Introduzione al Dossier

Introduction to the dossier

In apertura: collage di Valentina Sonzini a partire dall’immagine Insieme di Gerd Altmann
(da www.publicdomainpictures.net/it/view-image.php?image=567379&picture=insieme).

 

Nel corso del Novecento le biblioteche e gli archivi privati di donne si sono sedimentati come strati leggeri fra le pareti di casa. Spesso confusi fra i libri e i documenti di famiglia, più spesso fra quelli del compagno o marito, questi materiali faticano ad emergere concretamente con una loro fisionomia specifica dagli angoli nascosti in cui sono stati costretti. Risultato di anni di lavoro intellettuale, e talvolta di militanza politica, le carte delle donne si stanno imponendo all’attenzione delle istituzioni culturali italiane non solo per la loro specificità, ma anche, e forse soprattutto, perché rappresentano un pezzo considerevole di memoria storica italiana a lungo occultata, celata dietro le coltri invisibili del “non detto” che ha lasciato molto spazio alle narrazioni al maschile.

L’interesse che biblioteche e archivi privati hanno riscosso negli ultimi anni ha portato all’intensificazione della produzione scientifica sul tema, con un focus particolare sulle biblioteche e gli archivi d’autore. La crescita esponenziale di questi fondi all’interno delle istituzioni culturali italiane ha inevitabilmente orientato la ricerca e l’elaborazione teorica nei confronti di giacimenti, spesso particolarmente consistenti, che si sono sedimentati all’interno o accanto alle collezioni preesistenti. Mentre è più tipico rilevare fondi maschili, più occasionale è stata invece l’attenzione rivolta alle seppur sparute collezioni femminili destinate però, nel volgere di pochi anni, a rappresentare un consistente insieme di materiali destinati a biblioteche e archivi locali e nazionali1.

È proprio su questo versante che si è orientata l’organizzazione del ciclo “Profili di donna”, con il quale si è voluto illustrare ad un ampio pubblico la vita di alcune figure femminili che hanno rappresentato a più livelli la società e la cultura italiana contemporanea attraverso la lente conoscitiva delle loro carte e dei loro libri. Lo spazio familiare, rappresentato anche dalle chiuse stanze che custodiscono biblioteche e archivi, restituisce la dimensione intimistica del lavoro delle intellettuali la cui vicenda pubblica e privata si lega indissolubilmente con la Storia del nostro Paese.

Il taglio scelto per gli interventi proposti da ricercatrici e studiose del settore ha prediletto aspetti, anche tecnici, della valorizzazione di queste dimensioni culturali che tendono a configurarsi come tali solo nel momento in cui si sottraggono al contesto domestico per costituirsi parte di un insieme più ampio all’interno di archivi e biblioteche di enti locale, statali o fondazioni. Come nel caso presentato da Antonella Trombone di Teresa Motta, bibliotecaria nell’Italia fascista, protagonista appartata della storia della Biblioteca provinciale di Potenza presso la quale ha prestato servizio in anni di censura, dimostrando un’attenzione speciale all’utenza dei confinati sorvegliati dai servizi fascisti. Grazie ai registri di accesso e prestito della biblioteca conservati presso l’archivio storico dell’ente è stato possibile ripercorrere itinerari di lettura e di ricerca appena tratteggiati, ma che molto dimostrano di un eroismo quotidiano che nella Motta ha trovato una degna rappresentante2. Ben più nota, invece, la storia personale di Elsa Morante presentata da Eleonora Cardinale: una biografia avvincente che attraversa tutto il Novecento cogliendo le contraddizioni e le tragiche vicende della Storia con una voce unica e autonoma che la annovera a pieno titolo fra i maggiori intellettuali del secolo scorso. Scrittrice «di tutta una vita», i suoi quaderni scolastici, così come i bloc-notes sui quali scrisse fino alla fine testimoniano un attaccamento costante alla scrittura. Le sue carte e i suoi libri sono oggi conservati presso la Biblioteca nazionale centrale di Roma dove ne “La stanza di Elsa” di “Spazi900” è stato ricostruito il suo laboratorio di scrittura raccogliendo le grandi opere narrative e le prime prove infantili, la produzione poetica e giornalistica, i racconti e le fiabe, fino agli scritti di carattere autobiografico, critico ed etico-politico3.

