Un pensiero didattico esegetico per il laboratorio di Storia e Geografia. Un’esperienza concreta

An exegetical didactic thought for the History and Geography laboratory. A concrete experience

In apertura: immagine generata con l’A.I. ispirata alle incisioni del Cinquecento.

1. Introduzione

La disciplina Storia e Geografia nel primo biennio dei licei presenta un complesso assetto normativo che la connota come disciplina in limine. La domanda che ci si è posti è se la liminarità disciplinare intrinseca, intesa come spazio-intersezione di Storia e Geografia, possa essere utile a valorizzare quella sistemica estrinseca tra Mondo e Scuola. Si è scelto, per l’esperienza in esame, di rifarsi a un principio di identità tra forma e contenuto che portasse gli studenti a farsi carico dell’ormai nota analogia con il lavoro dello storico, calibrando però la ricerca sulla storia antica e su un possibile spazio-intersezione con la geografia. L’unità didattica qui proposta è stata oggetto di un’esperienza concreta svoltasi nel maggio 2023 al Liceo Classico Cielo D’Alcamo nella provincia di Trapani. Sono state coinvolte le tre classi prime del liceo, per un totale di cinquantotto studenti. È stato creato un sito1 apposito con una pagina dedicata, contenente tutti i materiali necessari per il laboratorio e la descrizione dell’UdA. Titolo dell’UdA è “Il cambiamento della condizione della donna romana nell’età delle guerre civili. Gli spazi della donna” e può essere scomposto in due parti. Il tema, desumibile dalla prima parte, afferisce alla gender history ed è tagliato in diacronia poiché indaga un cambiamento. La seconda parte apre la sezione geografica, che può essere intesa almeno in due modi differenti: come un’analisi della variazione geografica della condizione femminile da una parte, e come una spazializzazione della questione femminile dall’altra. Tuttavia, dopo che ognuna delle sue sezioni, storica e geografica, ha proceduto con i propri metodi, esse possono cessare temporaneamente di essere sectiones e tentare di valorizzare la dimensione-intersezione, un rapporto cooperativo nell’indagine sul mondo. Il tema scelto non è casuale; infatti, un’indagine empirica svolta su tre libri di testo per il primo anno dei licei2 mostra che: la storia di genere occupa tra lo 0,2% e 2,4% dello spazio totale e trova in tutti i manuali, espressione formale in piccoli paragrafi, che le caratteristiche grafiche, la brevità e la collocazione al margine connotano come contenuti ai margini dell’apprendimento; la geografia occupa tra il 13% e il 26% dello spazio ed è anch’essa penalizzata proprio dalla geografia del libro di testo. Inoltre il manuale più recente tra quelli presi in esame contiene anche un numero non insignificante di esperienze laboratoriali applicabili in classe. Tali laboratori non possono essere considerati strumenti intrinsechi del manuale in quanto non si può dire che inizino e finiscano all’interno di esso, come d’altronde succede perlopiù con la narrazione storica, la quale viene sì letta ma raramente modificata o partecipata dallo studente. Aggiungendo il fatto che quasi tutto lo spazio dedicato da questo manuale alla gender history è spazio di laboratorio, è forse possibile formulare un’ipotesi relazionale secondo cui sarebbe plausibile pensare che se la storia e la didattica tradizionali hanno finora vissuto in simbiosi, le nuove didattiche attive necessitino anche di contenuti nuovi o, perlomeno, più inclusivi. Obiettivo del percorso didattico proposto è quindi storicizzare e spazializzare una questione attuale come quella di genere, attraverso la pratica di un laboratorio interdisciplinare e l’inclusione nel curricolo di argomenti spesso trascurati.

