In apertura: The Vintage Magazine Shop in Soho – London (https://commons.wikimedia.org).
I radicali e il radicalismo agiscono e prosperano quasi per definizione nelle periferie. Poiché si definiscono in contrasto con “il centro”, non sempre vivono felicemente all’interno delle istituzioni tradizionali o in accordo con pratiche di solito ampiamente accettate. Ma una vita vissuta ai margini o nelle periferie può essere alquanto solitaria, e talvolta i radicali si trovano a creare luoghi di socialità dove questo senso di isolamento può essere mitigato e dove nuove affinità e aggregazioni di persone e idee possono trovare uno spazio comune in cui svilupparsi. Tali spazi possono diventare, attraverso questo processo di socializzazione, luoghi per la creazione di un’area in cui il sapere oppositivo può essere formulato, testato, discusso e condiviso.
Per Denise Goodman, il pensiero oppositivo dell’Illuminismo francese, per esempio, si è consolidato attraverso l’instaurazione di relazioni e pratiche sociali al di fuori del principale centro del potere statale (la corte a Versailles) – nei salotti e nei caffè di Parigi2. Così, alla metà del XVIII secolo, la «coterie» del materialista e filosofo franco-tedesco Barone d’Holbach, che includeva alcuni dei radicali più schietti dell’Illuminismo francese quali Denis Diderot, Claude Adrien Helvétius, l’Abbé Morellet e altri ancora, si riuniva ogni settimana a cena, nella sua residenza parigina3.
Più o meno nello stesso periodo, a Londra, anche Joseph Johnson, stampatore e libraio dissenziente, organizzava cene settimanali che, come testimoniato dal recente libro di Daisy Hay, erano frequentate da radicali politici del calibro di Joseph Priestley e Mary Wollstonecraft4.
Un altro lavoro, sempre di recente pubblicazione, ha portato alla luce un luogo di sociabilità radicale relativo alla storia più prossima a noi nella Londra degli anni Sessanta del Novecento5. Il locale Partisan Coffee House, che divenne molto frequentato tra il 1958 e il 1963, fu fondato nel quartiere di Soho da un gruppo di giovani accademici e intellettuali di Oxford, operanti a livello politico in un ambiente successivamente identificato come la new left inglese, compreso Eric Hobsbawm, Edward Thompson, Stuart Hall, Raphael Samuel ed altri6.
Il suo scopo non era quello di essere una caffetteria, quanto di proporsi come luogo di incontro, che avrebbe ospitato, oltre al caffè, una biblioteca e gli uffici della rivista Universities and Left Review, curata dai frequentatori. Si trattava di un caffè «anti-espresso», dove gli avventori erano incoraggiati a sorseggiare la propria tazza con calma, essendo ogni tavolo dotato anche di una scacchiera e potendo tutti usufruire di uno spazio aperto nel seminterrato per incontri informali, concerti ed eventi.
La missione politica, come diremmo oggi, del Caffè era intimamente legata a un progetto di duplice dissenso che stava a cuore ad una nuova generazione di socialisti: la creazione di uno spazio politico indipendente sia dal comunismo stalinista dell’Unione Sovietica sia dal gradualismo e da quella che veniva avvertita dai frequentatori come una eccessiva timidezza del laburismo.
Si trattava di uno spazio per una generazione che stava cercando di rispondere ai cambiamenti fondamentali avvenuti nel 1956, anno cruciale che vide dapprima il discredito di Stalin al XX Congresso del Partito dell’URSS e la successiva riaffermazione della realpolitik dell’Unione Sovietica con l’invasione dell’Ungheria, ma anche il fallito tentativo anglo-francese di mantenere il controllo sul canale di Suez dopo la nazionalizzazione del canale stesso da parte dell’Egitto, fallimento che segnò di fatto la fine delle pretese imperiali britanniche. Questo scenario rappresentava lo spazio politico specifico dell’epoca, ma il Partisan Coffee House si inseriva anche in quel particolare mix di musica, anticonformismo, moda e gioventù che cominciava a caratterizzare Londra e che sarebbe a breve esploso negli anni Sessanta. Il quadro politico dominava il coinvolgimento di molti di coloro che avevano dato vita all’iniziativa, e il contesto culturale risultò di interesse in particolare per uno degli spiriti fondatori del Partisan, cioè l’intellettuale e critico culturale di origini giamaicane Stuart Hall (1932-2014), il cui obiettivo dichiarato era quello di sottrarre la politica dalla sfera delle istituzioni consolidate e di portarla dentro la sfera emergente della cultura radicale.
