In apertura: “Noi Donne” nelle edicole modenesi, 8 marzo anni Cinquanta (Centro documentazione donna, Archivio Udi Modena).
A differenza degli archivi che l’Unione donne in Italia (Udi) ha conservato nelle sue sedi territoriali e, ove non più possibile, nella sua sede nazionale, le biblioteche dell’associazione o, meglio, le raccolte librarie depositatesi nel corso dei decenni di attività politica delle sedi dell’Udi, hanno storicamente riscosso un’attenzione minore e sporadica. Infatti, sono numericamente esigue le realtà territoriali che hanno saputo e voluto conservare la propria memoria anche attraverso i libri. È quasi certo, sebbene non ve ne sia testimonianza orale né documentaria, che le sedi, per quanto talvolta temporanee e non definitive, raccogliessero fra i materiali di propaganda politica e di militanza, anche volumi che le donne si prestavano informalmente fra loro o che, per volere del Partito comunista italiano (Pci), erano messi a disposizione per sostenere la formazione delle compagne attive a vari livelli nel movimento femminista. È probabile che l’allontanamento dell’associazione dal partito – con il congresso del 1982 che ha sancito una storica e decisiva rottura con il partito comunista – abbia facilitato una perdita dei materiali bibliografici sedimentatisi nelle sedi locali, decretando la scomparsa delle biblioteche come supporto formativo delle militanti. Considerato il traumatico distacco dal Pci fatto anche, a quel punto, di indisponibilità economica e di sedi, tutto lascia pensare che a un certo punto ci fu un raccogliere veloce di documenti, di materiali accumulatisi per quasi quarant’anni, nella fretta di ridefinire spazi e struttura organizzativa: non stupisce così che su tutto il territorio nazionale siano rimaste un numero esiguo di biblioteche.
Come si evidenzia per altri istituti culturali riconducibili all’ambito associativo, il cambio di sede spesso si è dimostrato nocivo per il mantenimento e la conservazione della memoria e dei percorsi collettivi, al punto che i libri, talvolta ritenuti un ingombro, perché consunti e non gestiti, venivano sacrificati alla luce di un nuovo trasloco1. A questo si aggiunge una difficoltà evidente, condivisa dalle donne di tutti i ceti sociali, di dare dignità e consistenza alla propria memoria. Sono infatti ancora più uniche che rare le biblioteche private di donne entrate a far parte delle collezioni pubbliche italiane, a riprova del fatto non tanto che le donne non possedessero libri o non leggessero, ma che i loro beni spesso sono confluiti in quelli delle famiglie di appartenenza e, in altri casi, per una sorta di disattenzione alla fonte, sono stati dispersi o confusi con i beni parentali2.
1. Biblioteche di donne in Italia
Sul territorio nazionale si evidenzia la presenza sia di biblioteche specializzate sulle donne (normalmente denominate “Biblioteche delle donne” – delle quali probabilmente la più nota è quella di Bologna)3, sia di centri di documentazione specifici. Sono realtà nate e cresciute anche al di fuori di contesti associativi femminili e femministi come l’Udi, il Centro italiano femminile (Cif) o il Movimento femminile italiano4. Si tratta molto spesso di realtà a suo tempo affiliate alla Rete Lilith e i cui patrimoni erano entrati a far parte del catalogo gestito dal 1990 al 2005 appunto dalla Rete5.
