Una public history per la guerra d’Ucraina (e non solo): il fenomeno Parabellum

A public history for the Ukraine War (and beyond): the Parabellum phenomenon

In apertura: il logo del canale YouTube Parabellum.

Nelle possibilità che la rete propone attraverso la condivisione e visualizzazione di contenuti multimediali della piattaforma web 2.0 di YouTube, si è dispiegato a livello globale un ampio ventaglio di canali e di creator impegnati nella comunicazione e divulgazione di materiale storico. Nell’arena italiana, dall’apripista “Pinte di storia” ai prodotti di ampia diffusione ma di dubbio valore metodologico, una piccola community di storici si è riunita in tempi diversi intorno a un altro canale che ha suscitato interesse e attenzione da parte del grande pubblico1, e che nell’organizzazione interna della sua attività sembra soddisfare i requisiti metodologici della public history rappresentandone un modello interessante e inconsapevole di buona pratica. Il nome del canale in questione è “Parabellum”, raggiungibile facilmente attraverso il motore di ricerca interno alla piattaforma. Esso può essere identificato come una realtà emergente avente ad oggetto la conoscenza storica, generata e sperimentata quasi esclusivamente in ambienti digitali, nella quale il pubblico partecipa in modo attivo e abbastanza responsabile.

Il proprietario del canale si chiama Mirko Campochiari, classe ’82, di origine polacca ma nato e residente a Livorno, iscritto al Sism, dottore magistrale in Storia, filosofia e civiltà orientali, titolo conseguito a Bologna nel 2012. Appassionato fin da piccolo alla storia, egli decide di lasciare il suo lavoro originario di game designer e iniziare seriamente l’attività su YouTube. Il canale inizia ad occuparsi segnatamente di Seconda guerra mondiale, successivamente di crisi russo-ucraina, recentemente di conflitto israelo-palestinese, e in generale di storia militare, campo quest’ultimo in definitiva poco battuto in Italia. La sua attività consiste nella produzione, in solitaria o con ospiti, di circa due video a settimana, in presa diretta e senza montaggio, tematici o di aggiornamento, spesso piuttosto lunghi (mediamente di cento minuti), nei quali vengono esposte e discusse narrazioni storiche, contenuti, visioni, criteri interpretativi, teorie, news, valutazioni, e nel complesso si squaderna la varietà delle informazioni raccolte su un possibile argomento. La costruzione progressiva di una certa credibilità gli ha permesso di invitare nelle sue live un buon numero di ospiti prestigiosi2, che spesso si sono dimostrati un valore aggiunto per gli aspetti critici e contenutistici delle tematiche affrontate. Nell’insieme la sua è una variante del mestiere dello storico «un po’ più pop», come lui stesso la definisce, dove l’esposizione dei fatti, corredata dai link in descrizione di tutte le fonti utilizzate, punta al centro dei problemi storici e alla sequenza logica delle loro cause nel lungo periodo.

Generalmente la prima fase di ogni video è dedicata a un’operazione di “igiene storica”, al debunking, cioè alla verifica delle narrazioni mediatiche e all’emendazione dalle speculazioni sterili; in breve si passa alla mappa interattiva, assai apprezzata dai follower, attraverso la quale è possibile localizzare ciò che succede storicamente sul territorio; infine i video scorrono verso la conclusione, si forniscono chiavi di lettura e si sviscerano eventuali dubbi o fraintendimenti rispondendo dal vivo alle domande del pubblico, il quale in tal modo partecipa attivamente. Punto fondamentale è che nelle live, la narrazione storica procede pari passo a lezioni di metodo sulle fonti, su come decifrarle e valutarle: dal punto di vista scientifico è la parte più ammirevole. Come menzionato all’inizio, il fenomeno si dispiega prevalentemente online, a parte la redazione di un saggio collettaneo sull’Ucraina scritto con i suoi collaboratori, le partecipazioni fisiche a conferenze in università e centri studi, e le collaborazioni con riviste come Limes e Domino. Oltre al mezzo principale, ovvero YouTube, altri ambienti digitali e social vengono utilizzati per l’esercizio storiografico e per la raccolta della community: un canale Discord per le discussioni, con stanze e sotto stanze divise per tematiche, un canale Spreaker per i podcast, una pagina Facebook e gli account Instagram e Twitter, invece usati prevalentemente per la promozione e la notifica di news attraverso stories e shorts.

