Care amiche,
è in corso all’Udi di Bologna un progetto molto interessante: raccogliere tutto il materiale che in questi anni è confluito nella ns/sede, nelle vostre case e nei circoli per dargli una sistemazione organica; costruire un archivio! È importante per noi tutte, perché ci permetterebbe di ripercorrere le tappe della ns/storia, di ricostruire l’intera vicenda della emancipazione e della liberazione femminile italiana, di offrire la possibilità anche a chi non ci conosce di verificare il contributo che la nostra Associazione ha dato alla crescita del movimento delle donne. […] Vorremmo che tutte insieme fossimo coinvolte in questo progetto e chiediamo il vostro aiuto. Ci occorre la vostra singola memoria storica, per rendere vitale l’archivio […] Vorremmo però invitarvi ad uno sforzo ulteriore […] sarebbe importante che ci inviaste o ci portaste, nella nostra sede in via Zamboni, qualunque cosa che riguardi l’Udi e che conservate, in casa o nel circolo: ricevute di contributi, volantini, giornali, manifesti, comunicati, note spese …, ci interessa tutto, perché tutto ha importanza per ricostruire la nostra storia […]1.
Il fondo fotografico dell’Unione Donne in Italia (Udi) di Bologna è costituito da oltre 3000 fotografie, che documentano iniziative e attività organizzate e sostenute dall’associazione a Bologna, e in altre città italiane, dalla seconda metà degli anni Quaranta del Novecento fino ai primi anni Duemila. Le vere protagoniste del fondo sono le donne, bolognesi, italiane e persino straniere, ritratte sia collettivamente che individualmente in spazi pubblici e privati.
La storia del fondo fotografico è strettamente legata alla costituzione dell’Archivio storico Udi di Bologna, avvenuta tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta del secolo scorso. Nel giugno 1991, l’Archivio venne dichiarato “di notevole interesse storico”, da Elisabetta Arioti per conto della Sovrintendenza archivistica e bibliografica dell’Emilia-Romagna2. Conclusa l’inventariazione dei principali fondi documentali, l’Archivio aprì le porte al pubblico il 7 giugno 19913, dopo un percorso pluriennale ispirato da più ampi mutamenti avvenuti a livello nazionale.
A seguito di un processo decennale di scambio e contaminazione con i movimenti neo-femministi, il IX Congresso Udi (Roma, 20-23 maggio 1982) azzerò “l’organizzazione gerarchica nelle singole sedi e nella dimensione territoriale generando, come unico organismo dirigente, l’assemblea nazionale autoconvocata aperta a tutte”4. Come messo in luce recentemente da Rosangela Pesenti, il Congresso del 1982 fu non solo un momento di svolta politica fondamentale nella storia dell’associazione, ma anche il contesto in cui maturò la consapevolezza del patrimonio di storia depositato presso le rispettive sedi, nazionale e locali.
Le stesse donne dell’Udi furono le protagoniste del salvataggio della documentazione prodotta dall’associazione e le promotrici di una rete di oltre 44 archivi sul territorio nazionale5, che nel 2001 decise di darsi una forma associativa con la costituzione dell’Associazione Nazionale degli Archivi Udi6. All’istituzione dell’Archivio Centrale Udi, con sede a Roma, aveva sovrinteso un “Gruppo archivio”, composto da dirigenti di primo piano dell’associazione come Luciana Viviani, Marisa Ombra e Maria Michetti7.
L’esperienza nazionale fu riproposta a livello locale. Le Udi dell’Emilia-Romagna promossero, con tempistiche differenti, l’istituzione di archivi storici territoriali a Bologna, Modena, Ferrara, Reggio-Emilia, Ravenna, Forlì-Cesena, Imola. Un’associazione regionale fu creata nel 1989, per coordinare le attività dei costituendi archivi e promuovere un dialogo con le istituzioni pubbliche, dalla Sovrintendenza archivistica, all’Istituto dei Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna8.
Anche a Bologna, la costituzione dell’Archivio storico Udi fu promossa da un locale “Gruppo Archivio”9, che divenne formalmente una delle articolazioni interne dell’associazione. Creato nel luglio 1987, il Gruppo Archivio Udi di Bologna si ispirò espressamente all’attività dell’omonimo gruppo nazionale10, operando su due diversi binari. Da un lato, promosse una ricognizione e organizzazione delle carte già in possesso dell’associazione, che sfociò nella redazione degli inventari dei due principali fondi documentali11, dall’altro si attivò per il reperimento della documentazione in possesso delle militanti.
