Racconti d’Appennino. Un prodotto di public history sulla Linea Gotica

La seconda guerra mondiale è l’evento storico sul quale è stato in assoluto scritto di più, sia in Italia che nel mondo. In questo vasto e stratificato insieme rientrano testi di vario genere: saggi di storia, libri di memoria, volumi illustrati sulle vicende militari, articoli su periodici specializzati, ricerche originali su riviste scientifiche, raccolte con immagini d’epoca, testi divulgativi che ricostruiscono dinamiche globali, nazionali o locali, e quant’altro.

In questo breve contributo si vogliono sviluppare alcune considerazioni attorno a un libro appena uscito: Di guerra e di genti. 100 racconti della Linea Gotica, a cura di Andrea Marchi, Gabriele Ronchetti, Massimo Turchi1. Si tratta, infatti, di un innovativo prodotto di public history, che si immagina che sarà destinato ad avere una certa diffusione, per le varie implicazioni legate ai suoi contenuti.

Iniziamo con il dire che è stato scritto da persone con competenze storiche e narrative essenzialmente estranee ai circuiti accademici. Viceversa, il libro ha avuto una gemmazione che potremmo definire «dal basso», con il coinvolgimento della comunità locale, la partecipazione di numerosi interlocutori e l’attivazione di un crowfounding2 per coprire parte dei costi editoriali. I contenuti, parimenti, non si rivolgono tanto a un pubblico colto e di soli specialisti, bensì a un panorama ampio e variegato di potenziali lettori. Ecco perché possiamo senz’altro collocarlo nell’alveo della public history3.

Si tratta di una raccolta di racconti ambientati attorno alla Linea Gotica fra il 1944 e il 1945, ovvero durante l’acme degli scontri militari e delle violenze che insanguinarono i territori appenninici e la pianura circostante. Non sono racconti nel senso di narrazioni dal contenuto plausibile, ma storie veramente accadute, supportate da fonti documentarie e testimonianze, e popolate di personaggi che altro non sono che uomini, donne e bambini davvero esistiti. L’idea è nata da confronti e scambi di opinioni in merito agli approcci storiografici, agli strumenti didattici, ai metodi di coltivazione della memoria legati ai fatti della seconda guerra mondiale.

Tra coloro che più hanno fornito un contributo alla definizione di quest’idea progettuale, ci sono i curatori, tutti e tre public historians, anche se per una questione generazionale e linguistica preferiscono definirsi più semplicemente storici o studiosi di storia. Andrea Marchi, già insegnante di filosofia e storia negli istituti superiori ed ex sindaco di Monzuno, è vicepresidente del Comitato per le onoranze ai caduti di Marzabotto4; Gabriele Ronchetti è un giornalista, autore di numerosi libri e guide, in particolare sui temi della Resistenza e della seconda guerra mondiale in Italia5; Massimo Turchi è un esperto di progettazione turistica e didattica, presidente dell’«Associazione Linea Gotica – Officina della memoria»6. I cento racconti sono stati scritti da Daniele Amicarella, Rinaldo Falcioni, Maria Angela Ferrara, Luca Morini, Giancarlo Rivelli, Lamberto Stefanini, oltre che dai tre curatori.

[La Linea Gotica] – ha dichiarato Andrea Marchi nel corso di un’intervista – era l’ultima difesa dei tedeschi in Italia sull’Appennino, pensata sulla falsariga di quella approntata qualche mese prima a Cassino, la Linea Gustav. Dopo la presa di Roma da parte degli alleati, i tedeschi si ritirano e il maresciallo Kesselring, che li guida, si assesta sull’Appennino. Hitler ordina la resistenza a oltranza. I lavori per la realizzazione della linea andranno da Massa Carrara a Pesaro, tagliando in due l’Italia. […] Il nostro obiettivo, a 75 anni dagli avvenimenti, era quello di parlarne non come e per gli specialisti, ma nemmeno lasciarla alla polverizzazione della memoria. Volevamo erigere un bastione documentato che nel suo insieme desse bene l’idea di cosa è stata questa battaglia enorme che ha interessato tutte le stagioni dell’anno e restituire un panorama credibile di ciò che è successo, seguendo le vite e le morti delle persone che l’hanno attraversata, restituendo anche l’emotività che seguì sempre agli avvenimenti. […] Ci sono voluti due anni e mezzo per portarlo a termine insieme all’Associazione Linea Gotica che si batte per una memoria attiva, non da reduci, che vuole farne occasione di riflessione moderna. L’idea elaborata da noi tre curatori è stata definita con alcune caratteristiche: le storie dovevano riguardare tutto il territorio, la maggior parte di tipologie possibili di esperienze, dovevano essere documentate e rappresentare il massimo livello di umanità coinvolta7.

