Memoria, scrittura e diari: l’archivio di Sibilla Aleramo

Memory, writing and diaries: the Sibilla Aleramo archive

In apertura: Ritratto di Sibilla Aleramo (Archivio di Stato di Firenze, Fondo Sibilla Aleramo, Carteggio indirizzato a Giuseppe Bonetti, b. 1, inserto 47, pubblicazione su concessione del Ministero della cultura/Archivio di Stato di Firenze, con riferimento alla richiesta prot. 293 del giorno 23 gennaio 2024).

1. Nota biografica

Marta Felicina Faccio (detta Rina vero nome di Sibilla Aleramo) primogenita di Ambrogio ed Ernesta Cottino, nasce ad Alessandria il 14 agosto 1876. Il padre Ambrogio professore di scienze, dotato di una forte personalità anticonformista, si sposterà spesso per lavoro. Dopo un anno ad Alessandria, Sibilla trascorre la prima infanzia a Vercelli e nel 1879 si trasferisce con la famiglia a Milano. Nel capoluogo lombardo frequenta le scuole elementari stabilendo con la sua maestra Giuseppina Tavola, un rapporto affettivo che coltiverà negli anni attraverso una regolare corrispondenza. Costretta ad abbandonare gli studi Rina, come si evince dallo studio del suo archivio, continuerà a nutrire la sua grande passione per la lettura sino alla fine della sua vita1. Nel luglio 1888 il padre, dopo un diverbio con il cognato, si trasferisce a Porto Civitanova Marche per dirigere la filiale milanese di una vetreria2.

Rina non può così proseguire gli studi perché a Porto Civitanova non esiste una scuola superiore alle elementari. Dai 12 a 15 anni lavora come contabile nella fabbrica diretta dal padre. Nel 1889 la madre Ernesta, dopo una serie di crisi depressive sempre più gravi, tenta il suicidio gettandosi dalla finestra e Rina le subentra nel governo della casa alternando i lavori domestici all’impiego nella vetreria. La sua progressiva malattia mentale la porterà poi al ricovero presso il manicomio di Macerata, da cui non uscirà più fino alla morte avvenuta nel 19173. Il 1892 segna la fine della sua adolescenza e l’inizio di quello che può considerarsi il calvario umano della scrittrice che si rispecchierà − a distanza di quattordici anni − nel suo primo romanzo Una donna. Ulderico Pierangeli, un impiegato che lavora nella stessa fabbrica del padre, abusa sessualmente di lei e Rina rimasta incinta del suo carnefice è costretta a soli 16 anni al matrimonio riparatore4.

Dopo il primo aborto nel 1895, Rina darà alla luce un bambino di nome Walter che assieme alle sue amate letture, le permetterà di sopportare un’esistenza altrimenti intollerabile. Per vincere l’isolamento inizia a lavorare per diversi giornali: la “Gazzetta letteraria” e “L’Indipendente” di Trieste; collabora inoltre con la “Vita Moderna”, giornale femminista e con la “Vita internazionale”, quindicinale politico-culturale nel quale scrivono molti protagonisti del positivismo italiano di quegli anni (Morselli, Lombroso, Guglielmo Ferrero) e scrittori come De Marchi, Negri e Neera. A causa del licenziamento del marito nel 1899 Rina con la famiglia si trasferisce a Milano, dove avvia un’attività commerciale che non darà però i risultati sperati. Nel capoluogo lombardo l’Aleramo ottiene la direzione del settimanale “L’Italia femminile”, fondato dalla socialista Emilia Mariani, con la quale aveva già collaborato in passato5.

L’anno successivo il marito le impone di lasciare la direzione della rivista e di ritornare a Porto Civitanova dove assumerà la direzione della vetreria guidata in precedenza dal suocero. Tornata alla solitudine della provincia, Rina legge Dante, Maeterlinck, Platone e continua i rapporti epistolari con gli amici di Milano. Il difficile rapporto di coppia, la convinzione di poter intraprendere la professione di scrittrice, fa maturare in Rina la sofferta scelta di trasferirsi a Roma, abbandonando nel febbraio del 1902 il tetto coniugale e l’amato figlio Walter. Negli anni successivi tenta di ottenere, senza alcun risultato la separazione legale e la custodia del figlio, con il quale per la ferrea opposizione del marito che le vieta qualsiasi contatto, riuscirà a recuperare un rapporto solo dopo trent’anni6.

