In apertura: nell’opera Maria ruba il bambino Wuhe Qilin raffigura Nancy Pelosi con un velo bianco e l’aureola dell’Unione Europea che si intrufola nel territorio di “padre” Rpc per rubare un’ingenua Taiwan (2 agosto 2022, Weibo).
1. Introduzione
Agosto 2022: Nancy Pelosi, presidente della Camera degli Stati Uniti, visita Taiwan. Sebbene il presidente Joe Biden avesse dichiarato che la decisione di Pelosi fosse stata presa in autonomia, la visita della rappresentante statunitense fa infuriare la Repubblica Popolare Cinese (Rpc), tanto che Xi Jinping dichiara: «Chi gioca con il fuoco ne morirà»1. La disputa nasce a causa della questione irrisolta tra Taipei e Pechino circa quale sia la “vera Cina” e se e quando Taiwan verrà riannessa e universalmente riconosciuta come territorio governato dal Partito Comunista Cinese (Pcc)2: il gesto di Pelosi è stato considerato un riconoscimento de facto del governo taiwanese e una violazione dello Shanghai Communiqué firmato nel 1972 tra Nixon e Mao Zedong3. Contemporaneamente alla malvista visita, sulla piattaforma Weibo, la piattaforma di microblogging simile a X, hanno iniziato a circolare vari contenuti digitali che hanno dipinto l’Occidente, e in particolare gli Stati Uniti e l’Europa, come un’interferenza non necessaria e non voluta nella questione irrisolta tra “le due Cine”4.
2. Maria ruba il bambino
Spicca tra questi contenuti digitali l’immagine intitolata Maria ruba il bambino (Fig. 1: Wuhe Qilin, Maria ruba il bambino (玛利亚盗婴) Maliya Daoying, 02.08.2022, Weibo). L’autore è Wuhe Qilin 乌合麒麟5, pseudonimo di Fu Yu 付昱, il quale dal 2020 gode di un successo dovuto non solo al suo talento artistico ma anche all’irriverenza delle sue immagini6. In Maria ruba il bambino Fu Yu raffigura una Vergine Maria con il volto di Pelosi e un’aureola formata dalle stelle dell’Unione Europea. Al chiaro di luna, la donna irrompe nella cameretta di una neonata Taiwan, ma a proteggerla c’è il “padre” Rpc: egli sosta sulla porta indossando dei pantaloni militari, una maglietta rossa; nelle mani una falce e un martello. Sulla testa del bambino una ranocchia, modo in cui viene memeticamente rappresentata Taiwan dai netizen. A didascalia le parole: «La guerra non piace a nessuno, ma non c’è padre che si lascerebbe portare via il figlio»7. L’immagine, pubblicata il 2 agosto 2022, ha raggiunto in poche ore 550.000 like e 16.000 condivisioni, facendo eco a una viralità che già dal 2020 avevano avuto altre opere digitali. Questo episodio fa infatti parte di una serie di produzioni apparse su internet a partire dalla fine dello scorso decennio8, tra i cui autori figurano anche Bantonglaoatang 半桶老啊汤, Yang Quan 杨权, Jeff Holy e Xu Zihe9. Le loro opere condividono caratteristiche comuni che possono essere assunte a canone estetico di una nuova corrente artistica, nata nella fornace creativa della rete internet cinese10.
Da un punto di vista puramente estetico-visivo, una di queste caratteristiche è l’importanza di una rappresentazione iperrealistica e l’attenzione dedicata ai dettagli. Infatti, sono proprio questi ultimi che permettono la ricchezza di elementi simbolici. Questi simbolismi provengono da un bacino immaginifico ricco di elementi culturali popolari, sia globali che locali, condiviso dai diversi autori e rielaborato in maniera originale11. Dal punto di contenutistico, le opere di questa nuova corrente artistica affrontano temi di attualità, commemorano un passato eroico o si proiettano in un futuro ideale. Esse sono cariche di una satira sferzante verso i nemici della nazione e di una celebrazione eroica della Cina e dei suoi alleati.
