In apertura: bandiera arcobaleno del Pride a otto strisce creata da Gilbert Baker.
Ignorare tutto questo, è il momento di dirlo senza esitare,
non è una scelta sbagliata e basta:
è incultura e spesso anche mancanza di professionalità
Daniela Brogi
1. Introduzione
Dalla seconda metà del XX secolo, le donne hanno prodotto documentazione archivistica e incrementato giacimenti bibliografici con il fine non solo di testimoniare la propria vicenda privata, ma anche la propria attività professionale e politica attraverso materiali di lavoro che si sono progressivamente sedimentati: archivi e biblioteche si sono quindi manifestati come veri e propri laboratori di scrittura, rielaborazione e creazione. Poiché nella maggioranza dei casi si assiste ancora ad una sostanziale confusione fra libri e carte di donne e libri e carte familiari, nel corso degli ultimi anni si è cercato di evidenziare l’eccezionalità di quei corpus integri per provenienza ponendoli al centro di una riflessione più ampia.
Lungi quindi dal voler ripercorrere le sole vicende biografiche dei soggetti scelti, negli studi più recenti si è cercato piuttosto di mostrare quali materiali formassero la base di lavoro e di ricerca per quelle donne che hanno caratterizzato il Novecento intellettuale italiano, e quale sia stata la loro gestione e conservazione.
Proprio perché il genere ha costituito uno degli elementi sui quali si è scelto di far ruotare le più recenti riflessioni in materia di biblioteche e archivi d’autore, è parso fin da subito necessario estendere il discorso anche alle realtà culturali espressione di gruppi minoritari dove la specificità di genere perde i confini abituali per trasformarsi in una percezione fluida, non incasellata in una determinata categoria. È sembrato quindi naturale cominciare a riflettere sulla memoria queer e rivolgere l’attenzione verso quei centri di documentazione, biblioteche e archivi specificatamente dedicati, o nei quali possiamo trovare materiali relativi al movimento LGBTQ+1.
Il contributo intende presentare alcuni contesti italiani di raccolta e gestione della produzione documentale del movimento queer; riflettere sulla specificità di questi giacimenti, ma anche sulle modalità con le quali il movimento ha progressivamente costruito la propria memoria collettiva. Tale processo ha avuto come risultato il costituirsi di spazi strutturati dove raccogliere i materiali per riscrivere la storia a partire da sé, legittimandosi da sé, e non più solo in relazione ad un maschile che si era presentato fino ad allora come spettro ostile, elemento definitorio, limite, potere che schiaccia, negazione.
Per lungo tempo i rappresentanti della cultura queer sono stati collocati fuori dalla produzione della conoscenza mainstream, non solo perché espressione di corpi non conformi, ma anche perché incarnazioni non coerenti con il paradigma sociale eterosessuale. Tale non conformità ha impedito a gay e lesbiche, anche in quanto gruppi minoritari, di trovare uno spazio dove raccogliere, gestire e condividere la propria memoria, perché non ritenuta necessaria, anzi aliena, al dibattito generale (anche accademico), relegando quindi la loro produzione bibliografica e archivistica in segmenti riconoscibili solo all’interno del movimento, perché non compatibili con il sistema patriarcale eterosessuale.
Ma come è accaduto per il femminile, anche tutto ciò che è queer ci suggerisce che la narrazione storica può cambiare. Che può manifestarsi non più solo nell’esclusione, ma può invece accogliere, coesistere in un processo continuo di trasformazione, di entrata ed uscita, di contatto fra periferie e centro. Alcune figure iconiche del movimento LGBTQ+ hanno stimolato e sostenuto la nascita e quindi la crescita di soggetti dapprima associativi e poi culturali in grado di testimoniare, a distanza di alcuni decenni dall’affermazione di una identità gay e lesbica anche nel nostro Paese, l’attività di questi gruppi che affonda le proprie radici nei primi del Novecento e che ha connotato, a vari livelli, tutta la storia contemporanea italiana.
2. Biblioteche di pubblica lettura e materiali queer
Quando si parla di centri di documentazione e biblioteche specializzate la tipologia di pubblico di riferimento è normalmente targettizzata2: si tratta di fruitori consapevoli dei materiali messi a disposizione e richiesti in consultazione. Per questa utenza generalmente non si pone la questione di capire se sia soggetta a bias o a preconcetti che potrebbero scatenare polemiche o risposte inadeguate nella fruizione delle risorse presentate. Il tema è invece più delicato quando è il pubblico generico ad interfacciarsi con materiali documentali o bibliografici specifici come quelli LGBTQ+ (ma il discorso potrebbe essere esteso anche a quelli che afferiscono ad altri gruppi minoritari3) inseriti nelle collezioni delle biblioteche di pubblica lettura.