Nell’estate dello stesso anno inizia la convivenza con il poeta Giovanni Cena e la lora casa diventa presto un punto di riferimento e un luogo di incontro frequentato da personaggi come Luigi Pirandello, lo scultore Leonardo Bistolfi, Alfredo Panzini, Grazia Deledda, il filosofo Annibale Pastore, Maria Montessori e la scrittrice svedese Ellen Key che le farà incontrare Stefan Zweig. La vita che conducono è molto ricca e densa di impegni sociali, nonostante lo stato di miseria in cui versano. Rina sente intensamente la mancanza del figlio del quale riceve notizie solo attraverso la sua istitutrice Angiolina Comolli7.

Su consiglio dello stesso Cena comincia a rielaborare in forma letteraria, la sua vita dalla prima infanzia fino alla decisione dell’abbandono della famiglia, scelta necessaria per diventare finalmente quello che aveva sempre desiderato cioè, «una donna libera»8. Ne scaturisce quindi il libro Una donna pubblicato nel 1906 dall’editore Sten di Torino sotto lo pseudonimo di Sibilla Aleramo, utilizzato per la prima volta. Il cognome Aleramo le fu suggerito dallo stesso Giovanni Cena, che prese spunto dalla poesia Piemonte del Carducci. Questo pseudonimo venne adottato dalla scrittrice per timore di ritorsioni da parte del marito. Con questo primo romanzo Sibilla Aleramo, attraverso le proprie vicende personali, lancia un grido di rivolta sociale per tutte le donne, che come lei avevano subito maltrattamenti da uomini violenti. Una donna ancora oggi è considerato un romanzo fonte di ispirazione per tutte quelle scrittrici che affrontano il complesso universo del “femminile plurale”9. Il libro riscuote un enorme successo e viene tradotto in numerosi paesi.

Nel 1910, il distacco di Sibilla dallo scrittore Cena, che cercherà invano di riallacciare il rapporto, suscita fra gli amici costernazione e disprezzo nei suoi confronti. Alla fine della loro relazione, Sibilla inizia una vita da vagabonda in giro per il mondo alla disperata ricerca dell’amore perfetto, intrattenendo legami con numerosi esponenti della cultura italiana di quegli anni quali: Giovanni Papini, Umberto Boccioni, Giovanni Boine, Vincenzo Cardarelli, Michele Cascella, Clemente Rebora, Raffaello Franchi10. A partire dal 1915 vive tra Milano e Firenze, dove lavora per l’Institut français de Florence e collabora con la “Rivista delle Nazioni Latine”, mensile fondato da Jean Luchaire e Guglielmo Ferrero11.

Particolarmente significativa e drammatica fu la relazione con Dino Campana, del quale l’Aleramo ammirava la produzione poetica, avendo letto e apprezzato la profondità dei Canti orfici ancora prima di conoscerlo. Nell’estate 1916 Sibilla incontra il poeta a Barco nell’Appennino tosco-emiliano. Comincia così il breve, lacerante rapporto amoroso con il poeta afflitto da disturbi psichici. La relazione con Dino Campana si conclude con il suo internamento il 12 gennaio 1918 presso il Manicomio di Castel Pulci dove morirà il 1° marzo 1932 in completa solitudine12. A distanza di anni, durante la redazione del suo Diario Sibilla scriverà:

Forse Dino fu l’uomo che più amai, disperatamente. Forse soltanto Endimione – così diverso! – suscitò in me altrettanto fervore doloroso (sei anni dopo). Le lettere ad Endimione le ho ricevute da suo fratello, non ho mai avuto il coraggio di rileggerle. Queste a Dino sono d’una bellezza straziante, e d’una purezza ineffabile, tutte. Avevo quarant’anni. Una cosa m’ha in esse sorpreso: l’invocazione, qua e là, a Dio! Possibile che la passione avesse, in quell’anno, suscitato in me la fede, mai prima né mai dopo posseduta? In me che (neppure del resto in quell’anno) mai sono ricorsa alla chiesa? “Che Dio ti salvi Dino” ripeto in più d’una di queste lettere. O forse, inconsapevolmente, dicevo Dio intendendo Apollo, intendendo la Poesia?… Nel mistero della poesia io mai prima m’ero imbattuta (in modo così abbacinante) in una creatura viva, tragicamente viva… E il mio amore, il mio amore così grande, assoluto, si riconosceva impotente… Non pregavo, no: ma ripetevo: “che Dio ti salvi!” Non per me, ma per lui, per lui! Se Dio esisteva, l’avrebbe salvato13.

