La gioia di scrivere, l’arte di conservare: tra la vita e le carte d’archivio di Goliarda Sapienza

The joy of writing, the art of preserving: among the life and archive of Goliarda Sapienza

In apertura: ritratto di Goliarda Sapienza (da WikiCommons).

1. La gioia di scrivere1

I documenti oggi noti e appartenenti all’archivio di Goliarda Sapienza, recentemente riordinato da Silvia Tripodi, permettono l’emergere di una personalità poliedrica del Novecento italiano: uno spirito libero, una pensatrice eclettica, un’artista poliedrica che si muove liberamente tra scrittura, cinema e teatro, politica2.

Sono documenti che, come è giusto che sia, nel loro insieme pongono molti dubbi e aprono o lasciano aperte molte questioni relative alle fasi della loro stessa sedimentazione e alla comprensione del loro posto accanto ad altra documentazione, in quanto rappresentazioni di momenti della vita e del lavoro del soggetto produttore3; sono documenti da lei stessa raccolti e riordinati nel corso del tempo da Angelo Pellegrino.

Rappresenta gioia, per Sapienza, l’azione – o meglio l’arte – del conservare, così come da lei è stata portata avanti e specialmente se l’oggetto materiale entro cui si conserva, e quindi il simbolo di questa stessa arte, è una cassapanca di famiglia.

La scrittrice annota più volte nei taccuini la presenza di una cassapanca colma di documenti e ricordi d’infanzia, talvolta piena di cadaveri e di vivi a pezzi, cioè di fotografie e documenti dei genitori e dei fratelli; in alcuni casi scrive di carte recuperate all’Archivio Centrale dello Stato, come, per esempio, in questo passaggio che reputo interessante sotto vari punti di vista:

Domenica. Tempo di soffrire tempo di gioire tempo di leggere il passato come su un manoscritto ingiallito, anonimo, seduti davanti a un tavolo impersonale di una biblioteca: questa dove sosto è l’Archivio di Stato, aperto a tutti i cittadini italiani cui prendesse desiderio di sapere4.

È al tavolo della biblioteca – la sala studio – dell’Archivio Centrale dello Stato che Goliarda legge documenti di famiglia, soffre e gioisce mentre legge; al tavolo del bar, invece, vive esperienze di vita, di lettura e di scritture differenti, qui trova ristoro e pace, studia caratteri e individui, comunica ed entra in contatto con la vita delle persone5.

Nella scrittura e nelle storie di Sapienza se il tavolo del bar si contrappone a quello freddo e asettico di una biblioteca o di un archivio, allo stesso modo la cassapanca, nel processo di conservazione e sedimentazione della memoria, si contrappone agli scaffali di una libreria o a sterili contenitori in cartone.

Attraverso la cassapanca e quello che essa contiene si rende manifesto, però, il suo rapporto non del tutto positivo con il passato e quindi, in un certo modo, anche con il contenuto della cassapanca che quel passato rappresenta pienamente; passato che viene continuamente rielaborato e utilizzato come filo conduttore di molta parte della sua narrativa.

Sapienza, da quello che narra, conservava tutto, e conservava tutto appunto nella cassapanca (o in alcuni casi, oggi lo sappiamo, entro raccoglitori); lei stessa scriveva:

[…] ho cominciato a stracciare lettere, cartoline (si conserva tutto: un biglietto del tram, un programma di teatro, ricordi morti che si cerca di tenere in vita con la respirazione artificiale), – a parte questo, non sono stata come l’altra volta stesa sul letto6.

E del resto i ricordi, gioiosi o meno che siano, emergono dalle profondità della cassapanca, profondità che rappresentano pienamente le voragini e la complessità della memoria, e riportano gioia perduta, trasferiscono gioia da luoghi e tempi lontani.

Qui è Modesta che, in un flusso di pensieri, gioisce e rivive, attraverso le parole dei libri e a lei può attribuirsi questo pensiero:

la memoria come chiave della nuova visione diviene ora il mezzo primo per consentire il viaggio a ritroso nei boschi sotterranei dei ricordi apparentemente dimenticati, ma che riportati alla luce, riordinati, liberati da muffe e croste, rivelano mosaici di gemme splendenti per la comprensione della vita propria e degli altri7.