Non è infatti un caso che relativamente alle biblioteche analizzate da Dinotola «in tutte le realtà si nota […] che lo sviluppo e la promozione delle collezioni sui temi LGBTQ+ non sono sistematici e non sono basati su politiche programmatiche»4. Questo perché le pubblicazioni queer hanno spesso incontrato nelle biblioteche che si configurano come spazi di consultazione ad accesso libero una sostanziale censura5 che rappresenta tuttavia solo uno degli aspetti della limitazione dei materiali queer. Infatti, «sarebbe [inoltre] opportuno soffermare l’attenzione sulle possibili e più velate forme di autocensura da parte di bibliotecari e bibliotecarie, basate su pregiudizi impliciti, i cosiddetti bias, che potrebbero influenzarli durante la selezione documentaria»6. A questo si aggiunge il tabù nell’affrontare, soprattutto a livello locale, tematiche legate alla sessualità, e la chiusura verso l’alterità:
come ha sottolineato l’intervistata [al sistema bibliotecario della provincia di Salerno], la seconda motivazione che ha ostacolato l’acquisto di libri sulle questioni LGBTQ+ è legata a una certa paura rilevabile nel contesto cittadino, oltre che in quello bibliotecario, ad affrontare questi temi, infatti c’è ancora un blocco che li rende un tabù … Non si tratta, a detta dell’intervistata, di una questione di carattere politico, ma di una certa chiusura e mancanza di accettazione del ‘diverso’ all’interno del contesto sociale e anche nei contesti familiari generalmente riscontrabili a Palermo e, più in generale, in Sicilia. Ciò da un lato non aiuta le persone LGBTQ+ a vivere bene nella società e anche, spesso, nell’ambiente familiare, dall’altro è uno dei motivi dello scarso interesse (almeno apparente) da parte dell’utenza delle biblioteche verso tali questioni7.
Anche la modalità di alcune biblioteche di fare rete con le associazioni del movimento sul territorio, come è accaduto a Genova, crea talvolta tensioni sociali che si riflettono poi sull’operato dei professionisti, in taluni casi rafforzando però la consapevolezza del ruolo di guida che bibliotecarie e bibliotecari possono esercitare, ma dall’altro innescando processi di resistenza che possono tradursi anche nell’autocensura:
nel 2009 la Biblioteca De Amicis [di Genova] è finita al centro di una polemica, innescata da due consiglieri regionali del Pdl, per avere ospitato l’incontro “Due Regine Due Re”, organizzato dal comitato Genova pride, e per aver acquisito e messo a disposizione di bambini e ragazzi libri, suddivisi per fasce di età, che affrontano il tema dell’affettività, anche omosessuale … l’interesse verso i temi LGBTQ+ da parte della comunità genovese è latente e i bibliotecari sono consapevoli del ruolo che possono svolgere per portarlo alla luce, grazie alle raccolte, nonché alle iniziative di promozione di carattere culturale e sociale8.
Si intravedono quindi sostanzialmente due scenari: in primis alcune biblioteche non specializzate italiane inseriscono a scaffale libri LGBTQ+, proponendo anche bibliografie di approfondimento specialmente nelle giornate, o nel mese, dedicati al Pride9; in seconda istanza, altre istituzioni si limitano a inserire qualche titolo nelle proprie collezioni senza mettere in evidenza o contrassegnare tali materiali. Le motivazioni di quest’ultima scelta sono duplici: da una parte si vuole assicurare la presenza di volumi di approfondimento sul movimento o sui temi LGBTQ+, ma senza dar loro troppa visibilità per non incappare in eventuali censure; dall’altra si cerca di scongiurarne la stigmatizzazione: «per quanto riguarda la collocazione a scaffale [nelle biblioteche bolognesi], i libri LGBTQ+ non vengono in alcun modo messi in evidenza o contrassegnati, né ci sono scaffali appositi, infatti, facendo altrimenti, si correrebbe il rischio di creare un ‘ghetto’»10. A queste motivazioni se ne aggiunge sicuramente un’altra: i budget risicati destinati all’acquisto di novità non consentono alle biblioteche di ampliare le prospettive informative e di ricerca sui temi che riguardano specificatamente i gruppi minoritari, poiché ci si orienta sull’acquisto dei “desiderata” proposti dall’utenza o dei volumi necessari per mantenere vive le pubblicazioni in serie. Inoltre, non esistendo di fatto politiche di acquisto coordinate nei sistemi bibliotecari, capita che vengano acquistare diverse copie dell’ultima novità editoriale, piuttosto che destinare la cifra ad un saggio di approfondimento su tematiche che potremmo definire “di nicchia”. Si aggiunga che spesso le carte delle collezioni non sono aggiornate e che quindi le novità introdotte a livello sociale dai gruppi minoritari non solo non vengono recepite con celerità, ma faticano ad intercettare processi di decolonizzazione attraverso i quali svecchiare e riattivare la proposta bibliografica destinata all’utenza generica.