Fig. 1. La mappa interattiva.

Naturalmente quasi tutti i contenuti, dagli articoli alla condivisione di libri in pdf, confluiscono nel sito web principale dove è anche possibile trovare il link per accedere alla mappa virtuale. Questa, con più di 20.000 accessi al giorno, rappresenta una parte fondamentale fin da quando il canale ha mosso i primi passi e soprattutto dall’inizio della questione ucraina. Appoggiata su tre server, è il frutto del lavoro di circa dieci persone, da cartografi a semplici contatti in loco, che mediante il confronto e l’incrocio con altre carte online offerte da enti specializzati, e con immagini geolocalizzate provenienti dai social3, grazie a un potente livello di zoom individua caratteristiche morfologiche, oggetti fisici presenti nel territorio, vie di comunicazione, movimenti di truppe, range, sistemi d’arma, teste di ponte, rotte, presenze umane, usando una precisa simbologia Nato per il riconoscimento e la composizione degli attori militari in campo. Il contributo della multidisciplinarietà, in questo caso della cartografia e della geografia regionale, è determinante per la comprensione dei fatti, nonché elemento assai apprezzato dal pubblico.

Il cuore del fenomeno, individuabile come uno degli elementi di fortuna del progetto, tanto più come legame principale con l’ambito della public history, è il Telegram. Grazie alle potenti caratteristiche del servizio di messaggistica online, esso è un luogo di straordinaria interazione e partecipazione attiva dell’utenza che nella pratica si traduce in un archivio storico online continuamente disponibile, aggiornato e facile da interrogare tramite la funzionalità di ricerca. In questo contenitore ognuno immette le fonti che reputa più interessanti sotto l’occhio critico di un severo staff composto da dodici persone, tra storici e tecnici, che screma propaganda e mistificazioni, commenta l’attendibilità inserendo, qualora sia necessario, contro-fonti che falsifichino le prime. Tal canale è gestito con maniacale organizzazione: si entra accettando numerose regole, impone all’utenza l’uso di tag a tre livelli per la futura ricerca dei contenuti e l’individuazione degli argomenti, e nel momento in cui i comportamenti della community, come a volte accade, diventano molesti, gli amministratori non si risparmiano dal dispensare warn, mute e ban definitivi.

Fig. 2. Il canale Telegram dedicato alla raccolta fonti.

Il motivo per cui nel Telegram i concetti metodologici della public history trovano ragion d’essere, è innanzitutto la partecipazione assidua della community. Questa si verifica sia nel canale della discussione generalista che in quello delle fonti, senza comunque dimenticare la forte presenza negli altri social, in particolare nel Discord, durante le live su YouTube e nei commenti sotto ai video. In questo quadro, l’opportunità di coinvolgere il pubblico nell’immissione delle fonti, ovvero il crowdsourcing, si dimostra essere principio fondamentale di “co-autorialità”, come anche di “autorità condivisa”, da parte di Campochiari, il quale, allo stesso modo degli altri, immette le sue fonti ricevendo commenti o critiche. La fase successiva, che finalizza il processo a tutti gli effetti storiografico, è quella della “restituzione”, durante i video settimanali, di tutta l’elaborazione storica fatta anche sulle fonti immesse dall’utenza, sebbene, come si può facilmente immaginare, avvenga alla base una grossa ripulitura e molte vengano cestinate. È questo il momento della “disseminazione” in cui l’utenza trova consapevolezza nella sua attività di “ricerca-intervento”, vede i risultati del lavoro svolto insieme e in qualche modo si sente valorizzata e coinvolta in quelli che sono i fatti analizzati; nel complesso quella «citizen science» di cui parla il presidente dell’Aiph Serge Noiret4, ovvero una spinta positiva a guardare la realtà con un po’ più di scientificità e nel concreto con maggiore onestà intellettuale. Un’auctoritas messa in secondo piano, i tentativi di imparzialità e la cautela di Campochiari nello svolgimento delle operazioni storiografiche, risultano nel complesso essere un invito implicito a prender parte al corpo comunitario, volendo anche solo lateralmente senza per forza di cose contribuire al processo di immissione fonti.

