguere più tra realtà e fantasia.
L’Han van Meegeren storico – protagonista, come si è detto, de La doppia vita di Vermeer – si fece beffe di vari storici dell’arte e perfino di Hermann Göring con i suoi falsi Vermeer; eppure, creando dei quadri a soggetto religioso attribuiti al grande pittore del Seicento ne completò in qualche misura la produzione artistica offrendo ai critici quell’aspetto mancante da loro cercato invano per decenni. Così, almeno, lo scrittore ci presenta la vicenda in un dettagliato resoconto che resoconto non è perché è romanzo, ma dove finisca quest’ultimo e inizi il saggio storico non è dato di sapere.
La Storia per Guarnieri è, insomma, tutta contemporanea e la distinzione tra passato e presente tende a sparire, come dimostra il fatto che l’individuo, che si accosta agli eventi passati, finisce per venirne coinvolto fino a confondersi con essi. Han Van Meegeren diviene in qualche modo il suo modello Vermeer fino a morire come lui di un colpo apoplettico. Allo stesso modo, si spegne il personaggio proustiano di Bergotte proprio mentre ammira, nella Recherche, la Veduta di Delft del grande artista olandese e, ancora, lo stesso Marcel Proust viene assalito da un malore forse fatale proprio mentre tenta, come il suo personaggio, di recarsi ad ammirare il capolavoro di Vermeer.
Su questa mise en abyme si chiude significativamente La doppia vita di Vermeer e un procedimento simile si ritrova anche in altre opere. Ne La sposa ebrea, Rebecca Lopez conduce, nella Parigi di fine Novecento, delle ricerche sulla sua antenata Abigail Lopez da Costa e finisce per identificarsi con la sua ricerca di assoluto e di amore totalizzante credendo di trovarne la chiave in un misero aspirante scrittore italiano del tutto insensibile. Con questo fallimento parrebbe svanire il parallelismo tra i due destini, ma l’uomo, pur insipido e a tratti grottesco, entrato casualmente in possesso della documentazione raccolta da Rebecca su Abigail e deciso a servirsene in principio con intenti non del tutto corretti, non potrà far altro che usarla per scrivere quella stessa storia che è diventata anche la sua propria.
In Una strana storia d’amore, Brahms riesce finalmente a incontrare il suo modello Schumann e quest’ultimo si rende conto, a sua volta, di aver trovato nel giovane la persona che continuerà e realizzerà i suoi progetti interrotti. Con la pazzia e la scomparsa di Schumann, Johannes ne prenderà effettivamente in qualche modo il posto nell’arte e nella vita privata come padre dei suoi figli e compagno di Clara. Tuttavia, il defunto Schumann, rimarrà sempre presente, anche post mortem, nella vita del discepolo e della moglie.
In Guarnieri si trova, in sostanza, una sorta di interpretazione figurale delle esistenze umane in cui ogni vita trova il proprio completamento e significato soltanto nel rapporto con altre vite più o meno separate nel tempo, ma possiamo dire, forse ancora meglio, che le singole esistenze, per l’autore, altro non sono se non incomplete rappresentazioni fenomeniche di destini ideali più grandi in cui sono ricomprese.
La sorte paradossale dello sfortunato Mario Schatten (che in tedesco, non a caso, significa ombra) conferma la pochezza dell’individuo e il dissolversi della sua illusione di unicità in processi più ampi e complessi. Schatten, infatti, non cerca nulla e chiederebbe soltanto di vivere in pace, ma la sua somiglianza del tutto casuale con Hitler lo coinvolge, suo malgrado, in eventi tragici e più grandi di lui.
Quanto detto finora, pure evidenziando i tanti meriti di Guarnieri, non deve far dimenticare che si tratta di un romanziere che non vuole essere filosofo della Storia e che nei suoi libri si ritrova vera letteratura fatta di emozioni, peripezie appassionanti, descrizioni affascinanti di caratteri e ambienti, personaggi vivi e concreti.
Se ne La doppia vita di Vermeer questo aspetto sembra, in alcune parti, cedere il passo alla complessità dell’intreccio, ne I sentieri del cielo, costruito come romanzo storico più classico, emerge in tutta la sua efficacia.
La rappresentazione della selvaggia natura calabrese in cui si muovono gli occupanti piemontesi crea un bellissimo scenario straniante, una terra incognita dai riferimenti mitici – come il villaggio abbandonato di Acherentia (che richiama l’infernale Acheronte degli antichi) – popolata da guaritori della minoranza albanese, indigeni che parlano una lingua incomprensibile, superstizioni ancestrali, personaggi che si volatilizzano senza lasciare tracce come lo stesso capo brigante Evangelista Boccadoro, alimentando nella popolazione locale il mito della loro immortalità.
La vicenda di Mario Schatten è raccontata da un agente del controspionaggio americano e ha tutte le caratteristiche di una spy-story appassionante, dalla Germania nazista alla Russia sovietica fino al Sudamerica dopo la fine della Seconda guerra mondiale dove compare un enigmatico e anziano señor Wolf, di cui non si potrà sapere nulla di più e che lascia in sospeso una ricostruzione conclusiva dell’intera vicenda.
Ne La sposa ebrea l’incontro in cui Ephraim Paradies e Abigail Lopez da Costa suggellano l’inizio e contemporaneamente la fine del loro amore, data la malattia incurabile di lei, in una squallida camera di una bettola della campagna olandese costituisce una scena di vero e proprio lirismo, in cui il desiderio raggiunto e frustrato di fusione fisica e spirituale dei due protagonisti lascia il lettore autenticamente commosso analogamente al tono elegiaco della rievocazione del passato da parte di Brahms e della sua ricerca nella solitudine, della perfezione artistica e di una passione unica e infinita.
L’opera di Guarnieri segue, insomma, un percorso del tutto originale, che coinvolge il suo pubblico su più piani: l’interesse per personaggi e periodi storici, i limiti tra finzione e verità da un lato e tra passato e presente dall’altro, il rapporto dei singoli con il complesso degli eventi, la passione e l’avventura.
Il suo talento è ampiamente riconosciuto, come dimostrano i numerosi e prestigiosi premi che gli sono stati conferiti – Bagutta opera prima, Selezione Campiello, Grinzane Cavour – ma la lettura e rilettura dei suoi libri rimane un piacere sempre nuovo e mai scontato.