La questione si lega profondamente con il profilo deontologico della professione di bibliotecarie e bibliotecari. Se ci si attiene al documento licenziato dall’AIB nel 2014, e al quale dovrebbero conformarsi tutti gli associati, nell’ articolo «1. Doveri verso gli utenti» si specifica che:
1.1. I bibliotecari devono garantire agli utenti l’accesso ai documenti pubblicamente disponibili e alle informazioni in essi contenute senza alcuna restrizione;
1.2 le informazioni fornite dai bibliotecari devono essere il più possibile complete e imparziali, non condizionate da opinioni e valori personali dei bibliotecari stessi né da pressioni esterne;
1.3 nella gestione della biblioteca e nei servizi al pubblico i bibliotecari non devono accettare discriminazioni o condizionamenti relativi a caratteristiche, opinioni o orientamenti degli utenti o di qualsiasi altro soggetto coinvolto direttamente o indirettamente nell’attività della biblioteca;
1.4 i bibliotecari devono ripudiare e combattere qualsiasi forma di censura sui documenti che raccolgono, organizzano o rendono accessibili e sulle informazioni che essi stessi forniscono agli utenti;
1.5 non spetta ai bibliotecari […] controllare o limitare – a meno di specifici obblighi di legge – l’accesso ai documenti […] né – in generale – esprimere valutazioni positive o negative sui documenti richiesti, utilizzati o messi a disposizione del pubblico11.
Ai doveri verso gli utenti si aggiungono, nell’articolo 2, i «Doveri verso i documenti»:
2.1 I bibliotecari si impegnano a selezionare, raccogliere (mediante il possesso o la facilitazione dell’accesso), conservare, tutelare e valorizzare i documenti pubblicamente disponibili e le informazioni in essi contenute, promuovendo l’accessibilità, la diffusione e lo sviluppo della conoscenza.
Ed infine, nell’articolo 3 comma 2 «è dovere dei bibliotecari promuovere, singolarmente e in forma associata, l’autonomia e l’efficienza del servizio bibliotecario, in quanto strumento di democrazia e libertà»12. Stanti le indicazioni AIB, l’analisi condotta da Dinotola – in filigrana alle considerazioni fin qui avanzate – denuncia una reale difficoltà, da parte delle biblioteche di pubblica lettura, nel promuovere le pubblicazioni di tematica queer riducendo di fatto gli spazi di divulgazione, e perseguendo una politica poco accogliente e poco rispettosa dei gruppi minoritari.
3. Biblioteche specializzate e materiali queer
Quando si parla di centri di documentazione e biblioteche del movimento LGBTQ+ ci si confronta con istituzioni specializzate presso le quali sono allocati materiali peculiari con una forte riconoscibilità tematica. Si tratta se non prevalentemente, ma in maniera consistente, di pubblicazioni che un tempo venivano definite “letteratura grigia” prodotte dentro, ma anche fuori dal movimento (soprattutto se si tratta di saggi e pubblicazioni scientifiche).
Come accade per le biblioteche femministe13 – rispetto alle quali la comparazione si impone – accanto a volumi di narrativa e saggistica spesso anche in lingua originale e in prime edizioni, si riscontra la presenza di pubblicazioni periodiche specializzate italiane e straniere, tesi, videocassette, cd, cd-Rom.