La vita di Sibilla non fu facile, forse proprio il contesto culturale di un’Italia perbenista e bigotta, le rese estremamente arduo anche poter vivere del mestiere di scrittrice. Nel 1928 era una donna senza mezzi economici che per sopravvivere era costretta a chiedere aiuto ad amici e conoscenti. Nel suo Diario annotava:

Tutti quegli amori infelici, da quello per Campana in avanti, e inoltre l’eterna vicenda di difficoltà pecuniarie, e quell’aver dovuto ricorrere tante volte all’aiuto di amici (per fortuna sempre disinteressati, voglio dire di amici che non erano amanti) e purtroppo anche a quello di Mussolini e della regina Elena (anche questi però senza nessun mio atto di servilismo) mi hanno profondamente turbato, e un poco perfino avvilita14.

Dal carteggio della scrittrice emergono infatti le problematiche che stava vivendo con le case editrici non più intenzionate a pubblicare le sue opere considerate di scarso successo. Come si evince dal carteggio con il professore Giuseppe Bonetti:

Roma, 14 aprile 1930

Mio gentile amico,

ebbi, si, la buona lettera, ove nulla poteva offendermi, e che mi fu anzi assai cara; e poi la scatola di viole, fragranti, che parevano colte allora dalla terra, e mi tennero compagnia dolcissima per più giorni. Ora quel che lei mi dice, dei giovani cuori che le ispirarono l’atto gentile, mi commuove anche più. Ho trovato queste sue parole iersera, tornando da Firenze, ove sono stata per qualche giorno e dove ho potuto ottenere finalmente dal Bemporad la cessione dello stock dei volumi di sua edizione, e la scissione del contratto. Ora vedremo se Mondadori non mi farà attendere altri sei mesi per la conclusione dei nuovi accordi con la sua Casa. Avrei proprio bisogno d’un po’ di pace, d’un po’ di respiro, per poter rimettermi a lavoro e vivere la primavera in serenità di spirito. Caro amico, le son grata di non rimproverarmi per il mio lungo silenzio. Le auguro una lieta Pasqua, e la prego di riscrivermi e di non dimenticarmi. Sua aff. ta

Sibilla Aleramo15.

Nel 1936 conobbe il suo ultimo grande amore, il poeta Franco Matacotta, di quarant’anni più giovane. La loro storia è raccontata nel Diario 1940-1944, dal quale emergono tutte le tensioni derivate da un rapporto complesso e difficile che nonostante tutto, si prolungò per dieci anni. Finita la guerra si iscrive al Partito comunista, si impegna in una frenetica attività di propaganda dell’ideologia comunista, frequentando assiduamente le sezioni di partito16. Visse gli ultimi anni di vita lottando contro la solitudine e la depressione, ma continuò a viaggiare e a incontrare gli amici più cari. Morì a Roma il 13 gennaio del 1960, dopo una lunga malattia, scrivendo fino all’ultimo attimo di vita17.

2. La passione per i libri

La scrittrice ebbe un rapporto speciale con i libri che negli anni avevano sostituito l’affetto e la compagnia delle persone riempiendo quel senso di vuoto. Per la scrittrice la lettura rappresentava lo strumento della conoscenza di cui nutrirsi per arricchire l’esistenza, quasi un bisogno fisico che era necessario soddisfare. Nei momenti difficili i libri rappresenteranno per Sibilla Aleramo la proiezione cartacea di quegli amici sinceri a cui accompagnarsi per combattere la solitudine18. Nell’opera Orsa Minore. Note di taccuino e altre ancora scriveva:

Non so se accade agli altri. A me i libri giungono sempre all’ora esatta, io m’imbatto in essi o sono spinta a cercarli nel momento preciso in cui occorrono alla mia vita, o per lo meno in cui riescono alla mia vita di soccorso profondo. Forse vi ha un ritmo misterioso per questi incontri dello spirito tanto più sicuro e felice di quello che regola gli incontri con le persone destinate ad esserci amiche o nemiche? E non è che la vita passivamente si lasci fecondare o plasmare via via dalle diverse letture. No. Al contrario, queste letture mi vengono dal caso imposte quando la mia vita è in precedenza accordata al loro spirito, quando non ha più da trovarvi una rivelazione, un insegnamento nel senso attivo, ma soltanto un’eco o uno specchio, ufficio divino della grande poesia19.