L’ambiente romano di Morante si lega inevitabilmente a quello di Goliarda Sapienza le cui carte, conservate nella sua casa capitolina, si sovrappongono ai volumi con esse raccolti. Il vincolo fra i suoi beni – ricostruito da Simona Inserra e Silvia Tripodi – restituisce la complessità delle connessioni esistenti fra le vicende biografiche che l’hanno interessata e la sua opera, sottolineando la correlazione, in questo caso inscindibile, fra i dati biografici, le modalità di sedimentazione dei documenti e la produzione letteraria di una figura eccezionale divisa tra teatro, cinema e ambiente letterario. Anche per Goliarda Sapienza diventa difficile distinguere fra archivio e biblioteca, perché le carte parlano dei libri quanto i volumi si riflettono nelle bozze di stampa, negli appunti convulsi e meticolosissimi.

Ad un’altra donna dalla vita straordinaria è dedicato il ritratto delineato da Elisabetta Angrisano: Sibilla Aleramo fu scrittrice senza censure, simbolo di trasgressione e ribellione. Profilo modernissimo, la Aleramo ha sempre sentito come necessario tramandare la propria vita attraverso le carte che ha gelosamente conservato nei numerosi spostamenti da un luogo all’altro, da un amore all’altro. I suoi documenti di archivio sono diventati così l’occasione per riscoprire, oltre all’intellettuale, la donna con il suo percorso di vita, le sue scelte, il suo impegno lavorativo esempio per il mondo femminile dell’epoca. Il «cumulo di polverose carte», come lei stessa amava definirle, restituisce la memoria potente e frastagliata di una donna fuori dagli schemi.

Lo spazio vissuto e occupato da Anna Banti, scrittrice, critica e storica dell’arte italiana, moglie di Roberto Longhi, viene studiato da Annantonia Martorano attraverso le pieghe del suo archivio. Infatti, è indagando e riordinando il suo archivio che si comprende meglio l’importanza del suo pseudonimo, un nom de plume che le permette di affrancarsi dall’immagine della signora borghese, moglie del grande critico d’arte. Una scrittura, quella bantiana, incentrata essa stessa sulle figure femminili e sulle loro scelte esistenziali: identità femminili sempre in movimento e in trasformazione che hanno dato vita a un archivio polimorfo, rappresentazione di una realtà archivistica nella quale una pluralità di scritture dense di emozioni trovano la loro ragione di coesistere e permettono una ricostruzione della biografia di Anna Banti.

Gli archivi di persona si svelano a studiose e studiosi come un affascinante microcosmo della memoria e della testimonianza: tra dinamiche volontarie di autorappresentazione, consapevolezze conservative, dispersioni, in essi si annida l’immagine pubblica e privata di un personaggio. Accanto ai nomi altisonanti del nostro Novecento, altri sguardi di donna si affacciano in questo percorso, sguardi forse meno conosciuti, ma altrettanto rappresentativi di una società in frenetico cambiamento. Orsola Nemi è una di queste donne in filigrana: eclettica figura del panorama culturale italiano, è attraverso il suo carteggio che Elena Gonnelli cerca di definirne la biografia e il profilo professionale diviso tra produzione letteraria e traduzioni, in un caleidoscopio di ritrovamenti che sorprendono per la varietà di interessi e la capacità trasformatrice del soggetto produttore.