Data l’importanza di Stuart Hall per la nascita e lo sviluppo di una nuova disciplina sociologica, quella degli «studi culturali»7, come veniva definita, il Partisan Coffee House può essere ricordato anche come un piccolo ma significativo momento di una nuova e influente svolta nella cultura accademica britannica.
Il Partisan non rappresentò, tuttavia, solo un’iniziativa politica e culturale, ma anche un tentativo di fondare un vero e proprio spazio vitale nel cuore di Soho. Per ospitare il caffè, la biblioteca e gli altri luoghi di socializzazione, l’intero edificio al numero 7 di Carlisle Street fu acquistato con l’aiuto di una campagna di donazioni organizzata in particolare dallo storico e socialista Raphael Samuel (1934-1996). Il modello ideale a cui si faceva riferimento era quello del caffè mitteleuropeo di Vienna e di altre città europee, senza dubbio frutto dell’esperienza di migrazione ebraica di alcuni dei fondatori di questi punti di ritrovo. Il suo menu (chiamato, in realtà, «Bill of Fare», e non «menu», in ossequio a una persistente nozione di eccezionalismo britannico) era altrettanto eclettico, in quanto presentava un mix di zuppa contadina, prosciutto dello Yorkshire al forno con salsa Cumberland, Borscht, stufato irlandese, wurstel, riso Patna, cheesecake di Whitechapel, tè russo e caffè francese filtrato8.
Sebbene sia fallito nel giro di pochi anni come spazio di vita reale, avendo chiuso alla fine i battenti per problemi finanziari nel 1963, il Partisan merita sicuramente un posto nella storia della new left britannica, nonché nel panorama culturale di quelli che sarebbero diventati gli iconici anni Sessanta della «swinging London». Come dice lo storico Mike Berlin, che ne ha studiato la parabola: «nella storia di ogni città ci sono luoghi che incarnano le possibilità del suo futuro non dichiarato. Nella Londra della fine degli anni Cinquanta, il Partisan era uno di questi luoghi»9.
In effetti, l’elenco delle persone e delle attività ospitate dal Partisan è estremamente rappresentativo di alcune delle principali correnti culturali e intellettuali dei decenni successivi. La Universities and Left Review, ospitata nei locali del caffè, si sarebbe fusa con il New Reasoner, una pubblicazione socialista radicale, per poi formare, nel 1960, la New Left Review, principale pubblicazione della nuova sinistra dagli anni Sessanta a oggi10. Samuel, forse il principale animatore del Partisan, diventerà molto influente nella promozione di una metodologia storiografica alternativa, la cosiddetta «storia dal basso», associata in particolare allo History Workshop Journal of Socialist and Feminist Historians11. Hall avrebbe successivamente fondato il Centre for Contemporary Cultural Studies di Birmingham, il primo centro inteso a elevare lo studio della cultura popolare, facendola diventare una disciplina accademica riconosciuta, la cui importanza si sarebbe affiancata al dominio accettato degli studi letterari. Hall risulta in seguito anche uno dei fondatori della Open University, istituita nel 1969 come prima università britannica a distanza. Non possiamo non ricordare, inoltre, sua moglie Catherine Barrett, anche lei frequentatrice del Partisan, che avrebbe dato vita al Centre for the Study of British Legacies of Slavery presso lo University College London, la prima istituzione di ricerca sulla partecipazione dell’impero britannico alla tratta degli schiavi e sulle economie schiaviste dei Caraibi e del Nord America, fornendo un apporto tuttora fondamentale per la discussione su questo tema ai giorni nostri12. Occorre ricordare anche Edward P. Thompson (1924-1993), il quale nel 1963 pubblicherà The Making of the English Working Class13, riconosciuto come uno dei testi chiave della storia della classe operaia britannica. Thompson, peraltro, assumerà un ruolo di rilievo nei dibattiti teorici della new left, con le sue polemiche contro il marxismo althusseriano14, così come nella Campagna per il disarmo nucleare (CND).
