In apertura: la base sociale della cooperativa di autotrasporti Carp (Foto dell’Autore).
1. Le caratteristiche dell’impresa cooperativa
Quando parliamo di mondo cooperativo, facciamo i conti con un’esperienza che muove i primi passi nel secolo XIX in una soluzione di rottura dai precedenti modelli economici grazie alla naturale spiccata vocazione alla commistione di energie umane ed esperienze o volontà solidali1: entrano in scena, infatti, valori differenti da quelli che da sempre animano il mercato e l’impresa lucrativa, quali: il principio «una testa un voto», il reinvestimento di buona parte degli utili, il principio della cosiddetta «porta aperta»2. Proprio attraverso questa commistione di valori si tenta di contrapporre al sistema capitalistico, sostanzialmente di sfruttamento dell’elemento umano, un nuovo concetto di azienda che, pur operando nel mercato, non operi esclusivamente con logiche di mercato. Dal punto di visto filosofico si potrebbe pensare che l’attenzione verso la persona nella formula cooperativa, tenti di conciliare l’uomo-lupo di Hobbes con l’uomo di natura di Rousseau; che tenti di affrontare la realtà (anche) del mercato attraverso la vita, l’esperienza e la forza del gruppo: un gruppo che si organizza, si struttura, sopravvive prendendosi cura dei propri membri secondo principi di condivisione che assurgono a criteri di ripartizione, secondo leggi che il gruppo si auto-impone3. Osservando la vita di una cooperativa possiamo notare che i valori originari che ne costituiscono il fondamento, risultano più facilmente individuabili nella fase iniziale dell’esperienza, nel momento in cui si costruisce concretamente condividendo difficoltà e ostacoli. Gli stessi valori, sembrano perdere visibilità con l’evoluzione dell’esperienza, specialmente quando opera in contesti spiccatamente di mercato e ancora più complicata quando gli attori principali della cooperativa non sono persone fisiche ma aziende (persone giuridiche): quando il fine dell’esperienza passa dalla ricerca diretta del miglioramento delle condizioni di vita dei soggetti (o attori) a finalità più complesse quali la massimizzazione dell’utile ed il profitto (l’azienda ha scopo di lucro)4.
2. L’autenticità della cooperazione: una questione aperta
L’adesione della forma cooperativa all’aggregazione di aziende non è mai stata di semplice soluzione anche per la giurisprudenza. Per portare un esempio tra tutti pensiamo alla necessità di contemperare il diritto all’autodeterminazione della cooperativa ed il rispetto dei principi cooperativi o l’introduzione da parte del legislatore di benefici quali, il credito privilegiato in caso di contenzioso (uno tra tutti), che avvantaggiano le cooperative rispetto alle controparti favorendo la competizione nel mercato ma allo stesso tempo rendendole strumenti appetibili a prescindere dalla reale volontà di autenticità dell’esperienza stessa5. Il problema dell’esperienza “autentica” è una costante in tutti i campi, figuriamoci quando si tenta la fusione di principi a volte anche antitetici. L’azienda cooperativa che opera nel sistema economico deve mettere in campo tutta l’energia e la professionalità che questo comporta come qualsiasi azienda, ma contemporaneamente non deve sottostare solo a dinamiche di mercato, ma anche a valori etici fondanti, condizioni essenziali e presupposti dell’autenticità dell’esperienza stessa6. L’esperienza cooperativa cerca di far convivere vari aspetti: scelte imprenditoriali e principi di mutualità, presenza o vivacità sul mercato e rispetto sociale, scelte manageriali e democrazia sociale. Esperienza cooperativa autentica significa, tra le altre cose, scegliere quotidianamente di operare secondo valori etici forti e imprescindibili, primi tra tutti la correttezza, la trasparenza, l’onestà7. Questi valori modificano e permeano per primi i “rapporti interni”: con i soci, con i dipendenti, con i collaboratori. E se volessimo immaginare un modello semplificato potremmo pensare che l’azienda è un modello di proprietà esclusiva (ovvero degli azionisti), mentre la cooperativa è un modello di proprietà inclusiva (ovvero dei soci).
3. La cooperativa nel contesto di mercato e nelle relazioni esterne
Ma è lecito chiedersi quali ripercussioni ci siano verso l’esterno? È possibile che questi valori, assorbiti e vissuti quotidianamente all’interno non vengano poi trasmessi anche all’esterno? Un’esperienza autentica dovrebbe tendere, proprio per sua natura ad essere diffusiva, ad applicare le stesse modalità all’esterno come all’interno, a determinare un codice di condotta o almeno uno stile, anche verso la committenza, verso i partner, verso i competitor. Un atteggiamento di questo tipo, in particolare se avvalorato dai giusti risultati economici, può innescare un ciclo virtuoso di miglioramento degli standard qualitativi delle performance di ogni attore, “interno ed esterno” all’esperienza; ad esempio si tenderà ad una maggiore oculatezza e professionalità nella gestione economica; ad una maggiore attenzione nella fase distributiva; a massimizzare la trasparenza nei processi decisionali; ad agevolare i processi di partecipazione; a realizzare integrazioni di grado superiore (cooperative che accorpano cooperative); a stabilire rapporti commerciali sani. Il ciclo virtuoso diffuso da questo “stile cooperativo” stimolerà ad investire su beni relazionali, ad alimentare l’autostima di tutti gli attori, a costruire la fiducia tra i partner, finanche con i competitor8. Se non dimentichiamo che la fiducia, mattone fondamentale del mercato, non è un bene morale, aleatorio: è condicio sine qua non del mercato allora potremmo auspicare che l’esperienza cooperativa autentica possa essere elemento rigenerante del mercato stesso, alimentandolo direttamente e indirettamente in un sistema virtuoso e migliorativo della condizione di tutti gli interessi con cui viene a contatto.
