In apertura: La stanza di Elsa (Biblioteca nazionale centrale di Roma, Museo Spazi900).
Bastano pochi versi per tratteggiare la figura di una delle protagoniste centrali del mondo culturale italiano del Novecento:
[…] nacqui nell’ora amaradel meriggio, nel segno del Leone,
un giorno di festa cristiana.
Fui semplice ragazza,
madrina a me stessa fu una gatta,
e alla conquista partii d’un dolce cuore1.
Si tratta della poesia Avventura di Elsa Morante, raccolta in Alibi del 1958.
Una personalità vivace, acuta, poliedrica, complessa, rigorosa, quale è quella di Morante, non poteva non aver chiaro anche il destino del suo materiale di scrittura: un’eredità letteraria tra le più significative e peculiari del Novecento proprio per la sua organicità e unitarietà – caso non frequente per un autore del XX secolo –, tra carte, libri, oggetti, opere d’arte e arredi, che permettono di entrare nel laboratorio della scrittrice e di ripercorrere attentamente le varie fasi del percorso biografico e letterario.
Infatti proprio Morante espresse la volontà che le sue carte fossero donate alla Biblioteca nazionale di Roma per inserirsi in un progetto più vasto di conservazione della memoria letteraria contemporanea che l’Istituto stava cercando di avviare grazie alla lungimiranza di un direttore “illuminato” quale fu Emidio Cerulli e a quella dei suoi più stretti collaboratori, tra i quali la bibliotecaria Cecilia Cattaneo2. Il direttore della Biblioteca, che stava vivendo un momento storico fondamentale – il trasferimento nella nuova sede del Castro Pretorio –, decise di portare avanti, a partire dal 1969, l’ambizioso progetto di creare un archivio della letteratura italiana contemporanea con la ferma consapevolezza che spettasse alla più importante struttura bibliografica nazionale la conservazione e lo studio del patrimonio archivistico e librario coevo. Cerulli scrisse così anche a Elsa Morante il 2 febbraio 1970: «la mia collega Cecilia Cattaneo che ha avuto occasione di incontrarLa recentemente, mi ha informato che lei sarebbe disposta a donare o a depositare presso questa Biblioteca Nazionale Centrale autografi di Suoi scritti (prime stesure o stesure definitive; abbozzi; appunti) o carteggi o quant’altro costituisca, a Suo giudizio, testimonianza e documento della Sua attività di scrittrice»3.
Se il progetto non è destinato a realizzarsi in vita, spetterà agli eredi dar seguito alla sua volontà.
Grazie a Carlo Cecchi venne messo in salvo tutto il materiale – carte, libri, dischi, quadri, arredi, oggetti –, conservato nell’abitazione romana di via dell’Oca 27, presto venduta, materiale che fu trasferito in una casa a Campagnano alle porte della capitale:
Dopo la morte di Elsa, Moravia premeva perché io, uno degli eredi, liberassi al più presto la casa di Via dell’Oca. In quella casa Elsa aveva vissuto dal 1965 fino al giorno del suo ricovero in clinica, nell’aprile del 1983. […] La casa che Moravia reclamava con tanta insistenza era rimasta come Elsa l’aveva lasciata il giorno del suo ricovero. […] Con Moravia trovai un accordo: avrei sgomberato non appena fosse finita la tournée della mia compagnia. Così, subito dopo Pasqua del 1986, con Lucia e qualche amico che veniva ad aiutarci, cominciammo a preparare il trasloco vero e proprio4.
La prima donazione, avvenuta nel 1989 da parte degli eredi testamentari della scrittrice Carlo Cecchi, Lucia Mansi, Daniele Morante e Tonino Ricchezza, riguardò i manoscritti delle sue opere principali: Menzogna e sortilegio, L’isola di Arturo, Il mondo salvato dai ragazzini, La Storia, Aracoeli. I manoscritti vennero collocati nel Fondo Vittorio Emanuele della Biblioteca con segnature 1618-16225.
Da questo momento iniziò un lungo processo di donazione e vigile tutela dell’archivio, durato quasi trent’anni. Spetta di nuovo a Carlo Cecchi ricordare quel momento:
Qualche anno prima di ammalarsi Elsa aveva chiesto a Cesare Garboli di essere, con me, il suo esecutore testamentario.
Dei manoscritti il testamento di Elsa non faceva parola. Ma qualche anno prima di ammalarsi Elsa mi aveva parlato del suo desiderio che le sue carte, dopo la sua morte, fossero donate alla Biblioteca nazionale centrale di Roma. […] Così, una mattina di aprile del 1987, Cesare e io incontrammo l’allora direttrice della Biblioteca alla quale comunicammo la volontà degli eredi di donare le carte di Elsa Morante. Avremmo cominciato con i manoscritti e i dattiloscritti delle opere che Elsa aveva pubblicato.
Tutte le carte inedite, comprese le molte pagine del romanzo non finito Senza i conforti della religione, io le avrei portate di lì a poco a casa di Cesare a Vado di Camaiore. Cesare voleva esaminarle e studiarle ed è da quell’insieme di materiali che, negli anni, avrebbe pubblicato Diario del 38, Alibi con l’aggiunta dell’inedito Quaderno di Narciso, “Racconti dimenticati”6.
Nel 2007 furono donate alla Biblioteca le altre carte della scrittrice: scritti giovanili, racconti, romanzi editi e inediti, poesie, scritti critici ed etico-politici, traduzioni di testi, diari e altri documenti, documentazione critica. Il nuovo lascito, vista la sua organicità e varietà nelle tipologie documentarie, trovò la più pertinente collocazione non più nel Fondo generale dei manoscritti Vittorio Emanuele ma nel Fondo Archivi, Raccolte e Carteggi con la denominazione di Archivio Morante e la segnatura A.R.C.527. Si aggiunsero poi il Carteggio Morante, donato nel 2013 dopo la pubblicazione del volume L’amata a cura di Daniele Morante8, e nuove carte autografe nel 2016 relative soprattutto ai suoi racconti9.