Sulla base di questa caratterizzazione, le immagini sono state considerate una neonata o mutata forma di propaganda12. Varie sono le somiglianze con altre precedenti strategie di influenza mediatica13. Eppure, queste opere digitali non sono state create da artisti originariamente finanziati da enti statali, quali il Dipartimento Centrale di Propaganda (Dcp) o altre istituzioni relative alla propaganda ufficiale14. Anche se in seguito Wuhe Qilin ha attirato l’attenzione di enti ufficiali, all’inizio la sua produzione artistica è stata spontanea e indipendente. Fu Yu stesso ha dichiarato in un’intervista avvenuta il 26 settembre 2021:
In qualità di giovane cinese, mi indigno quando la mia patria viene calunniata e mi riempio di gioia quando la mia patria sfoggia il proprio rapido sviluppo. Queste sono le mie spontanee emozioni e le esprimo con le mie opere e la mia creatività15.
3. Cybernazionalismo
La produzione spontanea di Wuhe Qilin va contestualizzata: in Cina la voce della propaganda di Stato è tornata più forte dopo il periodo di rilassamento seguito alle riforme di Deng Xiaoping16. La rete arriva in Cina nel 1994: da allora, la vita del cittadino cinese medio si sposta progressivamente sempre più online17. Infatti, grazie a internet, nei primi anni Duemila si è potuto assistere alla crescita della così chiamata “società civile cinese”18, nella quale la segnalazione pubblica e il commento sull’attualità diventano elementi di partecipazione attiva molto comuni19. Questa società civile è cresciuta esponenzialmente dal 2010, con l’arrivo del microblogging su Sina Weibo20, strumento dalla natura altamente interattiva, che ha catalizzato un rinnovamento dell’interesse pubblico nel condividere ed esprimere le proprie opinioni su argomenti di attualità. È proprio questa libera circolazione di informazioni che è sembrata un pericolo agli occhi del partito21. Con l’ascesa al potere di Xi Jinping nel 2012 è stata implementata una chiusura della Cina alle influenze ideologiche e culturali del mondo occidentale attraverso un tenace controllo dei contenuti mediatici, grazie alla censura interna e ad un great firewall, la grande muraglia informatica22. Inoltre, è stata rinvigorita la spinta alla produzione di prodotti culturali locali che riaffermano e rafforzano gli ideali di partito. Il Pcc, in continuità con la sua storia, dà importanza a comunicare attraverso mezzi che riescano a penetrare in profondità nella vita quotidiana dei cittadini; per questo nel nuovo millennio ha adottato misure sperimentali di propaganda soft, appropriandosi di elementi della cultura popolare23. L’establishment cinese ha dimostrato un interesse per la gamification24 e l’uso dei social media come metodi di coinvolgimento diretto dell’individuo: dall’app minigioco in cui l’utente applaude al discorso di Xi Jinping25, alla creazione di account su piattaforme social da parte di apparati tradizionali del partito-stato come il Quotidiano del popolo e la Lega della Gioventù Comunista Cinese26. Tali account sono impegnati a diffondere gli ideali di partito creando meme e partecipando a trends. In alcuni casi, l’establishment ha spinto monetariamente il popolo ad afflati patriottici, come nel caso de l’“armata dei 5 centesimi” (五毛党 wǔmáo dǎng) – ovvero netizen pagati dallo Stato per ogni commento pro-partito pubblicato sui social media27. Ma il Pcc è andato oltre, garantendosi il dominio ideologico-emozionale sui contenuti diffusi in internet. In virtù dello spirito di partecipazione che campagne come quella summenzionata hanno contribuito a creare, anche il singolo individuo, non pagato, è stato genuinamente portato a produrre/echeggiare questa propaganda soft, intervenendo attivamente nel dibattito pubblico, sia nazionale che globale, in chiave nazionalista28. Basti ricordare la guerriglia digitale – chiamata anche Diba Expedition – avvenuta nel 2016 in occasione delle elezioni a Taiwan29 su diversi social media internazionali o cinesi (Rpc), in seno alla quale patrioti digitali cinesi si sono scontrati usando una serie di contenuti digitali contro internauti pro-Taiwan. Il tono e il contenuto del materiale sono stati caratterizzati da un taglio umoristico e satirico, tipico delle guerre “memetiche”30. Le immagini iperrealistiche digitali diffuse in tali circostanze sono da considerarsi quindi una modalità nuova e distintiva di propaganda nazionalista e di partecipazione pubblica autoctona dell’internet cinese, farcita da un’abbondante dose di satira31.