Questa rapida rassegna serve a comprendere lo spessore di alcuni degli attori principali nella gestione del Partisan, ma l’elenco dei relatori abituali che partecipavano agli eventi pubblici organizzati presso il caffé risulta altrettanto impressionante. Fra questi vanno inclusi la scrittrice radicale sudafricana, Premio Nobel per la Letteratura nel 2007 Doris Lessing (1919-2013), influenti politici laburisti come Eric Heffer (1922-1991), Michael Foot (1913-2010), Barbara Castle (1910-2002) e Richard Crossman (1907-1974), il critico letterario e culturale Raymond Williams (1921-1988) e il critico d’arte John Berger (1926-2017)15.
La progettazione grafica dei manifesti pubblicitari degli eventi era affidata a un radicale italiano, il designer e artista grafico Germano Facetti (1926-2006), antifascista milanese che era stato arrestato e deportato nel campo di concentramento di Mauthausen nel 1943 per aver affisso manifesti antifascisti. Facetti è stato peraltro il principale illustratore di copertine per la casa editrice Penguin (dal 1960 a 1962)16.
La natura dichiaratamente culturale e sociale del Partisan era in contrasto con quello che oggi verrebbe definito un «modello commerciale» sostenibile. La tensione tra questi due opposti orientamenti diede vita a una serie di aneddoti tipici di qualsiasi analogo movimento culturale. Mike Berlin ne riporta uno:
Le dimensioni etiche della gestione di un caffè socialista furono messe alla prova quando un ladro irruppe nell’edificio una notte, mentre il personale stava contando gli incassi della serata. Si aprì un dibattito: consegnare l’uomo alla polizia o convincerlo che il furto a danni di una realtà commerciale socialista era un errore? Alla fine si decise di assumerlo come addetto alla sicurezza e si narra che l’uomo rimase a lavorare lì fino alla chiusura definitiva del locale17.
Incoraggiare i clienti a trascorrere del tempo nei locali del caffè a chiacchierare, giocare a scacchi e impegnarsi in discussioni accese e prolungate andava contro alla necessità dell’associazione di far quadrare i conti, e presto il Partisan si trovò in gravi difficoltà finanziarie. Fu costretto a chiudere all’inizio del 1963, anche se la biblioteca e gli uffici della rivista rimasero ospitati all’interno dell’edificio. Lo storico Eric Hobsbawm (1917-2012), uno dei primi sostenitori del progetto, pensava che chiunque avesse sostenuto il Partisan «doveva sapere che non si trattava di una proposta commerciale seria»18.
The Partisan Coffee House 1958-1963 di Mike Berlin (2017) è un breve opuscolo pubblicato per accompagnare una mostra di fotografie di Roger Mayne, scattate principalmente a scopo promozionale durante il periodo iniziale del Partisan. La mostra è stata allestita nel 2017 presso la Four Corners Gallery di Londra e nel 2022, presso la Photographer’s Gallery di Soho, molto vicino alla sede originale. Lo storico americano Dennis Dworkin ha scritto una attenta storia del marxismo culturale britannico in cui il Partisan viene brevemente nominato19. Una storia completa del vivace contesto culturale della sinistra in Gran Bretagna alla fine del XX secolo è ancora tutta da scrivere, ma l’esperimento del Partisan Coffee House costituisce sicuramente un importante capitolo di quel momento storico e sociale.
Note
1 Ringrazio sentitamente Adele D’Arcangelo per il suo aiuto a preparare la versione italiana di questo articolo e Thomas Casadei per avermi fornito preziosi riferimenti bibliografici.
2 Dena Goodman, The Republic of Letters. A Cultural History of the Enlightenment, Ithaca and London, Cornell University Press, 1994.
3 Alan Charles Kors, D’Holbach’s Coterie. An Enlightenment in Paris, Princeton, Princeton University Press, 1976.
4 Daisy Hay, Dinner with Joseph Johnson. Books and Friendship in a Revolutionary Age, London, Chatto and Windus, 2022.
5 Mike Berlin, The Partisan Coffee House 1958-1963, London, Four Corners, 2017. Si veda anche l’intervista di Mike Berlin: https://www.youtube.com/watch?v=nagJlXEsOl8, e la trasmissione radiofonica della BBC, https://www.youtube.com/watch?v=SnuAMxEsrvk, ultima consultazione di entrambi siti: 16 maggio 2023. Si veda inoltre, Mary Chamberlain, The Partisan, socialist cafe and creative centre, in “Historia”, 19 September 2021, https://www.historiamag.com/partisan-socialist-cafe-creative-centre/, ultima consultazione: 13 giugno 2023.
