Raccontare la maternità: voci di donne nell’Archivio sonoro demo-antropologico Luisa Orrù

Motherhood narration: women’s voices in the Luisa Orrù demo-anthropological sound Archive

In apertura: il primo registro dove Luisa Orrù annotava la consegna del materiale cartaceo e sonoro degli studenti (Archivio storico dell’Università di Cagliari).

 

Nel 2017 l’Archivio Storico dell’Università di Cagliari ha accolto tra i suoi fondi l’Archivio sonoro demo-antropologico Luisa Orrù (Asdalo), frutto del lavoro di ricerca e didattica della professoressa di Antropologia culturale dell’Ateneo sardo. Fulvia Putzolu, collaboratrice della Orrù, nonché “erede scientifico” del lavoro della docente, all’atto del suo pensionamento caldeggiò il deposito dei materiali dell’amica e collega all’interno del patrimonio archivistico universitario. I documenti, conservati fino a quel momento nel Laboratorio di Virologia/Parassitologia, Sezione Biomedica del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente, furono così trasferiti nella sede dell’Archivio storico dell’Ateneo.

La prima sedimentazione dei materiali dell’archivio fu fortemente caratterizzata dalla rigorosa metodologia ideata e raffinata dalla professoressa Luisa Orrù nel corso degli anni; una straordinaria e innata sensibilità verso il tema della organizzazione e conservazione della memoria che si ritrova negli scritti della docente e nella procedura di formazione delle unità archivistiche.

L’Archivio sonoro della cattedra di Antropologia culturale della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari (Asacl/Ca) – ridenominato Asdalo dal gruppo di lavoro capeggiato dalla Putzolu che, a seguito della prematura scomparsa della professoressa nel 1998, avviò i lavori di conservazione dei documenti fino a quel momento raccolti1 – costituì il suo nucleo originario nell’anno accademico 1986-87. In quell’anno, infatti, Luisa Orrù vinse il concorso come professoressa associata di Antropologia culturale nell’Ateneo cagliaritano2 e cominciò, in maniera più organica, la raccolta dei materiali frutto delle sue ricerche e di quelle dei suoi studenti.

Fin dal 1974, quando divenne assistente di Storia delle tradizioni popolari della professoressa Enrica Delitala, si avvicinò al tema delle fonti orali, in particolare sul rito del carnevale in Sardegna3 e sulle testimonianze di reduci della Prima guerra mondiale4. La conoscenza e la collaborazione con Pietro Clemente furono però decisive per lo sviluppo del suo interesse verso le fonti biografiche sulla condizione della donna, le terapie popolari con le piante spontanee5 e l’antropologia medica6; a partire dalla fine degli anni Settanta, avviò la rilevazione di testimonianze orali di donne madri, levatrici empiriche e ostetriche.

Con i corsi monografici L’antropologia della nascita e Documenti orali sul ciclo riproduttivo: problemi di rilevamento, ordinamento, analisi7 iniziò l’attività di conservazione dei materiali che vide coinvolti gli studenti in più mansioni, come l’inchiesta sul campo, il reperimento di documenti o altre fonti sull’argomento, l’archiviazione dei documenti cartacei e sonori, la trascrizione/traduzione delle interviste in lingua sarda, l’elaborazione dei dati raccolti: «gli studenti-ricercatori in base all’ampiezza del lavoro che intendevano svolgere e agli interessi personali, prendendo come punto di riferimento l’area tematica descritta nei questionari-problemari l’hanno esplorata nel suo complesso […] o ne hanno scelto alcuni aspetti»8.

1. Una metodologia consolidata per raccontare la maternità

Luisa Orrù sperimentò in prima persona la ricerca sul campo a partire dal 1977 quando lavorò ad alcuni progetti sotto la direzione di Pietro Clemente9. Grazie al professore sperimentò l’uso di una scheda descrittiva per le fonti sonore10, che costituì il nucleo centrale del suo archivio. La successiva collaborazione all’Atlante Demologico Sardo, ambizioso e importante progetto di Alberto Mario Cirese, le permise di raffinare la tecnica di indagine.

All’inizio degli anni Ottanta, un gruppo di quattro ricercatori e quattro laureandi dell’Istituto di Discipline antropologiche della Facoltà di Magistero di Cagliari avviò un progetto che fornì un’ulteriore base di riflessione per la costruzione dell’archivio sonoro della Orrù:

In particolare il materiale sonoro classificato, in relazione all’argomento riassuntivo Donne comunità rurali: lavoro e ciclo vitale è stato di non facile codificazione. Si era pensato di classificarlo come Storie di vita e di lavoro. Collocandosi all’interno di un tentativo di ricostruzione della condizione della donna in Sardegna, la forma della testimonianza (la storia di vita o autobiografia) appare non solo come modo di produzione di rilevazione, ma come contenuto stesso, come argomento. […] Una schedatura ben fatta, per il momento non esistente, permetterebbe di separare le storie di vita da quelle che in realtà non lo sono11.

In origine il metodo di rilevazione preferito dalla Orrù era il dialogo informativo libero senza questionario12; con il trascorrere del tempo e l’ingresso nel gruppo di lavoro degli studenti, optò per il dialogo informativo con questionario semilibero, sull’esempio di quanto già fatto nel progetto di Cirese13. La Orrù elaborò una procedura di lavoro che prevedeva la compilazione di quattro schede (rilevatore, unità di rilevazione, informatore, trascrittore)14, la consegna del materiale audio, la registrazione su un apposito registro e l’inserimento del materiale cartaceo all’interno di una cartella:

Le interviste e le schede dei trascrittori vengono sistemate in archivio nella cartella o contenitore che custodisce gli altri documenti cartacei relativi all’intervista. Le interviste trascritte vengono rilegate per informatore. Se con un informatore il rilevatore ha realizzato più interviste, le troveremo sistemate nel fascicolo delle trascrizioni, in ordine cronologico di realizzazione15.