4. Cyber-estetica
La principale novità della corrente artistica analizzata in questo articolo risiede nel suo valore estetico, radicato nella storia e nella filosofia dell’arte cinese, in cui convergono almeno tre elementi. Innanzitutto, secondo la filosofia confuciana l’arte è connessa alla natura e alla politica in maniera imprescindibile. Un governo giusto è specchio della natura e l’arte, nel suo rappresentare il mondo, è strumento di giudizio sull’operato di chi governa: l’arte è quindi imprescindibilmente morale32. Inoltre, dopo il 1949, con l’istituzione della Repubblica Popolare Cinese, la produzione artistica cinese viene direzionata verso il realismo comunista: deve rappresentare il vero ed educare il popolo33. Infine, con l’apertura al mercato globale, l’arte comincia ad impiegare elementi dell’immaginario popolare per penetrare nell’animo del consumatore: l’arte diventa grassroot e rinnovatamente pervasiva34. Le immagini di Wuhe Qilin e altri della stessa corrente mettono insieme tutti questi elementi: sono quindi moraleggianti, realistiche e contengono elementi popolari, con l’obiettivo di raggiungere trasversalmente tutta la popolazione.
A ciò si aggiunge un quarto peculiare elemento, che è il bacino immaginifico pop dell’universo Web sviluppatosi negli ultimi vent’anni. Infatti, tutti gli artisti come Wuhe Qilin sono nati tra la fine degli anni Ottanta e i Novanta del secolo scorso. Tali generazioni corrispondono precisamente a coloro che hanno vissuto la Cina “dei grattacieli” e sono cresciuti avendo accesso a una rete internet, inizialmente libera. Il loro mondo è cioè ben diverso da chi ricorda in prima persona la Cina degli anni delle Riforme o della Rivoluzione Culturale. Per un’agile comprensione di cosa possa popolare il bacino immaginifico di questa generazione basti pensare all’artista Lu Yang (natə nel 1984) che “si ispira alla fantascienza, ai manga, ai videogiochi e alla cultura techno, esplorando tecnologie ipermoderne”35 – come la computer grafica, l’intelligenza artificiale, la realtà virtuale, i meme36. L’identità stessa dei Millennial e della Gen Z della Cina contribuisce a dare forma al loro concetto di cinesità, che si configura come fluida e imprescindibile dalla rete37. La stesso Lu Yang afferma: “Non vivo a Shanghai o Pechino. Vivo su internet”38. Allo stesso modo, nelle opere d’arte digitali di Wuhe Qilin e altri dominano influenze estetiche derivanti da anime, videogiochi di successo, contenuti di internet virali: dalla rappresentazione eroica di personaggi in stile manga alla riproduzione di scene militari che ricorda giochi di ruolo in prima persona.
Dal connubio di questi elementi visuali scaturisce l’efficacia del linguaggio degli artisti in oggetto: le immagini sono pienamente in linea con la cultura degli utenti di internet in Cina, i quali ne riconoscono subito la simbologia e il significato, che penetra con semplicità.
5. La democrazia e Maria
È solo avendo chiaro il contesto di produzione che si può leggere Maria ruba il bambino e i suoi simbolismi evitando fraintendimenti. Essa si inserisce in una serie di altre opere digitali che rappresentano alcune figure dell’iconografia cristiana come sovrapposte a simboli o rappresentanti politici del mondo “democratico”. In Maria ruba il bambino, questa sovrapposizione viene evidenziata dalle stelle dell’Unione Europea che coronano il capo di Nancy Pelosi come se fosse un’aureola e da un velo ceruleo che le copre il capo come nelle rappresentazioni della Vergine. Ma perché questa sovrapposizione tra il patrimonio culturale religioso e politico? Il cristianesimo in Cina ha avuto un ruolo ambiguo39: l’opera di colonizzazione del pensiero e della cultura cinese, che è infatti una delle caratteristiche della conversione religiosa 40, era sempre stata vista con sospetto sia dalla popolazione che dal governo. L’espansione delle missioni religiose cattoliche e protestanti andò di pari passo con il rafforzamento dell’influenza economica e politica delle potenze straniere. Dopo le sconfitte nelle Guerre dell’Oppio (1842 e 1860), nella Prima guerra Sino-Giapponese (1895) e il fallimento delle riforme di modernizzazione volute dall’imperatore Guangxu (1898), ebbe inizio la “Rivolta dei Boxer”. Guidata dalla società segreta Yihetuan, la rivolta popolare, iniziata nel 1899, finì per perpetrare il più grande massacro contro i missionari cristiani in territorio cinese e contro i cinesi convertiti al cristianesimo41.
