La Spiaggia sociale di Volano. Genesi di un pre-modello di ecoturismo fra sostenibilità, inclusione e resistenza al turismo di massa

The Social Beach of Volano. Genesis of a pre-model of ecotourism between sustainability, inclusion and resistance to mass tourism

In apertura: il litorale di Volano (Foto dell’Autore).

1. Che cos’è l’ecoturismo

L’ecoturismo è un modo di viaggiare che mette al centro il rispetto per la natura e le persone che vivono nelle comunità locali. L’idea è quella di vivere esperienze di viaggio più sostenibili, riducendo al minimo l’impatto sull’ambiente e, allo stesso tempo, imparando a conoscere e rispettare l’ecosistema. Chi pratica ecoturismo non vuole solo esplorare luoghi incontaminati, ma anche contribuire a proteggerli, valorizzando la biodiversità e le culture locali, soprattutto in aree tutelate. Come dice l’International ecotourism society (Ties)1, si tratta di un «turismo responsabile», che aiuta a preservare la natura e migliora la qualità della vita delle popolazioni locali. I principi dell’ecoturismo si basano sul ridurre l’impatto ambientale, rispettare le culture e sostenere progetti che favoriscono la conservazione del territorio, promuovendo la consapevolezza sia tra i visitatori che tra i residenti.

Negli anni Settanta, mentre gran parte delle coste italiane veniva trasformata dal turismo di massa e dall’urbanizzazione intensiva2, nella provincia di Ferrara si decise di intraprendere un progetto radicalmente diverso: la creazione della Spiaggia sociale di Volano. Questo lembo di litorale, situato nella frazione omonima del Comune di Comacchio, rappresenta oggi un esempio virtuoso di come sia possibile coniugare sviluppo turistico, inclusione sociale e tutela ambientale. La storia di questa spiaggia è una testimonianza di resistenza a dinamiche speculative e allo sfruttamento indiscriminato delle coste, offrendo una lezione su come il turismo possa svilupparsi in armonia con la natura e la comunità locale. Il XX secolo ha visto l’emergere di un turismo sempre più accessibile, fenomeno che ha trasformato profondamente le coste italiane3. Negli anni Sessanta e Settanta, il turismo balneare conobbe un vero e proprio boom, con famiglie italiane e straniere che cercavano il mare come luogo di svago e di riposo. Le spiagge, fino ad allora frequentate da pochi fortunati, divennero accessibili a un numero crescente di persone. Parallelamente, si sviluppò un’urbanizzazione rapida e spesso incontrollata, alimentata da interessi speculativi e dalla domanda crescente di strutture ricettive. Molte località costiere, spinte dalla necessità di soddisfare la crescente domanda turistica, videro una cementificazione aggressiva che portò alla distruzione di paesaggi naturali, dune, pinete e habitat costieri. La spiaggia, da luogo di incontro tra uomo e natura, spesso si trasformò in un bene economico da sfruttare, con un impatto devastante sugli ecosistemi locali.

La spiaggia di Volano, come detto, rappresentò un’eccezione. A differenza di altre località, Volano riuscì a preservare gran parte della sua natura selvaggia, grazie a un progetto innovativo che si distaccava dalla logica speculativa. La Provincia di Ferrara decise, infatti, di non seguire l’esempio di altre zone costiere, dove l’urbanizzazione selvaggia stava prendendo il sopravvento, ma di creare una spiaggia pubblica e accessibile, basata su principi di sostenibilità e inclusione sociale.

2. La strada Goro-Volano e la nascita della spiaggia di Volano

La storia della Spiaggia sociale di Volano ha inizio negli anni Cinquanta e Sessanta, quando le prime comunità di villeggianti cominciarono a stabilirsi lungo la costa. Questi turisti, provenienti soprattutto dal Piemonte, dalla Lombardia, dal Veneto e da paesi come l’Austria, la Germania e l’Olanda, erano attratti dalla bellezza incontaminata della zona4. Tuttavia, la mancanza di regolamentazione edilizia portò presto a una crescita disordinata, con la costruzione di capanni e di baracche lungo la spiaggia, dando vita ad un’urbanizzazione spontanea, priva di servizi essenziali come acqua potabile e fognature e creando un insediamento caotico e privo di infrastrutture adeguate.