Non sorprende questa modalità di procedere nella cessione delle carte. Proprio a proposito degli archivi letterari, come viene messo in evidenza nel volume curato da Simone Albonico e Niccolò Scaffai L’Autore e il suo Archivio, «ciò che spesso si verifica in occasione della cessione (donazione o vendita) dei fondi privati è una scelta preliminare, attuata prima della alienazione del fondo, tra i materiali considerati rilevanti e documentazione sentita come privata e non significativa […]. In particolare, negli archivi di personalità letterarie le carte sono state spesso sottoposte da parte degli eredi o di altri a una prima selezione che ha privilegiato la documentazione inerente all’opera letteraria»10. Dalle stesse parole di Carlo Cecchi si evince come venne privilegiata la documentazione inerente all’opera letteraria edita, quella licenziata dalla scrittrice, tralasciando gli inediti che invece giunsero in momenti successivi.
Tuttavia questo lungo processo di acquisizione è anche una spia dei tempi. Il fatto che dopo vent’anni sia giunta in Biblioteca la restante parte dell’archivio di Elsa Morante è anche lo specchio di come sia cambiata l’attenzione sugli scrittori, sulle loro carte ai fini dei conseguenti studi critici e della loro valorizzazione, e di come sia iniziato un interesse non solo verso l’attività strettamente letteraria dell’autore ma anche verso tutti quegli elementi che contribuiscono alla ricostruzione della sua biografia e dei rapporti intrattenuti dallo scrittore con il mondo culturale del tempo. Come sottolinea Myriam Trevisan nel volume Gli archivi letterari, «al riconoscimento attribuito agli archivi letterari concorre, nel corso del Novecento, il loro progressivo utilizzo nel processo di rilettura di autori e opere. Questa documentazione, per lungo tempo tendenzialmente trascurata e ritenuta troppo strettamente legata all’ambito privato, è stata presa gradualmente in considerazione dai critici»11. Si è di fronte a un graduale cambiamento d’approccio. Gli studi critici pongono sempre più attenzione alle carte non solo letterarie. Questo fondamentale passaggio e nuova consapevolezza hanno portato alla conservazione in biblioteca non più solo di manoscritti letterari, come è sempre stata la sua tradizione, ma di veri e propri archivi letterari, che rivelano tutta la ricchezza e varietà di tipologie documentarie e restituiscono un’immagine a tutto tondo dell’autore.
Grazie alla generosità e lungimiranza degli eredi, Carlo Cecchi e Daniele Morante, l’Archivio Morante, nella sua ricchezza ed eterogeneità di materiali, permette oggi di avere un ritratto a tutto tondo della scrittrice, a partire dalle prime prove fino alle ultime parole scritte prima di morire il 25 novembre 1985 a Roma, dove era nata il 18 agosto 1912. Senza dubbio la sedimentazione delle carte corrisponde a criteri individuali, sulla quale poi avvengono il più delle volte interventi di diversi soggetti12. Morante, come nello scrivere procedeva in modo estremamente rigoroso e scrupoloso, controllando ogni passaggio del processo di scrittura e di pubblicazione, sembra essere al tempo stesso ben consapevole dell’importanza che rivestono le carte, ricche di puntuali indicazioni autoriali, e della loro conservazione ai fini della conoscenza e dello studio della sua stessa opera, anche e soprattutto per i posteri. Spetta a Stefano Vitali sottolineare come si sia
fatta sempre più chiara la percezione dei significati implicati nei processi di sedimentazione e nelle scelte conservative che investono gli archivi personali. Si è per esempio colta con crescente lucidità la capacità che la loro composizione e struttura possiedono di filtrare determinate immagini del loro produttore e di illuminare molteplici e, talvolta, contraddittori aspetti della personalità: per esempio, di rivelare, grazie alla presenza/assenza o all’ordine/disordine di determinati documenti, la diversa rilevanza attribuita alle varie fasi della propria vita, alle attività esercitate, oppure alla vita professionale rispetto a quella privata, o, viceversa, al peso dei rapporti familiari e della rete delle relazioni amicali, professionali e più generalmente sociali13.
Ogni autore contribuisce anche con le carte a costruire “la propria autobiografia”, in questo caso in particolare la sua autobiografia letteraria. Non sorprende che, di fronte a una certa omogeneità di tipologie documentarie che caratterizzano un archivio letterario, la serie delle opere rimane il cuore pulsante dell’archivio stesso, quella più ricca di documentazione ma anche la più complessa da gestire.
La precocità della scrittura, come la volontà di essere scrittrice, è testimoniata da due quaderni scolastici, successivi con tutta probabilità al 1916, anno di nascita del fratello Marcello citato nel testo: si alternano componimenti in versi, filastrocche, un racconto e due dialoghi teatrali, accompagnati da disegni dell’autrice, alcuni colorati a pastello. Colpiscono soprattutto la copertina e il frontespizio del secondo quaderno dove rispettivamente compaiono il titolo Libro per la 3° classe. Il primo mio libro narra la storia di una bambola ed «ELSA MORANTE / Il mio primo / libro / Narra la storia di una bambola / L 2,10». Già nelle vesti di scrittrice, Morante indica autore, titolo e addirittura il prezzo del libro14.
Nel noto profilo biografico redatto, tra realtà e finzione, per il volume Ritratti su misura a cura di Elio Filippo Accrocca del 1960, Morante sottolinea la precocità della sua scrittura:
La sua (per così dire) attività letteraria è cominciata fino dalla sua primissima età. Fino all’età di quindici anni, ha scritto soltanto poesie e fiabe. Alcune di queste fiabe apparvero stampate su periodici già ai loro tempi. Una, Le avventure di Caterina, è stata pubblicata, postuma, dall’Editore Einaudi nel 1941; e ristampata dallo stesso editore nel 1959.