In questo senso la riflessione che ho intrapreso trova spazio ulteriore di considerazione nelle sollecitazioni fornite nel paragrafo che segue; il personaggio Goliarda Sapienza, la sua scrittura, la sua vasta e multiforme produzione possono essere meglio compresi attraverso la stratificazione dei documenti e la stratificazione delle scritture che la documentazione stessa ci restituisce, in un processo di analisi che deve necessariamente percorrere, più volte, una strada sempre a ritroso, dal documento al testo scritto e viceversa.

2. L’arte di conservare

Sebbene il nome di Goliarda Sapienza sia spesso associato alla pubblicazione de L’arte della gioia, opera indiscutibilmente considerata come vero e proprio caso editoriale per l’improvvisa fortuna e notorietà che ottenne dopo decenni di negligenza ed esclusione dal mercato editoriale, raramente i numerosi studi successivi alla sua improvvisa notorietà sono scaturiti dal confronto diretto con i materiali presenti nel suo archivio personale. La difficoltà di accesso alle carte d’archivio, custodite nella storica abitazione di Sapienza ai Parioli, insieme alla mancanza di strumenti primari necessari alla consultazione e allo studio hanno certamente rallentato l’avvio di un indispensabile lavoro di riordino che è stato realizzato oltre vent’anni dopo la scomparsa della scrittrice8.

L’interesse per Goliarda Sapienza è probabilmente legato alla curiosità stimolata dall’alone di eccentricità che caratterizza la sua figura e, al contempo, da una biografia affascinante che si intreccia con numerose personalità di rilievo del Novecento, incontrate non solo nei vivaci ambienti familiari e culturali da lei frequentati, ma anche mediante le molteplici attività professionali svolte (attrice, collaboratrice del regista Francesco Maselli, scrittrice e docente).

Nelle opere di Sapienza si scorgono riferimenti costanti alle carte e ai numerosi libri conservati all’interno della propria abitazione, ma da tali rapidi accenni è possibile semplicemente immaginare l’organizzazione o la consistenza dell’archivio e della biblioteca; tuttavia, tramite la documentazione conservata e le testimonianze di Angelo Pellegrino, erede del fondo, è possibile conoscere da un punto di vista privilegiato alcuni aspetti della quotidianità che contribuiscono a ricostruire i contorni della sua officina d’autore9.

Poiché «nel caso dei letterati, la documentazione prodotta da uno scrittore nell’arco della propria esistenza testimonia non solo la sua attività creativa ma, nel complesso, la sua figura intellettuale»10 risulta indispensabile garantirne l’accesso e la consultazione. Fino a questo momento le notizie dell’archivio sono state limitate e le rare immagini della documentazione archivistica – manoscritti, dattiloscritti, disegni e fotografie – sono state rese note principalmente da Pellegrino nel corso delle attività editoriali e di iniziative di promozione dell’intera opera della scrittrice.

La realizzazione del progetto sull’archivio di Goliarda Sapienza è stata strettamente connessa alla volontà espressa dall’erede di rendere accessibile e fruibile l’intero patrimonio; l’archivio comprende documenti, lettere, manoscritti e dattiloscritti delle opere edite e inedite, fotografie e altre tipologie di materiale ed è tuttora custodito presso l’abitazione della scrittrice, attuale residenza dell’erede e della sua famiglia.

Il fondo ha ricevuto una prima attività di ordinamento da parte di Angelo Pellegrino che ne è stato il principale utilizzatore per le numerose curatele delle opere di Sapienza. L’ordinamento della documentazione, principalmente basato su criteri soggettivi di suddivisione tipologica delle opere, è stato realizzato a seguito dell’improvvisa scomparsa della scrittrice in un lungo arco di tempo e a più riprese, senza essere ultimato.

Da poco è stato portato a termine un intervento diretto sulla documentazione per la realizzazione di un ordinamento rispettoso delle normative di riferimento, tenendo in considerazione le caratteristiche specifiche degli archivi e delle biblioteche d’autore, come la sedimentazione spontanea della documentazione, l’intenzionalità gestionale del soggetto produttore e la volontà di autorappresentazione, la selezione e l’ordinamento attuati dall’erede11.

Nel nuovo ordinamento archivistico12, si è scelto di creare un fondo principale intestato a Goliarda Sapienza al quale sono stati annessi due fondi aggregati al principale sulla base di considerazioni complessive inerenti alla natura eterogenea del materiale conservato, all’arco cronologico delle carte e ai diversi soggetti produttori e conservatori della documentazione.