L’approfondimento qui presentato si basa sull’interrogazione dell’Anagrafe Iccu-Istituto Centrale per il Catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche che ci restituisce una sessantina di riferimenti fra i quali si segnalano6: la biblioteca denominata “Biblioteche delle donne di Làadan” di Torino che conserva al suo interno il patrimonio delle associazioni che diedero vita alla federazione (l’Archivio delle Donne in Piemonte, la Casa delle Donne di Torino, il Centro Studi e Documentazione Pensiero Femminile)7; la Biblioteca e Centro di documentazione Elca Ruzzier, parte integrante della Casa Internazionale delle Donne di Trieste8; la Biblioteca delle Donne, Centro Studi Medicina Donna di Savona ubicata presso il Liceo Grassi9; la Biblioteca della donna di Bolzano costituitasi nel 1984; la Biblioteca del Centro di documentazione donna Nosside di Rende (CS); la Biblioteca del Centro di documentazione delle donne di Ferrara che affianca quella dell’Udi10; la Biblioteca del Centro Donna di Livorno; la Biblioteca del Centro di studi storici sul movimento di liberazione della donna in Italia e la Biblioteca del Centro regionale di ricerca, documentazione, studi sulla donna Sibilla Aleramo entrambe di Milano (segnalate in Anagrafe ma prive di riferimenti); la Bibliomediateca Laura Lepetit Maltini Casa delle donne di Milano; la Biblioteca del Centro documentazione donna Lidia Crepet di Padova; la Biblioteca Centro Donna di Mestre – punto di servizio decentrato della biblioteca civica di Mestre – che al suo interno conserva nella “Donnateca” documenti di e sul movimento politico delle donne nel Veneto (1970-1980); la Biblioteca Leopoldina Naudet Donne e fede arricchita dalla donazione libraria della storica e teologa Adriana Valerio11; la Biblioteca del Centro documentazione e studi Presenza donna di Vicenza «specializzata sui temi del femminile, tra Bibbia e teologia, chiesa e società, integrazione e intercultura, letteratura e attualità»12; la Biblioteca Anna Cucchi della Casa della donna di Pisa (che possiede il fondo di Arcilesbica e un cospicuo numero di manifesti di genere stampati fra il 1984 e il 2013)13; la Biblioteca del Fili. Centro documentazione e informazione La cooperativa delle donne di Firenze; la Biblioteca e archivio della Casa delle donne di Modena gestita dall’Associazione Centro documentazione donna14; il Centro culturale delle donne Mara Meoni di Siena; la Biblioteca delle donne Laura Cipollone di Perugia, che è un servizio del Centro per le pari opportunità della Regione Umbria15; la Biblioteca della Casa delle donne di Pesaro; la Biblioteca dell’Associazione centro studi Donna Woman Femme di Roma16; la Biblioteca Archivia – archivi, biblioteche, centri di documentazione delle donne di Roma, importante contenitore di oltre trentamila volumi a cui si aggiungono diversi fondi archivistici tra cui quello della rivista “Noi Donne”17; la Biblioteca-Archivio della Fondazione Adkins Chiti: Donne in musica di Fiuggi (temporaneamente chiusa); la Biblioteca del Centro studi sulla condizione della donna di Napoli; la Biblioteca del Consorzio per la pubblica lettura Sebastiano Satta di Nuoro con una sezione speciale dedicata alla donna (nello specifico, trattasi dei volumi del Fondo Crpo donati dalla Commissione Regionale Pari Opportunità della Regione Sardegna); la Biblioteca del Centro di documentazione e studi delle donne di Cagliari nella quale sono presenti: una sezione speciale denominata “Fondo documentario donne migrazioni, interculturalità, diritti, opportunità”, il patrimonio librario della Circola nel Cinema Alice Guy, specializzata sul tema “cinema donne” (circa 900 volumi), il Fondo librario “Anna Oppo” e la donazione dell’Associazione donne insegnanti18; la Biblioteca dell’Associazione Donne Melusine dell’Aquila nata nel 1981 all’interno del consultorio Aied-Associazione Italiana per l’Educazione Demografica19; la Biblioteca delle donne di Soverato costituitasi per volontà delle associazioni “Kore” e “ Fidapa” di Soverato20. Oltre a queste, va segnalata la Biblioteca specializzata Dominars del Centro di documentazione donne di Rimini non più esistente e dal 2004 depositata presso la Biblioteca Gambalunga21. L’insieme di queste collezioni ci restituisce un panorama frastagliato dal quale emergono, come si vedrà anche oltre, alcune biblioteche di impronta religiosa, oltre a realtà varie che agglomerano collezione bibliografica e fondo archivistico.
Oltre alle succitate biblioteche specializzate e centri di documentazione, sul territorio nazionale si evidenzia la presenza di biblioteche statali e di pubblica lettura che conservano fondi librari specifici. Il Novecento italiano si è dimostrato piuttosto avaro di memorie femminili strutturate e, in generale, si conservano pochi giacimenti librari posseduti da donne rimasti integri e pensati fin dalla loro costituzione come fucina, laboratorio di scrittura e di lavoro (vale comunque la pena di ricordare, perché interessati da progetti specifici di valorizzazione, il fondo Elsa Morante, custodito presso la Bncr-Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, e il Fondo Lalla Romano della Biblioteca Braidense di Milano)22. Più vivace invece la situazione negli anni Duemila, nei quali si è affacciata non solo una rinnovata volontà conservatrice, ma anche una consapevolezza femminile altra, quasi inedita, di definizione di sé e di rappresentanza di sé anche attraverso i materiali di studio e di ricerca costituiti dagli archivi e dalle biblioteche personali. In parte, questi giacimenti pagano lo scotto di rappresentare i ferri del mestiere di gruppi di donne spesso con provenienze e formazione di natura eterogenea, ingabbiate nelle maglie di direttive centrali dalle quali emergeva con chiarezza l’impronta maschile.