Dall’età di quindici anni in poi – abbandonate del tutto le fiabe e quasi del tutto le poesie – la scrittrice si è dedicata quasi esclusivamente all’arte del romanzo e del racconto. […]
Residenza abituale: Roma. Ha però viaggiato su tutti i continenti, specie in questi ultimi anni. Le città che predilige sono Roma, Venezia e New York. Il luogo che più ama in tutto il mondo è Piazza Navona.
Le popolazioni con cui va più d’accordo sono i Napoletani e gli Inglesi.
Le popolazioni con cui va meno d’accordo sono i Milanesi e i Francesi.
L’autore più amato è Mozart.
Le cose che più odia sono le dittature, il moralismo austero e la musica leggera.
Al mondo, più di tutto ama i bambini, il mare e i gatti15.
L’arte del romanzo e del racconto è destinata a diventare negli anni centrale. Morante iniziò a scrivere il suo primo romanzo prima della guerra, che la costrinse a interromperlo, alla fuga da Roma con Alberto Moravia dopo l’8 settembre 1943 e al loro rifugio vicino a Fondi, in Ciociaria. Moravia ricordò a Siciliano quel periodo che segnerà profondamente la loro vita ma anche la loro futura scrittura: «Ci siamo rimasti dalla fine di settembre fino al maggio successivo, sempre aspettando gli inglesi. È stata un’esperienza piuttosto bella: con tutte le paure che avevamo, quello fu uno dei momenti più felici della mia vita. Ero sposato da poco […] Elsa aveva già cominciato a scrivere Menzogna e Sortilegio, e aveva lasciato da Bragaglia, a Roma, il manoscritto»16. Finita la guerra, Morante riprese la scrittura del romanzo, che uscì presso Einaudi nel 1948, vincitore del Premio Viareggio: «Ero convinta che il romanzo, come lo si intendeva nell’Ottocento (per la verità la nozione di romanzo, per me, è molto più vasta: l’Iliade, e la Bhagavad-Gita sono dei romanzi) era in agonia. Allora, io ho voluto fare quello che per i poemi cavallereschi ha fatto Ariosto: scrivere l’ultimo e uccidere il genere. Io volevo scrivere l’ultimo romanzo possibile, l’ultimo romanzo della terra, e, naturalmente, anche il mio ultimo romanzo!»17.
La stesura del primo romanzo permette di entrare nel vivo del suo laboratorio di scrittura e di coglierne subito alcune peculiari specificità. Innanzitutto il supporto scrittorio scelto. Morante si mostra molto attenta nella scelta dei supporti scrittori, identici per la singola opera, mutati per ogni opera. La preferenza cade sempre sul quaderno. Per il primo romanzo viene utilizzato un quaderno di tipo scolastico, acquistato in una specifica libreria come emerge dall’etichetta spesso presente: «Cartoleria Zampini, via Frattina 43». Il romanzo venne scritto su 40 quaderni dello stesso formato, oltre a due cartelle di carte sciolte con materiali preparatori18.
I quaderni testimoniano una modalità di scrittura che caratterizzerà anche le opere successive. La scrittura prosegue nel recto della carta con diverse correzioni, mentre il verso della stessa viene lasciato bianco per accogliere successivi interventi in fase di revisione. Una parte importante per ricostruire la genesi dell’opera è rappresentata dai contropiatti di coperta e dalle carte di guardia, quegli spazi bianchi della pagina che diventano significativi contenitori di informazioni: nello specifico del primo romanzo sono carte ricche di prove di titoli, epigrafi, dediche, appunti, elenchi di parole, con anche versi e disegni. Proprio nel primo quaderno, nel contropiatto anteriore di coperta e nella carta di guardia, sono presenti numerosi, possibili titoli del romanzo, che tornano nel quaderno XVI.1, sempre nella stessa posizione, dove è presente anche quello definitivo, Menzogna e sortilegio, testimonianza di come la scelta del titolo non fosse chiara all’inizio della stesura del romanzo, ma arrivò solo alla fine. Si tratta di un complesso e lungo lavorio sulla stesura manoscritta, fatto di revisioni, spostamenti, riscritture. Quanto a un certo punto Morante avesse la necessità di concludere la scrittura, emerge dagli stessi quaderni. Nel contropiatto posteriore del quaderno XXXVI Elsa scrisse a sé stessa: «Lettera Aperta / Cara Elsa / siamo intesi: copiare il libro e poi: basta. Morire. Quel che ti resterebbe da fare dopo non sarebbe che mortificazione e scherno. Allora, promesso, eh?», firmata Elsa e datata Roma, 13 giugno 1947. Dal manoscritto il lavoro continua con la stesura dattiloscritta, anch’essa conservata.
Quando Morante iniziò a scrivere il suo secondo romanzo, L’isola di Arturo, con Moravia aveva lasciato la prima abitazione a via Sgambati per trasferirsi in un attico a via dell’Oca 27, nei pressi di piazza del Popolo, mentre era stato comprato anche uno studio per sé a via Archimede 161, ai Parioli, al quale si aggiunse successivamente quello a via del Babbuino 64. L’isola di Arturo uscì presso Einaudi nel 1957, con il romanzo Morante fu la prima scrittrice a vincere il Premio Strega. Nel risvolto di copertina si legge: «questo secondo romanzo – in cui l’autrice si nasconde dietro la persona di un ragazzo – racconta l’età fanciullesca, che precede la conoscenza del bene e del male, e l’esperienza della realtà. […] questo secondo romanzo vuole scrivere l’iniziazione di un fanciullo alla vita, nel passaggio attraverso tutti i suoi misteri».
Con il romanzo cambia il supporto scrittorio scelto. Abbandonato il quaderno scolastico di Menzogna e sortilegio, la preferenza cade su un supporto più grande: 16 quaderni formato album, il primo dei quali inizia con un episodio poi cassato, che rivela come l’io narrante sia un prigioniero in un campo di concentramento, e reca a conclusione la data «4 ottobre 1950»19. La scrittrice continuava a rivolgersi alla stessa cartoleria, come rivelano alcune etichette presenti nei contropiatti di coperta. Si ritrova il tipico procedere della scrittura morantiana nel recto della carta, in senso longitudinale, mentre il verso verrà utilizzato in un momento successivo per le correzioni. Al tempo stesso Morante tagliava ed estraeva dagli stessi quaderni pagine con stesure rifiutate, conservate nelle cartelle di carte sciolte insieme ad appunti, abbozzi, note, elenchi di parole, indici.
