Intervista ad Andrea Marchi. Una nuova stagione del Comitato Regionale per le Onoranze ai Caduti di Marzabotto

Interview with Andrea Marchi. A new season for the Comitato Regionale per le Onoranze ai Caduti di Marzabotto

In apertura: commemorazioni dell’eccidio di Monte Sole, interno del Sacrario ai Caduti. Si distinguono da sinistra Dante Cruicchi, Renzo Imbeni, Sergio Chiamparino, Andrea De Maria, Andrea Marchi. Marzabotto, 30 settembre 2001.

Nel 2019 il Comitato Regionale per le Onoranze ai Caduti di Marzabotto ha varato un progetto pluriennale di consolidamento e rinnovamento delle proprie attività con il preciso obiettivo di approfondire la ricerca storica, anche con prospettive di comparazione europea, di rilanciare le attività di didattica della storia verso le scuole del territorio e quelle di comunicazione storica verso tutta la cittadinanza. La base di partenza è stato il riordino, l’inventariazione e l’apertura al pubblico del proprio archivio. L’intervista ad Andrea Marchi, vicepresidente del Comitato Regionale per le Onoranze ai Caduti di Marzabotto e già sindaco del Comune di Monzuno (1999-2009), è stata realizzata da Eloisa Betti e Cesare Sellaro.

Che cos’è il Comitato Regionale per le Onoranze ai Caduti di Marzabotto e qual è la sua relazione con il tema della memoria?

Il Comitato per le Onoranze è un’istituzione di carattere regionale nata nei primi anni Ottanta del Novecento con l’obiettivo di conservare e diffondere la memoria dei fatti di Monte Sole, noti all’epoca ed anche oggi come strage di Marzabotto. Nel nome Marzabotto si riassume tutto l’evento stragistico che ha interessato l’area di Monte Sole appartenente ai comuni di Marzabotto, Monzuno e Grizzana Morandi (all’epoca, solo Grizzana). Il lavoro di conservazione e di diffusione della memoria inizia nel 1945 con il discorso tenuto da Silvano Bonetti, partigiano e orfano del padre fucilato dai tedeschi, in occasione del primo anniversario della strage. E, tuttavia, è con l’istituzione del Comitato Regionale che diventa sistematico e strutturato grazie anche alla partecipazione di altre istituzioni territoriali come i comuni di Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno, l’ex Provincia di Bologna (ora Città Metropolitana), l’Università di Bologna, l’Istituto Parri e la Regione Emilia-Romagna che finanziava e finanzia le attività del Comitato. Un ruolo importante viene svolto anche dalla Curia bolognese che dagli anni Ottanta riscopre Monte Sole e, in particolare, i sacerdoti coinvolti nella strage; infatti uno dei protagonisti del Comitato in quegli anni è proprio Monsignor Luciano Gherardi, autore dell’importante volume Le Querce di Monte Sole. Un decisivo ruolo nella nascita, nell’impostazione e nella prosecuzione delle attività del Comitato è svolto da Dante Cruicchi che ne è stato presidente dalla fondazione fino alla sua morte, avvenuta nel 2011. Negli anni che hanno preceduto la caduta del muro di Berlino, il Comitato è stato un luogo di compensazione e di equilibrio tra diverse forze politiche. Nel Comitato erano rappresentati i principali partiti che allora animavano la politica italiana, si presentava con una fisionomia stile ciellenistico.

Dopo la morte di Dante Cruicchi nel 2011 lei è entrato nel direttivo del Comitato e da qualche anno ne è diventato vice presidente. In questi dieci anni, quale è stata l’azione del Comitato rispetto ai temi della memoria e della preservazione dei luoghi?