Sempre attraverso l’Anagrafe Iccu vanno segnalate: la Biblioteca della Fondazione Serughetti e del Centro studi e documentazione La Porta di Bergamo con il “Fondo donna e Chiesa”; il Centro di documentazione sindacale e biblioteca della Camera del lavoro di Biella con un fondo di 500 volumi sulla storia del movimento femminile e sulle pari opportunità; la Biblioteca di Storia contemporanea Alfredo Oriani di Ravenna che conserva un Fondo Donna di circa mille volumi; la Biblioteca comunale Alfredo Signoretti di Capranica che contiene al suo interno la “Biblioteca delle Donne” nata nel 1996 su iniziativa del Comitato Donne “Lo Specchio”23; il Fondo storia delle donne che «comprende un cospicuo numero di volumi e periodici pubblicati nell’area anglosassone e nell’Europa continentale da e sul movimento di emancipazione delle donne» conservato presso la Biblioteca della Fondazione Lelio e Lisli Basso di Roma24; sempre a Roma la Biblioteca Centro di documentazione dell’associazione italiana donne per lo sviluppo; presente nell’Anagrafe ma non censita, la Biblioteca Marisa Bergamini – Associazione Il club delle donne di Roma; la Biblioteca del Centro regionale servizi educativi e culturali di Conversano che possiede il Fondo archivistico-documentario “Donne e famiglie tra ’800 e ’900 a Conversano, Mola e Rutigliano”; la Biblioteca di comunità di Trepuzzi (Le) che conserva i volumi dell’Associazione I.D.eA.; la Biblioteca della società umanitaria di Milano, che possiede i circa 600 volumi della Biblioteca Esistere come donna; il fondo Biblioteca delle donne custodito presso la Biblioteca comunale Salvatore Quasimodo di Modica; la Libreria circolante di educazione femminile con 500 volumi pubblicati dal 1790 al 1910 e custoditi presso la Biblioteca comunale Luigi Parazzi di Viadana; la Biblioteca dell’Istituto Educativo Femminile Mondragone ospitato nel Museo della moda di Napoli25; a Palermo la Biblioteca dell’Istituto tecnico femminile S. Vincenzo e la Biblioteca del Collegio universitario femminile Casa Bianca (entrambe testimonianza di fondi librari costituitisi nell’Ottocento con una visione paternalistica dell’educazione femminile, legati a contesti formativi specificatamente rivolti alle giovani – ma ben lontani dalla visione emancipazionistica del primo femminismo – come la Biblioteca dell’Istituto Femminile S. Giovanni Bosco di Padova); la Raccolta femminile (nucleo originario Raccolta Leopoldo Ferri) della civica di Padova «collezione di oltre 1.000 volumi e opuscoli di scrittrici italiane»26; il Fondo Società femminile di mutuo soccorso della Biblioteca civica di Langhirano (PR) intitolata a Emma Agnetti in Bizzi guida e riferimento appunto della Società Femminile Langhiranese27; la Biblioteca del Collegio Castiglioni già conosciuto come Collegio universitario femminile Castiglioni Brugnatelli di Pavia; la Biblioteca di genere Villa Gaia di Rea (PV) – costituitasi a seguito della scomparsa di Gaia Santagostino – con un Fondo sul lavoro femminile dal 197028; la Biblioteca dell’Archivio Generale Movimento dei Focolari di Rocca di Papa che custodisce il fondo della fondatrice Chiara Lubich29; tre le realtà torinesi: la Biblioteca Braille – Centro regionale di documentazione per non vedenti (con il Fondo Pro cultura femminile Torino), la Biblioteca dell’Associazione pro cultura femminile fondata nel 1911 e con un patrimonio di oltre 40.000 volumi, e la Biblioteca del Centro studi e documentazione Pensiero Femminile.
Di sicuro interesse, ma costituenti contesti a parte tutti da indagare, le biblioteche delle carceri, quali la Biblioteca femminile della Casa circondariale di Vigevano (circa mille volumi e tre periodici correnti) e la Biblioteca di Rebibbia (circa 8.500 volumi).
Alcune di queste realtà risultano prive di riferimenti di contatto, a testimonianza di una presenza che negli anni non si è consolidata, ma ha lasciato tracce evidenti soprattutto nella composizione (talvolta numericamente rilevante) delle collezioni librarie.