Il volume è innovativo per varie ragioni. La prima è che occupa un terreno a metà strada fra letteratura e storia. Ovvero narra vicende realmente accadute, senza corposi apparati di note, citazioni di documenti e simili. E questo rappresentava anche un rischio, ovvero quello di infilarsi in un genere che non era né carne né pesce, ovvero privo di mordente narrativo e incapace di dare solidità storiografica ai fatti raccontati. Viceversa, questo pericolo è stato evitato: le storie sono vivaci, molte anzi avvincenti, e negli apparati che chiudono il libro sono fornite le coordinate essenziali – bibliografia, sitografia, elenco delle testimonianze – per dare l’indispensabile base scientifica. Questa è peraltro avvalorata da alcune autorevoli prefazioni e note introduttive al volume, fra le quali ricordiamo quelle di Mirco Carrettieri – direttore dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri8 – e di Valerio Varesi, giornalista di “Repubblica”, autore di romanzi gialli – è suo il personaggio del commissario Soneri – ma anche di libri di narrativa particolarmente attenti alla dimensione storica9.

Ѐ molto interessante l’architettura del volume, diviso in quattro parti sulla base di un ordine cronologico: dal 23 agosto al 21 settembre 1944, dal 22 settembre al 13 novembre 1944, dal 14 novembre 1944 al 7 febbraio 1945, dall’8 febbraio al 19 aprile 1945. Ogni parte è preceduta da una breve sintesi dei fatti storici del periodo, con particolare riferimento al contesto della Linea Gotica, e soprattutto da una cartina nella quale sono collocati i luoghi dove si svolgono i fatti dei racconti, con una legenda che consente gli abbinamenti. Inoltre, in calce al volume c’è un indice delle tipologie, ovvero un elenco ragionato dei racconti suddivisi in base ai protagonisti: partigiani, fascisti di Salò, tedeschi, donne, religiosi, eccetera.

Questi apparati sono molto utili per aiutare i lettori a districarsi fra i cento racconti, nella consapevolezza che molti opteranno per una selezione o, anche, per affrontarli in ordine sparso. Ma il libro può anche essere uno strumento didattico, e come tale gli insegnanti o gli alunni potranno individuare con maggiore facilità i contenuti che fanno al caso loro.

Vogliamo qui riportare, a mo’ di esempio, uno stralcio del racconto n. 91, intitolato Ma che ce fai da quella parte? Siamo nell’aprile del 1945 e lo scenario è quello dell’imminente sfondamento della Linea Gotica. Attestati lungo i due versanti del fronte ci sono il Battaglione Barbarigo della X Mas, con il vicecomandante Alberto Marchesi, e il Gruppo di combattimento Cremona del ricostituito esercito italiano, con l’ufficiale Piermarcello Farinelli, detto Bubi. Sia Marchesi che Farinelli erano rugbisti e anzi avevano giocato insieme nella Rugby Roma per cui si conoscevano bene:

