A Catania la cultura riparte, con attenzione ai luoghi e alle abilità differenti

Tra limitazioni e nuove regole di accesso ai luoghi della cultura, l’estate del 2021 ha rappresentato l’occasione, in qualche caso, di rilanciare angoli dimenticati o poco noti della Penisola, puntando sulla cultura come motore per la ripartenza dopo il fermo macchina imposto dalla pandemia di Covid-19. È successo a Catania, in luglio, in un’iniziativa che ha segnato anche una tappa importante nel superamento degli ostacoli alla fruizione della cultura da parte delle persone diversamente abili.

L’edificio dell’Istituto per ciechi Ardizzone Gioeni, un gioiello neogotico al di fuori dei consueti circuiti turistici, ha ospitato una serie di rappresentazioni de Le allegre comari di Windsor di William Shakespeare, in una versione molto accattivante e dai toni cartoon, arricchita da anche un servizio di descrizione dello spettacolo per i non vedenti. Prodotto da Buongiorno Sicilia e Vision Sicily per l’adattamento e la regia di Giovanni Anfuso, lo spettacolo ha avuto il sostegno di Regione Siciliana, Camera di Commercio del Sud Est Sicilia e Comune di Catania e di Isolabella Gioielli e Cisauto. Dopo il debutto, il 9 luglio, si sono seguite repliche fino al 1° agosto, con una forte partecipazione di pubblico, a dimostrazione della voglia dei siciliani di tornare a vivere la cultura e i suoi luoghi, anche i meno convenzionali.

L’Istituto nacque per un atto di liberalità di Tommaso Ardizzone Gioeni, barone di San Vito. Con testamento segreto del 10 marzo 1884 il filantropo nominò come erede universale del suo ingente patrimonio un ospizio-spedale da erigere «in sollievo dei Ciechi indigenti d’ambo i sessi». La costruzione avrebbe dovuto seguire «il miglior sistema che per dette opere avranno adottate le primarie città d’Italia». Con regio decreto del 31 marzo 1895, l’Istituto fu eretto in ente morale. Progettato dall’architetto Filadelfo Fichera e portato a termine dal figlio Francesco dopo la morte del padre, l’edificio neogotico fu consegnato ai catanesi il 30 maggio 1911, con una cerimonia di inaugurazione che vide la presenza del re Vittorio Emanuele III, della Regina Elena, del presidente del Consiglio dei ministri Giovanni Giolitti e del cardinale Giuseppe Francica Nava. Per oltre un secolo, centinaia di non vedenti siciliani e di altre regioni del Sud hanno trovato ricovero, cura e assistenza1. Oggi l’Istituto fa parte di quel mondo delle Ipab che ha svolto un ruolo fondamentale in Italia ma «che – come ha sottolineato l’assessore regionale alle Politiche sociali Antonio Scavone – ha bisogno di una svolta di modernità». Nella sua biblioteca, tra l’altro, si trova un patrimonio di circa 20 mila volumi in “braille” su diverse materie, tra le quali musicologia (1.275 titoli) e letteratura (circa 1.300)2.

Come detto, lo spettacolo è stato anche l’occasione di accendere i riflettori sulla condizione della disabilità. Grazie a Stamperia Braille e Consiglio regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (Uici), non vedenti e ipovedenti hanno avuto la possibilità di “vedere” lo spettacolo grazie all’audiodescrizione. “Il servizio – ha spiegato Gaetano Renzo Minincleri, presidente siciliano dell’Uici – è sempre più diffuso in cinematografia, e adesso è tornato finalmente in Sicilia, dopo una ventina d’anni, anche per uno spettacolo teatrale con Le allegre comari di Windsor. Nei momenti privi di dialoghi, ciechi e ipovedenti, arrivati da ogni parte dell’Isola, hanno potuto seguire in cuffia (grazie alla onlus Onlus CulturAbile) la descrizione di ciò che non potevano cogliere con gli occhi: i movimenti, la scenografia, i costumi, le espressioni, gli ammiccamenti dei 17 interpreti.

«Ho vissuto cinque anni in questo Istituto – ha spiegato Claudio Baluce, consigliere Uici di Messina – ed è stato toccante tornare per assistere a questo spettacolo. L’audiodescrizione dovrebbe coprire spettacoli non solo cinematografici e televisivi, ma anche e soprattutto teatrali». A conclusione delle rappresentazioni il presidente di Buongiorno Sicilia, Simone Trischitta, ha tracciato un bilancio, che è anche una sintesi di come si possa ripartire dopo il difficile momento che abbiamo attraversato: «Sono varie le ragioni per cui, per noi produttori, gli spettacoli teatrali dal vivo sono in forte sofferenza. Ma il principale motivo risiede nella pandemia e nella necessità, che abbiamo sempre onorato puntigliosamente, di rendere assolutamente sicura la partecipazione del nostro pubblico. Gli spettatori questo lo hanno capito e ci hanno premiato, anche perché abbiamo cercato di calmierare il prezzo del biglietto: il teatro, oggi più che mai, assolve a una funzione sociale indispensabile. Ecco perché riteniamo che la politica debba studiare nuove formule per sostenere, tra i produttori, soprattutto coloro i quali hanno cercato di lavorare al meglio, in questo senso».


Note

1 Alcune note sulla storia dell’Istituto in 1° centenario dell’Istituto per ciechi Ardizzone Gioeni di Catania fondato dal Cav. Tommaso Ardizzone Gioeni, barone di S. Vito con testamento del 10 marzo 1884, Catania, Tip. Scuola salesiana del Libro, [1984?]; Natale Giuffri, A proposito di Ipab. L’istituto per ciechi Ardizzone Gioeni di Catania, Catania, s.n., 1997. Nella foto di apertura, di Santo Consoli, un momento dello spettacolo andato in scena all’Istituto Ardizzone Gioeni di Catania.

2 Raffaele Lanza, Viaggio nel futuro. Schede, uffici stampa e profili delle biblioteche che verranno, s.l., BookSprint, 2016, p. 192.