In una buona parte delle biblioteche sopra citate, più che rintracciare i segni di collezioni bibliografiche afferenti alle sezioni Udi, si evidenzia la presenza di archivi, ad ulteriore conferma che le biblioteche, di qualunque genere, continuano ad essere contenitori ibridi della memoria, dove libri e documenti si sovrappongono per restituire la complessità delle attività culturali del territorio.
2. Le biblioteche dell’Udi
Per quanto riguarda le biblioteche direttamente legate ad una sede Udi, il portale dell’Anagrafe delle biblioteche italiane restituisce quattro riferimenti: la Biblioteca dell’Udi di Ferrara, l’Archivio biblioteca Margherita Ferro di Genova, la Biblioteca delle donne dell’Udi di Palermo, e l’Archivio biblioteca centrale della sede nazionale Udi di Roma. A queste si aggiungono istituzioni che conservano al loro interno, perché confluiti a vario titolo, i fondi librari delle Udi locali: la Biblioteca dell’Isrec-Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, la Biblioteca dell’Istituto di storia della Resistenza e dell’Età contemporanea – Sede provinciale di Forlì, la Biblioteca dell’Unione femminile nazionale di Milano, il Centro Culturale Livia Bottardi Milani di Pegognaga in provincia di Mantova, e la Biblioteca della Casa delle donne di Ravenna. La ricerca evidenzia con chiarezza l’esiguità di questi fondi bibliografici rimasti ormai confinati o negli istituti storici per la resistenza, o in contenitori culturali femministi. Nel primo caso, gli stretti rapporti fra Udi, Pci e Anpi-Associazione nazionale partigiani d’Italia hanno indissolubilmente legato parte di questa memoria femminista alla dimensione resistenziale e politica di sinistra. Non parliamo di uno snaturamento, perché le ragioni della confluenza di queste collezioni negli istituti per la resistenza sono chiare e anche piuttosto ovvie, ma sicuramente di uno spostamento di visuale anche nella valorizzazione dei fondi che da materiali femministi si trasformano in documenti per la storia contemporanea del nostro Paese pagando lo scotto di essere stati estrapolati da un contesto militante proprio. La questione non è da poco se si pensa alle prospettive di ricerca: un fondo femminista in una biblioteca specializzata in storia contemporanea e della resistenza mantiene intatto il suo valore evocativo e di memoria? Riesce ad esprimere appieno il profilo della militanza delle donne? Entra in dialogo con le altre esperienze femminili del territorio? Diverso il caso delle biblioteche dell’Udi che si sono mantenute tali fin dalla nascita del gruppo sul territorio (la biblioteca di Ferrara, per esempio), o che si sono costituite come insieme organizzato nel corso degli anni (si veda, per esempio, la Biblioteca Margherita Ferro dell’Udi di Genova inaugurata ufficialmente nel 1989 e intitolata alla dirigente genovese dell’Udi30, o la biblioteca dell’Udi di Palermo fondata nel 1987).
Se si entra nel dettaglio delle biblioteche che afferiscono direttamente alle realtà associative locali dell’Udi, vediamo che i patrimoni bibliografici vanno dai 500 volumi nella biblioteca di Ferrara (a cui si aggiungono però audiovisivi, periodici, tesi di laurea e un cospicuo gruppo di opuscoli e materiali vari definiti “letteratura grigia”), ai circa 5000 dell’Udi di Genova (a cui si somma un piccolo nucleo di manoscritti contemporanei e una notevole raccolta – circa trecento – di opuscoli e manifesti sia nazionali, sia locali), agli 8000 volumi di Palermo (con un cospicuo nucleo di periodici)31, fino ai circa 5000 volumi della Biblioteca della Casa delle Donne di Ravenna (che al suo interno custodisce anche un certo numero di fotografie). Un caso a parte è rappresentato dalla sede nazionale dell’Udi di Roma. Benché nell’Anagrafe Iccu si segnali la presenza di una biblioteca, di fatto in via della Penitenza si conserva solo l’eccezionale archivio storico nazionale nel quale sono confluiti i fondi personali e i fondi di alcune sezioni locali delle Udi non più esistenti. Oltre ai documenti, nell’archivio si segnala il prezioso nucleo dei manifesti: un giacimento di straordinaria importanza sia per la storia della militanza dell’Udi, sia per la storia del femminismo italiano in generale32. La parte bibliografica è costituita da riviste (periodici sia spenti, sia ancora in corso di pubblicazione), opuscoli e un piccolo nucleo di volumi (circa mille). Non si tratta di una vera e propria biblioteca, perché la raccolta non è mai stata sistematizzata se si eccettua la conservazione delle pubblicazioni edite direttamente dall’Udi o con il concorso dell’associazione che trovano qui il loro naturale luogo di conservazione in quanto testimonianza anche dell’attività editoriale, seppur residuale, dell’associazione. Negli anni, si è assistito a qualche lascito personale, di modeste entità, che però non è ancora stato valorizzato.
