In apertura: studenti protestano allo sciopero per il clima alla pre-COP26 di Milano, il primo ottobre 2021 (https://commons.wikimedia.org).
L’ultimo Rapporto Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo – La condizione giovanile in Italia – è stato pubblicato da Il Mulino nella primavera del 2022, l’anno – per richiamare le parole di Alessandro Rosina nell’Introduzione al testo – dell’«auspicata ripartenza», a chiusura della fase emergenziale cominciata nel febbraio 2020, in coincidenza del manifestarsi dell’epidemia di Sars-Cov-2, la cui diffusione ha determinato effetti drammatici sul piano sanitario e ha aperto, sempre su scala globale, la strada ad una pesante crisi economica e sociale. Fermo restando il necessario richiamo alla necessità di approcciarsi con prudenza – evitando inutili generalizzazioni – allo studio della condizione giovanile che si presenta variegata, complessa e in continua evoluzione, i risultati emersi dalle indagini (quattro, condotte tra l’aprile del 2021 e il gennaio 2022) a cui si rifanno le analisi proposte negli otto dei nove capitoli che danno corpo al testo (l’ultimo capitolo propone un approfondimento della condizione dei giovani in Spagna) confermano il profilo di un paese poco attento ai bisogni e alle speranze delle giovani generazioni, a tratti perfino ostile nei loro confronti. La condizione dei giovani italiani continua ad essere sostanzialmente contraddistinta da una marginalità che può essere declinata simultaneamente sul piano economico, sociale, politico e demografico. Come è stato più volte confermato dai tanti studi che nel corso dell’ultimo decennio hanno tentato di definire i caratteri di fondo che hanno connotato l’esperienza dei giovani negli ultimi decenni, la gran parte delle ragazze e dei ragazzi di casa nostra vivono la loro quotidianità imbrigliati in un sistema di garanzie sociali che tutela innanzitutto e soprattutto le generazioni più anziane. Costituiscono un insieme di individui con scarso peso demografico, ai margini quando non sostanzialmente esclusi dal mercato del lavoro: il tasso di occupazione giovanile (15-24 anni) rimane tra i più bassi in Europa, attorno al 18%, mentre la media europea si avvicina al 35%1. Un terzo circa della popolazione compresa tra i 16 e i 29 anni è ritenuta a rischio povertà o esclusione sociale.
I contributi attorno ai quali si articola il Rapporto 2022 restituiscono un quadro complessivo in cui alcuni caratteri di debolezza risultano oggi ancor più evidenti, aggravati dagli effetti provocati dall’impatto che la pandemia ha avuto sulla nostra società nell’arco di un biennio. Essa non ha avuto effetti solo sull’incremento della mortalità, ma ha anche accentuato la percezione dell’incertezza, soprattutto sul versante economico, che già gravava su molti giovani nel periodo pre-pandemico. Il Covid è intervenuto pesantemente «sulle scelte di vita dei giovani, che in molti casi hanno rimandato o sospeso i loro progetti di autonomia abitativa rispetto alla famiglia di origine, di avere un (altro) figlio e l’intenzione di andare a convivere o sposarsi»; sembrano inoltre essersi accentuate ulteriormente «le differenze di opportunità per chi ha posizioni più o meno protette nel mercato del lavoro, sia in termini di progressi mancati sia di propensione per una nuova o confermata progettualità»2. Come sottolinea Alessandro Gentile il Covid-19 «ha complicato gli anni decisivi per la loro formazione scolastica e accademica, per costruire una carriera professionale e per iniziare (o mantenere) la propria emancipazione dai genitori»3. Sul versante delle persistenti e significative disuguaglianze di genere, «la pandemia ha peggiorato questa situazione rendendo le condizioni lavorative delle giovani donne più precarie e incerte e facendo posticipare ulteriormente la decisione di avere figli»4. Una tendenza che in prospettiva avrà un impatto sull’assetto demografico nazionale, ostacolando ulteriormente il ricambio generazionale ed alimentando l’invecchiamento della popolazione.