Oggi il fondo archivistico è quindi costituito dai tre registri di “archiviazione” dei dati, dalle schede cartacee e dalle trascrizioni16 delle inchieste da parte degli studenti, da 1.206 unità di rilevazione e da 1.161 unità sonore originali17.

Nel corso di dieci anni di ricerca, Luisa Orrù e il suo gruppo idearono diversi questionari – chiamati “problemari”18 –, rivolti alle donne madri, alle levatrici empiriche, alle ostetriche e ai medici, «al fine di esplorare un’area tematica in grado di affrontare i temi fondamentali inerenti al ciclo riproduttivo in Sardegna: sessualità, parto, nascita, cura dei bambini nella prima infanzia»19.

Quello rivolto alle donne madri fu sicuramente il più complesso da costruire, per tipo di struttura (sette blocchi di domande) e per argomenti trattati:

1.mestruazioni ed educazione sessuale

2.gravidanza

3.parto

4.puerperio

5.allattamento e cura del bambino nella prima infanzia

6.fecondità, sessualità, menopausa

7.il paese e la sessualità.

Le domande spaziavano dagli aspetti più popolari – come il complesso di credenze sui poteri della donna gravida e della placenta – fino a toccare un elevato grado di intimità su temi ancora oggi al centro del dibattito sui diritti delle donne20. In particolare, i quesiti relativi alla sessualità e all’aborto appaiono estremamente interessanti, soprattutto se contestualizzati al periodo storico preso in esame che andava dal secondo dopoguerra fino agli anni Ottanta del secolo scorso. Tra le domande proposte, ad esempio, si trovano le seguenti:

Il primo rapporto sessuale è stato come lo immaginava?

[…] In genere chi prendeva l’iniziativa del rapporto sessuale, il marito o indifferentemente l’informatrice o il marito? Quale era la consuetudine? Se l’informatrice non se la sentiva di un avere un rapporto sessuale, il marito rispettava il suo rifiuto o imponeva comunque il rapporto?

[…] Nella storia della vita sessuale dell’informatrice, nella vicenda dei suoi rapporti sessuali, gravidanze, parti e allattamenti, quali sono stati i momenti di piacere, di soddisfazione, di contentezza e quali i momenti di dispiacere, di delusione, di dolore?

[…] I rapporti sessuali in gravidanza erano meno frequenti o più frequenti del solito? A che distanze dal parto li interrompeva e dopo il parto, quando li riprendeva?

[…] Concepimenti pre-matrimoniali. Capitava sovente che una coppia prossima a fidanzarsi o fidanzata ufficialmente aspettasse un figlio? Valutazioni e comportamenti delle famiglie nei loro confronti. In caso di fidanzamento contrastato la gravidanza era cercata dalla coppia come mezzo per piegare all’assenso le famiglie?

Concepimenti extra-matrimoniali. Capitava di frequente che una donna restasse incinta di un uomo che non poteva o non voleva sposarla perché già sposato o per ragioni di status sociale? Valutazioni e comportamenti delle famiglie (esplorare le differenti reazioni dei parenti maschi e femmine), della comunità nei confronti di lui, di lei, del bambino.

Si è mormorato o ci sono stati casi notori in paese di incesto, di bambini nati da relazioni incestuose?
[…] In caso di concepimenti pre ed extra-matrimoniali e di concepimenti matrimoniali indesiderati si ricorreva un tempo all’aborto?21.

Uno degli argomenti centrali era quello del parto. Oltre agli aspetti rituali e delle credenze popolari, furono indagati sia gli aspetti tecnici dell’esperienza che la sfera emotiva:

L’informatrice credeva che le maledizioni, l’ostilità, l’essere in inimicizia, il malocchio di qualche persona potessero pregiudicare l’andamento e l’esito del parto? Che precauzioni si prendevano contro eventualità del genere, a che rituali o speciali preghiere di ricorreva nel caso le consuete non si fossero rivelate sufficienti?

[…] Ha provato nel primo parto sentimenti o sensazioni come pudore, vergogna nel farsi vedere e toccare dalla levatrice empirica, dall’ostetrica, dalla madre, dalla suocera, ecc., che poi, magari, negli altri parti, non ha più provato?

[…] Com’è stata per il primo parto: paurosa o coraggiosa, intrattabile o docile, troppo passiva…e nei successivi? Come doveva e come non doveva comportarsi la partoriente

[…] In che posizione ha partorito?

[…] Si è mai lacerata? Le sono stati praticati tagli per far fuoriuscire il bambino?22.

Mentre è facile comprendere il grado di difficoltà che potevano riscontrare gli studenti nel porre questo genere di domande, che infatti non si ritrovano in tutte le interviste23, il blocco dedicato alla gravidanza e al puerperio garantì alle intervistate una tale tranquillità che portò alla maggiore disponibilità verso i racconti personali:

Come ha reagito alla prima gravidanza? Sentiva orgoglio, vergogna, si sentiva più bella, meno bella agli occhi del marito, degli altri? Si diceva che la gravidanza imbellisse o imbruttisse, rendesse più desiderabili o meno desiderabili?

[…] Com’è che si è accorta di essere incinta, a chi lo ha confidato per primo?