Le specializzazioni di queste biblioteche fanno riferimento alla più generiche sezioni della Classificazione Decimale Dewey 300 (scienze sociali) – con lo specifico della 305.4 (gruppi secondo il sesso. Donne) – e 800 (Letteratura), con incursioni nella 900 (storia). Trattandosi di fatto di biblioteche specializzate, la classe 300 è senza dubbio la più rappresentata a livello di edizioni evidenziando il notevole rilievo dei materiali conservati per chi si accinge a studi contemporanei sulla storia delle donne e dei movimenti femminili e femministi.
Laddove evidenziato, si nota che i numeri di accesso riflettono in parte il dinamismo del gruppo Udi sul territorio anche rispetto alla valorizzazione del patrimonio archivistico e librario: in alcuni casi sono piuttosto ridotti (30 negli ultimi 12 mesi per la biblioteca di Ferrara), in altri più consistenti (500 per Genova, 849 Palermo, 1000 la Casa delle donne di Ravenna)33. Va sempre sottolineato che, almeno nel caso delle biblioteche afferenti direttamente al gruppo territoriale Udi, ci troviamo di fronte a istituzioni praticamente senza personale specificatamente dedicato. Nella quasi totalità degli esempi presentati, la biblioteca viene gestita da volontarie e, in taluni casi, la catalogazione delle risorse bibliografiche viene affidata a prestatori d’opera esterni. Non esiste un vero e proprio reference specializzato, né un accompagnamento degli/delle utenti nella ricerca che viene quindi prevalentemente lasciata al singolo attraverso l’Opac Sbn o il catalogo online locale. Tutte le realtà conservano, oltre ai volumi, anche l’archivio storico dell’Udi territoriale.
Ciò che emerge dall’analisi dei fondi è non solo la specializzazione dei materiali, ma anche la presenza di pubblicazioni (pamphlet e opuscoli) di manifattura locale. Si tratta prevalentemente di scritti relativi all’attività politica del gruppo territoriale, stampati in proprio o talvolta ciclostilati, che costituiscono una risorsa di grandissima importanza non solo per la storia locale, ma anche per la ricostruzione dei movimenti femministi territoriali. Le biblioteche inoltre raccolgono le pubblicazioni dell’Udi nazionale fungendo quasi da archivio diffuso delle stampe dell’associazione. I due aspetti esprimono il valore eccezionale di queste biblioteche che infatti si presentano come istituti specializzati presso i quali è possibile trovare materiali rari relativi al movimento delle donne fra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Se si considera inoltre che quasi tutte conservano anche manifesti originali e fotografie d’epoca, si può facilmente intendere la loro importanza per gli approfondimenti di storia contemporanea italiana e per il ruolo strategico giocato nella tutela e conservazione di pubblicazioni non convenzionali e di carattere effimero. A questo si aggiunge una considerazione più generale e cioè che essendo queste biblioteche, almeno quelle direttamente afferenti a gruppi Udi ancora esistenti, risultato di un “soggetto produttore” dalle caratteristiche simili, potrebbero rispecchiare la stessa impostazione a livello di formazione ed implementazione dei cataloghi (e non stupirebbe se emergesse una particolare attenzione per la letteratura non solo italiana e, negli ultimi anni, un forte interesse verso la produzione dei movimenti queer e lgbt+ che hanno in parte “snaturato” la composizione femminista delle raccolte). Sarebbe infatti interessante confrontare le pubblicazioni possedute dalle singole biblioteche delineando le linee di continuità e l’omogeneità delle proposte di approfondimento che venivano sottoposte alle socie e che allo stato attuale si possono solo ipotizzare e brevemente tratteggiare.
Come accennato più sopra, caso a parte è rappresentato dai fondi bibliografici Udi conservati in altri istituti. Come si evidenzia dall’Anagrafe, trattasi non tanto di collezioni di volumi, ma di fondi archivistici pervenuti per riversamento. È il caso del Fondo Unione Donne Italiane-Udi dell’Isrec di Bergamo, i cui 17 faldoni denunciano la struttura archivistica del corpus; di quello dell’Istituto storico della Resistenza di Forlì, e in parte del fondo denominato Archivio Udi conservato presso la Biblioteca di Pegognaga che conserva sia 300 buste di documenti, sia circa 400 pubblicazioni tra riviste e libri che testimoniano la vita dell’Unione Donne in Italia a Mantova dal 1950 al 199734.