6 Si veda, in particolare, Denis Dworkin, Cultural Marxism in Post-War Britain: History, the New Left and the Origin of British Cultural Studies, Durham and London, Duke University Press, 1997, pp. 59-63, 74-78. Con riferimento alla letteratura italiana si vedano i pregevoli studi di uno studioso scomparso purtroppo prematuramente, Anselmo Cassani: Socialismo e società opulenta: la New Left britannica dall’inizio degli anni sessanta (1979), in Anselmo Cassani, Intellettuali e socialismo nella cultura britannica del 20. Secolo, a cura di D. Felice, premessa di A. Santucci, prefazione di G. Marramao, Bologna, Clueb, 2003, pp. 71-105.
7 Si veda, ad esempio, J. Procter, Stuart Hall e gli studi culturali (2004), Milano, Raffaello Cortina, 2007.
8 Berlin, The Partisan Coffee House, cit., pp. 3-6.
9 Ivi, p. 2.
10 Sebbene nel 1961 Stuart Hall si dimise come direttore per passare la mano ad un intellettuale altrettanto radicale ma più tradizionale: Perry Anderson. Si veda, al riguardo, Dworkin, Cultural Marxism in Post-War Britain, cit., pp. 74-77.
11 Si veda in particolare Theatres of Memory. Past and Present in Contemporary Culture, London, Verso, 1994, e Island Stories: Unravelling Britain, London, Verso, 1998.
12 Centre for the Study of British Slavery, https://www.ucl.ac.uk/lbs/, ultima consultazione: 16 maggio 2023. Si veda anche Catherine Hall, Nicholas Draper, Keith McClelland et al. (eds.), Legacies of British Slave-Ownership. Colonial Slavery and the Formation of Victorian Britain, Cambridge, Cambridge University Press, 2014.
13 The Making of the English Working Class, Harmondsworth, Penguin, 1963 (trad. it. Rivoluzione industriale e classe operaia in Inghilterra, Milano, Il Saggiatore, 1969). Si veda anche il suo Customs in Common, London, Harmondsworth, 1991 (trad. it. Società patrizia, cultura plebea: otto saggi di antropologia storica sull’Inghilterra del Settecento, a cura di Edoardo Grendi, Torino, Einaudi, 1981). Per un’analisi puntuale dei storici di sinistra e il loro coinvolgimento politico, si vedano anche Harvey Kaye, The British Marxist Historians, Cambridge, Polity Press, 1984, pp. 167-220, e Harvey J. Kaye, Keith McClelland (eds.), E.P. Thompson: critical perspectives, Cambridge, Polity Press, 1990. Con riferimento al contesto italiano, si vedano, per una recente disamina G. Camparilla, E.P. Thompson, il diritto dal basso e il dibattito marxista sullo Stato, in “Filosofia politica”, 2021, n. 2, pp. 273-292 e, in precedenza, E. Grendi, E.P. Thompson e la ‘cultura plebea’, in “Quaderni storici”, 1994, n. 85, pp. 235-247.
14 The Poverty of Theory and Other Essays, London, Merlin, 1978. Nella letteratura italiana si veda, al riguardo, A. Cassani, Socialismi a confronto: Old Left, New Right, New Left nella controversia sul revisionism, in Cassani, Intellettuali e socialismo, cit., pp. 107-142.
15 Berlin, The Partisan Coffee House, cit., p. 7.
16 Ivi, pp. 9-10. Si veda inoltre il necrologio di Germano Facetti, The Guardian: https://www.theguardian.com/news/2006/apr/11/guardianobituaries.italy, ultima consultazione: 16 maggio 2023. Nel 1996, è stato girato un breve filmato, ad opera di Tony West intitolato The Yellow Box. A Short History of Hate (La scatola gialla. Storia breve dell’odio) nel quale Facetti narra la sua esperienza a Mauthausen (si può vedere un estratto del filmato al seguente link: https://vimeo.com/252078259, ultima consultazione: 16 maggio 2023. È disponibile un archivio su Facetti presso l’Istituto Storico della Resistenza di Torino, https://www.facebook.com/istoreto/videos/percorsi-darchivio-germano-facetti/1349850785477570/, ultima consultazione: 16 maggio 2023.
17 Berlin, The Partisan Coffee House, cit., pp. 20-21.
18 Cit. in ivi, p. 3.
19 Dworkin, Cultural Marxism in Post-War Britain, cit., pp. 56, 66.