Dunque, la percezione del cristianesimo come di un mezzo ideologico finalizzato a indebolire la Cina è un fenomeno di lunga data. Nel contesto del rinnovato patriottismo cinese, l’epoca in cui le potenze straniere occuparono alcuni territori cinesi è sinonimo di vergogna e umiliazione, da cui la Cina continua a guardarsi42. Agli occhi degli esponenti cyber-nazionalisti, ancora oggi le figure cristiane sono considerate simbolo della melliflua ingerenza occidentale, volta a distruggere il potere e l’indipendenza della Rpc43. In Maria ruba il bambino Nancy Pelosi è una falsa divinità che si traveste da buone intenzioni per approfittarsi dell’ingenuità di Taiwan. La democrazia è l’illusione di poter partecipare alla politica per poi esserne dominati come marionette. Non solo: è la bandiera con cui l’imperialismo americano giustifica campagne di intervento negli affari di altri paesi. La democrazia, quindi, è il nuovo cristianesimo che l’Occidente diffonde per espandere e rafforzare il proprio impero.
6. Conclusioni
Maria ruba il bambino è un’opera d’arte che si schiera moralmente dalla parte della “verità” dal punto di vista dell’establishment della Cina popolare: la Rpc protegge Taiwan dalle grinfie dell’imperialismo americano. Una rappresentazione iperrealistica ricca di riferimenti ad elementi della cultura popolare di internet44. Il lavoro artistico della nuova ondata di “propaganda” utilizza caratteristiche estetiche che devono essere riportate alla tradizione artistico-filosofica cinese; la partecipazione alla propaganda dei privati cittadini deve essere contestualizzata prendendo in considerazione il milieu della neonata audience della rete e il suo peculiare “background culturale”, legata a doppio filo al mondo digitale. Maria che ruba il bambino mostra non solo come il mondo occidentale viene percepito dagli “estremisti di sinistra” (极左 Jizuo), ma anche come la platea più ampia dei netizen cinesi pro-Pcc percepiscono sé stessi, quali sono i loro valori, i loro obiettivi, la loro idea di realtà.
Note
1 «玩火必自焚», detto nella conversazione telefonica tra Biden e Xi il 28 luglio 2022. B.R. Deepak, Fourth Taiwan Strait crisis: Much ado about everything, in “The Sunday Guardian”, 6 agosto 2022.
2 Paul Mozur, Amy Chang Chien et al., Pelosi cites “America’s determination to preserve democracy”, in “The New York Times”, 2 agosto 2022.
3 Lo Shanghai Communiqué cita: «The United States acknowledge that all Chinese on either side of the Taiwan Strait maintain there is but one China and that Taiwan is a part of China».
4 Vincent Ni, Wave of nationalistic fervour washes over China amid Pelosi visit to Taiwan, in “The Guardian”, 5 agosto 2022.
5 Il nome definisce un gruppo di artisti specializzati in immagini digitali (CGI). Oltre a Fu Yu, il gruppo è composto da Hu Muyang 胡睦洋 e Kang Yuxiang 康宇翔. Wuhe Qilin significa «un momentaneo assembramento di qilin», dove il qilin è un animale mitologico di buon auspicio.
6 Jonathan Sullivan, Weixiang Wang, China’s “wolf warrior diplomacy”: The interaction of formal diplomacy and cyber-nationalism, in “Journal of Current Chinese Affairs”, 2023, vol. 52, n. 1, pp. 68-88.
7 In inglese.
8 Ibid.
9 Gli autori sono stati identificati attraverso il loro account Weibo o il nome attraverso il quale hanno firmato le loro opere.
10 Manya Koetse, Digital Art or Visual Propaganda? China’s New Wave of Online Political Satire, in “What’s on Weibo”, 19 giugno 2021, https://www.whatsonweibo.com/digital-art-or-visual-propaganda-chinas-new-wave-of-online-political-satire/, ultima consultazione di tutti i link: 26 luglio 2024.
11 Ibid.
12 Ibid.
13 Anne-Marie Brady, Wang Juntao, China’s Strengthened New Order and the Role of Propaganda, in “Journal of Contemporary China”, 2009, vol. 18, n. 62, pp. 767-788.
14 Koetse, Digital Art or Visual Propaganda? China’s New Wave of Online Political Satire, cit.
15 Fu Yu, 2021世界Internet Conference, 26 settembre 2021.
16 Ashley Esarey, Propaganda as a Lens for Assessing Xi Jinping’s Leadership, in “Journal of Contemporary China”, 2021, vol. 30, n. 132, pp. 888-901.