Inoltre, si rintracciano materiali che spesso confluiscono nella sezione archivio, ma che rappresentano interessanti corpus di pubblicazioni non convenzionali espressione del sostrato associativo dal quale molte delle realtà italiane qui citate partono: manifesti14, volantini ciclostilati e a stampa, rassegne stampa, dattiloscritti, manoscritti, inviti, cartoline, plaquette, pubblicazioni d’occasione (tutti materiali che, se conservati in biblioteca, sono sottoposti a trattamenti catalografici specifici). A margine di questi insiemi si collocano i documenti di archivio e le fotografie prodotti dalle associazioni del movimento o dai singoli che hanno riversato i propri fondi personali facendoli confluire in sistemi più complessi. L’uscita dal binarismo sessuale è sintomatica della necessità continua di definire sistemi on/off, in/out ed ecco perché, anche in queste raccolte, si afferma con evidenza la compenetrazione fra carte e libri, materiali ibridi, oggetti utilizzati durante le manifestazioni, gadget vari in una struttura dai contorni sfumati dove archivio e biblioteca riplasmano le proprie peculiarità stressando il sistema gestionale canonico che prevede per ognuno dei due contenitori norme e procedure specifici. La fluidità di genere e rappresentazione del sé che il movimento esprime si riflette dunque anche sulla fluidità delle collezioni conservate nei centri di documentazione queer, composte dai pezzi di un puzzle variopinto, frutto di “soggetti produttori” in mutazione continua. Poiché «anche i temi sono forme. E le forme hanno una storia, non solo un aspetto»15, questi materiali inusuali ci raccontano moltissimo di un percorso di affermazione e riconoscimento che ha recepito appieno «i limiti di un’idea del genere chiusa nell’alternativa tra mascolinità e femminilità»16 che è stato fortemente provato dalla discriminazione e dallo stigma dell’AIDS.
Nel panorama variegato italiano, costituito quasi sempre da piccole realtà sempre a metà fra associazionismo ed entità culturale, emerge, per le dimensioni e la strutturazione delle collezioni, il Centro di documentazione Flavia Madaschi17 «uno dei maggiori conservatori di fondi archivistici LGBTQ+ nazionali e fra i maggiori in Europa»18. Il Centro è il risultato di un percorso associativo e politico che affonda negli anni Ottanta. Infatti, nel 1981 nasce Arcigay «che diviene ben presto la principale organizzazione [che] si orienta a una nuova, pragmatica, collaborazione con le istituzioni»19 e, contestualmente, a Bologna, nel 1982, si apre il circolo omosessuale Il Cassero che mantiene intatta fino ad oggi la sua conformazione, proponendosi però anche come istituzione di conservazione e valorizzazione della memoria gay e lesbica italiana.
Forte della lunga storia e della militanza sul territorio, Il Cassero si è fatto promotore negli anni di alleanze istituzionali che hanno permesso al Centro di documentazione di aderire a progetti di respiro nazionale: alcune delle sue collezioni sono state attenzionate dal progetto “A lunga conservazione” che ha consentito la schedatura e digitalizzazione dei nuclei documentari dei 140 faldoni della Rassegna stampa (dal 1960), dei 5000 fra manifesti e locandine conservati dal 1970, e i 52 raccoglitori di volantini, opuscoli e materiale informativo vario20.
Il Centro è una delle realtà che popolano il nostro Paese e che consentono, in particolare nel Meridione, di accedere alla produzione queer se si considera che
i risultati della ricerca in OPAC dei titoli componenti il campione di 408 libri hanno mostrato che i sistemi bibliotecari con sede in città dell’Italia meridionale non hanno alcun titolo nelle loro raccolte (Napoli e Palermo), oppure ne possiedono un numero davvero esiguo (Catania 2 e Bari 12)21.
Se ci si attiene all’Anagrafe delle biblioteche italiane il Sud, a livello di biblioteche specializzate sul tema, presenta solo due centri22: a Cagliari la Mediateca LGBT e Queer ARC con un patrimonio di circa cinquemila unità fra volumi e opuscoli, multimedia e periodici23; e l’Istituto culturale Biblioteca centro di documentazione LGBT di Caserta che afferisce all’associazione Rain Arcigay con un patrimonio di circa 1400 volumi a cui si aggiungono 180 pubblicazioni in serie, audiovisivi e documenti grafico-iconici24. La scarsità di istituti nel Sud è in parte compensata dalle realtà del Centro-Nord fra le quali, oltre al già citato Cassero, si annoverano: il Centro di documentazione Azione Gay e Lesbica di Firenze che «raccoglie volumi in più lingue, diverse decine di riviste italiane e straniere, svariate tesi […] un migliaio di film, moltissimi manifesti, materiale grigio e una imponente rassegna stampa dagli anni ’80 ad oggi, nonché il patrimonio documentario dell’associazione»25; il Centro di documentazione Omologie di Milano (già Biblioteca del Centro di iniziativa gay) con un consistente patrimonio di circa 25000 items fra materiali audiovisivi, cd-Rom, manifesti, manoscritti, periodici, tesi di laurea, volumi e opuscoli26; e le due realtà torinesi del Centro di documentazione Maurice e della Fondazione Sandro Penna/Fuori!. La prima, espressione dell’associazione nata nel 1985, possiede audiovisivi, manoscritti, periodici, volumi ed opuscoli, documenti grafico-iconici per un totale di circa 8000 items27. Il Maurice dal 2018 è entrato a far parte del circuito delle Civiche Torinesi partecipando al catalogo online del sistema.