Appena un anno dopo venne data alle stampe per Longanesi la sua prima raccolta poetica, Alibi, sebbene la scrittura in versi l’avesse accompagnata sempre fin dai suoi esordi:
Solo chi ama conosce. Povero chi non ama!
Come a sguardi inconsacrati le ostie sante,
comuni e spoglie sono per lui le mille vite.
Solo a chi ama il Diverso accende i suoi splendori
e gli si apre la casa dei due misteri:
il mistero doloroso e il mistero gaudioso.
Io t’amo. Beato l’istante
che mi sono innamorata di te20.
Nuovamente versi e non solo caratterizzano la sua opera più complessa, Il mondo salvato dai ragazzini, scritta dopo l’improvvisa e tragica scomparsa nel 1962 di Bill Morrow, giovane pittore conosciuto nel 1959 a New York, con il quale Morante instaurò un’intensa amicizia e a cui sono dedicati i versi di Addio ad apertura del libro21: «Dal luogo illune del tuo silenzio / mi riscuote ogni giorno l’urlo del mattino. / O notte celeste senza resurrezione / perdonami se torno ancora a queste voci»22. Uscita da Einaudi nel 1968 con il dipinto di Bill Morrow Le sbarre quale immagine di copertina, l’opera viene così definita già nel manoscritto23, poi nella quarta di copertina: «È un manifesto / È un memoriale / È un saggio filosofico / È un romanzo / È un’autobiografia / È un dialogo / È una tragedia / È una commedia / È un documentario a colori / È un fumetto / È una chiave magica / È un testamento / È una poesia». La terza parte del libro si apre con la canzone popolare La canzone degli F.P. e degli I.M. in tre parti, nella quale viene spiegato chi sono i “ragazzini” del titolo, il “sale della terra”, i “veri rivoluzionari”:
?Che significa F.P.? Si tratta di un’abbreviazione
per Felici Pochi.
?E chi sono i Felici Pochi? Spiegarlo non è facile,
perché i Felici Pochi sono indescrivibili.
[…]
?E che significa I.M.? Si tratta, ovviamente, anche qui, d’una abbreviazione
per Infelici Molti.
?E chi sono gli Infelici Molti? Sono TUTTI
gli altri24.
Il supporto scrittorio scelto è ora un album da disegno a fogli mobili: si conservano 5 album da disegno, oltre a cartelle di carte sciolte, al dattiloscritto e alle bozze di stampa25.
Lo stesso supporto scrittorio era stato già utilizzato per la stesura del romanzo Senza i conforti della religione26, interrotta dopo la tragica morte di Bill Morrow, e non a caso sarà utilizzato anche per i primi quattro quaderni del futuro romanzo, La Storia, strettamente legati al romanzo rimasto incompiuto, che presentano tutti il titolo T.U.S., acronimo di “tutto uno scherzo”. Si comprende così anche l’importanza dello studio del supporto scrittorio quale elemento rilevante per datare le opere e gli inizi della loro stesura. Seguono 13 quaderni di grande formato, oltre alle cartelle di scarti, rifacimenti, alla stesura dattiloscritta, alle note per le bozze di stampe e ai paratesti27. I materiali de La Storia rappresentano un esempio significativo di come attraverso di essi, dal manoscritto all’edizione a stampa, si possa ricostruire la genesi dell’opera, caratteristica specifica proprio degli archivi letterari. Al tempo stesso gli archivi letterari permettono di ricostruire anche la fase successiva alla pubblicazione dell’opera attraverso paratesti modificati, esemplari di traduzioni, recensioni all’opera, il più delle volte ritagli di stampa importanti per ricostruirne la ricezione, ed esemplari a stampa con correzioni per una nuova edizione. Nel caso specifico del romanzo si conserva l’esemplare della prima edizione con note autografe di Morante nell’occhietto in vista di una nuova edizione: «per Nuova edizione / ved. correzione / a pag. 17 […]»28.
Anche in questo caso l’attenzione cade sugli spazi bianchi dei quaderni – il contropiatto di coperta, il verso della carta –, che lasciano maggiori tracce, rispetto alle altre opere, dello scrupoloso lavoro preparatorio per la scrittura del romanzo. In particolare quello che colpisce è la ricchezza di riferimenti bibliografici, testi di riferimento necessari come impianto di documentazione storica per scrivere un romanzo quale La Storia, uscito nel 1974 in edizione economica, destinato subito ad avere un enorme numero di lettori: «Col presente libro, io, nata in un punto di orrore definitivo (ossia nel nostro Secolo Ventesimo), ho voluto lasciare una testimonianza documentata della mia esperienza diretta, la Seconda Guerra Mondiale, esponendola come un campione estremo e sanguinoso dell’intero corpo storico millenario. Eccovi dunque la Storia, così come è fatta e come noi stessi abbiamo contribuito a farla»29.
Ecco allora che la biblioteca personale della scrittrice diviene punto di accesso fondamentale alle sue letture e in particolare alle fonti bibliografiche delle sue opere.
Se le carte avevano già fatto tutte ingresso in Nazionale nel 2007, ad eccezione di un piccolo nucleo successivo, con la biblioteca personale bisognerà attendere il 2015, donata insieme agli arredi, oggetti e opere d’arte, quindi dopo quasi un decennio dall’archivio. Non sorprende questo dato, è stato necessario sedimentare nel tempo, all’interno della letteratura professionale e non solo, il riconoscimento dell’importanza della conservazione e dello studio di quelle che sono state definite “biblioteche d’autore”: una riflessione importante, nuova, iniziata sul finire del secolo scorso e divenuta oggi matura30.