2. Descrizione dell’esperienza

La prima fase dell’esperienza messa in atto consiste in quella che si è scelto di chiamare “lezione propedeutica”. Essa è l’esempio concreto di ciò che vuol dire guardare allo “stato delle cose” prima che a quello dell’arte. Infatti, nelle classi scelte, la prassi didattica quotidiana aveva senz’altro carattere di frontalità e poiché qualsiasi alternativa alla prassi consolidata rischiava di non attecchire adeguatamente, la propedeuticità della suddetta lezione è stata concepita come un graduale “traghettamento” verso una partecipazione attiva nella costruzione del sapere ed è incentrata sull’aspetto metodologico della disciplina storica senza il quale cadrebbe l’analogia con lo storico-ricercatore. Come si può, d’altra parte, insegnare i metodi senza “praticare” l’analisi sulle fonti che li richiede? Si arriverebbe chiaramente ad un assurdo: pensare che si possa imparare una pratica attiva in modo passivo. Torna allora utile il tema dell’UdA. Esso, come si è detto, indaga un “cambiamento”, e quindi il prima, il dopo e il processo che ne sono implicati: la propedeuticità, dunque, può essere al contempo metodologica e contenutistica, attraverso un’identità forma-contenuto, portando gli studenti a comprendere i concetti relativi a quel prima con metodi simili a quelli usati prima dell’inizio della sperimentazione e, successivamente, a indagare il processo cambiando gradualmente i loro modi di agire verso una sempre maggiore autonomia. Tale lezione propedeutica procede come di seguito: la classe viene da subito divisa in gruppi di numero pari dal docente, il quale li forma in modo che siano di composizione eterogenea. Può essere utile affidare degli specifici ruoli, strumentali non gerarchici, ad alcuni membri di ciascun gruppo. La lezione si svolge con l’ausilio della “Traccia generale per la LIM”3 e di due fonti disponibili sul sito; dunque, viene presentato il titolo del percorso come tema di ricerca e vengono lette collettivamente le fonti: la prima è la narrazione liviana delle vicende riguardanti Lucrezia, la seconda è l’elogio sepolcrale di una donna di nome Claudia. Il docente ingaggia un Socratic seminar4, ponendo domande aperte ed incalzanti alla classe: si cerca, dopo aver verificato che almeno il significato superficiale dei testi sia stato compreso, di far emergere l’idea di donna che ciascuna delle due fonti restituisce e, nel caso dell’epigrafe, si consulta la banca epigrafica online5. Passando al confronto tra le due fonti, viene presentata l’interpretazione di Cenerini6, la quale viene, per il momento, ridotta a mero schema: vengono solo introdotte sommariamente le due “direttrici” di “modello ideale di donna” e “realtà di donne in carne ed ossa” che i discenti sono invitati ad applicare. Lucrezia si presta bene ad essere interpretata come “modello formatore”; per Claudia le cose si complicano: se la sua esistenza storica è innegabile, è vero anche che gli attributi dell’epigrafe sepolcrale tessono un elogio, il quale, per essere tale, deve, di necessità, far riferimento ai valori positivi dell’epoca a cui risale. Con Claudia, dunque, le due direttrici iniziano ad intersecarsi. Alla fine della lezione “propedeutica”, gli studenti sono completamente immersi nella ricerca: a livello contenutistico, hanno conosciuto le caratteristiche di quel prima, fondamentale ad indagare il cambiamento; a livello metodologico, hanno appreso tecniche di analisi e confronto di fonti storiche anche tramite generali linee interpretative già esistenti, sono venuti a contatto con due tipologie di fonti completamente diverse e con le loro rispettive caratteristiche, hanno utilizzato criticamente una linea del tempo specifica, hanno consultato il sito della banca epigrafica, hanno toccato con mano i problemi legati alla traduzione delle fonti, utilizzando il dizionario per alcune parole indicate dal docente. Sono ora pronti a iniziare la loro ricerca in maniera più autonoma: la prima attività per casa riguarda, infatti, l’analisi, guidata da uno scheletro di domande, di fonti storiografiche solo di carattere narrativo che vengono equamente distribuite all’interno dei gruppi; esse vertono su cinque figure femminili: Cornelia, Sempronia, Fulvia, Ortensia e Carfania. Tornati in classe è la volta delle strategie “jigsaw7, con cui i gruppi vengono divisi al loro interno: una parte dei membri di ciascun gruppo deve recarsi alla postazione di uno dei gruppi che aveva ricevuto, come attività domestica, l’analisi di fonti su figure storiche diverse, e riportare ai membri del gruppo di arrivo le informazioni tratte dalle fonti lette a casa. I membri che in questa fase sono parte ricettiva diventano gli unici depositari di informazioni sulle nuove fonti, cui i membri in movimento non possono momentaneamente accedere.