Una richiesta scritta, come emerge dalla citazione riportata in apertura, venne rivolta ai circoli Udi della provincia bolognese e alle singole attiviste alla fine del 1987. La lettera redatta dal Gruppo Archivio Udi bolognese invitava le donne dell’associazione a partecipare alla costruzione collettiva dell’archivio, esplicitando l‘importanza della relazione tra storia e memoria. Ripercorrere e comunicare la storia dell’“emancipazione e della liberazione femminile italiana”, e il ruolo svolto da Udi in quella stessa storia, fu quindi l’obiettivo politico-culturale che spinse le attiviste bolognesi degli anni Ottanta a dar vita all’Archivio storico.
Per una storia del Fondo fotografico di Udi di Bologna
Un’altra cosa che ci piaceva molto era vedere la possibilità intanto di sistemare tutte le fotografie che abbiamo (e qui ci sarebbe bisogno di donne Udi ombre del passato per conoscere i luoghi e le iniziative) catalogarle – e poter fare una mostra entro l’8 marzo – accompagnate da testimonianze […]12.
Alla documentazione conservata presso la sede dell’associazione, all’inizio del lavoro del Gruppo Archivio, è possibile risalire attraverso elenchi dattiloscritti piuttosto dettagliati13. Il patrimonio fotografico era invece solo menzionato genericamente nella proposta d’intervento archivistico redatta nel 1990, che segnalava l’esistenza di un centinaio di manifesti e due contenitori di fotografie14.
Nessuna ulteriore indicazione precisava consistenza ed estremi cronologici di quel primo nucleo di materiale fotografico. Tuttavia, dal confronto con gli elenchi del fondo documentale dell’associazione, è stato possibile risalire ad alcune delle principali tematiche tra cui “occupazione femminile”, “maternità e sessualità”, “diritto di famiglia”, “servizi sociali”. Inoltre, le buste di carta originali degli studi fotografici utilizzate per conservare le fotografie, giunte fino a noi, hanno costituito uno strumento prezioso per ricostruire, pur per frammenti, la storia del fondo fotografico.
Le iscrizioni manoscritte relative agli eventi documentati, con le date in cui questi si erano svolti, ci spingono ad ipotizzare che le fotografie originariamente conservate da Udi di Bologna fossero state commissionate dall’associazione a fotografi professionisti e studi fotografici, per documentare le attività svolte tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Questa parte del patrimonio fotografico è infatti l’unica ad aver mantenuto l’originaria fisionomia, organizzata cronologicamente e per servizi fotografici, corrispondente alla sua sedimentazione nel tempo.
Le fotografie degli anni Quaranta e Cinquanta, invece, pur presentandosi dal punto di vista tematico piuttosto uniformi e pertinenti nel documentare l’attività dell’associazione, mostrano un’ampia varietà di formati, anche tipici della fotografia amatoriale e di uso privato, di autori e di iscrizioni originali sui versi. È quindi plausibile ritenere che si tratti per lo più di documentazione fotografica proveniente dai diversi circoli della periferia e della provincia bolognese15, nonché da singole attiviste Udi. Le fotografie risalenti agli anni Ottanta e Novanta del Novecento, infine, sono da considerarsi in parte frutto di commissioni a studi fotografici e in parte realizzate dalle stesse attiviste per l’associazione, al comune scopo di documentare le attività e le iniziative sostenute da Udi, a Bologna e in altre città italiane, in quel periodo storico.
Un primo intervento organico sul fondo fotografico, più volte auspicato dal Gruppo Archivio in numerose memorie e piani di lavoro16, fu avviato dopo l’allestimento della mostra Una… tante. I volti e le storie di donne dal 1945 alla fine degli anni ’70, realizzata a cura dello stesso Gruppo Archivio nel 199217. In quell’occasione, fortemente voluta dalle attiviste dell’associazione come ideale compimento e presentazione del lavoro del Gruppo Archivio Udi di Bologna, si pose la necessità, tutt’altro che trascurabile per la selezione delle fotografie da esporre, di compiere un primo lavoro di ricognizione e schedatura dei materiali.