[…] Le sono stati dati consigli particolari sull’alimentazione in gravidanza?

[…] Si è attenuta alle consuetudini vigenti nel paese nella scelta dei nomi da dare ai bambini e nella scelta dei padrini?

Il complesso delle consuetudini relative al parto e al puerperio variava a seconda della condizione economica della donna (ad es. prescrizioni alimentari, tipo di assistenza, misure igieniche, divieti di uscire di casa, ecc.) e a seconda che si partorisse un figlio legittimo o illegittimo?24.

Il rapporto instaurato dalle levatrici con le ostetriche e i medici fu al centro delle dodici domande pensate per le empiriche25. Il “problemario” alle ostetriche, invece, fu impostato su trentasette quesiti: si entrava nel dettaglio dell’attività professionale dal periodo di formazione fino ai parti ospedalizzati e si indagava anche la sfera della sessualità, dell’aborto, delle credenze e delle superstizioni. In merito a queste ultime, ad esempio:

Chi si occupava della placenta una volta espulsa, come veniva eliminata? Vi erano, nelle sedi in cui ha esercitato, delle consuetudini e delle credenze particolari in proposito?
[…] L’informatrice si è imbattuta in convinzioni o consuetudini delle partorienti o delle persone che l’assistevano che lei valutava come superstiziose o inopportune o nocive? Come reagiva? Risposte alle sue reazioni26.

Ai medici, oltre alle domande sulla scelta della professione, furono richieste le tappe della carriera, la collaborazione con empiriche ed ostetriche. Fu dato largo spazio a temi delicati quali controllo delle nascite, aborti, incesti, stupri e violenze sessuali:

Erano frequenti i raschiamenti a domicilio per aborto?
[…] Le è capitato di effettuare visite per incesti, stupri, violenze sessuali avvenuti nelle sedi in cui ha esercitato? Se ciò fosse accaduto: le donne rimaste incinte per incesti e stupri hanno portato a termine la gravidanza, hanno allevato il figlio o lo hanno abbandonato?
[…] Prima della legalizzazione dell’aborto si sono mai rivolte all’informatore donne che volevano abortire? Se ciò è accaduto: condizioni, situazioni di queste donne. Sue reazioni, suoi discorsi.
Sapeva di medici, ostetriche, levatrici empiriche o altre figure che nelle sedi in cui ha esercitato praticassero clandestinamente l’aborto? Ha votato a favore o contro la legge sul divorzio, a favore o contro la legge sull’aborto? L’informatore è credente?
[…] La donna, la sessualità, il rapporto con l’uomo ieri e oggi: la condizione sessuale della donna è cambiata? Principali cambiamenti secondo l’informatore, sue valutazioni27.

Quello che rende questo archivio sonoro un unicum in merito alla riproduzione, al parto e, più in generale, alla maternità28 è certamente l’approccio alle tematiche attraverso una dimensione di indagine molto personale, che richiedeva straordinarie doti empatiche da parte dei rilevatori. Le interviste biografiche, infatti, permettevano di «indagare sui giudizi, valori, convinzioni e ricordi femminili della propria esperienza sessuale (la prima mestruazione, rapporti sessuali, concepimenti, aborti, parti, menopausa), dal cui studio si possono rilevare, oltre che le caratteristiche umane e personali, gli orientamenti culturali della società di cui le informatrici fanno parte»29.

2. Voci di donne: madri, levatrici, ostetriche

L’Asdalo è indubbiamente un archivio di donne. La rappresentanza femminile, tra intervistate e rilevatori, supera l’85% del totale. Le testimonianze si possono suddividere in due grossi blocchi: il primo fornito dall’argomento dei corsi monografici tenuti dalla docente e il secondo dalle tesi di laurea assegnate.

All’interno del primo raggruppamento troviamo la maggior parte dei lavori condotti dagli studenti.

Le voci maschili30 si orientarono principalmente verso i temi del carnevale, della medicina popolare, dei racconti di vita e, come si evince dal questionario illustrato in precedenza, della professione di medici ginecologi.

Delle trentasei tesi di laurea che la Orrù seguì durante i suoi anni di insegnamento, quattordici furono incentrate sul tema del parto e della maternità31 e nove sulla medicina popolare32, quasi tutte realizzate da studentesse. Solamente un laureando su cinque affrontò il tema della medicina popolare, mentre gli altri colleghi preferirono trattare tematiche differenti33. Viste la natura delle domande elaborate per la ricerca sul campo, la necessità di acquisire conoscenze sulla fisiologia e patologia del parto34 e la possibile reticenza delle intervistate a dialogare con giovani universitari, gli uomini si trovarono in una condizione svantaggiata per portare a termine una inchiesta di questo tipo. Non si trattava solamente di una ricerca teorica ma dell’indagine nella sfera più intima delle donne e in aspetti privati che potevano creare imbarazzo sia nel rilevatore che nell’informatrice. Alcune donne, infatti, riuscirono a confidare gli aspetti più riservati delle proprie esperienze a microfono spento35.

Le comunità di riferimento giocarono un ruolo fondamentale nella costruzione del rapporto di fiducia tra le due parti; le piccole realtà della Sardegna centrale e sud-occidentale, dove l’arrivo delle ostetriche portò un notevole cambiamento nella gestione dell’assistenza, presentavano le caratteristiche ideali per ottenere un campione variegato.