La scheda della Biblioteca Fondazione Elvira Badaracco parla invece di un fondo Udi Milano costituito totalmente da materiale bibliografico. Infatti, spostandoci sul sito dell’associazione si legge in dettaglio che
si tratta di circa ottocento volumi, perlopiù di saggistica, che spaziano in tutti i settori disciplinari e particolarmente sui temi oggetto della azione politica della sezione milanese: salute delle donne e delle lavoratrici, consultori, servizi per l’infanzia, salute sessuale e riproduttiva (con un focus importante sulla proposta di legge regionale per il parto in casa degli anni Novanta), politiche pubbliche statali e locali per le donne, dossier e analisi sul mondo del lavoro e sulla trasformazione della famiglia, sulla violenza sessuale, sulla prostituzione. Nel fondo sono presenti gli atti di tutti i congressi dell’Udi dalle origini agli anni Duemila35.
3. Conclusioni
Come gli archivi delle associazioni femministe, le biblioteche delle donne, e così le biblioteche dell’Udi, hanno in sé la duplice potenzialità di essere biblioteche specializzate e di custodire la memoria di un gruppo di persone che ha intrapreso e portato a termine rivoluzioni non armate, elemento propulsivo indispensabile per la crescita sociale del nostro Paese. Non le si può descrivere quindi solo come giacimenti di libri, sebbene proprio dai libri e grazie ad essi acquisiscano quella connotazione peculiare che fa di esse strumenti privilegiati di indagine e punti di partenza essenziali per la storia delle donne. In parte, le si può descrivere come il sedimentarsi di un percorso culturale che ha fatto della militanza politica la sua espressione più compiuta. Queste biblioteche sono il punto di arrivo e l’elemento di continuità di una lotta che ha manifestato tutta la sua integrità nell’XI Congresso dell’Udi che decretò l’uscita dell’associazione dalle strette maglie del controllo del Pci. Possiamo quindi proporne la lettura come se ogni volume in esse conservato fosse un documento unico ed irripetibile destinato a portare con sé l’evidenza di un discorso; e la biblioteca stessa un insieme in grado di raccontare i processi di formazione e di trasformazione delle donne italiane dal ١٩٤٥ ad oggi. Purtroppo, non solo alcune biblioteche Udi non sono giunte fino a noi, ma, in altri casi, le raccolte bibliografiche che si erano sedimentate nei decenni non sono state valorizzate con, per esempio, l’inserimento delle risorse in Sbn (si pensi al fatto che la ricca biblioteca dell’Udi di Genova è in fase di catalogazione solo dal 2018).
Altra considerazione da fare è la dispersione dei materiali femministi in istituti altri rispetto alle associazioni e alle realtà che li hanno generati (per esempio, il periodico “Noi donne spezzine” è oggi conservato solo nella biblioteca civica Mazzini di La Spezia), e il “Bollettino dell’Unione donne italiane” pubblicato nel 1953 è ora conservato solo presso la Fondazione Gramsci Emilia-Romagna di Bologna36. A questi si aggiungono le numerose pubblicazioni d’occasione che sono possedute talvolta in un’unica copia solo nelle biblioteche di quei gruppi che sono resistiti nel tempo, e che forniscono una dimensione anche dell’attività editoriale promossa dalle Udi territoriali soprattutto a seguito di seminari, incontri di approfondimento e convegni. Si tratta quindi di testimonianze preziosissime non solo dell’azione politica, ma anche della capacità di non disperdere la memoria, di valorizzare l’attività di ricerca e di approfondimento condotta sulle tematiche che riguardavano le donne (si pensi a tutto quanto è stato prodotto sull’interruzione volontaria di gravidanza, la medicalizzazione del parto, il divorzio, la violenza di genere).
Le biblioteche dell’Udi, per quanto residuali nel panorama bibliotecario italiano, con la loro specificità restituiscono un modo di definire la teoria femminista, una volontà chiara di costruire giacimenti specializzati sul femminismo e la storia delle donne e del loro pensiero. Come molte realtà minori possiedono nella loro struttura potenzialità enormi non solo per studiose e studiosi, ma anche per tutti coloro che in esse possono ricercare e trovare il senso di una lotta e di una militanza che continua ancora oggi.
Note
1 Si veda, seppur in un ambito completamente diverso, la sorte condivisa dalle biblioteche specializzate degli ordini professionali genovesi in gran parte disperse perché non più ritenute necessarie per la formazione degli iscritti. Valentina Sonzini, Le biblioteche degli ordini professionali: il caso genovese, in “AIB Studi”, settembre/dicembre 2019, vol. 59, n. 3, pp. 413-421. Doi: 10.2426/aibstudi-12012.