Il progetto della Strada Goro-Volano nacque negli anni Sessanta come risposta alle esigenze delle comunità locali, colpite da frequenti alluvioni e dall’erosione marina. La strada doveva essere costruita su un argine e servire non solo a collegare Goro e Volano, ma anche a proteggere la zona dagli effetti delle inondazioni. La realizzazione sembrava necessaria e urgente, tanto che nel 1968 l’Ente Delta Padano approvò il piano5. Il progetto non fu privo di polemiche: le associazioni ambientaliste, in particolare Italia Nostra, e vari esperti si opposero fermamente, sostenendo che la costruzione della strada avrebbe avuto un impatto serio sull’ambiente. Una delle preoccupazioni principali era che la strada avrebbe separato il Bosco della Mesola dal mare, minacciando l’integrità di uno degli ecosistemi più preziosi della zona. Per gli oppositori, il danno ambientale sarebbe stato irreversibile6. Nel 1970 si tenne un convegno a Goro, durante il quale si scontrarono due visioni. Da un lato, c’erano coloro che sostenevano che la strada era indispensabile per lo sviluppo economico e per la protezione del territorio dalle alluvioni. Dall’altro lato, gli ambientalisti insistevano che la tutela dell’ecosistema dovesse essere prioritaria. A seguito di queste forti opposizioni, il progetto venne progressivamente rivisto e rinviato. Nonostante le perduranti discussioni, il progetto della strada Goro-Volano non vide mai la luce. La Provincia di Ferrara adottò alla fine un piano di sviluppo territoriale più ampio, che comprendeva anche la protezione costiera e iniziative per promuovere il turismo sostenibile. L’idea di una arteria di comunicazione a ridosso del litorale fu definitivamente abbandonata. Piuttosto, la Provincia decise di intervenire acquistando sedici ettari di arenile, con l’obiettivo di regolamentare l’uso del territorio e di sviluppare un progetto che contrastasse l’urbanizzazione selvaggia e speculativa. Fu così che nacque l’idea della Spiaggia sociale: un luogo dove il turismo potesse essere accessibile a tutti, senza esclusioni economiche o sociali, e che al contempo rispettasse l’ambiente circostante.

3. Il sogno di un turismo sostenibile tra conflitti e contraddizioni

Il progetto della “Spiaggia sociale” sollevò importanti questioni legate alla sostenibilità ambientale. Uno dei temi centrali era la difficoltà di bilanciare la crescita economica e l’incremento turistico con la protezione dell’ecosistema del litorale, un tema ricorrente in molte aree costiere italiane. Come evidenziato in precedenza, la pianificazione dello sviluppo aveva suscitato un acceso dibattito, a partire dalla ventilata costruzione della strada Goro-Volano, percepita da alcuni come una minaccia significativa per l’ambiente naturale, che avrebbe compromesso l’integrità ecologica di un’area di grande valore naturalistico. Infatti, i critici sostenevano che, invece di migliorare l’accesso alla zona, la strada avrebbe causato danni irreparabili alle dune e agli habitat costieri, elementi fondamentali per la biodiversità dell’area; per rispondere a queste preoccupazioni, si avanzò anche l’idea di realizzare una strada panoramica, più compatibile con l’ambiente, e di evitare tracciati invasivi che avrebbero danneggiato il paesaggio. L’obiettivo era coniugare il turismo con la conservazione dell’ambiente, consentendo ai visitatori di godere delle bellezze naturali senza causare danni permanenti. Un altro elemento cruciale nella gestione del territorio fu la creazione del Parco del Po e delle Valli di Comacchio, che doveva fungere da strumento per armonizzare lo sviluppo turistico con la conservazione delle risorse naturali. Il parco avrebbe offerto un’opportunità per il turismo sostenibile, estendendo la stagione turistica oltre i mesi estivi e permettendo alle comunità locali di beneficiare economicamente della protezione del territorio. In questo modo, il parco non era solo uno spazio per la conservazione passiva, ma una risorsa attiva per la crescita economica sostenibile.