Il complesso documentale è stato descritto nel rispetto degli standard di descrizione archivistica internazionali secondo la seguente struttura logica: il fondo Goliarda Sapienza (1927-1996) propriamente detto, articolato in cinque serie (I. Corrispondenza, II. Opere, III. Documentazione personale, IV. Rassegna stampa, V. Fotografie) e relative sottoserie; il fondo aggregato Goliarda dopo Goliarda (1996-2019), insieme documentale che rispecchia l’attività dell’erede Angelo Pellegrino per la valorizzazione dell’opera e della figura di Goliarda Sapienza e il fondo aggregato Francesco Maselli (1942-1962), costituito dalla documentazione del regista conservata da Goliarda Sapienza per motivazioni di carattere biografico e personale.

Attraverso un percorso ideale che si snoda tra la vita e le carte d’archivio di Goliarda Sapienza, si propone una lettura di alcune delle principali esperienze biografiche analizzate tramite le notizie veicolate dalla documentazione conservata.

La corrispondenza e i documenti personali possono essere considerati i testimoni primari del suo precoce talento artistico incoraggiato dall’ambiente familiare, il cui riconoscimento culminerà nella vincita della borsa di studio per l’Accademia d’Arte Drammatica di Roma, a cui farà seguito il trasferimento in città insieme alla madre Maria Giudice13, insegnante elementare e dirigente socialista, nel 1941. Nella seconda metà del 1943 si trasferì temporaneamente nella capitale anche il padre Giuseppe Sapienza14, avvocato socialista e segretario della Camera del lavoro di Catania. A Roma la giovane Goliarda partecipò attivamente alla Resistenza insieme ai genitori e ad alcuni dei numerosi fratelli, come ricorda Angelo Pellegrino:

fu ricercata dalle SS, come la madre. Silvio D’Amico, direttore dell’Accademia d’Arte Drammatica, l’aveva convocata d’urgenza e le aveva detto: «Goliarda, io continuo a passarti la borsa di studio ma tu non tornare più in Accademia, perché sono venuti i tedeschi a cercarti». E la nascose in un istituto di suore francesi in via Gaeta, da dove la notte usciva calandosi da un mezzanino e si collegava col padre, che nel frattempo era venuto da Catania e aveva costituito la Brigata «Vespri», quella che poi, con una falsa documentazione, riuscì a salvare dal braccio della morte di Regina Coeli Sandro Pertini e Giuseppe Saragat15.

Nella sottoserie dedicata ai numerosi documenti personali sono state collocate le due tessere di riconoscimento citate spesso negli studi: la tessera personale di Goliarda Sapienza e quella della giovane deceduta Ester Caggegi con la quale partecipò alle operazioni della Resistenza. Oltre le note tessere, l’archivio conserva anche le dichiarazioni di partigiano combattente rilasciate a lei e a Maria Giudice dalla Commissione laziale per il riconoscimento della qualifica di partigiano il 18 dicembre 1947. Attraverso il portale Partigiani d’Italia è possibile avere accesso allo schedario delle commissioni per il riconoscimento degli uomini e delle donne nella Resistenza e alle riproduzioni digitali delle schede originali relative alle richieste di riconoscimento delle qualifiche partigiane conservate nel Fondo “Ricompart” (Archivio per il servizio riconoscimento qualifiche e per le ricompense ai partigiani) conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato16. Infatti, nella scheda intestata a Gogliarda Sapienza (sic!, con grafia e data di nascita inesatte), si conferma l’attività partigiana svolta nella formazione “Vespri” con la qualifica di gregario nel periodo che inizia il 9/9/1943 e termina il 4/6/1944.

All’interno del fondo le fotografie sono rilevanti perché documentano i momenti quotidiani e professionali di Goliarda Sapienza; pertanto, la serie ad esse dedicata è stata suddivisa in due sottoserie destinate, rispettivamente, alle fotografie personali e di spettacolo che comprendono ritratti personali di Sapienza durante alcuni momenti di vita privata ma anche a teatro e sul set cinematografico. La lunga relazione con il giovane regista Francesco Maselli, noto come Citto, durò quasi un ventennio per trasformarsi in seguito in una profonda e duratura amicizia. Insieme a lui iniziò a frequentare il vivace ambiente culturale romano e i suoi salotti, entrando in contatto con alcune delle personalità più rilevanti del periodo. Gli scatti personali la ritraggono in momenti di svago durante le vacanze estive, nel corso di gite fuori porta o a cene in compagnia di amici; le fotografie di spettacolo testimoniano anche l’inizio della sua carriera artistica e il passaggio dal teatro al cinema, e viceversa: Sapienza è ritratta sia nel ruolo di attrice sia come collaboratrice di Maselli. Nella maggior parte dei casi le fotografie sono adese su fogli di carta con l’indicazione dello spettacolo teatrale o del film di riferimento sui margini, le note sono state apposte da Angelo Pellegrino con un pennarello nero e restituiscono spesso le informazioni presenti originariamente sul verso della fotografia, come ad esempio nel caso della seguente didascalia “30 Giugno 1942 Cavalleria rusticana Saggio dell’Accademia, Roma In scena: Bartocci, Sapienza, Blasi”.