2 Per una breve introduzione sul tema si veda Valentina Sonzini, Femminile plurale: narrazioni di donne attraverso biblioteche e archivi in Francesca Ghersetti, Annantonia Martorano, Elisabetta Zonca (a cura di), Storie d’autore, storie di persone. Fondi speciali tra conservazione e valorizzazione, Roma, AIB, 2020, pp. 129-133.
3 Si tratta della Biblioteca Italiana delle Donne – Centro di Documentazione, Ricerca e Iniziativa delle Donne presso la quale sono conservati: numerosi fondi di femministe (Anna Rossi Doria, Ida Gianelli, Rosi Braidotti e Laura Lilli); circa 500 periodici italiani e internazionali; la Collezione Storica che raccoglie, oltre ai volumi pubblicati prima del 1970, fotografie e manifesti; la Biblioteca di Sofia rivolta a bambini e ragazzi; e il Fondo Artiste italiane contemporanee (https://bibliotecadelledonne.women.it). Con la sua collezione di oltre quarantamila volumi, la biblioteca si colloca di diritto come uno dei maggiori centri specializzati del panorama europeo.
4 Si accenna qui soltanto alla Biblioteca CIF Alessandro Manzoni di Cogoleto sorta nel 1973 come punto di lettura per sopperire alla carenza istituzionale e oggi costituita da circa ventimila testi (www.bibliotecacif.it). Tutti i siti internet citati nel contributo sono stati consultati il 12 settembre 2022.
5 Rete Lilith, https://www.retelilith.it. Molti dei centri che costituirono la rete storica e che rispondono a sigle associative non sono censiti nell’attuale Anagrafe Iccu.
6 Anagrafe delle biblioteche italiane, https://anagrafe.iccu.sbn.it/it/ricerca/ricerca-semplice/risultati.html?monocampo=udi®ione=&provincia=&comune=&codice_isil=&ricerca_tipo=semplice&monocampo:tipo=AND. L’Anagrafe è un elenco periodicamente aggiornato dall’Iccu; in essa sono censite, a partire dagli anni Novanta, tutte le realtà bibliotecarie italiane: «la base dati Anagrafe delle biblioteche italiane fornisce una serie di dati sul complesso delle biblioteche italiane, che vanno da quelli anagrafici a quelli sul patrimonio e sui servizi, organizzati in modo tale che ne sia facile la consultazione e l’aggiornamento in internet» (https://anagrafe.iccu.sbn.it/it/informazioni/storia/). Ogni istituzione censita è contrassegnata dall’Iccu (che è stato riconosciuto come Agenzia nazionale per l’Italia dall’Isil Registration Authority) attraverso un codice Isil-International Standard Identifier for Libraries and related organizations che è l’identificativo standard internazionale conforme alla norma ISO 15511 per le biblioteche e le organizzazioni collegate come archivi e musei ed è ovviamente utilizzato nella base dati Anagrafe. Nella ricerca sono stati utilizzati i termini “donna” e “donne” e i risultati ottenuti non sempre sono stati pertinenti, non hanno cioè fornito riscontri a biblioteche di donne o che conservano fondi di donne. Si evidenzia che molte di queste biblioteche si costituiscono negli anni Ottanta del Novecento forse come reflusso, o messa a sistema, della militanza che fino a quel momento si era espressa nei luoghi pubblici e aveva però favorito il sedimentarsi di materiali “di lavoro”.
7 Biblioteche delle donne, www.laadan.it/biblioteche.
8 Biblioteca e il Centro di Documentazione Elca Ruzzier, www.casainternazionaledonnetrieste.org/biblioteca-e-centro-di-documentazione-elca-ruzzier.
9 Il sito del liceo non restituisce però alcuna informazione in merito (Liceo Grassi, www.liceograssi.edu.it/pagine/biblioteca).
10 Fondata nel 1980 ha un notevole patrimonio di periodici specializzati (Centro Documentazione Donna, www.cddferrara.it/index.php/chi-siamo).
11 Biblioteca Naudet. Donna e fede, www.bibliotecanaudet.it.
12 Presenza donna. Biblioteca, www.presdonna.it/biblioteca.
13 Si definisce «La più grande biblioteca di genere della Toscana e una delle più antiche d’Italia» e nei primi anni Novanta è stata tra le fondatrici della Rete Lilith (Casa della donna di Pisa. Biblioteca, www.casadelladonnapisa.it/biblioteca).