La volontà di indagare sulla riproduzione come aspetto dell’organizzazione sociale della sessualità e come lavoro e sulle condizioni della gestione del parto prima e dopo l’ospedalizzazione trovò nella fine delle condotte, sancita dalla legge 883/1981, una netta cesura. Mentre il lavoro dell’empirica fu visto come un lavoro artigiano, pagato inizialmente in natura e solo più tardi in denaro o con lo scambio di prestazioni, il cosiddetto aggiudu torrau; ai medici e ostetriche fu sempre riconosciuta una professione da pagare in denaro36. Il processo di penetrazione delle ostetriche avviato negli anni Trenta del Novecento, un secolo dopo quello dei medici, mise in evidenza le differenze dei rapporti con le empiriche. Queste ultime, infatti, godettero di un grande rispetto e i medici venivano chiamati solamente in caso di manifestazioni patologiche: «Le donne partorivano nella propria abitazione, per terra, su una stuoia, assistite da levatrici empiriche, con la presenza di altre donne parenti (madre, sorelle, zie, a volte il marito) amiche o vicine di casa»37. L’ostetrica, avendo una preparazione teorica e pratica, poteva affrontare sia il parto fisiologico che quello patologico, mettendosi in netta concorrenza con le figure professionali conosciute nel territorio; le stesse partorienti mostrarono ostilità alle novità imposte da queste donne. Per le ostetriche provenienti dal continente, inoltre, il problema della lingua minò ulteriormente la credibilità, non le fece completamente apprezzare e sancì, di fatto, la convivenza con le empiriche:

S’imbocca la strada della tolleranza, e le ostetriche finiscono così per trovar comoda la presenza delle empiriche. Poiché ufficialmente la responsabilità dell’assistenza ai parti è dell’ostetrica, ed è lei che compare come assistente al parto anche quando in realtà questo è stato seguito dall’empirica, l’ostetrica senza perdere in autorità e guadagno, si trova ad essere alleggerita di parte del lavoro, in tempi in cui in condotta ve ne poteva essere moltissimo. Si può arrivare ad una divisione del lavoro e a patti espliciti, come si è registrato nel Sulcis-Iglesiente, dove l’ostetrica serve un certo tipo di clientela, l’empirica un altro e vediamo la prima “ricompensare” la seconda perché la solleva dall’assistenza di quelle donne, povere tra le povere, che partoriscono in ambienti di grande miseria e sporcizia38.

Ulteriore aggravio per l’accettazione di queste figure professionali all’interno delle comunità fu la malevola convinzione che, essendo formate sulla riproduzione, molto spesso nubili e senza figli, queste donne fossero sessualmente esperte e maggiormente disponibili a rapporti occasionali, slegati da vincoli affettivi. Questo portò a pettegolezzi, a situazioni ambigue e talvolta pericolose39.

La scelta delle informatrici da intervistare fu perciò fondamentale per riuscire a scandagliare in profondità il tessuto sociale di un territorio. La selezione delle donne avvenne ovviamente sulla base della disponibilità al dialogo ma anche sul numero di figli avuti – che poteva portare a esperienze di parto differenti –, sullo status sociale e sull’inserimento nella comunità. Infine, la tendenza a voler dare una migliore immagine di sé40 – palesemente sancita anche dallo sforzo di parlare in italiano e non in dialetto41 – fu un ulteriore elemento da tenere in considerazione per ottenere testimonianze quanto più “vere”.

La scelta delle informatrici si è rivelata strettamente connessa a quella del territorio: una volta individuata l’area di indagine, spesso sono queste stesse a far riferimento ad altri potenziali informatori con cui hanno collaborato, che hanno assistito o da cui sono state assistite; la corrispondenza tra gli informatori e il territorio in cui operano favorisce una ricostruzione fedele della realtà indagata, nonché la presenza di un unico filo conduttore per l’intero lavoro di ricerca. Altro requisito fondamentale, nella scelta degli informatori, è chiaramente la loro piena disponibilità al dialogo: una buona interazione è possibile solo nel caso in cui l’informatore abbia compreso l’utilità del lavoro d’inchiesta e si appassioni nella trasmissione delle proprie conoscenze42.

3. Il ruolo degli uomini

Sullo sfondo di questo mondo femminile, troviamo gli uomini: da un lato medici, figure rispettabili e rispettate che intervenivano nei casi di parto più complessi; dall’altro, invece, i mariti delle intervistate. Su questi ultimi mi vorrei soffermare per alcune considerazioni finali.

Nei racconti delle donne, l’immagine che viene restituita degli uomini non è assolutamente edificante: figure molto spesso assenti, dedite solamente al lavoro, poco addentro agli aspetti della vita familiare. Non partecipavano al parto e alle scelte di allattamento, svezzamento e crescita dei neonati; talvolta, erano completamente disinteressati ad avere o meno dei figli43. Il loro ruolo “ufficiale” era quello di andare a chiamare l’ostetrica quando la moglie era in procinto di partorire.

La possibilità di far rimanere incinta la propria moglie – magari con alle spalle già numerose gravidanze – non era un ostacolo o un deterrente abbastanza forte ai propri istinti e pulsioni sessuali. Il sesso, infatti, veniva vissuto dalle mogli come una imposizione, un obbligo sancito dal vincolo matrimoniale, al quale non si sottraevano. Non esistevano contraccettivi o una pianificazione delle nascite, così le ostetriche, «in lotta contro ignoranza e barbarie»44, aiutavano le donne che non desideravano più figli con uno stratagemma tanto rude quanto efficace: obbligavano i mariti ad assistere al parto.