Il fondo fotografico fu oggetto di un primo intervento di catalogazione ad opera dell’archivista Magda Abbati18. L’intervento interessò circa 2.500 positivi delle oltre tremila fotografie presenti nell’archivio, mentre furono esclusi i negativi e i provini a contatto. Non risultavano inoltre catalogati i positivi con datazione successiva alla data dell’intervento e le stampe appartenenti ai servizi descritti ma presumibilmente ritrovate in anni successivi, nonché le stampe a colori risalenti agli anni Ottanta e Novanta del Novecento, forse acquisite a catalogazione terminata.
Le fotografie erano originariamente conservate in dieci buste e un fascicolo, organizzate dalle stesse attiviste del Gruppo Archivio dopo un lavoro di ricognizione e di identificazione. Sul verso della maggior parte delle fotografie erano state apposte iscrizioni, a penna o lapis, recanti datazioni, soggetti, eventi documentati e, talvolta, nominativi delle persone ritratte.
Alla fine della catalogazione, ogni fotografia era stata numerata e descritta in un’apposita scheda cartacea19 da parte dell’archivista, che riportava anche le iscrizioni suddette. Ciò evidenziava anche per l’immagine fotografica, il complesso intreccio tra storia e memoria, da un lato, e la complessità di contestualizzare il patrimonio fotografico in assenza di chiari strumenti di corredo.
Dall’analisi di alcune delle buste in cui erano conservate le fotografie, è emerso un ulteriore tentativo, compiuto dal Gruppo Archivio prima o dopo l’intervento di catalogazione, di organizzare la documentazione fotografica per raggruppamenti tematici20. Probabilmente, su questa stessa linea, si è mosso l’intervento, iniziato nel 2013 e poi interrotto, di ricondizionamento e riordino della documentazione.
Il progetto di inventariazione e il portale ArchIVI
Nel progetto d’inventariazione conclusosi nel 2018, si è scelto di ripartire dall’organizzazione del patrimonio fotografico, così come si presentava al termine della catalogazione realizzata negli anni Novanta da Magda Abbati. La prima fase dell’intervento si è concentrata sulle fotografie degli anni Sessanta-Settanta ed è consistita nel riordino e identificazione dei servizi fotografici e delle serie tematiche originarie, grazie anche alle iscrizioni originali presenti sulle buste di carta. Successivamente, si è proceduto alla ricollocazione delle fotografie nei faldoni e nelle buste di carta da cui negli anni erano state estratte, riconducendole ai servizi fotografici di provenienza.
La seconda fase del lavoro ha preso in esame le fotografie degli anni Quaranta-Cinquanta, individuando i possibili servizi fotografici, sebbene solo attraverso timbri e iscrizioni originali sul verso delle fotografie, poiché raramente la documentazione si presentava conservata in buste di carta con indicazioni originali relative al contenuto. I servizi individuati sono stati ordinati cronologicamente e, quando possibile, vi sono stati ricondotti anche i negativi e i provini a contatto corrispondenti. Nei casi in cui l’individuazione dei servizi fotografici si è rivelata non praticabile, le fotografie sono state organizzate per unità documentaria o serie tematica.
Al termine delle due fasi di riordino, necessarie al ripristino dell’originale sedimentazione della documentazione, è stata proposta un’ulteriore organizzazione della documentazione su base tematica, al fine di completare quanto era stato iniziato dal Gruppo Archivio negli anni Novanta del Novecento, obiettivo ancora ritenuto utile dall’associazione. La documentazione è stata ordinata secondo “temi” o “parole chiave” capaci di richiamare in modo significativo le funzioni e le attività di Udi.
La struttura del fondo fotografico oggi si articola nelle seguenti serie: Infanzia; Solidarietà; “Noi Donne”; Relazioni internazionali; 8 Marzo (Giornata internazionale della donna); Lavoro; Servizi sociali; Pace; Congressi; Maternità, consultori e aborto; Divorzio e diritto di famiglia; Violenza; Incontri, seminari, convegni e iniziative. All’interno di ciascuna, la documentazione descritta per unità archivistiche e unità documentarie, è stata ordinata cronologicamente. In alcuni casi, data l’ampiezza e varietà della documentazione, si è scelto di ripartire le serie in ulteriori sottoserie21.