La biblioteca di Morante, la cui consistenza è di circa 4.000 volumi e 1.238 dischi, era conservata in diverse librerie dell’abitazione di via dell’Oca, trasferita dopo la vendita dell’appartamento in seguito alla sua morte da Carlo Cecchi a Campagnano31. I suoi libri testimoniano la vastità e varietà di interessi della scrittrice: la sezione più ampia è quella di letteratura italiana, ma ricche sono anche quelle di storia, filosofia, religione, musica e storia dell’arte32. Nel ripristinare un ordinamento il più possibile vicino a quello utilizzato da Morante, si è infatti scelta una collocazione per disciplina, secondo la classificazione decimale Dewey, e all’interno di ogni sezione un ordinamento alfabetico per autore. Testimonianze fotografiche della casa di via dell’Oca, quelle orali e documenti d’archivio restituiscono tracce di come la scrittrice avesse ordinato i suoi libri, facendo propendere per un ordinamento per materia. Un esempio evidente riguarda proprio i libri dedicati alla musica, presenti negli scaffali tra le due librerie fatte realizzare appositamente per conservare la sua collezione di dischi. Documenti importanti sono poi le rubriche dei libri e dei dischi, conservate nell’archivio. In particolare nella rubrica dei libri Morante elenca oltre 900 titoli in ordine alfabetico d’autore e soggetto, editi fino al 196533. La peculiarità è che assegna a ogni libro una sorta di vero e proprio “numero d’inventario”, che riporta non solo nella rubrica ma anche nel libro stesso, numero presente in diversi esemplari della sua biblioteca, prova della meticolosità e scrupolo anche nell’organizzazione e conservazione dei suoi libri, come per le carte. Inoltre è spesso presente, quale nota di possesso, la sua firma autografa, quasi sempre nella carta di guardia anteriore o nell’occhietto.
Fig. 1. Roma, BNC, Vitt.Em.1618/Quad.1.VIII, c. 39v.
La biblioteca permette prima di tutto di ricostruire le pratiche di lettura e la loro interazione con le pratiche di scrittura. La Storia rappresenta senza dubbio l’esempio più significativo dello stretto rapporto che intercorre tra i manoscritti e i libri di Elsa, non solo per gli evidenti rimandi e citazioni che arricchiscono le carte, come era già per Il mondo salvato dai ragazzini, ma anche perché la biblioteca personale documenta meglio soprattutto l’opera matura di Morante, meno la prima produzione, sebbene alcuni libri, come la Bibbia, l’abbiano seguita in tutto il suo percorso. In ogni trasferimento di abitazione qualcosa si perde, qualcosa volontariamente si lascia, qualcosa è destinato a rimanere tra i libri degli altri, tra i libri soprattutto di Alberto Moravia34.
Figg. 2-3. Roma, BNC, F.MOR.940.CORVS.1.
Morante lascia tracce vistose delle sue letture sui libri. Sottolineature, tratti verticali e note a margine, postille, crocette, asterischi, stelle di David, con l’uso di diversi media grafici come per i manoscritti, tra i quali il pennarello di diversi colori, si alternano a evidenti piegature del foglio.
Tra le diverse fonti utilizzate, da Giacomo Debenedetti, Renzo De Felice a Pino Levi Cavaglione, Nuto Revelli, si riportano ad esempio quelle citate nella carta 11v del Quaderno I: «Per le deportazioni dei bambini, e Drancy / ved. anche Sei milioni di / accusatori. Ed Einaudi / pag. 107-8 e sgg. / […] / v. Léon Poliakov / Il nazismo e lo / sterminio degli Ebrei / Ed. Einaudi / pag. 238 / pag. 265». In un’altra carta, del Quaderno VIII, si incontra la nota: «N.B. / Per la resistenza nelle / borgate (fra cui Pietralata) / ved. pure S. Corvisieri / “Bandiera rossa” a / pag. 50 e sgg (condizioni / civili delle borgate) / […]»35.
Se si prendono in mano quei libri, tutti presenti nella biblioteca della scrittrice, proprio all’altezza delle pagine citate sono presenti tracce di lettura: piegature del foglio per Sei milioni di accusatori; sottolineature, uno o due tratti verticali e crocetta a margine, note e piegature del foglio per Il nazismo e lo sterminio degli ebrei; sottolineature, tratti verticali a margine e crocetta per Bandiera rossa nella Resistenza romana 36.
Ma tracce di lettura vengono restituite anche dalla presenza di segnalibri. Ricca di tale tipologia di inserti è la biblioteca di Morante, che ricorre ai più vari supporti per segnalare le pagine di suo interesse: dalle semplici strisce di carta, con a volte delle annotazioni autografe nel margine superiore, all’uso della carta stagnola e della carta di sigarette37. Tuttavia la presenza di inserti all’interno del volume rivela anche altro: la vita privata della persona. In una biblioteca d’uso rimangono all’interno del libro anche documenti inseriti occasionalmente: biglietti di treni, fatture, fotografie, biglietti d’ingresso a mostre, biglietti di ristoranti38. Si tratta di una tipologia documentaria utile per la ricostruzione biografica dell’autore, come le numerose dediche presenti sui volumi permettono di ricostruire la rete di relazioni che la scrittrice ha avuto con il mondo culturale del tempo.
Un’attenzione puntuale e dichiarata alle fonti torna anche con l’ultimo romanzo Aracoeli, pubblicato da Einaudi nel 1982. La scrittrice rimase fedele fino alla fine all’uso del quaderno: il manoscritto si compone di 11 quaderni formato album, oltre a un album “fuori testo”, alle cartelle di carte sciolte, alla stesura dattiloscritta e alle bozze di stampa39.
Ma le parole sono presto destinate al silenzio. L’archivio restituisce il suo ultimo scritto dalla grafia ormai incerta, poche parole presenti nella prima carta di un blocco notes che rimarrà bianco: «Roma, 1 gennaio 1985 / Soltanto oggi mi si risveglia alla memoria quell’incanto, che pure lasciò qualche segno nella mia vita. C’è stato di mezzo un intervallo di tenebre e oblio totale, come se il fiume Lete mi avesse inghiottito dopo»40.