Il fenomeno Parabellum, rispetto ai canali competitor, si propone di tenere alta l’asticella del rigore metodologico attraverso la volontà esplicita del suo creatore e dei suoi collaboratori5, per buona metà iniziati agli studi storici, di portare avanti sempre il burden of proof. Il terreno sul quale è costruito l’edificio della ricerca, come del resto una certa epistemologia impone, è continuamente fertilizzato dall’attenzione alle fonti e al loro utilizzo. I fatti devono indiscutibilmente essere dimostrati, le fonti discusse, interpretate, comparate e riviste attraverso la cartina tornasole della verifica dell’attendibilità dei loro autori e dell’incessanza del tempo. L’obiettivo è far sì che il pubblico possa costruire autonomamente le proprie idee utilizzando «quella cosa che sta tra le orecchie», espressione spesso utilizzata da Campochiari, poiché tutto si può discutere ma solo se si mettono sul tavolo le fonti. Altri paletti fondamentali sono il ribadire quanto la storia sia un processo di lungo periodo, mantenere prudenza, sana incertezza, escludendo risposte definitive e previsioni magiche. In questa cornice, il fare storia con i fatti attuali in Ucraina rende ancor più difficile gestire e valutare il materiale a disposizione, come spesso confessato durante i video. Tuttavia è anche questo ciò che il public historian si propone di compiere, nelle parole di Noiret: «una storia che si fa “nel” e “per” il presente e non solo come racconto del passato»6. Tale lavorio sulle fonti, il citare frequentemente Marc Bloch e i grandi storici, e una condivisa estraneità al “reato di sconfinamento”, cosa poco scontata al giorno d’oggi, fanno parte della cassetta degli attrezzi del direttore lavori e in qualche modo permeano tutti coloro che operano attivamente nell’impresa.

Nella comunicazione storica, in prima istanza vengono agli occhi la passione e il piacere dell’immergersi nella ricerca. L’impegno e la precisione per il dettaglio si integrano alla chiarezza espositiva e ad un registro linguistico semplice ma serio, al netto di qualche errore ortografico. Nonostante i suoi non si presentino come video “da cameretta”, altri elementi contribuiscono a far percepire il suo autore per molti versi somigliante a chi lo sta ascoltando: una persona comune, che dà del “tu” agli ospiti, che quando ha voglia si accende la sigaretta, che beve coca cola zero, che ringrazia la compagna per il sostegno, e che alla fine di ogni video saluta il pubblico sorridendo e agitando la mano davanti alla telecamera. Nei momenti per così dire più “intimi”, sebbene non ami essere adulato dai fan boy, non è alieno a punte di vanità segnalando le proprie virtù, non nasconde le sue ambizioni, si toglie qualche sassolino dalla scarpa e si lascia andare a battute di spirito. Benché estraneo a forme di reticenza, evita di polemizzare e scadere nel dissing, non preoccupandosi delle sollecitazioni degli hater che raramente vengono bannati. Nel complesso è possibile percepire Campochiari come una persona pacata, equilibrata, quasi familiare: “uno di noi”.

Fig. 3. Il think tank che lavora sul progetto.

Il creator in questione naturalmente si avvale di collaboratori che lo coadiuvano in tutta l’attività. È uno staff composto da circa quaranta persone, metà dei quali si occupa dell’organizzazione del progetto, mentre il resto è formato da collaboratori e articolisti laureati, molti dei quali a loro volta proprietari di altri canali YouTube, esperti in materia e contatti in loco. Il canale non tratta di politica, non si riduce a pillole di storia o alla pura divulgazione, e non è neppure accostabile all’infotainment.