Nonostante il successivo distacco dal palcoscenico, la collaborazione con Maselli dietro la macchina da presa e come interprete in alcuni suoi film (Gli sbandati, 1955; Lettera aperta a un giornale della sera, 1970) è pienamente rintracciabile tra le carte d’archivio. A testimonianza del considerevole coinvolgimento nel lavoro e nell’attività di Maselli è possibile ricordare alcune fotografie, in cui sono entrambi intenti ad osservare la scena o immersi in un dialogo con gli attori, che avvalorano il riconoscimento di un ruolo che emerge anche da alcune lettere di Sapienza sulla sceneggiatura de I Delfini17.

Le carte d’archivio permettono di ricostruire, in maniera più precisa, il suo laboratorio di scrittura: il processo creativo, i ripensamenti e la mole di appunti, bozze e annotazioni che caratterizzano le sue modalità operative. Nei componimenti e nei primi scritti sono presenti alcune dediche o indicazioni per Maselli, spesso riportate anche nella versione dattiloscritta; infatti, tra le varie abitudini emerge la tendenza a sottoporre i suoi progetti letterari ad amici ma soprattutto ai compagni di vita e di lavoro Maselli e Pellegrino, i loro interventi, le tracce di lettura e i consigli con proposte di modifica sono frequenti e di grande interesse anche per comprenderne l’interpretazione e l’integrazione nelle stesure successive da parte di Sapienza.

Durante il periodo travagliato che accompagnò e seguì l’interruzione del rapporto sentimentale con Maselli, emerse il ruolo centrale della scrittura considerata come lo strumento più idoneo per tentare di superare le difficoltà attraverso l’esternazione di sentimenti profondi, frutto di un doloroso scavo interiore. Iniziò così a dedicarsi, oltre alla poesia e alla prosa con novelle e racconti, anche a

quelli che potremmo definire i “libri della cura”, Lettera aperta (1967) e Il filo di mezzogiorno (1969), generati dal tentativo di recupero del passato a scopo terapeutico, a margine cioè dell’analisi intrapresa con il dottor Majore, dopo le devastanti sedute di elettroshock a cui era stata sottoposta a causa del suicidio mancato18.

L’abitudine a sottoporre i propri scritti in lettura ottenendone spesso opinioni considerevoli, consigli o proposte di revisioni si ripresentò anche dopo l’incontro con Angelo Pellegrino. Siamo a conoscenza dell’attività di revisione non solo tramite le sue testimonianze ma anche mediante le tracce lasciate sui manoscritti, insieme alle numerose correzioni autografe della scrittrice e del marito. Nei manoscritti e dattiloscritti de L’arte della gioia tali interventi sono pienamente riscontrabili. L’archivio conserva la documentazione relativa alla stesura dell’opera e al tormentato percorso per la sua pubblicazione mentre, al contrario, la documentazione sulle altre opere che riscontrarono simili difficoltà è molto limitata, come ad esempio per L’Università di Rebibbia.

Nonostante siano conservati limitati materiali preparatori dell’opera, attraverso le carte è possibile percepire il notevole impatto del gesto e della detenzione di Sapienza sulla società e, soprattutto, sulla stampa; i materiali conservati sono molteplici e spaziano dalla richiesta di citazione in giudizio emessa dal Tribunale di Roma ai telegrammi di sostegno degli amici ricevuti presso il carcere di Rebibbia. I numerosi articoli e la corrispondenza testimoniano le accuse dei giornalisti e gli interventi a difesa della scrittrice. Tra questi è possibile citare una lettera di Francesco Maselli pubblicata da Paese Sera conservata attraverso un ritaglio di giornale su cui è stata apposta l’indicazione «Paese sera giovedì, [4], ottobre ’80» (i.e. 9):