L’intenso e lungo laboratorio di scrittura rivive oggi ne La stanza di Elsa, che ha costituito nel 2015 il nucleo fondativo di Spazi900, primo museo della letteratura contemporanea in Italia che dà voce a diverse figure del Novecento attraverso stanze di scrittori e sezioni d’autore, in un intreccio tra carte, libri, ma anche oggetti, opere d’arte e arredi: «Mentre il camion si allontanava lungo la Cassia 6 bis, verso Castro Pretorio, pensai a quando avevo visto per la prima volta lo studio di Elsa che adesso si stava allontanando per sempre. Erano passati cinquant’anni. […] Ora quello studio è ricostruito nell’area museale Spazi900 della Biblioteca nazionale centrale di Roma»41.
Sono presenti al centro della stanza la scrivania con la macchina da scrivere utilizzata per Aracoeli, insieme alla panca in vimini e alla poltrona in cuoio; ai lati due librerie speculari con la collezione dei dischi e una più piccola con alcune edizioni delle sue opere e il portaritratti in cuoio con le fotografie di Bill Morrow; alle pareti il collage dei suoi autori preferiti – tra i “felici pochi” Rimbaud, Rembrandt, Simone Weil, Mozart –, i ritratti di Carlo Levi e Leonor Fini ma soprattutto i nove quadri dai variopinti colori di Bill Morrow, ai quali Morante teneva più di ogni altra cosa.
Si è di fronte non più solo all’esposizione di libri e autografi ma a vere e proprie ricostruzioni di ambienti, attentamente studiate nel loro allestimento. Viene così creata una nuova narrazione che prende corpo dalla relazione tra gli oggetti e tra questi e il visitatore, dove tutti gli elementi entrano in gioco:
Prioritaria e imprescindibile rimane pertanto l’attenzione agli oggetti, anche d’uso quotidiano, legati alla figura e alla vita dello scrittore o della scrittrice, poiché di fronte a quegli oggetti, dove la lingua non ha alcun ruolo, il visitatore non avverte distanza e può stabilire senza alcuna difficoltà un primo, immediato rapporto empatico con quella figura. Si tratta poi, però, di creare un contesto espositivo in cui gli oggetti siano usati per dar corpo – mettere in scena – la relazione tra chi scrive, il suo ambiente umano e geografico e la sua opera, in primo luogo, e tra lo scrittore o la scrittrice e la storia, la società, la tradizione42.
La diffusione di percorsi permanenti dedicati alla letteratura nelle biblioteche pubbliche, quasi sempre legati a un singolo autore del quale viene acquisito il fondo, consentono a un pubblico non solo di specialisti di avvicinarsi al patrimonio letterario italiano e di sentirlo un proprio bene43. Non solo è importante tutelare e valorizzare i testi letterari quale fondamentale testimonianza culturale ma la loro valorizzazione si presenta sempre più oggi come una risorsa aggiuntiva di estrema rilevanza per un’educazione al patrimonio, al paesaggio, alla conoscenza dei luoghi attraverso la vita degli scrittori e delle loro opere, infine per lo stesso turismo.
Dallo spazio reale si passa poi a quello virtuale. Il museo Spazi900, liberamente visitabile, può essere percorso anche virtualmente attraverso il Portale Spazi90044, dedicato agli autori della letteratura italiana contemporanea tramite schede di dettaglio con lo scopo di reperire informazioni e conoscere strumenti di ricerca utili per gli studiosi ma anche per un pubblico più vasto, in particolare di studenti. La scheda dedicata a Elsa Morante, oltre ai dati biografici e al collegamento con i maggiori cataloghi nazionali e internazionali, permette la conoscenza delle sue opere, ricostruendone la genesi nelle varie stesure, dell’archivio e della biblioteca con collegamenti diretti a Manus online e all’OPAC della Biblioteca. Nella sezione Bibliografia e fonti si possono consultare da articoli di giornali digitalizzati a risorse multimediali, mentre la sezione Luoghi e itinerari, attraverso una mappa, evidenzia luoghi significativi legati alla scrittrice.
Ne La stanza di Elsa un unico oggetto rimane quasi celato alla vista del visitatore, posto a terra tra le due librerie dei dischi, si tratta di un “forziere” in ferro chiuso a chiave. Alla sua apertura la sorpresa è stata trovare fogli e fogli bianchi: la carta rimane il bene più prezioso per uno scrittore.
Note
1 Elsa Morante, Alibi, in Opere (a cura di Carlo Cecchi e Cesare Garboli), Milano, Mondadori, 1988, vol. I, p. 1390.
2 Angela Adriana Cavarra, Cerulli, Emidio, in Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari italiani del XX secolo (a cura di Simonetta Buttò e Alberto Petrucciani), https://www.aib.it/aib/editoria/dbbi20/cerulli.htm, ultima consultazione di tutti i link: 7 dicembre 2023.
3 Eleonora Cardinale, Il direttore scrive agli scrittori. Un archivio della letteratura italiana contemporanea per la nuova Biblioteca Nazionale, in Andrea De Pasquale (a cura di), La Grande Biblioteca d’Italia: bibliotecari, architetti, artisti all’opera (1975-2015), Roma, Biblioteca nazionale centrale di Roma (d’ora in poi BNCR), 2016, pp. 217-230: 219.
4 Carlo Cecchi, Verso “La stanza di Elsa”, in Giuliana Zagra, La stanza di Elsa, Roma, BNCR, 2015, pp. 61-64: 61.
5 Nel 2000 si aggiunse il quaderno de Lo scialle andaluso con segnatura Vitt.Em.1742, acquistato dalla Biblioteca sul mercato antiquario.