Come era già avvenuto nel periodo immediatamente successivo all’avvio della crisi finanziaria ed economica del 2008, anche il biennio 2020-2021 ha ulteriormente esasperato la debolezza sociale di un’intera generazione di giovani che, come è stato osservato, sembra essere destinata a consumare senza produrre. Ma diversamente da allora, in questo frangente la classe dirigente nazionale non può rifarsi ad alcun alibi per giustificare la propria incapacità nel dare risposte alle domande che emergono tra le file dei giovani italiani. Questo ultimo biennio ha infatti mostrato che i ragazzi hanno competenze, risorse intellettuali e capacità di visione di cui l’Italia non può fare a meno: in gioco non c’è solo il benessere delle giovani generazioni ma la tenuta sociale di un paese e le sue residue possibilità di tornare a crescere promuovendo un modello di società inclusiva, moderna, in sintonia con i modelli degli altri paesi più avanzati. E, d’altra parte, diversamente da quanto era accaduto in chiusura del primo decennio di questo secolo, questa ultima crisi ha determinato a livello europeo una risposta non più condizionata da politiche di austerity, improntate al contenimento della spesa pubblica. Il riferimento è al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), presentato dall’Italia nel corso del 2021 e costruito in larga parte sul ricorso alle risorse del Programma europeo Next Generation EU. Un piano che, viene costantemente ripetuto, dovrebbe favorire l’avvio di una nuova fase di sviluppo fondata anche sul protagonismo delle generazioni più giovani.
Questi ultimi anni hanno mostrato che esiste una forte domanda di protagonismo positivo dei giovani nella società ed una decisa voglia di uscire dall’emergenza: elementi chiaramente rintracciabili nella ampia partecipazione ai movimenti ambientalisti, nella diffusa attività di volontariato svolta durante l’emergenza sanitaria e ancora nell’adesione della Generazione Z (i ragazzi che hanno cominciato la scuola nel XXI secolo) alla campagna vaccinale che presenta percentuali sensibilmente superiori a quelli registrati negli altri segmenti della popolazione. È emersa una spinta all’impegno diretto che, a differenza di quanto accadeva con le generazioni precedenti, non ha più un’impronta ideologica: il punto di partenza di questi ragazzi è rintracciabile nell’esperienza concreta su un tema specifico di interesse e valore comune che consenta di «sentirsi parte di un cambiamento possibile grazie a un proprio contributo riconoscibile»5. Si è rafforzato tra le loro file una visione favorevole ad una crescita che sia coerente con le sfide dello sviluppo sostenibile. Dalle loro risposte sui fattori ritenuti importanti per le economie delle imprese, emerge così al primo posto l’abbinamento di economia e inclusività (67%), seguito da sostenibilità sociale e ambientale (63%), quindi la riduzione delle differenze di genere (63%) e la promozione delle diversità (60%).
I giovani, inoltre, sono stati tra i protagonisti più presenti e attivi negli interventi di volontariato promossi nel corso dell’emergenza pandemica e hanno contribuito al processo di cambiamento e digitalizzazione dello stesso: sono fiorite forme alternative di volontariato (forme virtuali o ibride), molto spesso condotte in sinergia con le istituzioni pubbliche. Un «volontariato episodico», come è stato definito, che presenta una forma «flessibile, limitata nel tempo, autonoma e più coerente con gli intensi stili di vita odierni»6.
L’amplificazione del ricorso agli strumenti tecnologici ha quindi contribuito a rafforzare le attese di cambiamento dei giovani nei confronti della scuola: la maggioranza di loro spinge in direzione di «un’esperienza scolastica più flessibile nel suo impianto, dove sia possibile operare scelte in ordine ai contenuti; maggiormente laboratoriale e capace di valorizzare le nuove tecnologie; attenta alla promozione delle competenze nelle lingue straniere, ma anche delle life skills; aperta alla sinergia tra vita in classe ed esperienze sul campo»7. Una scuola che pur rimanendo «autonoma e indipendente» deve mostrare una maggiore apertura e interscambio con il sistema formativo e il contesto produttivo territoriale in cui è immersa.
Dato questo quadro di luci e ombre che la pandemia ha reso più evidenti, l’Italia è oggi nelle condizioni di poter mettere in campo un progetto di crescita inclusiva e sostenibile facendo ricorso al Pnrr. Quest’ultimo dovrebbe essere innanzitutto orientato a favorire il superamento della precarietà occupazionale ed economica dei più giovani, riducendo le diseguaglianze che nel periodo della pandemia si sono ulteriormente accentuate. Un’azione necessaria per favorire gli urgenti processi di ricambio generazionale sia sul piano sociale che su quello politico. Benché il Piano non presenti un quadro coerente di politiche orientate a partire da programmi specifici mirati all’attuale generazione di giovani e a quelle che seguiranno, e sia costruito attorno ad alcuni grandi missioni ritenute prioritarie per l’intero paese, esso può comunque favorire una radicale trasformazione dell’Italia: da paese “ostile” nei confronti dei più giovani a paese loro “alleato”.