La storia della seconda inizia invece nel 1971 all’indomani della pubblicazione su “La Stampa” di una presunta guarigione dall’omosessualità: «in risposta all’articolo, un gruppo di persone che anima il network omosessuale torinese attivo nella scena controculturale italiana scrive una lettera di protesta, che però non viene pubblicata»28. Fra i firmatari c’è Angelo Pezzana29 che, insieme ad altri, nel Fuori!-Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano trova lo spazio per «una integrazione della rivoluzione sessuale con quella politica»30. Il gruppo dà vita ad un periodico che porta lo stesso nome per i quali, fra i primi estensori, c’è anche Fernanda Pivano che partecipa fornendo «materiali e articoli densi di informazioni sull’associazionismo gay statunitense»31 e collocando immediatamente la pubblicazione in un orizzonte internazionale.
Nel 1974 il Fuori! è la prima realtà italiana ad intraprendere un progetto politico all’interno delle istituzioni federandosi con il Partito Radicale «e nel 1978 si associa all’International Gay Association»32 ribadendo la propria apertura extranazionale. La memoria di un progetto di tale rilevanza trova ospitalità nella Fondazione Sandro Penna fondata nel 1980 con la «finalità principale di conservare, valorizzare, arricchire e diffondere materiali, pubblicazioni e contenuti video relativi all’esperienza del “Fuori!” e del movimento torinese»33. Nei suoi fondi sono conservati manifesti, videocassette, audiocassette, la collezione completa della rivista pubblicata dal 1972 al 1982, fotografie, rassegna stampa, gadget, ecc. Tutto il materiale è gestito dal Polo del Novecento che dispone di spazi dedicati per la consultazione di archivio e biblioteca34.
L’analisi sommaria succitata – riferita ai dati estrapolati dall’Anagrafe delle biblioteche italiane – è per ovvie ragioni parziale: al censimento sfuggono le molte associazioni omosessuali diffuse sul territorio ed attive come circoli di aggregazione che possiedono raccolte librarie – e magari anche fondi documentali personali ricevuti per donazione – ma che non possono definirsi propriamente biblioteche poiché non sono gestite da personale specializzato (e che, in linea generale, sono il frutto dell’attività organizzativa di volontari), non aderiscono ad alcun sistema bibliotecario partecipato e hanno quindi una visibilità circoscritta all’ambiente di riferimento. Alcune di queste realtà, come alcuni circoli Arcigay, hanno però trovato una soluzione creando un catalogo online a libero accesso. Lo strumento, al quale aderiscono dieci biblioteche35, è indirizzato alle associazioni che non hanno né le dimensioni, né i professionisti in grado di garantire gli inserimenti in SBN o in Sistemi bibliotecari strutturati. Si tratta di una sfida notevole lanciata recentemente dal gruppo Arcigay di Genova36, orientata alla disseminazione dei materiali relativi al movimento, che manifesta con chiarezza la volontà di mettere a sistema un patrimonio di conoscenza specializzato. Questa esperienza, che sta muovendo i primi passi, ricorda in modo lampante la costruzione della Rete informativa di genere femminile Lilith37. Molteplici sono le analogie fra le due realtà, prima fra tutte utilizzare la rappresentazione del patrimonio bibliografico attraverso la scheda di catalogo come strumento di cittadinanza agita dal movimento. Infatti, riconoscere, gestire e tramandare la propria memoria significa, per ogni gruppo minoritario, affermare la propria presenza e la propria autorevolezza nel contesto sociale di appartenenza.