Inutile indignarsi o stupirsi. Stupito, semmai, sarà rimasto chi conosce Goliarda o conosce quello che ha scritto nel vederla descritta e fotografata come una ricettatrice professionale di gioielli rubati. E non perché si tratta di persona al di sopra di ogni sospetto […] semmai per il motivo opposto. Nel senso che chi conosce la persona, oppure «Lettera aperta» e «Il filo di mezzogiorno», sarebbe stato sicuramente meno stupido nel saperla coinvolta e magari travolta da peccati più gravi, trasgressioni o cedimenti più rischiosi. Perché di questo parlano, in tutta evidenza, le cose che ha scritto: lo scandaglio virulento dell’oscuro e del peggio che è in noi in rapporto con l’ambiguità della ragione, il finalismo della norma, la realtà della storia. Di questo parla l’oscillare tra accensioni intense e depressioni mortali, la generosità, il rischio e la tensione intellettuale di una vita datale, a Catania, da due dirigenti socialisti in regime di domicilio coatto, passata attraverso la resistenza attiva al fascismo e che io ho avuto la possibilità di condividere durante diciassette anni. Io non credo che Goliarda commerciasse in gioielli rubati, né mi risulta siano completamente esatte le versioni che ho letto su alcuni giornali. Ma quali che risultassero i crimini commessi, sono convinto che le ragioni che le hanno motivate non si esauriscano nelle difficoltà estreme in cui pure Goliarda si era venuta a trovare e su cui, in quest’ultimo anno, non ho purtroppo avuto la possibilità di intervenire efficacemente; e nemmeno nelle difficoltà incontrate dal romanzo cui aveva lavorato negli ultimi dieci anni e per cui gli editori chiedono drastici tagli perché pare sia lungo […]19.

A seguito dell’esperienza carceraria e dopo la stesura del romanzo, Sapienza si impegnò molto e costantemente per i diritti delle detenute e dei detenuti; infatti, nel corso del tempo il suo interesse sul tema emerge dalle pagine dei taccuini, lo si trova negli appunti, nella pubblicazione di alcuni articoli e nel progetto teatrale con il medesimo titolo del romanzo20. A partire dal 2010 è stato istituito un premio letterario a lei intitolato: “Goliarda Sapienza” Racconti dal carcere, il riconoscimento ideato da Antonella Bolelli Ferrera per coronare un’iniziativa che coinvolge i detenuti-scrittori, i quali concorrono al premio letterario con le loro opere e durante il percorso sono affiancati e seguiti da importanti scrittori e artisti nelle attività per la presentazione delle opere; inoltre, il premio ha dato vita ad una serie di altre iniziative culturali volte a favorire la cultura della legalità21.

La documentazione archivistica contiene un consistente nucleo di ritagli di giornale che comprende argomenti eterogenei spesso riconducibili alle testate giornalistiche di riferimento, in alcuni casi alcuni appunti manoscritti sui margini dell’articolo ne commentano il testo mentre in altri il ritaglio di giornale diventa supporto scrittorio per rapidi appunti, idee o propositi per il futuro, come ad esempio la nota con l’incipit di Elogio del Bar che si estende lungo il margine destro di una pagina de “La Stampa” del 3 ottobre 1991:

scrivere (col tempo!) “Omaggio al Bar” Io che vengo da una città dove ci sono più bar che panetterie vi posso assicurare che niente uguaglia quello spazio o posto povero o ricco che sia voluto dal poco conosciuto dio (/) dal misconosciuto dio del caso. Lui: il caso, dio aereo impalpabile ha per sue armi benefiche sguardi sussurri (e anche schiamazzi e urla perché no?! Non sono anchesse [sic!] in dote dalla vita?!) parole come s’usa oggi definire questo insieme: comunicazione. Potresti tu bimba o bimbo e vecchio che leggi procedere nel cammino aspro del sentiero che chiamiamo vita senza lo sguardo attendo [sic!] di chi vide fatti fatti? Fatti per Dio Pirandello che mi hai abbandonata22

La ricchezza dell’archivio della scrittrice consiste nella presenza di materiali eterogenei, tra i quali rivestono un’importanza notevole i documenti che testimoniano momenti privati del quotidiano e dei suoi rapporti sociali. A titolo di esempio è possibile citare il caso delle audiocassette, la maggior parte delle quali contengono messaggi registrati dalla segreteria telefonica o esercizi di dizione e lettura svolti durante lezioni private23.