Noi dobbiamo dividere necessariamente l’attività del Comitato degli ultimi dieci anni in due periodi: i primi cinque anni e i secondi cinque. La cesura è data dal fatto che il Comitato è stato riconosciuto da un comma della legge Finanziaria italiana come luogo della memoria nazionale (assieme ad altri quattro: Sant’Anna di Stazzema, Fossoli, Casa Cervi e la Risiera di San Sabba a Trieste) e finanziato con uno stanziamento specifico. Nel 2018 fu di 200.000 euro il finanziamento concesso, che è diventato di 500.000 euro fino ad oggi. Con questi fondi è cambiata la taglia di riferimento dei lavori del Comitato mantenendo, comunque, alcune linee di fondo di attività come la conservazione dei luoghi della memoria. Oggi il Comitato, coadiuvato dalle istituzioni territoriali, ha fatto sì che alcuni siti fossero ben conservati e altri, fin qui dimenticati, fossero riscoperti.

Può farci alcuni esempi delle attività del Comitato?

La strage si è consumata in un territorio molto esteso tra le valli del Setta e del Reno e non in un luogo circoscritto specifico e si è prolungata per diversi giorni; quindi, le località oggetto di attenzione memorialistica sono tanti. È possibile individuarne due fondamentali: Marzabotto in primis e poi Vado di Monzuno. C’è poi una serie di lapidi, cippi, piccoli e meno piccoli monumenti lungo tutto il territorio, in particolare a Casaglia, a San Martino, a Cerpiano, i luoghi dove ci sono stati gli eventi più tragici della strage e che hanno costituito il Memoriale di Monte Sole, ma poi anche Ca’ Beguzzi, Creda di Grizzana, Pioppe di Salvaro, Colulla e diversi altri. Il Sacrario, che contiene in parte le spoglie, ma soprattutto le memorie degli uccisi, è situato a Marzabotto, come pura la Casa della Memoria che ospita il Centro di Interpretazione, l’archivio e la sede del Comitato, la sede del Parco e la biblioteca comunale. Recentemente, il Comitato è intervenuto proprio in questi luoghi per sistemare e mettere in evidenza una memoria che si andava perdendo a causa del tempo, costruendo anche dei nuovi monumenti che permettono di rendere fruibili al viaggiatore questi luoghi, come il monumento che ricorda i sudafricani a Grizzana Morandi. Siamo molto interessati che gli altri enti proprietari intervengano sui luoghi, in particolare il rudere della chiesa di Casaglia, che rischia il degrado quasi definitivo se non si interviene tempestivamente per conservare ciò che ne è rimasto; da questo punto di vista giudichiamo molto positivamente la decisione della curia di Bologna, proprietaria dell’edificio, di intervenire. Un altro aspetto fondamentale è stato quello della ricerca sulla strage di Monte Sole. Il Comitato negli anni Novanta ha prodotto un grandissimo lavoro per l’accertamento del numero dei morti; è una cosa un po’ triste e un po’ tragica da dire ma è fondamentale chiedersi: quante sono state le vittime della strage? Dopo il primo numero che fu riferito nel primo discorso di Bonetti di 1830 morti, la ricerca ha portato a un ridimensionamento ma, al contempo, a una sua migliore precisazione e il lavoro fatto dal Comitato di Marzabotto su quanti hanno perso la vita e dove ciò è avvenuto rappresenta quello che noi consideravamo il punto di arrivo del problema dei numeri. Ad oggi i morti accertati e accertabili sono circa 770. Poi sicuramente il numero esatto non si saprà mai per via di come sono stati uccisi, sepolti e, successivamente, riesumati. È infatti opportuno ricordare che dopo la strage, per otto mesi, il territorio di Monte Sole, che conteneva le spoglie di tutti questi caduti, è stato oggetto di una guerra intensissima fino alla liberazione avvenuta nell’aprile successivo, precludendo, di conseguenza, la possibilità immediata di recuperare tutti i corpi delle vittime. Si deve anche tener conto che molti dei corpi sono stati bruciati con tutte le difficoltà del caso. Per cui questo è stato un lavoro molto importante e voluto da Luigi Arbizzani che era l’anima scientifica del Comitato di quegli anni, il quale ha lavorato con il ragioniere Bruno Bertusi, storico segretario del Comitato, per cercare di identificare con precisione il numero delle vittime. In seguito il lavoro di ricerca è stato portato avanti dal personale del Parco di Monte Sole. Più recentemente, anche per mezzo dei nuovi fondi, anche la ricerca ha ripreso un ruolo più centrale nei lavori del Comitato. Un altro aspetto da sempre portato avanti, ma ora divenuto centrale, è quello didattico-educativo. Il Comitato ha sempre avuto attenzione alla parte giovanile della popolazione e più in generale alla diffusione della memoria nei loro confronti, ora lo stiamo facendo in maniera più sistematica con un lavoro continuo, che da qualche anno si fa con le scuole del territorio fino alla città di Bologna ma anche oltre.