Il progetto apre i suoi battenti ufficialmente nell’ottobre del 2020, quando maturò l’idea di tentare il lancio del canale YouTube. Grazie ad alcune competenze di editing video acquisite nel precedente lavoro e nonostante qualche iniziale difficoltà e delusione, nell’estate del 2021 l’affermazione arrivò, i video cominciarono ad andare in tendenza e il canale passò dai 1.800 iscritti ai 7.000 all’improvviso, soprattutto grazie ad alcuni approfondimenti legati ai miti della Seconda guerra mondiale. Con l’avvento della crisi ucraina si è verificato un ulteriore boom di ascolti con crescite indicativamente di 5.000 iscritti al mese, un riconoscimento definitivo del suo lavoro e i continui inviti alle già menzionate collaborazioni esterne. Attualmente, a ottobre 2023, il canale YouTube ha raggiunto la massa di critica, si è stabilizzato, cresce in modo autonomo e costante, e non ha più bisogno della fortuna-casualità dell’algoritmo; esso conta quasi 100.000 iscrizioni, produce oltre 1 milione di visualizzazioni al mese con una media di 70.000 ogni live, le quali, a seconda degli ospiti, arrivano a superare le 100.000, dato notevole in particolare se si considera le durate assai lunghe delle performance dal vivo.

Al netto dell’enorme e spesso invisibile lavoro di ricerca, l’attività, generando costi economici importanti, si autosostiene con l’aiuto del crowdfunding da parte dell’utenza, che dona piccole ma costanti cifre in denaro, e principalmente mediante le entrate legate a YouTube di oltre 30.000 euro netti l’anno, tenendo conto di un Cpm di 5 euro ogni mille visualizzazioni e di un tasso di ritenzione nei video di 52 minuti7. Sebbene possano contribuire a un ulteriore supporto economico, la policy del gruppo attualmente non prevede finanziatori attraverso il programma Patreon, nota piattaforma di sovvenzione. Interessante è notare che tramite varie forme di finanziamento, il canale riesce a sostenersi e a puntare ad obiettivi più alti e costosi, confermando dunque la possibilità, difficile ma raggiungibile, idea alla quale spesso si affida poca speranza, di poter guadagnare concretamente attraverso la cultura e la storia. Ciò rappresenta in fondo anche l’essenza, seppur in forma aggiornata, delle origini molto pratiche della public history negli Stati Uniti, ossia il tentativo di dare una risposta al problema della collocazione lavorativa degli storici che difficilmente l’università riusciva ad assorbire8.

Fig. 4. Grafico che mostra la crescita del canale tra maggio 2021 e settembre 2023 in termini di visualizzazioni e sottoscrizioni (fonte: https://socialblade.com/youtube/c/parabellumstoria).

Oltre al dettaglio sull’opportunità da parte degli storici di poter guadagnare anche fuori dall’ambito universitario, i legami tra il fenomeno Parabellum e la public history sono numerosi. Diversamente da altri progetti “youtubici” legati alla divulgazione storica, che tuttavia spesso sconfinano in una dimensione etica o teleologica della materia9, lo schema di Campochiari è un chiaro modello, per citare il presidente della Giunta centrale degli studi storici Andrea Giardina, di «una storia che esce dalle accademie»10, sorretta dalle “spalle larghe” dello storico, prodotta con impianto metodologico corretto, raccontata in maniera imparziale, per quanto possibile calcolando la soggettività che caratterizza lo storico stesso. La piattaforma di YouTube, in questa cornice, può muoversi a favore della professione dello storico, invischiato in una crisi di merito in contrapposizione ai media generalisti e alle loro narrazioni tossiche, in particolare nel momento attuale, cioè da quando lo spazio di esposizione mediatica legato alle notizie riguardanti la pandemia del 2020, è rimasto scoperto. È questo in fondo uno dei motivi per cui nasce il canale YouTube di Campochiari, il quale osservando le discussioni muscolari mediatiche, la modalità mistificatoria di racconto della storia dei «venditori di fumo»11, nel caso specifico sulla questione ucraina, si presenta come un antidoto agli abusi della storia e al suo uso politico da parte di alcuni circuiti informativi massmediali. Accordandosi alla definizione avveniristica, ma molto reale, di Gallerano12, il fenomeno Parabellum sembra rappresentare nei suoi esiti un positivo esempio di uso pubblico della storia, che nella realtà dei fatti, grazie allo strumento digitale, può fungere da sistema immunitario, giacché i suoi contenuti, oltre ad informare, producono una certa capacità critica, qualità di un certo rilievo come sottolineato da Filippi in merito alle opportunità fornite dalla piazza virtuale13.