La breve parentesi politica di Goliarda Sapienza è un ulteriore aspetto poco esaminato: in archivio è documentata da volantini e biglietti elettorali, ritagli di giornale con articoli sulle candidature e i risultati delle elezioni. Nonostante gli ideali trasmessi dalla famiglia d’origine, le esperienze personali, insieme alla notevole delusione ricevuta dal Pci provocarono il suo allontanamento dal mondo della politica fino al 1983, anno in cui si candidò alle elezioni per la Camera con il Psi. Come si legge nel volantino elettorale, Sapienza si presenta come persona che «intende battersi perché il carcere diventi un reale luogo di recupero e non di annientamento della persona, e per le altre «carceri» che opprimono la nostra società: la disoccupazione, le pensioni di fame, il tentativo di ricacciare le donne fra le sbarre del lavoro casalingo»24. Nel 1986, pochissimi anni dopo l’esperienza precedente, si iscrisse al Partito Radicale appoggiandolo apertamente. Grazie alle registrazioni di Radio Radicale è possibile ascoltarla in un’intervista radiofonica su L’iscrizione al Partito Radicale del 24 novembre 1986:

Penso che sia l’unico partito che fa da contraddittorio a questo sistema che ormai è diventato di consenso assoluto da parte di tutti […] Anche per questo mi sono iscritta perché io non mi sono mai iscritta a nessun partito, è la prima volta […] i Radicali mi hanno sempre convinto perché hanno sempre avuto questa punta un po’ polemica che a volte può anche dare fastidio, a me no […] sono gli unici che si sono sempre occupati dei diritti civili […] io direi che salvando il Partito Radicale, adesso che si parla finalmente tanto di ecologia, e rientra nell’ecologia perché il Partito Radicale ormai è come un panda in estinzione e il fatto stesso che non ha soldi dice quanto non è commercialmente vendibile e quanto è onesto. Bisognerebbe proprio salvarlo anche perché è l’unico partito che dice delle cose che danno fastidio in questo momento storico italiano, io direi: salviamolo come un panda della politica25.

Tornando alla documentazione conservata, moltissime sono le poesie manoscritte, dattiloscritte, datate e non datate o riunite in una raccolta strutturata o all’interno della caratteristica unità scrittoria di Sapienza, che consiste in un classico foglio A4 ripiegato a formare un fascicoletto con annotazione di contenuto e data sulla prima facciata. Grazie all’abitudine di datare i suoi fascicoli di lavoro, in alcuni casi è possibile anche risalire al periodo della stesura degli scritti, delle opere o degli articoli. Un caso interessante è la raccolta di poesie Ancestrale, rappresentativo del lungo e complesso processo di correzione e ripensamento al quale Sapienza sottoponeva le proprie opere: sono infatti conservate diverse versioni, manoscritte e dattiloscritte delle poesie e dell’intera raccolta poetica.

Analizzando le correzioni, le indicazioni apposte sulle carte e la datazione dei lavori sarà possibile accostarsi non solo al laboratorio di scrittura ma anche alle abitudini di lettura di Sapienza. L’importanza di tale materiale è notevole sia per gli studi futuri sia per eventuali approfondimenti sulle modalità di lavoro, in parte anticipate da Pellegrino:

i suoi libri sono fittissimi di annotazioni riportate non solo nei margini, ma soprattutto sui risguardi spesso interamente ricoperti dalla sua scrittura. Non cominciava un libro senza farsi prima una sorta di segnalibro ripiegando varie volte un foglio A4 che doveva servire non tanto per indicare la pagina da leggere, ma per scriverci sopra in colonna tutti gli aggettivi che, a suo giudizio, connotavano l’autore rivelandone l’orientamento di pensiero, una delle cose che più le stava a cuore scoprire, accettandone alcuni, rifiutandone altri per la sua prosa. Naturalmente leggeva di tutto, anche la narrativa di consumo26.

con la consuetudine di apporre note, termini o specifici aggettivi usati da un autore, sui fitti appunti ritrovati tra le carte dell’archivio. Un altro aspetto molto stimolante riguarda la rassegna stampa e, in particolare, i ritagli di stampa raccolti e conservati su temi di diversa natura come l’attualità, la politica, la cronaca nera o episodi particolari e inconsueti, che talvolta accompagnava con dei commenti, come nel caso di un articolo su Virna Lisi premiata al Festival di Cannes del 1994 dal titolo Grazie Cannes, hai premiato una bacchettona, a cui aggiunse a margine: «?! Ecco come la stampa italiana accoglie i successi del proprio paese»27.