I “temi” suddetti sono stati definiti di concerto con l’associazione, per renderli lessicalmente più pertinenti ai paradigmi concettuali utilizzati dalla stessa nel corso del tempo e non dare adito ad anacronismi. Si è inoltre proceduto a un confronto con i titolari tematici utilizzati per la descrizione dei fondi documentali negli archivi dell’associazione a livello nazionale, regionale e provinciale.
La documentazione così organizzata è stata oggetto di descrizione analitica e inventariazione su piattaforma xDams, nell’ambito del progetto Una città per gli archivi. Divenuto operativo nel 2007, il progetto è stato originariamente promosso e finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, con la finalità di preservare e rendere fruibili gli archivi bolognesi dell’Otto e del Novecento, non di rado a rischio di dispersione22.
L’inventario del Fondo fotografico Udi di Bologna è pubblicato e consultabile sul Portale archIVI (http://www.cittadegliarchivi.it/) che, realizzato nell’ambito del progetto Una città per gli archivi, offre agli utenti la possibilità di visionare on-line le risorse informative dei più significativi archivi per la storia della città di Bologna, nel corso dell’Otto e Novecento, ed effettuare una molteplicità di ricerche.
Donne, diritti, solidarietà: una storia per immagini
La potenzialità della fotografia per la storia delle donne e di genere, è stata sottolineata a più riprese, già negli anni Ottanta da storiche come Annarita Buttafuoco e più recentemente da studiose come Monica di Barbora23. Se la scarsità di fonti rende la fotografia particolarmente importante, nel caso di Udi Bologna sono le fotografie a documentare meglio di altre fonti, la molteplicità di attività svolte dalle donne dell’associazione, e non solo, nei suoi primi anni di attività. Al contempo, come è stato messo in luce recentemente da Roberto Grandi24, se la fotografia “attiva una funzione rappresentazionale, presentandoci immagini che percepiamo come riproduzione della realtà, e una funzione costruttiva, in quanto è attraverso quelle immagini che conosciamo la realtà di cui non abbiamo una esperienza diretta” ciò è particolarmente vero nel caso delle fotografie presenti negli Archivi Udi.
Le fotografie conservate nel Fondo fotografico Udi di Bologna, oggi completamente ordinate e consultabili, documentano la realtà sociale e politica dell’Italia repubblicana, e della provincia emiliana in particolare, attraverso uno sguardo e un punto di vista specifico, che è squisitamente femminile. La commistione della funzione rappresentazionale e costruttiva di queste fotografie, emerge a chiare lettere soprattutto nei servizi fotografici, commissionati a fotografi professionisti dalle stesse dirigenti dell’associazione, non solo a fini documentativi ma anche di comunicazione politica.
La centralità della fotografia nel sistema di comunicazione politica di Udi, è stata messo in luce, ad oggi, soprattutto in relazione alla rivista “Noi Donne”25, organo di stampa dell’associazione fino al 1968. Alla fotografia venne assegnato dalle dirigenti Udi, il compito di mostrare ruoli e lavori delle donne nel primo ventennio dell’Italia repubblicana, ma anche di documentare campagne, manifestazioni, eventi organizzati dall’associazione. Nelle fotografie pubblicate su “Noi Donne”, e nelle molte conservate nel rispettivo archivio fotografico26, le donne sono rappresentate in contesti cittadini e rurali, in spazi pubblici (piazze), lavorativi (fabbriche) o privati (abitazioni).
La presenza e il protagonismo femminile nel periodo compreso tra il 1948 e il 1968, spesso taciuta o minimizzata dalle fonti scritte e non ancora oggetto di ricostruzioni storiche sistematiche27, emerge prepotentemente dalle fotografie pubblicate su “Noi Donne” e dalle migliaia ancora inedite conservate negli archivi Udi disseminati sul territorio nazionale, delle quali non esiste, a differenza dei fondi documentali, una quantificazione precisa. Sia le fotografie realizzate da fotografi professionisti che quelle realizzate in modo amatoriale dalle stesse attiviste, consentono di mettere a fuoco dimensioni e forme dell’attivismo femminile nei singoli contesti territoriali, nonché il mutare delle forme di partecipazione politica e della soggettività femminile tra anni Quaranta e Settanta. La presenza delle donne negli spazi pubblici costituisce un’interessante costante, nonostante nuove parole e corpi femminili trasformino questi stessi spazi nel corso del tempo.