I: Io le dicevo “Venga qui che vede come soffre una donna”, che…alle volte certi mariti sono sgarbati con le mogli e io nelle case vedevo certe donne soffrire! (R: Uhm) E le dicevo “Te lo metto a posto io quello lì quando partorisce la moglie lui” (R: ride), addirittura qualcuno è venuto e s’è fuiu (è scappato)!

R: Oh addirittura?

I: Eh… per eh ma a me mi ha fatto piacere perché poi quando alla fine tutti assieme abbiamo preso il caffè, abbiamo fatto la festa, io poi so come conquistarlo, allora gli ho chiesto “Beh signore, come si fa a mettere al mondo un figlio, non è come quando l’ha fatto (R: Ah) lei no! Quando l’ha fatto lei ci è goduto…ma quando la moglie lo m…lo mette al mondo lo vede?” “Signora Barbara…non mindi kistioni prusu! (non me ne parli più) (R: ride) Ho visto, ho visto.” Proprio…io li…e come eh?! Libera e aperta eh?!

R: Certo ha fatto bene.

I: Quando vedevo la persona che poteva assimilare se incontro uno stupido no… (R: non c’è…) E quelli che dice “Eh…parturinti i brebeisi, parturinti kus…” (partoriscono le pecore, partoriscono que…) certe risposte che non fanno…allora io quello lo lascio perdere…45

I mariti delle ostetriche, invece, seppur soddisfatti delle donne, risultarono insoddisfatti degli aspetti professionali e, di conseguenze, alcune relazioni subirono pesanti ripercussioni46:

Mio marito lo dice sem… “Io tornando indietro ti avrei sposato come donna ma come ostetrica no” […] E, suo…miei figli lo stesso “E mamma tu non c’eri mai a casa, per carità”. E miei figli era la stessa cosa. “Figli miei, era il mio lavoro, cosa potevo fare? Era un posto così e basta, eh”. Non era solo per me allora era per tutte le ostetriche condotte. Era un sacrificio generale. […] Chi aveva tanto lavoro no eh, a casa non c’era mai47.

Immagini di un tempo lontano che, alla luce delle recenti notizie di cronaca48, forse non sono poi così distanti da una spaventosa realtà dove le donne sono ancora oggi assoggettate al potere e alla volontà maschile, spersonalizzate e private della libertà di scelta. Un mondo che Luisa Orrù ha provato a raccontare e a cambiare attraverso la voce di donne forti ed emancipate.


Note

1 Archivio Sonoro Demo-Antropologico Luisa Orrù (Asdalo), https://people.unica.it/archiviosonoroluisaorru/archivio/, ultima consultazione di tutti i link: 14 novembre 2023.

2 Per la biografia completa di Luisa Orrù si rimanda al paragrafo 1 del contributo Eleonora Todde, Valeria Zedda, L’archivio sonoro demo-antropologico Luisa Orrù tra conservazione, descrizione e accessibilità, in Laura Giambastiani (a cura di), Gli archivi e la memoria, Lucca, Civita Editoriale, 2021, pp. 63-91.

3 Materiali per lo studio del Carnevale in Sardegna. Saggio di repertorio delle voci organizzazioni e balli, in “BRADS”, 1977-1978, n. 8, pp. 33-60; Luisa Orrù, Materiali per lo studio del Carnevale in Sardegna. Saggio di repertorio della voce denominazioni, in “Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari”, 1980-1981, 4/40, pp. 375-411; Ead., Materiali per lo studio del Carnevale in Sardegna. Saggio di repertorio della voce personificazioni, in “BRADS”, 1981, n. 10, pp. 5-37; Ead., Materiali per lo studio del Carnevale in Sardegna. Saggio di repertorio della voce maschere, in “BRADS”, 1982-1983, n. 11, pp. 41-84; Ead., Materiali per lo studio del Carnevale in Sardegna. Saggio di repertorio della voce questue e doni, in “Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari”, 1982-1983, 4/51, pp. 41-84.

4 Gruppo di ricerca dell’Istituto Sardo per la Storia della Resistenza e dell’Autonomia.

5 Luisa Orrù, Le piante nella tradizione terapeutica popolare della Sardegna sud-occidentale, in “BRADS”, 1993, n. 15, pp. 73-90.

6 Luisa Orrù, Stato della documentazione e prospettive di ricerca sul ciclo riproduttivo in Sardegna, in “BRADS”, 1984-1986, n. 12-13, pp. 17-37; Ead., Ciclo riproduttivo e parto in Sardegna: aspetti e problemi, in Calogero Valenti, Gianfranco Tore (a cura di), Sanità e Società. Sicilia e Sardegna. Secoli XVI-XX, Udine, Casamassima, 1988, pp. 404-416; Ead., Immaginario e ciclo riproduttivo in Sardegna. Voglie, mostri, streghe, in Giovanna Cerina et al. (a cura di), Metamorfosi, mostri, labirinti. Atti del Seminario di Cagliari (22-24 gennaio 1990), Roma, Bulzoni, 1991, pp. 139-169; Luisa Orrù, Fulvia Putzolu (a cura di), Il parto e la nascita in Sardegna. Tradizione Medicalizzazione Ospedalizzazione, Cagliari, CUEC, 1994.

7 Verbale del 13 febbraio 1995, in Archivio Storico dell’Università di Cagliari, Fondo Università degli Studi di Cagliari, Serie omogenee, serie Verbali del Consiglio della Facoltà di Lettere e Filosofia dal 13/07/1994 al 13/07/1995, p. 96.

8 Annarita Perra, Documenti orali sul ciclo riproduttivo in Sardegna. Gravidanza e parto, tesi di laurea in Lettere moderne, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Cagliari, a.a. 1994-95, p. 1.