L’idea era in contrapposizione netta al modello di sviluppo turistico che stava prendendo piede in altre località italiane, dove le spiagge venivano privatizzate e occupate da resort esclusivi, accessibili solo a chi poteva permettersi di pagare molto per i servizi offerti. Il caso più emblematico era quello della Costa Smeralda. La realizzazione della Spiaggia sociale di Volano non fu priva di ostacoli. Vi fu l’opposizione dei residenti e dei villeggianti che avevano costruito i loro capanni abusivi lungo la costa. Quest’ultimi non volevano la demolizione delle loro costruzioni e, in molti casi, iniziarono battaglie legali contro la Provincia di Ferrara. La situazione era resa più complessa dal fatto che il Comune di Comacchio aveva in passato concesso alcune licenze commerciali e autorizzazioni edilizie, rendendo ancora più difficile la regolamentazione del territorio.

Nel 1973, dopo anni di ritardi e difficoltà, la Provincia di Ferrara approvò i progetti di urbanizzazione primaria della Spiaggia sociale, con un budget di 417 milioni di lire7. Il concetto di Spiaggia sociale si fondava su due principi chiave, che lo rendevano innovativo e unico nel panorama italiano. In primo luogo, la spiaggia doveva essere accessibile a tutti, senza barriere economiche o di altra natura. In secondo luogo, la Spiaggia sociale di Volano si basava su un modello di turismo sostenibile; non si puntava a costruire grandi complessi ricettivi o a ospitare un numero elevato di turisti, ma piuttosto si voleva creare un’esperienza nuova e differente. Le strutture turistiche erano limitate e progettate per avere un impatto minimo. Inoltre, il modello volanese di turismo pretendeva di contribuire anche a creare un forte legame tra la comunità locale e i visitatori. Tuttavia, sebbene ricco di buoni propositi, quest’ultimo aspetto non teneva in considerazione le problematiche preesistenti, legate alle concessioni demaniali e alle edificazioni abusive. L’intervento della Provincia non fu capace di risolvere queste criticità. Le tensioni aumentarono quando si iniziò a dichiarare “abusivi” praticamente tutti coloro che a vario titolo occupavano l’area in questione, nonostante alcuni dicessero di aver avuto concessioni statali valide prima dell’acquisizione della spiaggia da parte della Provincia. Le denunce furono inviate senza distinzioni tra chi agiva legalmente e chi aveva costruito senza permesso, alimentando un acceso conflitto tra le autorità e i residenti.

Nel luglio del 1973, una parte della stampa lodò la pulizia della spiaggia e la rimozione dei capanni abusivi, presentando un’immagine positiva della trasformazione in atto. Il Comune di Comacchio sembrava restio a prendersi la piena responsabilità dello sviluppo del Lido di Volano, e molti dei progetti, come quello per la costruzione di un porticciolo turistico, rimasero incompiuti o solo parzialmente realizzati8. Il destino della Spiaggia sociale di Volano, dunque, fu segnato da continui ostacoli amministrativi e legali, che non ne impedirono la realizzazione, ma ne minarono la durabilità nel tempo. Già negli anni Ottanta, il litorale di Volano si omologava a quelli adiacenti9. Tuttavia, questa esperienza rappresentò uno dei prodromi delle nuove sensibilità ecologiche che avrebbero sempre più trasformato il turismo. Non a caso, la storiografia locale ha più volte menzionato tale spiaggia.


Note

1 Adriana Galvani, Ecoturismo, Bologna, Minerva, 2004.

2 Organizzazione Mondiale del Turismo, Tourism Highlights, Madrid, Unwto, 2012.

3 Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale del Turismo, nel 1970 l’Italia era la principale destinazione turistica mondiale. Durante il periodo 1960-1975, le presenze turistiche in Italia passarono da circa 132 a 291 milioni.

4 Diego Maestri, Storia e ambiente del Po di Volano, Codigoro, Giari, 2020, pp. 266-271.

5 Ivi, p. 274.

6 Ivi, p. 276.

7 Ivi, p. 326-327.

8 Mario Viviani, Tre scritti sulla cooperazione: 1987, 1990, 1992, Bologna, Unipolis, 1993, pp. 214-217.

9 Ivi, p. 237.