In linea con le peculiarità proprie della maggior parte dei fondi d’autore, il fondo Sapienza conserva i documenti considerati come strumenti di lavoro e ripresi più volte nel corso del tempo, ma anche i materiali inediti e le diverse stesure delle opere che consentono di ricostruirne parzialmente la genesi, sebbene siano più frequenti i casi in cui la documentazione è lacunosa e piuttosto rari quelli che permettono di ricostruirne il percorso fino alla pubblicazione, come ad esempio per Lettera aperta.

A partire dalle annotazioni presenti sulle carte e dalle testimonianze di Pellegrino in cui descrive una tipica giornata lavorativa di Sapienza, è possibile desumere, anche se in parte, le modalità di produzione e sedimentazione delle carte e le abitudini di lavoro28. Tra queste, ad esempio, la necessità di visionare contemporaneamente tutti gli appunti e le bozze relative al progetto al quale stava lavorando; tale esigenza ha sicuramente consolidato la pratica di datare e attribuire un titolo o una semplice indicazione di contenuto alla maggior parte dei suoi scritti, anche nei casi di rapidi appunti e brevissime note. Numerosi fascicoli di lavoro contengono sulla prima carta, accanto alla data e al contenuto, altre informazioni sullo stato o sull’eventuale uso di quel determinato materiale: lungo il margine sinistro, in lapis o in inchiostro e spesso con andamento perpendicolare alla scrittura, Sapienza appone diverse indicazioni utilizzato, copiato, copiato da tenere, riscritto o una semplice M. forse per indicare l’avvenuta battitura a macchina. In alcuni casi inserisce anche il numero della versione e della stesura dei capitoli sul margine superiore delle carte, sulle quali sono ancora visibili le tracce dei ripensamenti, della fusione di più capitoli e di spostamenti interni. Sono quindi preziose informazioni che permettono di avvicinarsi progressivamente alle pratiche di lavoro e alla genesi di alcune opere, nonostante la documentazione lacunosa non permetta di ricostruirne l’intero percorso.

Per intraprendere il lavoro sull’archivio di Goliarda Sapienza è stato necessario riportare al centro della riflessione il suo approccio verso la scrittura, anche se forse sarebbe meglio parlare di approcci diversi adottati per la produzione, la conservazione e la condivisione dei suoi lavori e delle sue esperienze al fine di trovare una chiave di lettura che permetta di addentrarsi nella sua personale officina.


Note

1 Il contributo è frutto della riflessione comune delle autrici; nello specifico si deve a Simona Inserra il paragrafo 1 e a Silvia Tripodi il paragrafo 2.

2 Così l’ha definita Rizzarelli; si veda Maria Rizzarelli, Goliarda Sapienza: gli spazi della libertà, il tempo della gioia, Roma, Carocci, 2018.

3 Già in un contributo recente avevo manifestato l’esigenza di studiare meglio la documentazione e di riflettere ulteriormente per risolvere una serie di questioni complesse che emergono proprio dall’analisi della documentazione e dal fatto di metterla in relazione con la produzione letteraria della scrittrice siciliana. Mi sia concesso rinviare a Simona Inserra, Le certezze del dubbio: riflessioni sulla raccolta di Goliarda Sapienza, in Giovanni Di Domenico e Fiammetta Sabba (a cura di), Il privilegio della parola scritta. Gestione, conservazione e valorizzazione di carte e libri di persona, Roma, AIB, 2020, pp. 129-144.

4 Goliarda Sapienza, La mia parte di gioia. Taccuini 1989-1992, Torino, Einaudi, 2013, p. 81.

5 Sono in sintesi alcune delle riflessioni che possono emergere dalla lettura di Goliarda Sapienza, Elogio del bar, Roma, Eliot, 2014.

6 Goliarda Sapienza, Lettera aperta, Torino, Einaudi, 2017, p. 53.

7 Goliarda Sapienza, L’arte della gioia, Torino, Einaudi, 2009, p. 212.

8 Silvia Tripodi, In miseria per amore della letteratura. Tra le carte e i libri di Goliarda Sapienza, in “rossocorpolingua”, IV, 2021, n. 1, pp. 2-12.