Per ora si può ragionevolmente affermare che all’interno dello staff la passione e l’impegno siano abbastanza saldi e che il think tank, del quale Campochiari è ufficialmente Ceo, proceda speditamente nella missione che si è dato. Tuttavia molte domande emergono spontaneamente: conserverà lo slancio visto negli ultimi tre anni? Continuerà ad aver cura della community e a durare nel corso del tempo? Sarà capace di mantenere alta l’asticella del rigore metodologico e a smarcarsi da interessi di parte? Indubbiamente soltanto il tempo e le azioni concrete forniranno risposte e permetteranno di avere un’idea più realistica dei risultati e delle possibilità offerte da queste innovative forme di buone pratiche di public history in ambiente digitale e social.

Note

1 Ci si riferisce a un insieme di canali di comunicazione storica, alcuni di modeste dimensioni e altri di maggiore diffusione, attivi da parecchi anni su YouTube. Tra questi si menzionano: Storie dalla Storia, Incontri di Storia, Metal Mike Free Man, Evropantiqva, La Biblioteca di Alessandria, Parresia, Accademia dei Pugni, e quelli degli storici Aldo Giannuli e Giovanni Cecini.

2 Durante le live sono stati ospitati personaggi come Virgilio Ilari (ex presidente del Sism), Vittorio Emanuele Parsi, Paolo Nori, Massimo Vassallo, Giorgio Cuzzelli, Michele Boldrin, Andrea Gilli, Andrea Santangelo, Germano Dottori, Alessandro Barbero, Dario Fabbri ed altri.

3 La mappa nasce dalla comparazione dati di mappe di diverse nazionalità e da quelle più famose raggiungibili online come LiveUaMap, Isw, Jomini e la Firms della Nasa, quest’ultima nota per la geolocalizzazione dei fuochi, degli incendi e delle esplosioni.

4 Serge Noiret, Public History” e “Storia Pubblica” nella rete, in Francesco Mineccia e Luigi Tomassini (a cura di), Media e Storia, in “Ricerche Storiche”, 2009, n. 2-3, pp. 275-327.

5 Del fenomeno Parabellum e del suo valore scientifico, ne parla abbastanza approfonditamente lo storico Aldo Giannuli in https://www.youtube.com/watch?v=NSQbZGOt8h0&t=832s&ab_channel=AldoGiannuli, ultima consultazione: 24 ottobre 2023., ultima consultazione: 24 ottobre 2023.

6 Aiph, https://aiph.hypotheses.org/11624, ultima consultazione: 23 ottobre 2023., ultima consultazione: 23 ottobre 2023.

7 Social Blade, https://socialblade.com/youtube/c/parabellumstoria, dati confermati da Campochiari stesso, ultima consultazione: 23 ottobre 2023. , dati confermati da Campochiari stesso, ultima consultazione: 23 ottobre 2023.

8 Robert Kelley, Public History: Its Origins, Nature, and Prospects, The Public Historian, 1 (Fall), University of California Press, 1978, pp. 16-28.

9 Remo Bodei, Fine delle filosofie della storia, in Nicola Gallerano (a cura di), L’uso pubblico della storia, Milano, Franco Angeli, 1995, pp. 33-41.

10 Lo afferma solennemente il prof. Giardina nell’apertura del suo discorso alla lezione introduttiva del corso “Uno sguardo rivolto al Futuro”, tenuta il 2 marzo del 2020 nella Facoltà di ingegneria di Roma Tre.

11 Cfr. Stefano Pivato, Vuoti di memoria: Usi e abusi della storia nella vita pubblica italiana, Roma-Bari, Laterza, 2007.

12 «L’uso pubblico della storia non è insomma una pratica da rifiutare o demonizzare pregiudizialmente: può essere un terreno di confronto e conflitto che implica il coinvolgimento attivo dei cittadini, e non solo degli addetti ai lavori, attorno a temi essenziali», Nicola Gallerano, Storia e uso pubblico della storia, in Nicola Gallerano (a cura di), L’uso pubblico della storia, Milano, Franco Angeli, 1995, pp. 17-32.

13 Francesco Filippi, Guida semiseria per aspiranti storici social, Torino, Bollati Boringhieri, 2022, pp. 76-78.