Sibilla si era sempre ritagliata uno spazio di tempo per dedicarsi alla lettura, che aveva rappresentato un momento di riflessione e di svago nelle sue giornate. Nelle pagine di Diario la scrittrice aveva l’abitudine di segnalare i libri che aveva letto o aveva intenzione di leggere, senza quasi mai menzionare i titoli delle opere, ma piuttosto facendo sempre riferimento ai nomi degli autori. Le segnalazioni erano un pretesto per raccontare la scelta della lettura, gli stati d’animo del momento e in particolar modo le emozioni suscitate in lei. Degli autori preferiva soffermarsi sulla loro psicologia, le vicende biografiche e il loro pensiero piuttosto che discutere sulla loro scrittura. Nel 1947 la scrittrice annotava sul Diario:

28 febbraio pomeriggio

Parlato della Passeggiata al faro, di cui ho finito la rilettura attenta stanotte. Fortissimo ingegno la Woolf, e anima di poeta eccezionale. Certe pagine, come quelle centrali di questo libro, ch’ella ha intitolato Il tempo passa, hanno qualcosa veramente di shakespiriano. Non le ha giovato la sua volontà, direi demoniaca, di “costruzione”, quel suo stile troppo vigilato, troppo “presente”, sempre, che alla lunga affatica e quasi finisce per respingere. Ma di là dagli elementi intellettualistici, e di quella stessa ironia sottilissima che è uno dei suoi maggiori incanti, emerge e soggioga la terribile desolazione del suo spirito, una coscienza atroce della solitudine umana, per cui, leggendola ora, ci si spiega ch’ella abbia ceduto a un certo punto e si sia uccisa…

Povera grande Virginia, tuttavia viva nell’opera sua… Ondeggiava nel porre il senso della vita ora nell’arte ora nel “calore di simpatia”… Forse è morta dubitando dell’una e dell’altra cosa… Soffrendo più di Amleto, essendo donna20.

Negli anni le sue numerose letture erano state dedicate alle biografie, ai carteggi, ai libri di viaggio, alle memorie, anche se prediligeva in modo particolare i romanzi21. Nel suo bisogno incessante di lettrice anche le difficoltà economiche vengono superate; pur di non rinunciare ai libri spesso li chiede in dono agli amici non potendoli acquistare. Nel 1930 la scrittrice scriveva a Bonetti:

Roma, 25 novembre 1930

Caro amico,

dopo la sua del 28 settembre non ho più saputo nulla di Lei. Attendevo l’Ulisse di Joyce, per ringraziarla. Anche attendevo il suo lavoro teatrale. Non è giunto nulla. In quanto a me, sono più che mai in alto mare. Il cambiamento improvviso di guardia al Partito ha interessato le pratiche per la ripresa d’una collaborazione al Corriere. La mia situazione è sempre più grave, e non so come si risolverà, anche perché son sempre più scoraggiata, sfibrata, e non ho la forza di riprendere il lavoro. Mi scriva. Vorrei sapere che almeno lei è contento e sereno. Le stringo la mano con amicizia.

Sibilla Aleramo22

La sua passione per i libri è testimoniata dal suo fondo librario costituito da 1532 tra volumi e opuscoli; quanto è rimasto di una biblioteca sicuramente più ampia a cui la scrittrice ha attinto durante gli anni, vendendo volumi o bruciandoli per riscaldarsi nelle fredde giornate d’inverno. Molti libri le furono donati dagli stessi autori in segno di affetto e di ammirazione nei suoi confronti. Nel 1955 l’Aleramo scriveva una lettera a Mario Tobino per ringraziarlo del libro L’Asso di Picche che le era stato donato dallo scrittore in occasione della sua pubblicazione. Si erano incontrati una sera per caso a Trastevere, avevano fatto amicizia senza più rivedersi e la stessa scrittrice lo aveva invitato a Roma per salutarlo; nella stessa lettera le chiedeva di bere un sorso di vino per il tempo che le restava da vivere, la sera del 14 agosto avrebbe infatti compiuto 79 anni23.