4. Il ruolo della storia fra analisi e stimoli
Ho iniziato a occuparmi di imprese cooperative negli anni Novanta, in occasione degli studi universitari e, in particolare, con la stesura della tesi di laurea. Poi ho trovato lavoro presso la Cooperativa autotrasportatori riuniti di Pesaro e Urbino, meglio conosciuta come Carp. E ancora oggi opero in questa realtà, che nel 2023 ha compiuto cinquant’anni. Un libro di Tito Menzani, scritto per raccontare la storia di Carp, mi ha indotto a tornare a riflettere sulla cooperazione9. Infatti, si tratta di un volume che ripercorre cinquant’anni densi di sfide, fra innovazioni, investimenti e momenti di crescita, non senza sacrifici e difficoltà. Si racconta di uomini alla guida di camion, che hanno scelto di condividere i vantaggi della forma cooperativa, per non essere in balia del mercato senza tutele e assistenza; e si racconta anche di altre persone, uomini e donne, che negli uffici della sede, alla cornetta di un telefono o davanti allo schermo di un computer, si sono adoperate per essere di supporto ai soci. Nel corso del tempo, Carp si è allargata, si è dotata di aree per la sosta dei mezzi, ha ampliato il parco servizi e il fatturato, ha facilitato la crescita delle ditte associate, ha accolto nuove generazioni di autotrasportatori, ha stretto alleanze con altre realtà del settore, sempre con l’obiettivo di essere utile ai soci e alla loro clientela. Tutto questo e tanto altro viene illustrato sullo sfondo dei grandi cambiamenti dell’ultimo mezzo secolo, che hanno impattato anche su Carp e sui trasporti: la crisi petrolifera del 1973, l’introduzione dei tachigrafi, l’abbattimento delle barriere doganali a seguito del processo di integrazione europea, l’avvento della telefonia cellulare, dei navigatori satellitari e di internet, la sostituzione della lira con l’euro, la globalizzazione del commercio, il Covid-19 e la recente difficoltà di reperire autisti.
Il libro racconta il lungo tragitto di Carp e allo stesso tempo restituisce il senso di fare impresa insieme, spiegandone i vantaggi in prospettiva diacronica. Ecco perché la storia rappresenta una disciplina fondamentale per comprendere meglio il presente e fornisce eccezionali stimoli e strumenti di analisi. Nel XXI secolo, se l’impresa cooperativa saprà valorizzare la propria natura, essere autentica e costituire un modello economico al servizio dei soci e degli stakeholder, sarà certamente in grado di essere una tipologia aziendale attrattiva per le nuove generazioni. Ecco perché si dovrà sempre più mettere l’accento sull’esperienza relazionale.
Note
1 Massimo Fornasari, Vera Zamagni, Il movimento cooperativo in Italia. Un profilo storico-economico (1854-1992), Firenze, Vallecchi, 1997; Fabio Fabbri, L’Italia cooperativa. Centocinquant’anni di storia e di memoria. 1861-2011, Roma, Ediesse, 2011.
2 Stefano Zamagni, Vera Zamagni, La cooperazione. Tra mercato e democrazia economica, Il Mulino, Bologna, 2008; Antonio Zanotti, Cooperative e imprese di capitali: quanto sono diverse e quanto sono uguali? Un’analisi comparata della mutualità cooperativa, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2016.
3 Ivano Barberini, Come vola il calabrone. Cooperazione, etica e sviluppo, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2009.
4 Turiddo Campaini, Un’altra vita è possibile: quando i valori dell’uomo condizionano le leggi del profitto, intervista di Pietro Jozzelli, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2010; Andrea Bernardi, Salvatore Monni (a cura di), Parole chiave per l’impresa cooperativa del futuro, Bologna, Il Mulino, 2019.
5 Guido Bonfante, La legislazione cooperativa. Evoluzioni e problemi, Milano, Giuffrè, 1984.
6 Enea Mazzoli, Stefano Zamagni (a cura di), Verso una nuova teoria economica della cooperazione, Bologna, Il Mulino, 2005; Bruno Jossa, L’impresa democratica: un sistema di imprese cooperative come nuovo modo di produzione, Roma, Carocci, 2008.
7 Carlo Borzaga (a cura di), Cooperative da riscoprire, Dieci tesi controcorrente, Roma, Donzelli, 2018; Michele Dorigatti, Tito Menzani, 101 domande sull’impresa cooperativa, Trento, Vitrend, 2021.
8 Sergio Costalli, In viaggio verso Itaca: pratiche e riflessioni di un cooperatore tra futuro e realtà, Milano, Mind, 2011.
9 Tito Menzani, Trasporto e passione. Carp, mezzo secolo di storia (1973-2023), Faenza, Homeless book, 2023.