4. Conclusioni
Le valutazioni che si possono effettuare in merito ai giacimenti culturali queer sono sostanzialmente di due ordini: la prima è il valore bibliografico rappresentato dalle pubblicazioni che, soprattutto in passato, erano di difficile reperimento nelle biblioteche di pubblica lettura; la seconda è relativa alla eccezionalità di questi corpus eterogenei espressione di un’attività culturale e politica orientate all’affermazione di un altro sé, e al riconoscimento sociale di questo sé, talvolta in continua fase di definizione. In quanto alla prima, si fa riferimento a quei testi, soprattutto di saggistica, ma anche di narrativa e poesia, e a quei periodici spesso presenti in lingua, la cui diffusione era limitata alla cerchia omosessuale. Si tratta di materiali talvolta in prima edizione, o in tirature ridotte e locali, di innegabile valore bibliografico non solo perché rari, ma anche perché testimonianza, in alcuni casi, dell’attività editoriale embrionale delle associazioni che li conservano (si pensi, come già evidenziato, al caso del Fuori!). In seconda istanza, il polimorfismo dei materiali conservati nei centri di documentazione queer esprime la militanza politica del movimento, l’impegno sociale profuso in determinati momenti storici per affermare nuove verità e far emergere le identità queer dal qualunquismo stereotipale (basta pensare alla significativa raccolta di manifesti de Il Cassero suddivisa nelle aree tematiche: Salute e benessere, Movimento e rappresentazione, Omofobia e transfobia, Relazioni familiari ed affettività, Identità, Lavoro, Welfare)38.
Infine, due sono le considerazioni che si possono avanzare a margine dell’analisi presentata: la prima è relativa alla progressiva capacità maturata dal movimento LGBTQ+ di costruire sistemi di raccolta e gestione della propria memoria inserendosi nelle reti strutturate preesistenti o cercando soluzioni in grado di intersecarsi con il preesistente. La seconda è invece relativa alla ricerca di istituzionalizzazione (quel processo che la teorica Lisa Duggan definisce “omonormatività”) anche nei processi di messa a sistema della propria memoria. La costituzione e l’attività di biblioteche e centri di documentazione queer manifestano con evidenza la volontà del movimento di trovare uno spazio di coesistenza e riconoscibilità inserendosi in una compagine decodificata: se da una parte le donne, grazie al femminismo, cercano progressivamente di sottrarsi al sistema patriarcale e alle rappresentazioni metamorfiche di questo, il movimento LGBTQ+ sembra invece, pur con le dovute critiche, tendere a costruirsi una comfort zone proprio in quella struttura societaria che a lungo lo ha ghettizzato. Fuori dalla cerchia “domestica” rappresentata dalla comprensione del gruppo, il movimento LGBTQ+ ha cercato una legittimazione ed una istituzionalizzazione anche a partire – o forse fondando progressivamente il proprio agire – sulla preservazione della memoria collettiva del movimento e del singolo che ne rappresenta la peculiarità.
I luoghi di cultura che il movimento queer è riuscito progressivamente a creare anche in Italia dimostrano come lungi dal situare questi percorsi in una storia di rabbia e di rivendicazione, ci sia stata la capacità di trasformarli anche in una vicenda di liberazione costruita nel tempo e nelle azioni39. Una vicenda che ha prodotto materiali di riflessione, indagine, intrattenimento che possono rappresentare una chance per archivi e biblioteche verso la decolonizzazione di collezioni e professionisti, oltre a rappresentare un esempio concreto della gestione di collezioni speciali.
Note
1 La sigla è qui utilizzata per questioni di sintesi nella consapevolezza che l’acronimo non include tutte le realtà che si discostano dalla cis-eteronormatività.
2 Va sottolineato che, allo stato attuale, a livello italiano non sono riscontrabili contributi scientifici sulle biblioteche specializzate queer, così come sono numericamente esigui gli approfondimenti teorici sulle biblioteche specializzate in generale. A titolo orientativo si veda la bibliografia posta in calce al contributo di Valentina Sonzini, Le biblioteche degli ordini professionali: il caso genovese, in “AIB Studi”, a. 59, n. 3, https://doi.org/10.2426/aibstudi-12012, ultima consultazione di tutti i link: 18 dicembre 2023.
3 Su decolonialità e biblioteca si veda il contributo di Valentina Sonzini, Biblioteconomia di confine e gruppi minoritari, in Visioni future: Next Generation Library, Milano, Editrice Bibliografica, 2023, pp. 175-182.
4 Sara Dinotola, Bias delle collezioni e data analysis: un modello per lo studio comparato delle raccolte LGBTQ+, in “AIB Studi”, 2022, vol. 62, n. 1, pp. 73-103: 100, https://aibstudi.aib.it/article/view/13394.