3. «Quel cumulo di polverose carte»

Fin da giovanissima, Sibilla Aleramo aveva tenuto traccia dei suoi pensieri spesso su semplici pezzi di carta o fogli volanti, dando vita così a quel sottile file rouge che porterà alla conservazione e trasmissione delle sue carte e che accompagnerà quel racconto della vita della scrittrice, durante la sua lunga esistenza, in quanto materiale vivo da cui attingere per la realizzazione delle sue stesse opere24. Le sue carte, traccia indelebile della sua vita, Sibilla le conserverà per lungo tempo, nell’armadio cinquecentesco, unico mobile di valore della vecchia soffitta in via Margutta, poiché sono il suo bene più prezioso25.

La vastità di documenti personali raccolti dalla scrittrice durante l’arco della sua esistenza è la testimonianza di una conservazione quasi maniacale che nasce dalla consapevolezza dell’importanza del proprio archivio26. La scrittrice sentiva il desiderio di tramandare la propria vita attraverso le carte che gelosamente aveva custodito per anni e da cui non aveva mai voluto separarsi tanto che nei suoi numerosi spostamenti, le aveva sempre portate con sé in due grandi valigie, poiché rappresentavano il suo bene più prezioso. «Quel cumulo di polverose carte», come lei stessa amava definirle, «un giorno qualcuno con grande devozione avrà il desiderio di riordinarle e pubblicarle in mia memoria»27.

La corrispondenza, conservata nei due famosi bauli è stata nel corso degli anni riaperta dalla stessa Aleramo in una rilettura della propria esistenza intrisa di curiosità, malinconia e lotta all’oblio. La scrittrice ha riordinato, selezionato e scartato le lettere considerate non degne di essere conservate, in un preciso disegno di trasmissione della memoria mosso, quasi certamente, dalla consapevolezza del proprio valore culturale e dal desiderio, che traspare anche nei suoi libri, di voler essere immortale28.

Gli scarti effettuati dalla scrittrice sono stati rari, più frequenti invece sono state le donazioni e le vendite di manoscritti, lettere e autografi. Nel 1929 l’Aleramo scriveva al critico Giuseppe Bonetti:

Roma, 14 giugno 1929 VII

Gentile Amico,

che bello e veramente raro il libro m’avete mandato in dono! È un riposo profumato. Io sfogliarlo, smarrirsi nella contemplazione di quei soavi volti d’altro suolo. Grazie anche per la cara dedica. Io sto purtroppo, dopo l’oasi serena di Firenze e Siena, attraversando un nuovo periodo amaro di preoccupazioni. Vi accludo, perché vi facciate un’idea del come è trattata, oggi, dall’editoria una scrittrice … non novellina, copia della lettera ricevuta dal Mondadori 15 giorni fa… Non so se otterrò il nuovo contratto che mi è indispensabile per vivere. Un acconto di 20.000 lire avuto. Vi accludo anche una ricevuta di Walter Toscanini, per un deposito che egli ha di lettere di Eleonora Duse. Se mai vi interessassero e voleste e poteste ritrattarle, io le venderei per tremila lire (cioè 2 a me, e 1 da restituire a Toscanini). Ditemi, vi prego, se non potete, e in tal caso rimandatemi la ricevuta di T. Caro amico aspetto la lunga lettera che vi promettevate di scrivermi per Natale al Duce (primo e unico in mia vita sussidio governativo è finito). Nessuna rendita ho. Nessuna collaborazione. Sono stanca. Ho passato questa settimana riordinando due casse di vecchie carte, manoscritte mie, lettere altrui! Somma di vita. Vi mando un piccolo stock di autografi per vostro nipote. La vostra fotografia è interessante. Ma non basta a farvi conoscere. Vi stringo la mano, affettuosamente. Sibilla Aleramo.

Vi mando a parte, come ms, i 31 autografi29

Nel 1957 Sibilla ormai ottantenne, consegnò invece a Niccolò Gallo le sue lettere e quelle di Campana, lo tempestò di ricordi e grata, gli regalò gli autografi del poeta alla fine del suo lavoro. L’Aleramo scriveva sul Diario il 23 novembre dello stesso anno:

Visita di Niccolò Gallo e di sua moglie Dinda, per riprendere le bozze del volume Lettere Campana-Aleramo. Ho regalato a Niccolò il fascio delle lettere di Campana, è rimasto molto commosso, lo merita per il lavoro affettuoso e attento con cui gli ha allestito il volume30.