La varietà e ampiezza cronologica del Fondo fotografico Udi di Bologna consente di tracciare un percorso storico che, riprendendo l’organizzazione tematica del fondo, illustri le principali aree di attività dell’associazione, in stretto collegamento alla più generale storia politica e sociale del primo trentennio dell’Italia repubblicana28. Le dieci immagini qui presentate sono state scelte prestando particolare attenzione alle forme e specificità dell’azione collettiva femminile, agita prevalentemente negli spazi pubblici della città e provincia di Bologna.
L’8 marzo, Giornata internazionale della donna, assurse nell’Italia repubblicana a momento non solo di festa ma soprattutto di lotta e rivendicazione per le donne dell’Udi. Diritto al lavoro, parità salariale, accesso a tutte le carriere, servizi sociali e asili nido, erano solo alcune delle richieste avanzate dalle donne italiane tra anni Quaranta e Sessanta in occasione dell’8 marzo29. La mimosa, immortalata nella Fig. 1, divenne il simbolo per eccellenza dell’emancipazione femminile. Il fiore veniva distribuito dalle stesse donne e bambine nelle piazze ma anche fuori dai luoghi di lavoro. Le offerte venivano raccolte in apposite cassettine e proprio queste ultime, furono il pretesto per azioni repressive da parte delle forze dell’ordine. Nel clima di forte scontro politico-ideologico che caratterizzò la Bologna dei primi anni Cinquanta30, la mimosa divenne un fiore proibito e portò all’arresto di quattro donne, vicenda documentata dal Fondo fotografico Udi di Bologna e al centro del documentario “Paura non abbiamo”(www.pauranonabbiamo.it).
L’attivismo femminile per la pace nel primo decennio della Repubblica fu particolarmente imponente e variegato31. La Fig. 2 ritrae un’iniziativa per la pace promossa da Udi di Bologna durante la Festa de l’Unità, che si svolse nel settembre 1950 ai Giardini Margherita. In quell’anno, numerosissime furono le manifestazioni per la pace promosse direttamente dalle donne dell’associazione32, delle quali rimane traccia nel fondo fotografico. Le donne dell’Udi svolsero un ruolo di primo piano sia nella raccolta di firme per l’Appello di Stoccolma contro la bomba atomica sia nella mobilitazione contro la guerra di Corea, lanciando una campagna nazionale per la raccolta di latte per i bambini coreani33. “Noi diamo la vita dobbiamo difenderla”, era lo slogan che campeggiava nel cartello portato in corteo dalle attiviste, richiamando la tradizionale funzione materna della donna. Composizioni floreali, coreografie particolarmente colorate, e la presenza di bambini e bambine erano tipici stilemi delle mobilitazioni femminili dell’epoca.
E proprio all’infanzia le donne dell’Udi dedicarono particolare attenzione all’indomani del secondo conflitto mondiale. Tra le forme di intervento più significative, spesso realizzate in stretta sinergia con istituzioni locali come il Comune di Bologna, vi fu la creazione di vere e proprie strutture ricreative (colonie estive marine e montane) e per l’accudimento dei bambini (asili nido e doposcuola)34. Secondo alcune stime, i circoli Udi del Bolognese tra il 1949 e il 1950 ospitarono quasi 2.500 bambini nelle colonie gestite dall’associazione35. La Fig. 3 mostra un gruppo di bambini del Comune di Castel San Pietro Terme in partenza per la colonia gestita da Udi, che aveva sede a Riccione. Accanto ai bambini sono ritratte le vigilatrici, volontarie dell’associazione che lavorarono, secondo le iscrizioni riportate sul verso delle fotografie, tre mesi gratuitamente nell’estate del 1946.