5 Ivi, p. 74. L’AIB-Associazione Italiana biblioteche ha prontamente condannato tale censura in più sedi, http://www.aib.it/struttura/osservatorio-censura/#notizie.
6 Dinotola, Bias delle collezioni e data analysis, cit., p. 74.
7 Ivi, p. 92.
8 Ibidem.
9 Si veda a tal proposito la bibliografia “Leggere differenze” elaborata dalle realtà bolognesi: Biblioteca Salaborsa Ragazzi, il Centro di documentazione Il Cassero, Hamelin associazione culturale e l’Associazione Famiglie arcobaleno, http://www.bibliotecasalaborsa.it/ragazzi/tutti/proposte-di-lettura/bibliography/leggere-differenze-5046e1. A titolo informativo si segnala anche la bibliografia elaborata dall’APS Scosse “Leggere senza stereotipi”, http://www.scosse.org/leggere-senza-stereotipi/.
10 Ivi, p. 94.
11 AIB-Associazione Italiana Biblioteche, Codice deontologico dei bibliotecari: principi fondamentali, www.aib.it/documenti/codice-deontologico/.
12 Ibidem.
13 Si veda, fra gli altri, Valentina Sonzini, Libri di donne. L’Udi tra Sbn e biblioteche di Autrice, in “Clionet”, 2022, 6, https://rivista.clionet.it/vol6/libri-di-donne-udi-sbn-e-biblioteche-di-autrice.
14 Si pensi a quelli valorizzati da Il Cassero in particolare sulla questione dell’AIDS che aveva risospinto la comunità gay nella medicalizzazione riaccendendo lo stigma sociale: «“lo spettacolo dell’aids”, ovvero una strategia di comunicazione che rafforza la percezione della pericolosità sociale delle sessualità queer, ma soprattutto dell’eterosessualità come “baluardo” di salute», in Maya De Leo, Queer. Storia culturale della comunità LGBT+, Torino, Einaudi, 2021, p. 194. I manifesti sono liberamente consultabili nella banca dati sul manifesto politico e sociale contemporaneo promossa dalla Fondazione Gramsci Emilia-Romagna, www.manifestipolitici.it/SebinaOpacGramsci/.do.
15 Daniela Brogi, Lo spazio delle donne, Torino, Einaudi, 2022, p. 95.
16 Ivi, p. 35.
17 Codice SBN: UBOGY. Anno di rilevamento dati 2021, https://anagrafe.iccu.sbn.it/isil/IT-BO0567.
18 Carissime mele marce, Bologna, Promemoria Group, 2022, senza paginazione. Per un approfondimento si vedano sia il sito del Centro di documentazione Flavia Madaschi, https://centrodocumentazionecassero.it; sia il sito dell’associazione Arcigay Il Cassero LGBTQIA+ center: https://cassero.it/chi-siamo.
19 De Leo, Queer. Storia culturale della comunità LGBT+, cit., p. 191.
20 Il progetto è stato sostenuto da un bando UNAR volto al «finanziamento di progetti finalizzati alla raccolta, alla digitalizzazione ed alla creazione di data base archivio sulla documentazione storica riguardante la tematica LGBT», Carissime mele marce, cit.
21 Dinotola, Bias delle collezioni e data analysis, cit., p. 97.
22 L’interrogazione del data base dell’Angrafe delle biblioteche italiane è stata effettuata a partire dalla Ricerca avanzata utilizzando le parole chiave: queer, gay, lesbica, omosessuale, LGBTQ; e il codice Dewey 306.76 Tendenze sessuali.
23 Codice SBN: CAGF1. Anno di rilevamento dati 2021, https://anagrafe.iccu.sbn.it/isil/IT-CA0497.
24 Codice SBN: CAMLG. Anno di rilevamento dati 2021, https://anagrafe.iccu.sbn.it/isil/IT-CE0180.
25 Codice SBN: RT1CG. Anno di rilevamento dati 2021, https://anagrafe.iccu.sbn.it/isil/IT-FI0902.
26 Codice SBN: LO19D. Anno di rilevamento dati 2021, https://anagrafe.iccu.sbn.it/isil/IT-MI1193.
27 Codice SBN: BCTCM. Anno di rilevamento dati 2020, https://anagrafe.iccu.sbn.it/isil/IT-TO1230.
28 De Leo, Queer. Storia culturale della comunità LGBT+, cit., p. 165.
29 Su Angelo Pezzana si veda a titolo informativo il sito https://angelopezzana.it; ma anche Angelo Pezzana, Dentro & Fuori, una autobiografia omosessuale, Milano, Sperling & Kupfer, 1996.