Senza queste dispersioni l’archivio della scrittrice sarebbe stato ancora più interessante e consistente.

Le pagine del diario assumono un intenso valore in quanto fonte preziosa di informazioni, che ci permettono di conoscere le riflessioni, i pensieri, i giudizi più intimi dell’autrice: un testamento auto-rappresentativo, filtrato ed allo stesso tempo consapevole, da lasciare in eredità. Con il passare degli anni il Diario diventa anche un laboratorio di scrittura dove conservare ricordi, lettere, ritagli di giornali, poesie, appunti, materiale che dopo la sua morte avrebbero aiutato a scrivere la sua biografia31. Negli ultimi anni di vita Sibilla Aleramo ingaggia una lotta feroce con il tempo e con l’ossessione dell’oblio; le carte diventeranno così lo strumento per renderla immortale. Il suo archivio è la testimonianza di una sua narrazione di vita; la scrittrice in modo consapevole ha creato infatti a tale scopo un’autobiografia volutamente composta.

4. L’archivio Sibilla Aleramo

L’archivio fu lasciato per volontà testamentarie della scrittrice al Partito comunista italiano e fu trasferito pochi giorni dopo la sua morte dall’appartamento di via Panama alla sede dell’Istituto Gramsci di Roma per diretta disposizione di Palmiro Togliatti. Nel 1975 il fondo viene dichiarato “di notevole interesse storico” da parte della Soprintendenza archivistica del Lazio32. Il complesso documentario è costituito da 133 buste che copre un arco temporale dal 1876 al 1960. L’archivio è stato strutturato in sette serie: Carte personali, Corrispondenza, Scritti, Materiale iconografico, Rassegna stampa, Archivi aggregati e Sezione di documenti provenienti da altri archivi33.

La serie Carte personali conserva documentazione di carattere privato (certificato di nascita e di morte, testamenti, ricette mediche, agende personali, tessere ecc.) e documenti relativi all’attività letteraria, inviti e premi.

La serie Corrispondenza comprende 25.000 lettere di familiari, di amici, di amanti, di personaggi illustri che, negli anni, fecero parte della sua esistenza. Mentre la gran parte del materiale documentario è ancora inedito, numerosi carteggi di carattere amoroso scambiati con illustri esponenti del Novecento sono stati invece pubblicati: da Giovanni Boine, Dino Campana, Vincenzo Cardarelli, Salvatore Quasimodo, Clemente Rebora, a Scipio Slataper. Le carte sono state organizzate per mittente dalla stessa Aleramo e ci permettono di ricostruire la rete di relazioni che la scrittrice in virtù della sua attività ha espletato nei confronti del mondo esterno, sia a livello personale che professionale.

La serie Scritti contiene una pluralità di documenti, chiara testimonianza dell’attività letteraria della scrittrice: manoscritti editi e inediti, agende, traduzioni e testi di conferenze. Si tratta in alcuni casi di carte preparatorie, prodotte per non essere mai diffuse, come appunti, taccuini, pagine di diario, studi e poesie incompiute. Tale documentazione assume un ruolo fondamentale non solo in quanto testimonianza storica, ma anche come elemento principale nell’esegesi della produzione artistica del soggetto produttore.

La serie Materiale iconografico comprende diverse foto che la ritraggono insieme a parenti e amici in momenti di svago o di ordinaria quotidianità.

La serie Rassegna stampa raccoglie le copie dei periodici con la pubblicazione degli articoli della scrittrice, ma anche gli articoli e le recensioni a carattere bibliografico. Sono inoltre presenti i ritagli di giornale e il materiale critico pubblicati dopo la morte della scrittrice che l’Istituto Gramsci ha raccolto e conservato.

La serie Aggregati conserva la documentazione proveniente da altri fondi di personalità quali Aurel (pseudonimo di Aurore Mortier), Giovanni Cena, Vincenzo Cardarelli e Michele Cascella. Sono presenti, inoltre, circa una dozzina di lettere di Dino Campana che il poeta scrisse al critico Emilio Cecchi ed alcune cartoline illustrate a lui indirizzate.