Nel Rapporto vengono così ripresi alcuni obbiettivi che il Piano include e che occorre perseguire in modo deciso. Tra questi un «rinnovamento generazionale della Pubblica amministrazione» da ottenere per mezzo di «una strategia di qualità fondata sulla valutazione dei fabbisogni, attenta alle missioni e alle competenze organizzative, con bandi che non eccedano i sei mesi di tempo e testino le motivazioni dei candidati, completata da un forte impegno nel formare gli amministratori»8. Bene anche il Servizio civile universale che consente di coniugare il volontariato con un impegno quotidiano, strutturato, che si avvicina molto al mondo del lavoro: va incrementato il numero dei giovani che attraverso il Servizio civile possano compiere «un percorso di apprendimento non formale per accrescere le proprie conoscenze e competenze per lo sviluppo della propria vita professionale»; bisogna quindi diffondere «esperienza della cittadinanza attiva dei giovani come strumento di inclusione e coesione sociale»; il volontariato – inteso anche come programmi di service learning e Servizio civile universale – può ampliare in modo significativo le possibilità di esperienza «professionale» degli studenti9. E, ancora, è di grande importanza porre attenzione ad alcuni nodi critici che riguardano il sistema scolastico nazionale: si pensi alla evidente differenziazione territoriale dei risultati di apprendimento; al numero degli alunni per classe; alla questione dello skills mismatch tra istruzione e domanda di lavoro e alla necessità, perciò, di intervenire sui momenti di orientamento e sull’assetto complessivo degli istituti tecnici e professionali10.
Dalle analisi e riflessioni contenute in questo ultimo Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo emergono con forza le criticità di fondo che da alcuni decenni connotano in negativo la condizione giovanile nel nostro Paese. Fragilità che la pandemia ha certamente accentuato, facendo però emergere contestualmente anche elementi di novità rintracciabili nelle aspirazioni e nella determinazione delle ragazze e dei ragazzi decisi a trascinarsi fuori dalla condizione di marginalità sociale in cui si trovano e a fornire il proprio contributo alla «ripartenza» dell’Italia. Il Pnrr, pur presentando alcuni limiti, può davvero costituire lo strumento attraverso cui è possibile arrestare il declino il paese e aprire una nuova fase di sviluppo sostenibile ed inclusivo. Una fase di rilancio in cui la classe dirigente sarà chiamata a fare i conti con un’eredità pesante e le incertezze e le inquietudini derivate dagli effetti della guerra russo-ucraina scoppiata mentre il Rapporto andava in stampa.
Note
1 Alessandro Rosina, Introduzione. Generazione del tempo nuovo, in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2022, Bologna, Il Mulino, 2022, p. 7.
2 Andrea Bonanomi, Francesca Luppi, I progetti di vita in un anno di pandemia: fra ostacoli e nuovi stimoli, in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia, cit., pp. 67, 94, 95.
3 Alessandro Gentile, I giovani della crisi permanente: instabilità strutturale e disequilibri tra generazioni in Spagna, in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia, cit., p. 215.
4 Alda Marchese, Paola Profeta, Le giovani donne, in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia, cit., p. 138.
5 Rosina, Introduzione, cit., p. 9.
6 Daniela Marzana, Samuele Poy, Il volontariato come palestra per lo sviluppo e il rafforzamento delle soft skills, in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia, cit., pp. 99-100.
7 Diego Mesa, Piepaolo Triani, Elena Marta, La scuola: risorsa strategica per i giovani e per il paese, in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia, cit., pp. 39-41.
8 Mauro Migliavacca, Federico Olivieri, Alessandro Rosina, Green economy e sviluppo sostenibile, in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia, cit., p. 64.
9 Marzana, Poy, Il volontariato come palestra per lo sviluppo e il rafforzamento delle soft skills, cit., p. 117.
10 Mesa, Triani, Marta, La scuola: risorsa strategica per i giovani e per il paese, cit., p. 47.