14 Centro documentazione donna, www.cddonna.it.
15 La Biblioteca delle Donne “Laura Cipollone”, www.regione.umbria.it/la-regione/biblioteca-delle-donne1.
16 Della quale però, il sito dell’associazione, non da riscontro (Donna Woman Femme, www.dwf.it).
17 Archivia, www.archiviaabcd.it/patrimonio.
18 Centro di Documentazione e Studi delle Donne di Cagliari. La biblioteca, www.cdsdonnecagliari.it/la-biblioteca-2.
19 Biblioteca delle Donne dell’Aquila, https://donatellatellini.it/biblioteca-delle-donne/chi-siamo.
20 Biblioteca delle donne di Soverato, www.bibliotecadelledonnesoverato.it/?p=chisiamo.
21 Biblioteca Gambalunga. Fondo Dominars, https://bibliotecagambalunga.it/nbiraccolte/fondo-dominars.
22 Le stanze di Elsa, http://193.206.215.10/morante/index.html; Fondo Lalla Romano, www.braidense.it/risorse/lallaromano.php.
23 Biblioteca Comunale “A. Signoretti”. Le sezioni, www.bibliotecacapranica.it/le-sezioni.
24 Fondazione Lelio e Lisli Basso. Storia delle donne, www.fondazionebasso.it/2015/biblioteca/fondi-speciali/storia-delle-donne.
25 Museo della moda di Napoli, https://museodellamodanapoli.com.
26 La biblioteca civica, www.bibliotechecivichepadova.it/it/biblioteche/civica.
27 Biblioteca Comunale “Emma Agnetti Bizzi”, www.comune.langhirano.pr.it/node/6871.
28 «La raccolta del materiale di documentazione esiste dal 1970 ed è una delle più antiche raccolte su donne, lavoro e genere in tutta Italia. Contiene archivi, documenti cartacei e visivi, riviste, ritagli biografici, libri, brochure, relazioni, tesi, interviste, immagini e audio, oggetti e documentazione» e si affianca al Centro, fisicamente presente presso Villa Gaia ed istituito con il Fondo della scrittrice giornalista Marta Ajò (Fondazione Villa Gaia).
29 Per maggiori informazioni: Archivio generale, www.focolare.org/chi-siamo/archivio-generale/ e Archivio generale del Movimento dei Focolari, www.sa-lazio.beniculturali.it/index.php?it/269/archivio-generale-del-movimento-dei-focolari-rocca-di-papa-rm.
30 Per informazioni si vedano sia il sito web (Udi Genova. Biblioteca Margherita Ferro, www.udige.it/biblioteca-margherita-ferro/), sia la pagina Facebook (www.facebook.com/bibliotecamargheritaferro). La biblioteca è entrata ufficialmente nel polo Sbn della Regione Liguria con la convenzione siglata il 19 luglio 2018 e consta di circa 5000 volumi a cui si aggiungono riviste specializzate, circa cento manifesti riferiti sia all’Udi locale sia a quella nazionale, e l’archivio storico, di deposito e corrente.
31 La biblioteca dell’Udi di Palermo è l’unica biblioteca delle donne in tutta l’isola. È anche un centro di documentazione – intitolato ad Anna Nicolosi Grasso – sostenuto dal Gruppo di Pedagogia della differenza costituitosi nel 1988 (Udi Palermo. Biblioteca, https://sites.google.com/view/bibliotecadelledonneudipalermo/informazioni.
32 Per maggiori informazioni sull’archivio storico Udi e il progetto di digitalizzazione dei manifesti si veda il sito web L’Archivio centrale dell’Udi, https://archiviodigitale.udinazionale.org/archivio-digitale. Sui manifesti nello specifico si veda: Marisa Ombra (a cura di), Donne manifeste: l’Udi attraverso i suoi manifesti 1944-2004, Milano, Il Saggiatore, 2005.
33 Anche questi dati fanno riferimento alle pagine specifiche delle biblioteche censite nell’Anagrafe Iccu.
34 Centro culturale Livia Bottardi Milani. Patrimonio, www.centroculturalepegognaga.it/patrimonio-2.
35 Unione donne italiane, dal 2003 Unione donne in Italia (Unione Femminile. Fondi speciali della biblioteca, https://unionefemminile.it/fondi-speciali-della-biblioteca-profili-biografici-delle-donatrici.
36 Codice Acnp-Catalogo italiano dei periodici P 00036765 (permalink: https://acnpsearch.unibo.it/journal/25355) per il primo e P 00072922 (permalink: https://acnpsearch.unibo.it/journal/47159) per il secondo (id. Sbn UBO1630139).