Questa attività didattica è collegata più ai luoghi o ai temi cari al Comitato?

Per noi la visita sui luoghi rappresenterà sempre un elemento cruciale della proposta didattica.

Tuttavia sappiamo che sono fondamentali temi che non riguardano esclusivamente la strage consumata durante la Seconda guerra mondiale, come l’educazione civica, l’educazione alla cittadinanza, l’educazione alla costituzione e, più recentemente, l’educazione ambientale (in primis per la valorizzazione del Parco). Insieme all’Istituto Parri di Bologna, ci occupiamo anche dell’attività formativa rivolta agli insegnati delle scuole, dei nostri tre comuni specialmente. Fondamentale, in tutta l’esperienza con le scuole, è il rapporto con la Scuola di Pace di Monte Sole, da oltre 20 anni luogo privilegiato per una riflessione-azione sulla pace, rivolta prevalentemente a studenti, studentesse e insegnati. Quindi si cerca di lavorare in una sinergia che dia la possibilità di avere un’esperienza molto ampia da Monte Sole e su Monte Sole.

Formalmente il Comitato, dalla sua istituzione, è l’ente che gestisce le celebrazioni ufficiali?

Si. E ci riferiamo fondamentalmente all’anniversario della prima domenica di ottobre, da sempre il cuore delle iniziative del Comitato perché è lì che Monte Sole si mostra al mondo da Marzabotto. Da ormai una ventina d’anni anche il 25 aprile a San Martino e al Poggiolo è diventata una scadenza di rilievo non solo locale per Monte Sole e quindi per il Comitato. Naturalmente il Comitato non fa tutto da solo: diciamo che è il regista di una complessa attività che coinvolge molti attori diversi, fra i quali spiccano il Comune di Marzabotto prima di tutti, la Scuola di Pace, le Anpi territoriali.

Poco fa ha fatto riferimento all’archivio del Comitato, può accennarne più estesamente?

Gli anni di lavoro hanno permesso l’accumulazione di una grande quantità di materiale che fa riferimento al Comitato, al Parco, al Comune di Marzabotto e, in parte molto minore, anche agli altri comuni di Monzuno e Grizzana Morandi. Tale materiale per lungo tempo è stato itinerante, spostandosi dal comune alla provincia e viceversa, seguendo le vicende e gli impegni del suo fondatore e presidente Dante Cruicchi. Negli anni Duemila il patrimonio è stato conservato e gestito dal Parco Storico di Monte Sole e solo da pochi anni è stato trasferito presso la Casa della Memoria di Marzabotto, che è diventata la sede dell’archivio e del centro di documentazione. Da questo momento è stato possibile fare un lavoro di riordino radicale di tutto il materiale presente: documenti cartacei, migliaia di fotografie, filmati di vario genere, manifesti, affinché possa essere conservato adeguatamente e messo a disposizione di chiunque abbia interesse. Non solo, quindi, un luogo che testimonia ciò che il Comitato ha fatto nel tempo, ma anch’esso un luogo di memoria, una sorta di memoria della memoria.