L’attenzione che le donne dell’Udi rivolsero all’infanzia, le spinse a divenire protagoniste di una delle più imponenti azioni di solidarietà del secondo dopoguerra, conosciuta come “i treni della felicità”36. La più ampia vocazione solidaristica dell’associazione “verso i più bisognosi, verso i più colpiti, verso i reduci, verso le vittime di guerra, l’infanzia abbandonata e traviata” veniva richiamata già al Congresso fondativo dell’associazione, nel 194537. L’Emilia-Romagna e Bologna in particolare, nella seconda metà degli anni Quaranta furono la destinazione di migliaia di bambini del Sud, provenienti in particolare dall’area napoletana e da quella di Cassino38. L’accoglienza dei bambini presupponeva un’organizzazione complessa e una rete, non solo di famiglie disposte ad ospitarli, ma anche di persone, come le attiviste Udi, che si occupassero della gestione dei vari aspetti dell’accoglienza39. La Fig. 4 mostra un gruppo di bambini, denominati dalle attiviste dell’associazione “bimbi di Napoli”, ritratti con un gruppo di operaie e operai della fabbrica Weber, e con ogni probabilità, alla presenza di donne dell’Udi. La fotografia era stata scattata plausibilmente in occasione dell’8 marzo 1946, come indicato da rametti di mimosa appuntati su giacche e divise. Il patrimonio fotografico del fondo Udi e fotografie private hanno permesso di stabilire che vari bambini, accolti in famiglie operaie, vennero portati in visita presso le fabbriche cittadine (es. Weber e Ducati).
Il tema della solidarietà era strettamente connesso agli scambi e relazioni internazionali, che soprattutto in occasione di conflitti bellici diedero origine a forme di solidarietà internazionale promosse dall’associazione nei confronti delle popolazioni in guerra40. Proprio il fondo fotografico testimonia l’ampiezza delle relazioni internazionali di Udi, sviluppatesi nel territorio bolognese soprattutto attraverso l’accoglienza di delegazioni straniere. È il caso della Fig. 5, che mostra un momento della visita della delegazione vietnamita ospitata a Bologna nel 1969. L’immagine, scattata il 15 marzo 1969, testimonia a chiare lettere la mobilitazione della popolazione bolognese contro la guerra in Vietnam41, cristallizzata dallo striscione “Vietnam libero”. All’assemblea, plausibilmente tenutasi presso l’Istituto professionale Sirani, oltre a studenti e autorità cittadine, erano presenti anche dirigenti di Udi Bologna.
La temperie politico-culturale avviatasi con il 1968, segnò per Udi l’inizio di un processo di contaminazione dapprima con i movimenti sociali e studenteschi, e negli anni successivi con i gruppi neo-femministi42. Il tema del lavoro, costituisce uno di quelli maggiormente rappresentati all’interno del Fondo fotografico Udi Bologna. Donne al lavoro in campagna, nelle fabbriche e come lavoranti a domicilio, ma anche assemblee e convegni dedicati al lavoro femminile e lavoratrici immortalate durante scioperi e manifestazioni43. La Fig. 6 documenta un momento dell’occupazione della Camiceria Pancaldi, vertenza che vide un coinvolgimento diretto dell’associazione. Nel 1967, Udi si fece promotrice di un’inchiesta sulle condizioni delle lavoratrici della Camiceria Pancaldi, che vide la collaborazione tra gli altri di Gian Franco Minguzzi44 e fu presentata in occasione del convegno nazionale promosso dall’associazione “La salute della donna che lavora”45. L’inchiesta generò un’importante presa di coscienza da parte delle operaie e una mobilitazione per migliori condizioni di lavoro sfociata, l’anno successivo, nell’occupazione della fabbrica. Durante l’occupazione, durata ben 46 giorni, Udi espresse a più riprese solidarietà alle 400 operaie in lotta, raccogliendo denaro e generi di conforto, ma anche sensibilizzando le proprie aderenti e tutti cittadini “attorno alla difesa della salute sui luoghi di lavoro”46.
A partire dal 1970, si assistette anche a un’acutizzazione della mobilitazione per la riforma degli asili nido, che portò all’organizzazione di manifestazioni e convegni sia a livello nazionale che nel contesto emiliano-romagnolo47. La battaglia per gli asili nido, si inquadrava nella più ampia strategia portata avanti dall’associazione negli anni Sessanta per una riforma e ampliamento dei servizi sociali48. La Fig. 7 ritrae una manifestazione promossa a Bologna, congiuntamente dalle Udi dell’Emilia-Romagna e dalla Lega per i poteri e le autonomie locali, nel novembre 1971, poche settimane prima dell’approvazione della legge 1044 “Piano quinquennale per l’istituzione di asili-nido comunali con il concorso dello Stato”, fortemente voluta dalle donne dell’associazione e da molti enti locali. All’evento presero parte Luciana Viviani, dirigente Udi nazionale, dirigenti locali dell’associazione come Diana Franceschi e regionali come Franca Foresti, le consigliere regionali Osanna Menabue e Jone Bartoli, l’assessore comunale Ermanno Tondi e la sindaca di Zola Predosa Marta Murotti. La soppressione dell’OMNI, di istituzione fascista, e la gestione degli asili nido da parte degli enti locali trovarono infatti un consenso trasversale.