17 Ronggang Zhou, Patrick Fong, et al., Internet Use and Its Impact on Engagement in Leisure Activities in China, in “PLoS ONE”, 2014, vol. 9, n. 2, pp.1-11, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3931801/.
18 Guobin Yang, The Co-evolution of the Internet and Civil Society in China, in “Asian Survey”, 2003, vol. 43, n. 3, pp. 405-422.
19 Shaohua Guo, The Evolution of the Chinese Internet: Creative Visibility in the Digital Public, Stanford, Stanford University Press, 2020, p. 42.
20 Gianluigi Negro, The Internet in China. From Infrastructure to Nascent Civil Society, Springer International Publishing, 2017, p. 11.
21 Monique Taylor, China’s Digital Authoritarianism. A Governance Perspective, Springer International Publishing, 2022, p. 52.
22 Jun Liu, Jingyi Zhao, More than plain text: Censorship deletion in the Chinese social media, in “Journal of the Association for Information Science and Technology”, 2020, pp. 1-14.
23 Guo, The Evolution of the Chinese Internet, cit.
24 Per gamification si intende l’utilizzo dei meccanismi tipici del gioco e, in particolare, del videogioco (punti, livelli, premi, beni virtuali, classifiche), per rendere gli utenti partecipi di svariate attività.
25 Raymond Zhong, Want to Clap for Xi Jinping’s Speech? Use Your Smartphone, in “The New York Times”, 19 ottobre 2017, https://www.nytimes.com/2017/10/19/business/xi-jinping-wechat-clap.html.
26 Konstantinos Tsimonis, The Chinese Communist Youth League: Juniority and Responsiveness in a Party Youth Organization, Amsterdam, Amsterdam University Press, 2021.
27 Rongbin Han, Manufacturing Consent in Cyberspace: China’s “Fifty-Cent Army”, in “Journal of Current Chinese Affairs”, 2015, vol. 44, n. 2, pp. 105-134.
28 Hailong Liu (ed.), From cyber-nationalism to fandom nationalism, Abingdon-New York, Oxon-Routledge, 2019.
29 Ibid.
30 Alessandro Lolli, La guerra dei meme. Fenomenologia di uno scherzo infinito, Orbetello, Effequ, 2017.
31 Koetse, Digital Art or Visual Propaganda?, cit.
32 Anne Cheng, Storia del pensiero cinese. Dalle origini allo «Studio del mistero» (Vol. 1), Torino, Einaudi, 2000, p. 65.
33 Sarah Sprouse, The Aesthetics of Revolution: Chinese Propaganda and the Anthony E. Clark Chinese Poster Collection, in “Chinese Art Posters Documents”, 2017, n. 1, https://digitalcommons.whitworth.edu/chinese_art_posters_documents/1.
34 Ibid.
35 Mudec, https://www.mudec.it/deutsche-bank-artist-of-the-year-luyang/.
36 Emily Gosling, Lu Yang’s brilliant multimedia work explores sexuality and mortality through kitsch and Manga references, in “Creative Boom”, 15 marzo 2019, https://www.creativeboom.com/inspiration/lu-yang/.
37 Vanessa Frangville, Thierry Kellner, Introduction: National identity and millennials in Northeast Asia, in “National Identity and Millennials in Northeast Asia”, 2023, pp. 1-15.
38 Marianna Cerini, Pleasure principle: Meet the Chinese artist breaking taboos for fun, not politics, in “CNN Style”, 22 marzo 2018.
39 David E. Mungello, Reinterpreting the history of Christianity in China, in “The Historical Journal”, 2012, vol. 55, n. 2, pp. 533-552.
40 Flavia Cuturi, In nome di Dio: l’impresa missionaria di fronte all’alterità, Roma, Meltemi, 2004, p. 36.
41 Victor Purcell, The boxer uprising: A background study, Cambridge, Cambridge University Press, 2010, p. 241.
42 Sullivan, China’s “wolf warrior diplomacy”, cit.
43 Ibid.
44 Kecheng Fang, Maria Repnikova, Demystifying “Little Pink”: The creation and evolution of a gendered label for nationalistic activists in China, in “New Media & Society”, 2018, vol. 20, n. 6, pp. 2162-2185.