Spesso fra le trincee dei due schieramenti italiani contrapposti, a tratti molto vicini, ci si poteva parlare e allora da una parte all’altra volavano gli insulti, quanto più coloriti e fantasiosi, tanto più gettonati. Anche quel giorno di aprile dalle trincee del Cremona partivano gli improperi; questa volta era Bubi che sfotteva il nemico dicendo, tra una fucilata e l’altra, con la sua voce nasale e la caratteristica erre moscia: “Mo’ te faccio vede’ io, li mortacci tua”. Quel giorno, anche Marchesi si era recato in trincea e a sentire la voce del nemico gli venne un dubbio: “A sor cacasotto! Famme senti’ come parli. Me sa che sei de Roma”. “Certo che so’ de Roma! Non sono un burino come te. Coraggio metti fuori il naso che ti faccio il terzo buco”. A quelle parole, Marchesi capì che la persona con cui stava battibeccando era Bubi, proprio lui! E disse: Aho, ma tu se Bubi… Allora ti ho preso… Sei proprio tu… Ma che ce fai da quella parte?”. “Aho… ma tu sei Alberto! T’ho riconosciuto pure io… Ma che ce fai tu da quella parte?”».
Così tra uno sfottò e l’altro il dialogo proseguì anche nei giorni seguenti. […] Finché venne la sera dell’8 aprile, quando Farinelli disse a Marchesi: “Albe’, guarda che domani bombarderemo con l’artiglieria e spazzeremo via tutto. Dai, non tornare indietro stanotte… Diserta, vieni con me…Non te lo dovrei dire, ma tu sei il mio compagno di squadra. Credimi Albe’ tu stai dalla parte sbagliata…”.
Marchesi, divenuto serio rispose: “Lo so, Bubi. L’ho capito da un pezzo, ancora prima d’incontrare te qui. Ma, sai, c’è un problema di onore e di coerenza. Troppo facile pentirsi dopo che hai fatto una fregnaccia, lasciando gli altri in braghe di tela. La vita è come il rugby, se sbagli a passare la palla, a placcare, devi pagare con il resto della squadra”10.

Marchesi non disertò e fu catturato da un battaglione neozelandese, peraltro pieno di rugbisti maori. Liberato nel dopoguerra si diede alla carriera di giornalista sportivo. Farinelli, invece, tornò al rugby, vincendo due scudetti e vestendo anche la maglia azzurra. Cessata la carriera da giocatore, iniziò quella di allenatore: in particolare, tra il 1954 e il 1956 sedette sulla panchina della nazionale italiana11.


Note

1 Bologna, Pendragon, 2020.

2 https://www.ideaginger.it/progetti/i-100-racconti-della-linea-gotica.html.

3 Cfr. Serge Noiret, The birth of a new discipline of the past? Public history in Italy, in “Ricerche storiche”, 2019, n. 3, pp. 131-165. Cfr. anche Luigi Tomassini, Raffaella Biscioni, Antecedenti, origini e tratti caratterizzanti della Public History in Italia, in Gianfranco Bandini, Stefano Oliviero (a cura di), Public History of Education: riflessioni, testimonianze, esperienze, Firenze, Firenze university press, 2020, pp. 3-23. Nelle pagine di questa rivista, si veda l’intervista a Serge Noiret, La Public History: una storia col PH maiuscolo, a cura di Tito Menzani, in “Clionet. Per un senso del tempo e dei luoghi”, 2020, n. 4, http://rivista.clionet.it/noiret-la-public-history-una-storia-col-ph-maiuscolo.

4 https://www.martirimarzabotto.it/.

5 Fra questi, si segnala: Gabriele Ronchetti, La linea gotica: i luoghi dell’ultimo fronte di guerra in Italia, Fidenza, Mattioli 1885, 2009 (seconda edizione 2018).

6 http://www.lineagotica.eu/.

7 Salvatore Barbieri, La Linea Gotica in 100 racconti, in «Il corriere di Romagna», 14 maggio 2020.

8 http://www.reteparri.it/.

9 Si vedano in particolare: Valerio Varesi, La sentenza, Milano, Frassinelli, 2011; Id., Il rivoluzionario, Milano, Frassinelli, 2013; Id., Lo stato di ebbrezza, Milano, Frassinelli, 2015.

10 Massimo Turchi, Ma che ce fai da quella parte?, in Di guerra e di genti. 100 racconti della Linea Gotica, a cura di Andrea Marchi, Gabriele Ronchetti, Massimo Turchi, Bologna, Pendragon, 2020, pp. 484-487.

11 Il fatto è riportato anche nel libro di Piermarcello “Bubi” Farinelli, Rugby. Etica di uno sport, Roma, Gabrielli, 1976 (seconda ristampa, postuma, 2003), e ripreso nel volume di Giacomo Mazzocchi, Gli eroi siamo noi. Storie di rugby, di vita e di 6 nazioni, Bologna, Minerva, 2012.