Fig. 1. Foto scattata durante la sperimentazione, gli studenti lavorano sul diagramma di Venn.

 

Tutte le informazioni ricavate vengono schematizzate dalla parte ricettiva in sticky notes8. In questo continuo scambio di responsabilità, essenza ultima del cooperative learning, torna l’identità tra forma e contenuto: alla vera ricerca, per sua natura fatta di relazioni dinamiche, non può che corrispondere un paradigma dinamico che, prima di essere intellettuale o relazionale, è corporeo. Viene poi presentato un diagramma di Venn che insiste sulla linea interpretativa di Cenerini. Agli studenti viene suggerito di utilizzarlo per schedare il materiale a disposizione. Per rispondere all’apparente rigidità del diagramma, credo sia utile una foto scattata in una fase successiva dell’esperimento (Fig. 1). Questo gruppo ha scelto di riempire il diagramma direttamente con le figure femminili, abbinando il numero della fonte. All’occhio attento non sfuggirà che il nome di Fulvia è citato tre volte e che presenta sempre ascritto il numero 4 della fonte di riferimento: quindi è lo stesso caso, della stessa donna nella stessa fonte. Inoltre, in due occorrenze, il nome è stato tagliato. Ciò che è avvenuto è chiaro: all’inizio del loro lavoro, i membri del gruppo hanno collocato la Fulvia descritta dalla fonte 4 in uno dei due grandi insiemi; andando poi avanti nell’analisi delle fonti disponibili, hanno cambiato idea e l’hanno collocata nell’insieme opposto; infine non hanno potuto fare a meno che ripensare la figura storica, quale ci viene tramandata dalle fonti, come un’indissolubile intersezione tra le due direttrici. Come ci mostra poi la freccia che si diparte dal nome di Caia Afrania, la situazione verso cui sembra che il diagramma si stia dirigendo è quella di un insieme-intersezione sempre più affollato. A discapito, dunque, della prorompente semplicità cui il diagramma allude in un primo momento, è la dinamicità del processo stesso della ricerca a muovere gli studenti verso la complessità. La ricchezza del diagramma sta nel suo superamento, nel coraggio conoscitivo che è necessario agli studenti per lasciare eventualmente bianche le parti più grandi e definite dello schema, per riempire, anche oltre lo spazio bianco a disposizione, l’insieme-intersezione, andando quindi contro la logica dello schema. Tale coraggio conoscitivo è lo stesso necessario per trovare gli stereotipi misogini nelle fonti, che impediscono di vedere la realtà. Venuti a contatto con le insidie che le fonti riservano quando si parla di donne, gli studenti sono pronti ad esaminare fonti di più difficile interpretazione in quanto di carattere epigrafico, giudiziario, letterario. Poiché queste “nuove” fonti9 permettono di confermare storicamente concetti emersi da quelle ormai “note” e di confutarne altri, l’analisi procede stavolta per collazione: vengono create postazioni per le singole figure storiche e ciascun gruppo viene quindi diviso in sottogruppi, uno per postazione, cosicché vadano a costituire, in ciascuna postazione, dei nuovi gruppi specializzati su una singola figura. Quando al docente sembra che gli elementi fondamentali siano emersi tutti e qualora nessuno degli studenti abbia altre osservazioni da fare, gli studenti tornano ai gruppi di partenza portando con sé le sticky notes con tutti i contributi ricavati nelle postazioni specializzate. Ora i gruppi possono procedere alla creazione di un essay planning10 a costruzione aperta che costituisca la base strutturale delle produzioni individuali finali: basta loro riorganizzare le sticky notes, attaccandole su un grande cartellone e collegandole fra loro. Quanto alla geografia, anch’essa richiede uno spazio propedeutico attraverso il quale gli studenti imparino a spazializzare temi contemporanei. Per il tema “Gli spazi della donna”, la linea interpretativa generale è quella di Mc Dowell11 e le fonti, trattandosi del contemporaneo, vengono reperite autonomamente sul web. Qui dovrebbe terminare il breve spazio concesso alla Geografia, ma se le precedenti attività hanno compiutamente attivato le competenze opportune, può aprirsi agli studenti un nuovo spazio critico di Storia e Geografia. Tale spazio si configura come qualcosa che partecipa del know how di ciascuna delle due discipline ma che non trova il suo completamento in nessuna delle due, qualcosa che può essere generato spontaneamente solo tramite le pratiche del laboratorio. Tale laboratorio è guidato dalle due slides conclusive. Si richiede per l’ultima volta di pensare lo spazio come categoria interpretativa della realtà. A differenza di quando tale sforzo, nella parte eminentemente geografica, veniva concentrato sul contemporaneo, adesso, trasferito sul mondo romano non può più fare affidamento su competenze solo geografiche, né solo storiche. Si chiede di reinterpretare il cambiamento della condizione femminile nell’epoca delle guerre civili come un cambiamento di rapporto con lo spazio. Lo spazio-interdisciplinare è spazio di laboratorio e può nascere solo dalle competenze: se le due discipline specifiche del modulo sono state studiate mirando alle competenze più che alle mere nozioni, la nuova competenza necessita, per emergere, solo di qualcosa che spinga a esercitarla, ovvero un problema complesso e aperto cui dare una risposta complessa e aperta. È plausibile, dunque, che adesso la condizione di Ortensia sembri cambiata sotto un altro aspetto: ella ha abbandonato la posizione di Lucrezia «in medio aedium», luogo più privato dello spazio privato, per solcare il luogo più pubblico dello spazio pubblico romano, il Foro.