La Sezione di documenti provenienti da altri archivi contiene le copie di lettere acquisite dalla Fondazione Gramsci, poiché considerate importanti per lo studio biografico di Sibilla Aleramo.

La schedatura è stata effettuata a livello di fascicolo, eccezione fatta per la corrispondenza, descritta per singolo documento. Per ogni lettera sono state rilevate le seguenti informazioni: il mittente, la data topica, la data cronica, la lingua e anche l’eventuale presenza di carta intestata. Sul sito della Fondazione Gramsci è possibile consultare l’inventario online tramite il software Xdams e scaricare la versione cartacea34.

5. Conclusioni

È risaputo che nella conservazione degli archivi privati in particolare quelli di persone è presente una sorta di volontarietà che spinge, nel corso della loro esistenza, i soggetti produttori personali a selezionare, raccogliere e conservare, spesso, solo quelle scritture relative all’attività che vogliono lasciare come testimonianza d’uso e memoria in un certo senso “autobiografica”. Allo stesso tempo è altrettanto vero che, seppure filtrate, queste sedimentazioni documentarie sono legate da un lato da un vincolo istituzionale interno, in quanto rappresentazione del legame esistente tra il soggetto produttore e le sue componenti e attività interiori. Ma l’archivio di persona è allo stesso tempo il riflesso di un coacervo di relazioni e reti umane, sociali, politiche e culturali che si sviluppano, come nel caso tra la scrittrice Sibilla Aleramo ed alcuni personaggi che hanno attraversato la sua vita. Relazioni che, da un lato hanno accresciuto ulteriormente la sua passione per i libri e la lettura che, fin da giovanissima, la scrittrice aveva coltivato; dall’altro i rapporti umani che hanno avuto un ruolo importante, in particolare nei momenti difficili. Fondamentali i contatti epistolari con l’ambiente giornalistico ed intellettuale del suo tempo che hanno fatto maturare in lei la convinzione di intraprendere la professione di scrittrice. Le lettere come anche le pagine del Diario diventano una fonte di particolare interesse per ricostruire le relazioni che la scrittrice intrattenne negli anni con parenti, amici, amanti e personaggi illustri. È possibile ripercorrere attraverso le scritture private i momenti più salienti della sua vita, ma nello stesso tempo conoscere l’immagine pubblica che ha voluto lasciare di sé a posteri. I documenti di archivio diventano così l’occasione per riscoprire una scrittrice che ha saputo con il suo percorso di vita, le sue scelte, il suo impegno lavorativo essere un esempio per il mondo femminile che prende coscienza del cambiamento della società e contribuisce essa stessa all’emancipazione della donna nel nostro paese.


Note

1 Rita Guerricchio, Storia di Sibilla, Pisa, Nistri-Lischi, 1974, p. 13.

2 Marina Zancan, Una biografia intellettuale: Sibilla Aleramo, in Annarita Buttafuoco, Marina Zancan (a cura di), Svelamento. Sibilla Aleramo: una biografia intellettuale, Milano, Feltrinelli, 1988, pp. 15-16.

3 Alba Morino (a cura di), Sibilla Aleramo, Un amore insolito: diario 1940-1944, con una lettura di Lea Melandri e una cronologia della vita dell’autrice, Milano, Feltrinelli, 1979, p. XI.

4 Eugenia Roccella, Lucetta Scaraffia (a cura di), Dall’Unità d’Italia alla prima guerra mondiale, Roma, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, 2003, vol. I, p. 5.

5 Bruna Conti, Alba Morino (a cura di), Sibilla Aleramo e il suo tempo: vita raccontata e illustrata, Milano, Feltrinelli, 1981, pp. 15-17.

6 Morino (a cura di), Sibilla Aleramo, Un amore insolito: diario 1940-1944, cit., p. XIII.

7 Conti, Morino (a cura di), Sibilla Aleramo e il suo tempo: vita raccontata e illustrata, cit., p. 37.

8 Marina Zancan, Il doppio itinerario della scrittura: la donna nella tradizione letteraria italiana, Torino, Einaudi, 1998, p. 17.

9 Elena Doni, Manuela Fugenzi, Il secolo delle donne: l’Italia del Novecento al femminile, Roma-Bari, Laterza, 2001, p. 42.

10 Sibilla Aleramo, Orsa Minore. Note di taccuino e altre ancora, cura e introduzione di Anna Folli, Milano, Feltrinelli, 2002, p. 17.