6 Cecchi, Verso “La stanza di Elsa”, cit., p. 61.
7 La schedatura delle carte è consultabile su Manus online-Manoscritti delle biblioteche italiane. Negli anni l’Archivio Morante è stato ed è ancor oggi oggetto di numerosi studi, non è possibile dar conto in questa sede della ricca bibliografia critica, della quale si indicano solo alcuni essenziali riferimenti bibliografici. Tra le pubblicazioni della Biblioteca nazionale relative all’archivio si segnalano Giuliana Zagra e Simonetta Buttò (a cura di), Le stanze di Elsa. Dentro la scrittura di Elsa Morante, Biblioteca nazionale centrale di Roma, 27 aprile – 3 giugno 2006, Roma, Colombo, 2006; Giuliana Zagra (a cura di), “Santi, Sultani e Gran Capitani in camera mia”. Inediti e ritrovati dall’archivio di Elsa Morante, Biblioteca nazionale centrale di Roma, Roma, 26 ottobre 2012-31 gennaio 2013, Roma, BNCR, 2012; Giuliana Zagra e Eleonora Cardinale (a cura di), “Nacqui nell’ora amara del meriggio”. Scritti per Elsa Morante nel centenario della nascita, Roma, BNCR, 2013. Si veda inoltre Marco Bardini, Morante Elsa. Italiana. Di professione, poeta, Pisa, Nistri-Lischi, 1999; Monica Zanardo, Il poeta e la grazia. Una lettura dei manoscritti della Storia di Elsa Morante, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2017; Elena Porciani, Nel laboratorio della finzione. Modi narrativi e memoria poietica in Elsa Morante, Roma, Sapienza Università Editrice, 2019; Giuliana Zagra, La tela favolosa. Carte e libri sulla scrivania di Elsa Morante, Roma, Carocci, 2019.
8 Il Carteggio Morante, ordinato per mittenti con segnatura A.R.C.52A, conserva 4691 lettere a Elsa Morante dal 1936 al 1985 e 219 minute di Elsa Morante dal 1934 al 1980. Si veda Daniele Morante con la collaborazione di Giuliana Zagra (a cura di), L’amata. Lettere di e a Elsa Morante, Torino, Einaudi, 2012.
9 Si veda Elena Porciani, Il tesoro nascosto. Intorno ai testi inediti e ritrovati della giovane Morante, con sei storie e una poesia dell’autrice, Macerata, Quodlibet, 2023. Dell’archivio della scrittrice non sono state acquisite le fotografie, conservate presso gli eredi.
10 Simone Albonico, Giulia Raboni, Linee guida per la descrizione e l’ordinamento dei fondi archivistici di letterati del Novecento. Parte prima, criteri generali, in Simone Albonico, Niccolò Scaffai (a cura di), L’Autore e il suo Archivio, Milano, Officina Libraria, 2015, pp. 185-199: 187-188.
11 Myriam Trevisan, Gli archivi letterari, Roma, Carocci, 2009, p. 14.
12 Si vedano il convegno L’archivio costruito. Autobiografia e rappresentazione negli archivi di persona, organizzato presso la Biblioteca nazionale centrale di Roma il 9 novembre 2018, e i contributi pubblicati in “JLIS.it”, 2019, n. 3, https://www.jlis.it/index.php/jlis/issue/view/6.
13 Stefano Vitali, Memorie, genealogie, identità, in Linda Giuva, Stefano Vitali, Isabella Zanni Rosiello, Il potere degli archivi: usi del passato e difesa dei diritti nella società contemporanea, Milano, Mondadori, 2007, pp. 67-134: 81.
14 Roma, Biblioteca nazionale centrale, A.R.C. 52 IV 2/1-2.
15 Elio Filippo Accrocca (a cura di), Ritratti su misura di scrittori italiani: notizie biografiche, confessioni, bibliografie di poeti, narratori e critici, Venezia, Sodalizio del libro, 1960, p. 288.
16 Enzo Siciliano, Moravia, Milano, Longanesi, 1971, pp. 66-67.
17 Intervista di Michel David a Elsa Morante in “Le Monde”, 13 aprile 1968, poi in Cronologia, in Morante, Opere, cit., pp. LVI-LVII.
18 Roma, BNC, Vitt.Em.1619, A.R.C.52.I.2/1, A.R.C.52.I.7/2.
19 Roma, BNC, Vitt.Em.1620, A.R.C.52.I.2/2, A.R.C.52.I.7/3. Al romanzo è dedicato il numero di “Contemporanea”, 2020.
20 Morante, Alibi, cit., p. 1392. Le carte relative alla raccolta Alibi recano come segnatura A.R.C.52.I.4/1-2.
21 William Carroll (Bill) Morrow nacque a Madisonville, contea di Hopkins nel Western Kentucky, l’8 maggio 1935 e morì a New York il 30 aprile 1962. La sua prima mostra presso la Galerie Lambert in rue Saint Louis en l’Ile 14 a Parigi si tenne dal 1 dicembre 1961 al 7 gennaio 1962, seguì quella a Roma dal 27 marzo al 12 aprile 1962 presso la galleria La Nuova Pesa. Nell’archivio sono conservati i dépliant delle due mostre con segnatura A.R.C.52.IV.6/1-2. Sulla mostra romana si veda Berenice, Doppia alla «Nuova Pesa», in “Paese Sera-Ultimissima della Notte”, 27- 28 marzo 1962, p. 9; Berenice, Gli stivaletti della Morante, in “Paese Sera-Ultimissima della Notte”, 28-29 marzo 1962, p. 11; Adele Cambria, Bill Morrow bel pittore alla moda, “Paese Sera-Ultimissima della notte”, 10-11 aprile 1962, p. 3. Importanti notizie biografiche e bibliografiche sono emerse grazie allo studio condotto da Lavinia Brugiotti per la tesi di laurea La ricerca del movimento attraverso le carte da lucido: la produzione di Bill Morrow, discussa con la correlazione della scrivente presso l’Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario nell’a.a. 2016-2017.