3. Valutazioni e conclusioni

Elaborati aperti e questionari di gradimento sono stati i principali dispositivi di valutazione. Gli elaborati pervenuti sono cinquantotto, pari al numero degli studenti coinvolti. Per procedere a un’analisi statistica dei suddetti elaborati sono stati scelti dei criteri specifici, quale il riconoscimento, nell’analisi delle fonti, rispettivamente del modello di donna ideale e delle realtà di donne in carne ed ossa secondo la linea proposta inizialmente. L’84% ha rintracciato il modello, il 72% anche le realtà oltre il modello, ma nessuno la realtà senza il modello: tali percentuali rispecchiano, mi pare, il fatto che non è possibile trovare realtà concrete senza estirpare gli stereotipi che le adombrano. Inoltre, tutti gli elaborati trattavano, ciascuno a proprio modo, l’attuale questione di genere in maniera complessa e priva di banalizzazioni o pregiudizi: ritengo questo il frutto ultimo di un processo simultaneo di storicizzazione e spazializzazione vissuto in prima persona e dunque rispettoso anche della dimensione soggettiva che la ricerca sottintende. Quanto ai questionari, essi registrano un generale apprezzamento dell’esperienza svolta ma il risultato che mi sembra più interessante è quello che viene dalla risposta alla domanda: “Dal libro di testo e dalla lezione frontale avresti appreso meglio, peggio o allo stesso modo tali contenuti e competenze?”. Il fatto che il 73% abbia risposto con “peggio” è significativo: se è vero infatti che ciò non può essere in nessun modo provato, tale risposta denota comunque una forte consapevolezza nell’atto dell’apprendimento, la quale è psicologicamente funzionale all’apprendimento stesso. Corre, infine, l’obbligo di fare delle considerazioni sulla competenza interdisciplinare di Storia e Geografia, in quanto principale oggetto di indagine di questa ricerca sperimentale. Nella convinzione che la didattica disciplinare, considerata nel connubio teoria-prassi che la caratterizza, possa diventare disciplina esegetica intesa come approccio specifico all’esegesi testuale, mi è sembrato opportuno interpretare in chiave didattica il famoso incipit delle Storie di Erodoto12, quale testo più antico che le due discipline Storia e Geografia conoscano riguardo le proprie origini. Erodoto parla di un’esposizione (ἀπόδεξις) che è un elaborato a tutti gli effetti e che ha alle spalle una ricerca (ἱστορίη): immediata, dunque, l’analogia con il lavoro degli studenti. Per capire però se l’ἱστορίη di Erodoto possa essere un concetto funzionale per la pratica del laboratorio, bisogna prima comprenderne il significato nella sua valenza di pratica piuttosto che di speculazione teorica. Un’analisi etimologica, condotta con strumenti frequentemente fruiti dagli studi esegetici13, rivela che la stessa struttura della parola e il meccanismo derivativo che la precede la connotano come un’azione che è prima di tutto pratica. Gli studenti protagonisti dell’esperienza devono, come lo storico, essere arbitri di informazioni contraddittorie, interrogare le fonti, per poter poi essere testimoni, tramite un ouvrage finale, ovvero il résultat de l’enquête14. Tale pratica è in Erodoto mediata dall’esperienza del viaggio, alla quale Cantarella subordina il rapporto dello storico con il mondo femminile o barbarico e attribuisce le categorie di distanza e infinitezza15. Un’ἱστορίη, dunque, che, facendosi viaggio, diventa priva di pregiudizi, aperta ad ammirare anche le azioni di categorie considerate inferiori dalla cultura di partenza, e un viaggio, che, facendosi ἱστορίη, va oltre lo spostamento fisico da un luogo a un altro e diventa anche metafisico. Inoltre, l’opera erodotea, per la presenza di elementi come l’attenzione per i luoghi, per le culture dei popoli, per le differenze con l’altro, è non solo antesignana della storia ma anche della geografia16. È forse sorprendente, dopo una lunga dissertazione scientifica sulla possibilità o meno di trovare percorsi comuni per Storia e Geografia, scoprire che, mentre ancora le due discipline erano in corso di gestazione e stavano definendo i propri confini, già convivevano nell’esperienza del viaggio. Ritengo, dunque, che ogni qualvolta nel dibattito ancora acceso, nato dalla riforma del 2010 che ha fuso Storia e Geografia in unica disciplina, sì è affermata l’impossibilità di creare percorsi interdisciplinari validi, lo si è fatto pensando ai meri contenuti e non alle competenze; di contro, invece, credo che l’esperienza descritta dimostri come, attraverso il laboratorio delle competenze, non solo percorsi interdisciplinari siano possibili, ma anche auspicabili ed economici in termini di tempo e risorse.