Come Orsola Nemi, Luisa Orrù è donna di molto fare. A partire dalla ricostruzione del fondo archivistico che porta il suo nome conservato presso l’archivio dell’Università di Cagliari, Eleonora Todde ripercorre la breve esperienza professionale di questa antropologa che ha saputo valorizzare anche il lavoro di ricerca dei propri studenti. Con una attenzione particolare verso i temi della maternità e della sessualità femminile, attraverso l’ottica della credenza popolare, delle tradizioni e del folklore locale, Orrù ha saputo valorizzare le testimonianze di quelle donne che hanno vissuto direttamente esperienze forti quali l’aborto in una società patriarcale nella quale l’uomo fa sempre da sfondo all’esperienza femminile e le altre donne acquistano un’importanza centrale.

La peculiarità delle biblioteche di donne, biblioteche spesso specializzate, dai connotati salienti poiché riflettono sia il laboratorio di lavoro, sia gli interessi del loro “soggetto produttore”, ha reso pressante la necessità di riorientare gli studi su questi giacimenti. L’incameramento di questi fondi nelle collezioni preesistenti degli istituti culturali italiani pone questioni sia di carattere biblioteconomico, sia di carattere archivistico sulla loro gestione e fruizione. L’utenza che normalmente si accosta a tali materiali ha specifici interessi di ricerca che vanno guidati attraverso percorsi ad hoc in grado di restituire voce alle carte e ai volumi conservati. Infatti, spesso si tratta di raccolte miste dove pubblicazioni d’occasione, tirature limitate, plaquette commemorative, si sovrappongono alle monografie di saggistica, ai ciclostilati, alle fotocopie restituendo un insieme multiforme. Tale fisionomia è ben rappresentata dai centri di documentazione del movimento LGBTQ+, qui presentati da Valentina Sonzini in un dialogo continuo con le figure di spicco del movimento. L’incursione in una dimensione altra è stata volutamente proposta per ampliare il discorso verso contenitori culturali le cui specificità sono strettamente identificabili anche nelle biblioteche e negli archivi di donne. Proprio le caratteristiche precipue di questi fondi hanno suggerito un excursus in un mondo ancora poco esplorato, popolato da archivi personali quasi sconosciuti, ma caratterizzato da un fermento paragonabile a quello riconoscibile nei centri di documentazione femministi degli anni Novanta. Come se queste realtà avessero recuperato il testimone di un percorso tracciato in altri anni e da altri soggetti, biblioteche e archivi del movimento queer consentono una lettura a più voci di un gruppo minoritario che sta organizzando la conservazione della propria memoria.

I contributi qui raccolti sono il frutto di un percorso di Terza Missione promosso dal Dipartimento di Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo (SAGAS) dell’Università di Firenze volto a rileggere in chiave archivistica e biblioteconomica i fondi librari e documentali di alcune donne icone del nostro Novecento. Il ciclo si è tenuto con cadenza settimanale presso l’Archivio Storico del Comune di Firenze dal 14 febbraio al 4 aprile 2023 sia in presenza, sia in modalità a distanza. L’attenzione tributata dall’istituzione fiorentina ospitante ha raccolto anche la collaborazione della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi e dell’Associazione culturale lucana di Firenze.

Il riscontro di pubblico e di interesse suscitato dagli otto incontri ha stimolato le curatrici nel proporre una seconda edizione del ciclo che si terrà, sempre nella stessa sede, dal 7 febbraio al 27 marzo 2024.


Note

1 Per uno sguardo d’insieme su biblioteche e archivi d’autore si veda l’ampia bibliografia elaborata dalla Commissione nazionale AIB biblioteche speciali, archivi e biblioteche d’autore, http://www.aib.it/wp-content/uploads/2023/12/Bibliografia-GBAUT_vers6-2023.pdf, ultima consultazione di tutti i link: 18 dicembre 2023.

2 Sull’utilizzo dei registri dei lettori nelle biblioteche italiane si veda il progetto L&L Lives and Libraries. Lettori e biblioteche nell’Italia contemporanea. http://www.movio.beniculturali.it/uniroma1/livesandlibraries/it/6/il-progetto.

3 La stanza di Elsa, http://www.bncrm.beniculturali.it/it/1433/la-stanza-di-elsa.