Recentemente sono stati creati anche dei nuovi punti di memoria. Ad esempio lo spazio dedicato alla Brigata Stella Rossa a Vado…

Il Comitato ha acquisito sempre più coscienza della necessità della valorizzazione di entrambe le vallate del Reno e del Setta, con le loro continuità e peculiarità. E se Marzabotto, sede, come si è detto, del Sacrario, del Centro di Interpretazione e dello stesso Comitato, è la porta privilegiata di Monte Sole, da un po’ di tempo si riflette sul fatto che anche l’altra vallata, e in particolare il paese di Vado, deve avere un preciso profilo nella memoria di Monte Sole, soprattutto per la memoria dell’attività partigiana. Con questo obiettivo di fondo da aprile è stato inaugurato lo Spazio Stella Rossa presso la stazione di Vado. Questo è un primo esempio molto concreto di quello che si vorrebbe realizzare affinché Vado diventi l’altra porta di Monte Sole dalla Valle del Setta.

Ritorniamo un po’ indietro nel tempo. Come è cambiato il lavoro del Comitato e il modo di commemorare la strage dopo la fine della Guerra fredda e la conseguente fine dei partiti della Prima repubblica?

Forse occorre ripartire, nella ricostruzione, proprio dagli anni della guerra fredda. Come per altri eventi relativi alla Seconda guerra mondiale e alla Resistenza, c’è sempre stato il tentativo di sottrarli alla logica della guerra fredda: poiché, si ragionava, riguardano la storia del popolo italiano, come tali devono appartenere a tutta l’Italia non solo a una parte di essa, escludendo naturalmente fascismo e neofascismo, i perpetratori di questi eventi. Le forze politiche dell’arco costituzionale hanno sempre tentato di sottrarre le celebrazioni dalla dialettica e dallo scontro politico est-ovest, sottolineando gli elementi di comunanza che potevano far convergere le diverse opinioni politiche presenti nel paese, anche se, naturalmente, non era sempre facile. Per esempio, quasi sempre veniva indicata la pace come elemento fondamentale da ricordare e per cui battersi. Ma va da sé che fin dalla fine degli anni Quaranta e negli anni Cinquanta, in corrispondenza dell’entrata dell’Italia nella NATO e la guerra di Corea, il pacifismo era vissuto da una parte della pubblica opinione come un tema soprattutto della sinistra. È importante sottolineare che lo scopo fondamentale è sempre stato quello di ricordare i morti, i quali, si rimarcava, non erano di destra o di sinistra, ma caduti a causa dell’occupazione nazista e della connivenza fascista. Naturalmente, con la fine della Guerra fredda, superare le precedenti divergenze partitiche è diventato molto più facile. Inoltre, dagli anni Settanta e Ottanta del Novecento diviene più significativa la partecipazione cattolica alle attività legate a Monte Sole, anche se, va ricordato, le commemorazioni sono sempre state accompagnate da un rito religioso insieme a quello civile con l’orazione ufficiale di turno. D’altra parte, il Comitato ha operato fin da subito come organismo “ecumenico”. Non a caso uno dei membri che fin dal principio era presente e attivo fu un esponente molto in vista della DC monzunese, Ferruccio Teglia, già partigiano della Stella Rossa.

Negli anni Novanta e Duemila sono stati i temi legati alle risorgenti spinte neofasciste e razziste, oltre all’indifferentismo superficiale e dimentico, che hanno rischiato di portare un po’ in ombra Monte Sole. Possiamo dire che la fine dei partiti politici della Prima repubblica, da questo punto di vista, non ha fatto bene, perché lo scenario politico che si è creato, con la comparsa dei partiti leggeri e poco strutturati ideologicamente e organizzativamente, molto personalistici e “aziendalistici”, ha lasciato molto più spazio a queste tensioni, che hanno attraversato e attraversano diverse forze politiche, anche attualmente al governo, al di là delle componenti neofasciste conclamate come Forza Nuova e Casapound. È emersa una componente revisionista che vorrebbe rivedere anche lo sguardo con cui si guarda Monte Sole, sostenendo che fino ad oggi esso è stato eccessivamente connotato ideologicamente. Si parla confusamente di luoghi della memoria di tutte le parti che si sono scontrate nella Seconda guerra mondiale, togliendo ogni aspetto di militanza e di giudizio discriminante, fosse pure semplicemente di riferimento repubblicano e costituzionale. Direi che oggi ci si deve confrontare con il fatto che il trascorrere del tempo sembra attenuare e appannare l’importanza di Monte Sole presso una parte dell’opinione pubblica, a causa della scomparsa di quasi tutti i sopravvissuti, con il conseguente consumarsi di una memoria diretta.