9 Il termine «officina» sottolinea non solo l’organizzazione materiale del lavoro intellettuale in tutta la sua complessità ma anche l’ambiente in cui si svolgono le attività ad esso connesse, si veda Giovanni Di Domenico, Le ragioni di un nuovo convegno su archivi e biblioteche personali, in Il privilegio della parola scritta: gestione, conservazione e valorizzazione di carte e libri di persona, Roma, AIB, 2020, pp. 9-25: 19; “Officina d’Autore” è il titolo di una collana della casa editrice Officina Libraria che propone testi inediti o rari emersi dagli archivi d’autore.

10 Myriam Trevisan, Gli archivi letterari, Roma, Carocci, 2009, cit. a p. 23.

11 Si rimanda ai seguenti strumenti di lavoro: Linee guida sul trattamento dei fondi personali, definizioni, sitografia e bibliografia di riferimento, redatti dalla Commissione nazionale biblioteche speciali, archivi e biblioteche d’autore dell’Associazione Italiana Biblioteche (AIB), https://www.aib.it/struttura/gbaut/, ultima consultazione di tutti i link: 9 dicembre 2023.

12 Progetto elaborato e realizzato nell’ambito del dottorato di ricerca: Silvia Tripodi, L’archivio della gioia: riordino e catalogazione del fondo Sapienza-Pellegrino, Dottorato di ricerca in Scienze per il patrimonio e la produzione culturale, 34° ciclo, Università degli Studi di Catania, tutor prof.ssa Stefania Rimini, co-tutor prof.ssa Fiammetta Sabba. Tesi discussa il 9 maggio 2022.

13 Maria Antonietta Serci, Giudice, Maria, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 56, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2001; la voce redatta dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, https://www.anpi.it/donne-e-uomini/2636/maria-giudice.

14 Giuseppe Sapienza negli anni ricoprì il ruolo di membro dell’Assemblea costituente della Repubblica Italiana https://storia.camera.it/deputato/giuseppe-sapienza-18840317#nav; e deputato della I legislatura del Parlamento siciliano, https://www.ars.sicilia.it/deputati/sapienza-giuseppe.

15 Angelo Pellegrino, Ritratto di Goliarda Sapienza, Milano, La Vita Felice, 2019, cit. a pp. 36-37.

16 Il portale è disponibile all’indirizzo https://www.partigianiditalia.beniculturali.it.

17 Emma Gobbato, Goliarda Sapienza: sceneggiare in corrispondenza, in “Arabeschi”, 2017, n. 9, pp. 21-31.

18 Rizzarelli, Goliarda Sapienza: gli spazi della libertà, il tempo della gioia, cit., p. 15.

19 Francesco Maselli, Tutte quelle cose dette su Goliarda…, rit. di giornale da «Paese sera», indicazione mss.: «giovedì, 4, ottobre 1980» (i.e. 9).

20 In merito al corpus sulla detenzione e le sue narrazioni si veda Mara Capraro, «Le narrazioni del carcere di Goliarda Sapienza: una commistione di pratiche, generi e codici», in “Cahiers d’études italiennes”, 2021, n. 32, pp. 1-19.

21 Racconti dal carcere, Premio letterario Goliarda Sapienza, http://www.raccontidalcarcere.it.

22 “La Stampa”, 3 ottobre 1991, p. 3.

23 Per una breve descrizione delle audiocassette, dalla procedura di riversamento alla parziale restituzione del contenuto dell’audiocassetta Un pomeriggio con Cesare Zavattini in cui si discute anche dei rifiuti editoriali per L’Università di Rebibbia e L’arte della gioia, cfr. Tripodi, In miseria per amore della letteratura. Tra le carte e i libri di Goliarda Sapienza, cit.

24 Archivio Goliarda Sapienza, Documentazione personale, Documenti personali, in “Volantino elettorale Goliarda Sapienza”.

25 Intervista di Sapienza Goliarda, Iscrizione al partito Radicale, in Radio Radicale – Interviste, audio disponibile all’indirizzo https://www.radioradicale.it/soggetti/9649/sapienza-goliarda.

26 Pellegrino, Ritratto di Goliarda Sapienza, cit., p. 20.

27 Giuseppina Manin, «Grazie Cannes, hai premiato una bacchettona», in “Corriere della Sera”, 25 maggio 1995, p. 33.

28 Pellegrino, Ritratto di Goliarda Sapienza, cit., pp. 54-58.