9 I materiali audio di quei progetti sono oggi conservati nell’Istituto Sardo per la Storia della Resistenza e dell’Autonomia di Cagliari e nel Laboratorio di Filosofia e Scienze Sociali dell’Università di Siena. Alessandro Andreini, Pietro Clemente, I custodi delle voci. Archivi orali in Toscana: primo censimento, Firenze, Tipografia Regionale, 2007, pp. 256-258.

10 La scheda di valutazione proposta da Pietro Clemente prevedeva l’annotazione dell’unità di rilevazione (UR), dell’unità sonora originale (USO), dell’apparecchiatura e della qualità sonora, del metodo di produzione e del contenuto delle rilevazioni, della presenza di trascrizioni, della proprietà e della pubblicità del materiale. In particolare, le metodologie utilizzare erano il dialogo informativo libero (senza questionario, con questionario rigido o semilibero), la testimonianza e i materiali orali formalizzati. Cfr. Pietro Clemente, Proposta per una Scheda di Descrizione di Archivio Sonoro (SDAS), in “Fonti Orali. Studi e Ricerche”, 1981, I, pp. 27-30; Luisa Orrù, Produzione e archiviazione di documenti orali sul ciclo riproduttivo in Sardegna, in Orrù, Putzolu (a cura di), Il parto e la nascita in Sardegna, cit., p. 302.

11 Paola Atzeni et al., L’Archivio Sonoro dell’Istituto di Discipline Socio-antropologiche della Facoltà di Magistero a Cagliari, in “Fonti orali. Studi e ricerche”, 1982, a. II, n. 2, p. 242.

12 L’intervista non seguiva delle domande preparate in precedenza ma si sviluppava spontaneamente sulla base del rapporto che si veniva a creare tra la Orrù e i suoi interlocutori.

13 Antonio Mario Cirese, Cultura egemonica e culture subalterne, Palermo, Palumbo Editore, 1978, p. 257.

14 Todde, Zedda, L’archivio sonoro demo-antropologico Luisa Orrù, cit., Appendice I-IV, pp. 82-86.

15 Orrù, Produzione e archiviazione di documenti orali, cit., p. 259.

16 La Orrù stabilì la metodologia per effettuare le trascrizioni e le traduzioni delle interviste. Ad esempio, nella prima riga di ciascun elaborato si segnalava il numero di UR e di USO e la conclusione del lato A o B veniva riportato tra parentesi tonde. Ivi, pp. 254-258.

17 24 UR sono state rilevate da Luisa Orrù tra il 1979 e il 1985, precedentemente alla nascita dell’archivio della cattedra.

18 Orrù, Produzione e archiviazione di documenti orali, cit., p. 243.

19 Paola Lavra, Contributo allo studio del parto e del ciclo riproduttivo. Inchiesta in cinque località della provincia di Nuoro, tesi di laurea in Lettere, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Cagliari, a.a. 1996-97, p. 4.

20 «Le parole chiave relative ai momenti fondamentali del ciclo riproduttivo e del parto intesi come fenomeni bio-sociali sono: Aborto, Allattamento, Concepimenti, Controllo Nascite, Gravidanza, Menopausa, Mestruazioni, Nascita, Parto, Puerperio, Sessualità Sterilità». Cfr. Perra, Documenti orali sul ciclo riproduttivo in Sardegna, cit., p. 11.

21 Orrù, Produzione e archiviazione di documenti orali, cit., pp. 261, 274-275.

22 Ivi, pp. 265-266.

23 Una delle capacità richiesta alle rilevatrici era quella di capire la disponibilità dell’informatrice a rispondere a queste domande. Solitamente l’interlocuzione iniziale, senza registratore, permetteva di verificare fin dove ci si poteva spingere nella sfera privata. Il sesso e l’aborto risultavano essere i temi più spinosi: il primo perché mostrava un completo assoggettamento delle donne nei confronti delle esigenze sessuali del marito; il secondo perché l’aborto era illegale ma comunque praticato, pertanto celavano la pratica clandestina dietro la motivazione della involontarietà.

24 Orrù, Produzione e archiviazione di documenti orali, cit., pp. 261, 269-270.

25 «Si sono avvicendati nel paese diverse ostetriche, diversi medici? […] Perché, esercitando un’ostetrica nel paese o nelle vicinanze, le donne ricorrevano all’assistenza dell’informatrice o di altre empiriche? […] Le ostetriche e i medici che hanno lavorato in paese sapevano della sua attività? […] Ha avuto modo di osservare qualche ostetrica nel suo lavoro? In cosa si distingueva l’assistenza che prestava l’informatrice quanto ad azioni sulla, ed interazioni con la partoriente e il suo gruppo, rispetto a quella che prestava l’ostetrica». Ivi, pp. 278-279.

26 Ivi, p. 282.

27 Ivi, pp. 289-290.

28 Gli argomenti trattati furono indicizzati dalla Orrù nel seguente modo: riproduzione; riproduzione biografie ostetriche; riproduzione biografie empiriche; riproduzione biografie mamme legittime; riproduzione biografie mamme illegittime; riproduzione biografie medici; riproduzione racconti parto; riproduzione credenze; riproduzione infanzia; riproduzione generico, non orientato su un tema particolare; riproduzione denominazioni.