Dopo l’approvazione della legge sul divorzio e la sua conferma con la vittoria dei no al referendum abrogativo del 1974, ebbe inizio la campagna per la riforma del diritto di famiglia. Gli slogan dell’epoca evidenziavano a chiare lettere il punto di vista delle militanti Udi “moglie e marito: uguali doveri uguali diritti”49. La Fig. 8 mostra un particolare della manifestazione che si tenne a Bologna in Piazza Maggiore nell’ottobre del 1974. È riconoscibile lo stand delle attiviste Udi impegnate nella raccolta di firme per il nuovo diritto di famiglia. La mobilitazione bolognese fu seguita nel novembre dello stesso anno da una manifestazione nazionale; la legge che riformava il diritto di famiglia e sanciva la parità dei coniugi davanti alla legge fu approvata nel maggio 197550.
La seconda metà degli anni Settanta vide un crescendo di mobilitazioni femminili sul tema dell’aborto. La posizione di Udi era riassunta efficacemente dall’espressione “superamento dell’aborto”, la strada maestra per l’associazione doveva essere la prevenzione e l’educazione sessuale. Il concetto di autodeterminazione rappresentava il nuovo orizzonte teorico dell’associazione, che riteneva necessaria una nuova legislazione sull’aborto. “Maternità, sessualità, aborto: la parola alle donne”, era lo slogan della manifestazione nazionale che si tenne a Roma nell’ottobre 197551. Nell’aprile del 1978, un mese e mezzo prima dell’approvazione della legge 194, una grande manifestazione regionale per la decriminalizzazione e regolamentazione dell’aborto invase pacificamente le vie del centro bolognese. Il corteo delle manifestanti, ritratto nella Fig. 9 mentre percorre Via Marconi e Piazza Malpighi, era composto da donne di generazioni ed estrazioni diverse a testimonianza dell’ampiezza della mobilitazione.
Nello stesso anno, si tenne a Bologna una grande manifestazione contro la violenza sulle donne. La Fig. 10 mostra un particolare del girotondo che ebbe luogo in Piazza Maggiore, a Bologna, nel febbraio 1978.
Il problema della violenza sessuale aveva catturato l’attenzione dei movimenti neofemministi e di Udi dopo il Massacro del Circeo (1975) e lo stupro di gruppo ai danni di una ragazza romana. Quest’ultimo divenne noto a livello nazionale e internazionale, per le riprese effettuate durante quello che sarebbe passato alla cronaca come il primo documentario su un processo per stupro mandato in onda dalla Rai, con il titolo “Processo per stupro” (1979). La manifestazione bolognese anticipò di alcuni mesi il Convegno internazionale sulla “Violenza contro le donne”, che si tenne a Roma nell’aprile 197852.
Note
1 Archivio UDI Bologna (d’ora in poi, Audibo), “Gruppo Archivio Udi Bologna”, Lettera inviata da Ermanna Zappaterra, Graziella Zavatti, Rita Grasso alle attiviste bolognesi, 1987.
2 In data 5 giugno 1991 la Soprintendenza archivistica per l’Emilia Romagna (oggi Sovrintendenza archivistica e bibliografica dell’Emilia-Romagna) aveva dichiarato l’Archivio Udi di Bologna “di notevole interesse storico”, a seguito della visita allo stesso condotta dalla dott.ssa Elisabetta Arioti.
3 Audibo, “Gruppo Archivio Udi Bologna”, Invito per l’inaugurazione dell’Archivio. La prima sede dell’Archivio Udi di Bologna si trovava in Via dei Falegnami 3/C.
4 Rosangela Pesenti, Storie d’archivio, storie in Archivio. Gli archivi dell’UDI si raccontano, in “Clionet. Per un senso del tempo e dei luoghi”, 1 (2017) [16-10-2017], http://rivista.clionet.it/vol1/societa-e-cultura/archivi_vivi/pesenti-storie-d-archivio-storie-in-archivio-gli-archivi-dell-udi-si-raccontano.