Note

1 Il primo dubbio, http://ilprimodubbio.altervista.org, ultima consultazione di tutti i link: 30 aprile 2024.

2 Si tratta dei seguenti manuali: Eva Cantarella, Giulio Guidorizzi, Geopolis 1. Dal Paleolitico a Roma repubblicana. Geografia generale e l’Europa, Mondadori, Milano, 2013; Maurizio Bettini, Mario Lentano, Donatella Puliga, Il fattore umano. Corso di storia e geografia. 1. Dalla preistoria all’età di Cesare, Milano-Torino, Pearson, 2016; Gianni Gentile, Luigi Ronga, Anna Carla Rossi, La tela di Penelope. Farsi e disfarsi del racconto storico 1. Dalla Preistoria alla crisi della Repubblica. Corso di Storia, Geografia, Educazione Civica, Orio al Serio, La Scuola, 2020.

3 Il primo dubbio, cit.

4 Cfr. Russel Tarr, A History Teaching Toolbox: Practical Strategies for the Secondary Classroom. Omnibus edition, ActiveHistory Books, 2022, pp. 56-57.

5 Epigraphik-Datenbank Clauss / Slaby, http://www.manfredclauss.de.

6 Francesca Cenerini, La donna romana. Modelli e realtà, Bologna, Il Mulino, 2009.

7 Cfr. Tarr, Toolbox, cit., pp. 202-203.

8 Ivi, pp. 87-88.

9 Il primo dubbio, cit., pagina dedicata, Fonti 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14.

10 Cfr. Tarr, Toolbox, cit., pp. 204-205.

11 Il pensiero di Linda McDowell è qui mediato dalla sintesi che ne dà Claudio Minca (a cura di), Appunti di Geografia, Milano, Wolters Kluwer, 2022, pp. 375-376.

12 Hdt. I, Praef.

13 Si è, in questo caso, utilizzato Pierre Chantraine, Dictionnaire etymologique de la langue grecque, Paris, Klincksieck, 1999, p. 779.

14 Ibid.

15 Eva Cantarella, Ippopotami e sirene. I viaggi di Omero e di Erodoto, Torino, UTET, 2014, pp. 26-61.

16 Cfr. Franco Farinelli, Geografia. Un’introduzione ai modelli del mondo, Torino, Einaudi, 2003, p. 201.