29 Perra, Documenti orali sul ciclo riproduttivo in Sardegna, cit., p. 1.

30 Rilevatori: Bruno Furcas; Marcello Marras, Andrea Saba, Salvatore Piras, Antonangelo Liori, Graziano Fadda, Efisio Mereu, Alessandro Cabras, Iuri Nonnis, Claudio Zasso, Andrea Mameli, Alessandro Scanu, Nicola Pitzalis, Sandro Dessì, Enrico Lovino, Andrea Mameli, Carlo Pisano, Marco Sitzia, Graziano Fadda, Giammarco Erriu, Alfio Serra, Antonio Pintori, Andrea Ortu, Roberto Deidda, Roberto Serpi, Gianluca Setzu, Giorgio Siccardi, Paolo Meloni. Informatori: Vincenzo Dessì, Antonio Deplano, Bruno Scano, Antonio Meloni, Antonio Loi, Alaniolo Sale, Giuseppe Serra, Beniamino Schintu, Nicola Mureddu, Umberto Verachi, Giuseppe Serra, Pasquale Stara, Salvatorangelo Urraci, Fernando Scanu, Giuseppe Niola, Antonio Madau, Serafinangelo Medde, Pasquale Flore, Pietrino Vidili, Giovanni Masia, Pietro Medde, Filiberto Flore, Mauro Barranca, Mario Barranca, Giovanni Marras, Cogotzi Giovannino, Giovanni Carboni, Giovanni Michele Oppo, Michele Piras, Lussoriangelo Marras, Agostino Schirra, Peppino Pinna, Gesuino Marras, Onorato Manca, Salvatore Pinna, Angelino Demontis, Antonio Vincenzo Cubeddu, Tito Fanni, Benigno Cauli, Francesco Sanna, Antonio Lai, Giovanni Palmas, Costantino Galisai, Raimondo Laoddi, Giuseppe Serra, Pietro Chia, Giuseppe Muscas, Giovanni Antioco Sanna, Luigi Licheri, Onorato Manca, Salvatore Onnis, Salvatore Piroddi, Giuseppe Tinti, Pietro Tola, Pietro Trastu, […] Fortunato, Giuseppe Cambuli, Giovanni Salis, Benvenuto Sionis, Giuseppe Silanus, Salvatore Orrù, Antonio Garau, Emilio Peddis, Santino Porcu, Giuliano Testa, Umberto Guala, Antonio Esposito, Cesare Lobina, Maurizio Marci, Enrico Casti, Generoso Saiu, Eraldo Cuboni, Antonio Aresu, Salvatore Todde, Maurizio Mura, Angelo Stocchino, Severino Asuni, Pietro Betterelli, Francesco Medda, Lauro Pistis, Claudio Cuccu, Luigi Zucca, Vittorio Frau, Antonio Deiana, Alberto Cannas, Antioco Foddi, Giuseppe Zurru, Giovanni Floris, Pierino Loi, Salvatore Caria, Antonio Luigi Salis, Antonio Meleddu, Giuseppe Cambuli, Luigi Farina, Pietro Paolo Mele, Albino Pinna, Antonio Boi, Ugo Urpis, Elia Sanna, Giuseppe Cucca, Beniamino Tascedda, Paolo Aresu, Stefano Saba, Giovanni Faedda, Severino Marongiu, Alfio Serra, Luigino Cottogno, Francesco Deiana, Modesto Podda, Basilio Asoni, Emilio Pittau, Piero Cossu, Mario Saba, Giovanni Melis, Paolo Saba, Dante Mura, Pietro Sais, Gian Luigi Murroni, Giovanni Floris, Salvatore Locci, Antonio Balloi, Fernando Pinna, Antonio Pintore, Carmelo Pisano, Basilio Fais, Antonello Concas, Vito Tocco, Ciriaco Gioi, Giovanni Loi, Giovanni Frongia, Mauro Carta, Giovanni Barracca, Pietro Angelo Fenu, Pietro Frongia, Mauro Paolo Fenu, Gianni Secci, Francesco Frongia, Giuseppe Diana, Mario Carta, Basilio Casula, Lidio Faggiani, Dino Diana, Mariano Porcu, Antonio Saba, Giuseppe Gioi, Antonio Francesco Solinas, Giorgio Curreli, Raimondo Pau, Giancarlo Littarru, Carlo Frau, Michele Nonne, Ermanno Salis, Giuseppe Murru, Luigi Pintori, Emilio Vargiu, Daniele Carrus, Pietro Chessa, Vincenzo Degogliu, Gaetano Macis, Giovannatonio Figus, Salvatore Meloni, Antonio Deidda, Gerolamo Cocco, Ignazio Collu, Ignazio Perra, Salvatore Angius.

31 Rosalba Mocci, Medicalizzazione e ospedalizzazione del parto a Oristano, a.a. 1989-90; Anna Maria Manca, Contributo allo studio del parto e del ciclo riproduttivo. Inchiesta a Cabras, a.a. 1990-91; Maria Teresa Paba, Il controllo delle donne. Sessualità Riproduzione Ritualità in una comunità tradizionale, a.a. 1990-91; Maria Caterina Farci, Quarant’anni di lavoro in una condotta ostetrica. Il caso di Pirri, a.a. 1992-93; Lorena Spanu, Contributo allo studio del parto e del ciclo riproduttivo in Sardegna. Inchiesta a Terralba, a.a. 1993-94; Grazia Loi, Il parto a Ussassai. Credenze e pratiche tradizionali, a.a. 1994-95; Simonetta Loi, Documenti orali sul ciclo riproduttivo in Sardegna. Puerperio, allattamento e cura del bambino, a.a. 1994-95; Annarita Perra, Documenti orali e ciclo riproduttivo in Sardegna. Gravidanza e allattamento, a.a. 1994-95; Rossana Rundini, Archivio privato di un’ostetrica. Trent’anni di assistenza al parto a Monserrato a.a. 1994-95; Ornella Tocco, L’assistenza medica e ostetrica a Samatzai, 1994-95; Rossella Bernardone, Testimonianze biografiche sul ciclo riproduttivo a Cagliari, a.a. 1996-97; Paola Lavra, Contributo allo studio del parto e del ciclo riproduttivo. Inchiesta in cinque località della provincia di Nuoro, a.a. 1996-97; Paola Sanna, Contributo allo studio del parto e del ciclo riproduttivo in Sardegna. Indagine nel Sulcis, a.a. 1996-97; Stefania Cuttaia, Contributo allo studio del parto e del ciclo riproduttivo in Sardegna. Ordinamento di materiali biografici orali, a.a. 1997-98.