22 Elsa Morante, Addio, in Il mondo salvato dai ragazzini, Opere, cit., vol. II, p. 5. Nello stesso 1962 Morante si separò da Moravia, rimanendo a vivere nell’abitazione di via dell’Oca.
23 Roma, BNC, Vitt.Em.1622/Cart.V.4, c. 81r.
24 Elsa Morante, La canzone degli F.P. e degli I.M. in tre parti, in Il mondo salvato dai ragazzini, cit., p. 138.
25 Roma, BNC, Vitt.Em.1622, A.R.C.52.I.4/3, A.R.C.52.I.7/5.
26 Roma, BNC, A.R.C.52.I.3/2.
27 Roma, BNC, Vitt.Em.1618, A.R.C.52.I.2/3-6, A.R.C.52.I.7/6.
28 Roma, BNC, F.MOR.850.MOST.4.
29 Nota introduttiva di Elsa Morante all’edizione americana del 1977, in Cronologia, cit., p. LXXXIV.
30 Si rimanda ad Archivi e biblioteche d’autore. Bibliografia, a cura della Commissione nazionale biblioteche speciali, archivi e biblioteche d’autore dell’Associazione italiana biblioteche (versione 6, settembre 2023), https://www.aib.it/wp-content/uploads/2023/12/Bibliografia-GBAUT_vers6-2023.pdf.
31 Il Fondo Morante, con sezione di collocazione F.MOR, è consultabile nell’OPAC della Biblioteca; per ogni esemplare è indicata la presenza di eventuali tracce di lettura, dediche autografe e inserti. La biblioteca è conservata nelle sue librerie originali presso la Sala Falqui della Biblioteca, mentre la collezione di dischi è conservata sempre nelle sue due librerie originarie ne La stanza di Elsa del museo Spazi900. Sulla biblioteca della scrittrice si veda Laura Desideri, I libri di Elsa, in Le stanze di Elsa, cit., pp. 77-85; Zanardo, Il poeta e la grazia, cit.; Giada Comitangelo, Due libri nella biblioteca di Elsa Morante: The Black Sabbath e Guerriglia nei Castelli Romani. Note autografe e riscritture nella Storia, in “L’Ellisse”, 2019, n. 1, pp. 163-182; Angela Borghesi, Tra maghi e sciamani: le letture etnoantropologiche di Elsa Morante, in Paolo Desogus, Riccardo Gasperina Geroni, Gian Luca Picconi (a cura di), De Martino e la letteratura. Fonti, confronti e prospettive, Roma, Carocci, 2021, pp. 135-148.
32 Una parte dei libri di storia dell’arte, soprattutto cataloghi, è conservata all’interno di un mobile appartenuto a Morante presso l’erede Carlo Cecchi.
33 Roma, BNC, A.R.C.52.IV.3/1.
34 Tracce di libri di Elsa Morante emergono nel Fondo Moravia conservato presso la casa-museo Fondo Alberto Moravia a Roma, in Lungotevere della Vittoria 1.
35 Roma, BNC, Vitt.Em.1618/Quad.1.VIII, c. 39v.
36 Rispettivamente Sei milioni di accusatori: la relazione introduttiva del procuratore generale Gideon Hausner al processo Eichmann, con un saggio introduttivo di Alessandro Galante Garrone, Torino, Einaudi, 1961, F.MOR.320.HAUSG.1; Léon Poliakov, Il nazismo e lo sterminio degli Ebrei, Torino, Einaudi, [1955], F.MOR.320.POLIL.1; Silverio Corvisieri, Bandiera rossa nella Resistenza romana, Roma, Samonà e Savelli, [1968], F.MOR.940.CORVS.1.
37 Per gli esempi nel Fondo Morante si rimanda a Eleonora Cardinale, Le carte ritrovate: sugli inserti della biblioteca d’autore, in Giovanni Di Domenico, Fiammetta Sabba (a cura di), Il privilegio della parola scritta. Gestione, conservazione e valorizzazione di carte e libri di persona, Roma, Associazione italiana biblioteche, 2020, pp. 233-245: 241.
38 Ivi, p. 242.
39 Roma, BNC, Vitt.Em.1621, A.R.C.52.I.2/7-8.
40 Roma, BNC, A.R.C.52.II.1/13, in Cronologia, cit., p. XC.
41 Cecchi, Verso “La stanza di Elsa”, cit., p. 64. Su La stanza di Elsa e sul museo Spazi900 si rimanda a Giuliana Zagra, La stanza di Elsa, Roma, BNCR, 2015; Eleonora Cardinale, «Ragazzi leggeri come stracci»: Pier Paolo Pasolini dalla borgata al laboratorio di scrittura, con un poemetto di Marco Lodoli e un’appendice fotografica di Rodrigo Pais, Roma, BNCR, 2015; Andrea De Pasquale, Eleonora Cardinale (a cura di), Spazi900: gallerie degli scrittori, Roma, BNCR, 2017.
42 Maria Gregorio, In pagina e in scena: esporre nelle case di scrittori e nei musei letterari, in Giuliana Zagra (a cura di), Conservare il Novecento: carte e libri in vetrina, Convegno Ferrara, Salone internazionale dell’arte del restauro e della conservazione dei beni culturali e ambientali, 1 aprile 2011, Roma, Associazione italiana biblioteche, 2012, pp. 17-24: 22.
43 Sul tema delle biblioteche anche come luoghi di esposizione del loro patrimonio si rimanda a Silvana de Capua (a cura di), Le Biblioteche anche come musei: dal Rinascimento ad oggi, coordinamento scientifico di Andrea De Pasquale, Roma, BNCR, 2019.
44 Il portale Spazi900 può essere consultato sul sito della Biblioteca: http://digitale.bnc.roma.sbn.it/tecadigitale/spazi900. Si veda Andrea De Pasquale, Digitalizzare la letteratura italiana del Novecento: i progetti della Biblioteca nazionale centrale di Roma per le biblioteche e gli archivi d’autore, in Il privilegio della parola scritta, cit., pp. 349-365.