30 Ibidem.
31 Ibidem.
32 De Leo, Queer. Storia culturale della comunità LGBT+, cit., p. 176.
33 Fondazione Sandro Penna http://www.portalenazionalelgbt.it/bancadeidati/schede/fondazione-sandro-penna.html. Il sito della Fondazione (http://www.fondazionesandropenna.it/) non è attivo, ma la descrizione dei fondi in essa conservati è fruibile sul portale 9centRo https://archivi.polodel900.it/entita/Fondazione%20Sandro%20Penna,%20Torino e sul sito di Angelo Pezzana che contiene una sezione dedicata https://angelopezzana.it/fondazione/.
34 Il Polo aderisce al Polo bibliografico della ricerca dell’Università degli studi di Torino https://polodel900.it/archivio-e-biblioteca/.
35 Il database – gestito con il software Kora ad accesso libero – è consultabile all’indirizzo https://bibliotecarcigay.biblioteca.arcigay.it/cgi-bin/koha/opac-main.pl. Le biblioteche aderenti sono: Arcigay Aosta, Arcigay Catania – Pegaso LGBT, Arcigay Comunitas Ancona APS, Arcigay Genova – Approdo Lilia mulas APS, Arcigay Grandaqueer LGBT APS, Arcigay L’Aquila – Massimo Consoli, Arcigay Mantova, Arcigay Modena, Arcigay Palermo, Arcigay Rieti LGBT+. Il sistema, dalla consultazione piuttosto intuitiva, consente sia una ricerca semplice attraverso una barra di ricerca “alla google” (che offre la possibilità di filtrare per: titolo, Autore, Soggetto, ISBN, ISSN, Serie, Collocazione), sia una ricerca avanzata che permette di interrogare gli items inseriti per: Parola chiave, Soggetto, Titolo, Autore, Editore, Luogo di pubblicazione, ISBN, Codice a barre. A queste opportunità si aggiunge la ricerca per Tipo di copia (File di computer, Materiali visivi, Libri, Musica, Mappe, Riferimento, Materiale misto, Risorsa in continuazione). Ulteriori opzioni di ricerca sono: Ubicazione e disponibilità; Gruppi di biblioteche; Pubblico (Prescolastico, Primario, Preadolescemte, Adolescente, Adulto, Specializzato, Generale, Giovane); Contenuto (Narrativa, Non è narrativa, Biografia, Registrazione musicale, Registrazione non musicale), Anno di pubblicazione da a, Formato (con riferimento, oltre al materiale non librario, alle caratteristiche del materiale librario stesso: Caratteri regolari, Caratteri grandi, Braille); Lingua; Ulteriori tipologie di contenuti per libri/materiali a stampa (all’interno della quale è possibile filtrare per, fra gli altri: Riassunti, Bibliografie, Articoli legali, Brevetto, Tesi, Recensioni, Casi legali giurisprudenza commentata, et al.). Le ricerche restituiscono risultati visualizzabili anche nei formati MARC e ISBD.
36 Il progetto, nato in seno al gruppo genovese l’Approdo, è stato sostenuto e portato a avanti da Claudio Tosi, responsabile nazionale cultura di Arcigay (che ringrazio per la testimonianza rilasciata). Contattato l’ICCU-Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche, il gruppo genovese si è quindi impegnato nella realizzazione di uno spazio di condivisione bibliografica al fine di consentire, anche a realtà molto piccole, di mettere a sistema i propri dati lasciando aperta l’eventuale possibilità in futuro di entrare in SBN qualora se ne prefigurino i presupposti.
37 Costituitasi negli anni Novanta del Novecento su impulso di alcuni dei Centri di documentazione femministi presenti sul nostro territorio, ha rappresentato per alcuni decenni un esempio concreto di militanza, messa a sistema dei dati bibliografici e archivistici sul femminismo italiano, impegno visionario di conservazione della memoria delle donne. Sulla Rete si veda, fra gli altri, il recente contributo di Valentina Sonzini, Progettare l’utopia: la rete informativa di genere femminile Lilith, in “Caffé storico. Rivista di Studi e Cultura della Valdinievole”, 2023, n. 15, pp. 23-44.
38 Centro documentazione Flavia Madaschi, https://centrodocumentazionecassero.it/cerca?filtro=common%7C3%7CManifesti%7C%2FMateriali%2FManifesti&sort=fn&page=0.
39 Brogi, Lo spazio delle donne, cit., p. 36.