32 Anna Luigia Moica, Quarant’anni di lavoro in una condotta ostetrica. Il caso di Pirri, a.a. 1992-93; Gianfranca Tedde, Materiali per lo studio della medicina popolare in Sardegna. Repertorio dei dati dell’archivio A. D. S., a.a. 1993-94; Elena Beatrice Zuddas, Contributo allo studio della medicina popolare in Sardegna. Indagine a Sadali, a.a. 1993-94; Patrizia Giorri, Contributo allo studio della medicina popolare in Sardegna. Inchiesta a Villacidro, a.a. 1994-95; Antonia Pittau, Contributo allo studio della medicina popolare in Sardegna. Inchiesta a Gonnosfanadiga, a.a. 1994-95; Sofia Daniela Murgia, Contributo allo studio della medicina popolare in Sardegna. Inchiesta a Nurallao, a.a 1995-96; Adele Piras, Concezioni e pratiche di igiene e medicina popolare in Ogliastra, a.a. 1996-97; Micaela Schietroma, Contributo allo studio della medicina popolare in Sardegna. Indagine a Barisardo, a.a. 1996-97; Alfio Serra, Contributo allo studio della medicina popolare in Sardegna. Indagine a Loceri, a.a. 1996-97.

33 Marcello Marras, Il Carnevale ad Aidomaggiore e a Ghilarza, a.a. 1993-94; Giuseppe Bandinu, La questione della lingua come questione antropologica, a.a. 1994-95; Sandro Muscas, Il problema antropologico del tempo, a.a. 1994-95; Graziano Fadda, Documenti biografici orali. Indagine a Nuoro, 1995-96.

34 Le bibliografie delle tesi di laurea riportano testi di natura medica che fornivano le basi per comprendere le procedure praticate, la strumentazione utilizzata, le tecniche sperimentate.

35 Lorena Spanu, Contributo allo Studio del Parto e del Ciclo riproduttivo. Inchiesta a Terralba, tesi di laurea in Lettere, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Cagliari, a.a. 1993-94, p. 23.

36 «Se la partoriente è in miseria, l’empirica si sente moralmente obbligata non solo all’assistenza gratuita ma al dono di cibi e panni “per carità”. A medici, ostetriche, medicine è, invece, generalmente associata l’idea del pagamento in denaro». Cfr. Luisa Orrù, Ciclo riproduttivo e parto in Sardegna: aspetti e problemi, in Calogero Valenti, Gianfranco Tore (a cura di), Sanità e Società. Sicilia e Sardegna. Secoli XVI-XX, Udine, Casamassima, 1988, p. 407.

37 Grazia Loi, Il parto a Ussassai. Credenze e pratiche tradizionali, tesi di laurea in Lettere, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Cagliari, a.a. 1994-95, p. 110.

38 Orrù, Ciclo riproduttivo e parto in Sardegna, cit., p. 412.

39 L’accusa, rivelatasi in seguito falsa, di aver praticato un aborto illegale aveva portato in galera una ostetrica. Le voci di paese insinuarono che la segnalazione partì dalla moglie del medico, gelosa di un possibile tradimento del marito con l’ostetrica.

40 Spanu, Contributo allo Studio del Parto e del Ciclo riproduttivo, cit., p. 31.

41 Ivi, p. 36.

42 Lavra, Contributo allo studio del parto e del ciclo riproduttivo, cit., p. 9.

43 «R: Quanti figli avresti voluto avere? I: Uhm mi sono bastati questi. […] R: Eh…e zio, lui quanti ne avrebbe voluti? I: Non glien’è importato nulla». Cfr. Spanu, Contributo allo Studio del Parto e del Ciclo riproduttivo, cit., Allegato 1, p. 31.

44 Orrù, Ciclo riproduttivo e parto in Sardegna, cit., p. 413.

45 Spanu, Contributo allo Studio del Parto e del Ciclo riproduttivo, cit., Allegato 8, p. 27.

46 «Seconda, che si sposò essendo già ostetrica, evidenzia come la sua professione le creò tanti problemi col marito, e si mostra dubbiosa su ciò che sarebbe potuto accadere se lui non fosse morto ancora tanto giovane». Cfr. Paola Sanna, Contributo allo studio del parto e del ciclo riproduttivo in Sardegna. Indagine nel Sulcis, tesi di laurea in Lettere, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Cagliari, a.a. 1996-97, p. 67.

47 Ibid.

48 Nell’ultima settimana si conta la vittima n. 105 di omicidio femminile per mano di mariti, fidanzati, familiari. Nello specifico, si tratta di un caso di cronaca dove una giovane ragazza è stata uccisa dall’ex fidanzato a pochi giorni dalla sua laurea, traguardo che lui pretendeva di raggiungere insieme.