11 Cristiana Pipitone, Marina Zancan (a cura di), L’archivio Sibilla Aleramo: guida alla consultazione, Fondazione Istituto Gramsci, 2006, p. 15.

12 Dino Campana, Canti orfici, introduzione e commento di Fiorenza Ceragioli, Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 1997, p. 35.

13 Alba Morino (a cura di), Sibilla Aleramo, Diario di una donna: inediti 1945-1960, con un ricordo di Fausta Cialente e una cronologia della vita dell’autrice, Milano, Feltrinelli, 1978, pp. 435-436.

14 Ivi, p. 327.

15 Archivio di Stato di Firenze (d’ora in poi ASFi), Fondo Sibilla Aleramo (d’ora in poi FSA), Carteggio indirizzato a Giuseppe Bonetti, b. 1, inserto 16, c.1, lettera del 14 aprile 1930.

16 Morino (a cura di), Sibilla Aleramo, Un amore insolito: diario 1940-1944, cit., pp. XVII-XVIII.

17 Alessandra Luciano (a cura di), Sibilla Aleramo. Scrittura e sensualità, Montalto Dora (Torino), Amargine Edizioni, 2013, p. 15.

18 Adriana Perrotta, Questo balsamo, la letteratura, ovvero la necessità della cultura, in Annarita Buttafuoco, Marina Zancan (a cura di), Svelamento. Sibilla Aleramo: una biografia intellettuale, Milano, Feltrinelli, 1988, p. 118.

19 Sibilla Aleramo, Orsa Minore. Note di taccuino e altre ancora, cit., pp. 83-84.

20 Morino (a cura di), Sibilla Aleramo, Diario di una donna: inediti 1945-1960, cit., pp. 136-137.

21 Perrotta, Questo balsamo, la letteratura, ovvero la necessità della cultura, cit., pp. 110-113.

22 ASFi, FSA, Carteggio indirizzato a Giuseppe Bonetti, b. 1, inserto 18, c.1, lettera del 25 novembre 1930.

23 Archivio Contemporaneo Gabinetto Vieusseux (d’ora in poi ACGV), Fondo Mario Tobino (d’ora in poi FMT), b. 7, fasc. 1, c. 1r., lettera del 10 agosto 1955.

24 Marina Zancan, Una biografia intellettuale: Sibilla Aleramo, in Buttafuoco, Zancan (a cura di), Svelamento. Sibilla Aleramo: una biografia intellettuale, cit., p. 15.

25 Aleramo, Orsa Minore. Note di taccuino e altre ancora, cit., p. 85.

26 Myriam Trevisan, Sibilla Aleramo e le scrittrici del suo tempo. Scambi epistolari, in “Atti dell’Accademia Roveretana degli Agiati”, s. 8, 254, 2004, n. 1, p. 390.

27 Cristina Pipitone, Marina Zancan, L’archivio Sibilla Aleramo: guida alla consultazione, Roma, Fondazione Istituto Gramsci, 2006, p. 21.

28 Bruno Conti, Due Bauli. Le carte dell’Archivio, in Franco Contorbia, Lea Melandri, Alba Morino (a cura di), Sibilla Aleramo: coscienza e scrittura, Milano, Feltrinelli, 1986, pp. 13-15.

29 ASFi, Fondo S A, Carteggio indirizzato a Giuseppe Bonetti, b. 1, inserto 9, c.1, lettera del 14 giugno 1929.

30 Morino (a cura di), Sibilla Aleramo, Un amore insolito: diario 1940-1944, cit., p. 434.

31 Alba Morino, I diari e la biografia di Sibilla Aleramo: un’avventura editoriale, in Contorbia, Melandri, Morino (a cura di), Sibilla Aleramo: coscienza e scrittura, cit., p. 28.

32 Pipitone, Zancan, L’archivio Sibilla Aleramo: guida alla consultazione, cit., p. 23.

33 Archivi della Fondazione Gramsci, / sezione inventari, http://archivi.fondazionegramsci.org/gramsci-web/inventari/struttura/gramscixDamsHist001, ultima consultazione di tutti i link: 7 dicembre 2023.

34 Archivi della Fondazione Gramsci, / sezione inventari, http://archivi.fondazionegramsci.org/gramsci-web/inventari/struttura/gramscixDamsHist001.