Quindi il tema della trasmissione di memoria: quanto si è approfondita dentro la nostra comunità?

Come evidenziato prima, emerge una tendenza ad una sorta di indifferenza, considerando ormai i fatti del ’44 come eventi lontani. Tutto questo, ripeto, si può sposare facilmente con prospettive revisioniste, predisponendo una buona parte dell’opinione pubblica all’idea che, forse, di questi fatti se ne può parlare anche in termini molto laschi, se proprio se ne deve parlare. D’altra parte, la scoperta del cosiddetto “armadio della vergogna” negli anni Novanta e i successivi processi (per Monte Sole dal 2002 al 2008), hanno ridato vitalità e centralità a quegli eventi, con la precisa coscienza che non possono essere dimenticati. Quindi, secondo me, oggi è in atto una dialettica, una sorta di contesa tra queste due tendenze. Una che presta molta attenzione a questi fatti, cercando di non disperderne memoria e significato, prestando particolare attenzione ai pochissimi sopravvissuti. L’altra che si caratterizza per dimenticanza e annacquamento, in una sorta di notte in cui tutte le vacche sono nere, con responsabilità tendenziosamente e confusamente diffuse tra tutti i soggetti allora presenti e agenti. In questo senso, il passaggio generazionale della memoria, che si deve accompagnare al vaglio critico della storia, è strategico per il futuro di Monte Sole e il fatto che molti figli, nipoti o pronipoti del nostro territorio non ricevano dai genitori, nonni o bisnonni un patrimonio di ricordi e di esempi, deve costituire per noi un problema e un impegno. Siamo in una fase molto importante perché ci giochiamo una prospettiva: se Monte Sole si cristallizzerà come un nodo centrale della storia repubblicana che tutti devono ricordare (come Garibaldi e i Mille, per intenderci), diventando un elemento di una storia unitaria europea o se al contrario, quella storia, con tutto il suo portato, perderà vigore, a partire dalle comunità che ne vissero la tragedia.

Nonostante ne abbia già accennato, come sono cambiati i giovani che si avvicinano a Monte Sole?

Io ho molta fiducia nelle generazioni future. Faccio un esempio. Una delle altre attività che il Comitato sta sviluppando in questi anni è quella di sostenere i viaggi della memoria, organizzati dall’A.N.E.D., Associazione Nazionale Ex Deportati, nei campi di concentramento, favorendo la partecipazione delle ragazze e dei ragazzi dei tre comuni. Quest’anno ho avuto l’opportunità di accompagnare studentesse e studenti di terza media di Monzuno e alcuni altre allieve e allievi di Marzabotto e sono rimasto favorevolmente colpito da come hanno reagito. Il nostro collaboratore per la didattica, il prof. Tito Menzani, che lavora con le scuole ormai da tre anni in maniera sistematica, ha riscontrato un interesse e una sensibilità spiccata nei ragazzi. Quindi, la volontà è quella di proseguire in questo lavoro di mantenimento di una memoria “attiva”, che guarda al domani e non al passato e che guarda a cosa vuol dire costruire una cittadinanza aperta, solidale e non velleitaria. Per questo credo che il Comitato debba essere in grado di interloquire con le crisi di oggi (basti pensare all’Ucraina e al Medio Oriente). Bisogna essere presenti nelle questioni che ci interrogano adesso. Monte Sole cosa ci può dire? Ci può essere da guida, da luce che illumini una via piuttosto che un’altra? Questa è una sfida interessante e io credo che i ragazzi abbiano voglia di affrontarla e noi dobbiamo essere attenti e disponibili per un ascolto ed un’interlocuzione sinceri.