5 Nel primo censimento degli archivi Udi, realizzato nel 2002, furono censiti 40 fondi archivistici presenti sul territorio nazionali. Cfr. Ministero per i Beni e le Attività Culturali-Direzione Generale per gli Archivi, Guida agli Archivi dell’Unione Donne Italiane, Roma, 2002. Nell’aggiornamento realizzato nel 2012, i fondi censiti erano saliti a 44. Cfr. Centro documentazione donna di Modena (a cura di), Gli archivi dell’Unione Donne in Italia: censimento e aggiornamento, Modena, 2012.
6 Per ulteriori informazioni, si rimanda al sito dell’Associazione: http://assarchiviudi.com/.
7 Marisa Ombra, Introduzione, in Ministero per i Beni e le Attività Culturali-Direzione Generale per gli Archivi, Guida agli Archivi dell’Unione Donne Italiane, cit.
8 La Rete regionale Archivi Udi dell’Emilia-Romagna è convenzionata con l’Istituto dei Beni Culturali, Artistici e Naturali della Regione Emilia-Romagna dagli anni Novanta; la Sovrintendenza archivistica ha notificato la maggior parte degli archivi della Rete tra gli anni Novanta e Duemila.
9 Facevano parte del Gruppo Archivio Udi di Bologna: Ermanna Zappaterra, Lucia Cenocchi, Ester Bellini, Silvana Martignani, Maria Angela Tedde, Rossana Bersani, Pina di Filippo, Magda Abbati, Mora Valli e Carmen Armaroli; Cfr. Audibo, “Gruppo Archivio Udi Bologna”, Gruppo Archivio di Bologna, nota manoscritta.
10 Audibo, “Gruppo Archivio Udi Bologna”, Memoria interna per le compagne del gruppo archivio di Bologna [1988].
11 I due principali fondi documentali conservati dall’Archivio Udi di Bologna sono: il Fondo del Comitato provinciale (Udi) di Bologna; il Fondo del Comitato regionale (Udi) Emilia-Romagna.
12 Audibo, “Gruppo Archivio Udi Bologna”, Progetto 1990, nota manoscritta.
13 Audibo, “Gruppo Archivio Udi Bologna”, elenco dattiloscritto.
14 Audibo, “Gruppo Archivio Udi Bologna”, dattiloscritto [1989].
15 A seguito della riorganizzazione dell’associazione avvenuta dopo il 1982, la maggior parte dei circoli cittadini capillarmente diffusi nella città e provincia di Bologna vennero chiusi e in alcuni casi la documentazione in essi conservata confluì nella sede dell’Udi Bologna.
16 Tra questi: Audibo, “Gruppo Archivio Udi Bologna”, Progetto 1990, nota manoscritta.
17 Gruppo Archivio Udi Bologna (a cura di), Una… tante. I volti e le storie di donne dal 1945 alla fine degli anni ’70, Bologna, Tipografia Roncagli, 1992.
18 Si rimanda a: Relazione introduttiva, in Unione Donne Italiane – Gruppo Archivio di Bologna, Archivio fotografico. Inventario, a cura di Magda Abbati, Dicembre 1999.
19 Scheda descrittiva di livello inventariale nella quale sono stati rilevati: data (effettiva o attribuita con intervallo); soggetto (avvenimento o la situazione ritratta); luogo dello scatto; persone identificate; responsabilità autoriali; dimensione; tecnica; eventuali note.
20 Di questa prima organizzazione per “parole chiave” (infanzia, lavoro, servizi sociali, pace, diritto di famiglia, aborto, violenza) rimane traccia sulle buste di carta e sulle camicie utilizzate durante l’intervento di catalogazione degli anni Novanta e rinvenute ancora in archivio. Le buste recavano iscrizioni come “Pace”, “Emancipazione”, “Aborto”, “Violenza sessuale”, “Conquiste sociali”, “Diritto di famiglia”, “Parità ed emancipazione”, talvolta accompagnate da indicazioni cronologiche di massima come “anni 40”, “anni 60”, “anni 70”.
21 Relativamente alle serie Infanzia e Lavoro è stata prevista un’ulteriore organizzazione nelle sottoserie Asili nido e scuole materne, Colonie e doposcuola, Eventi ed iniziative (serie Infanzia); Donne e lavoro, Scioperi, assemblee e manifestazioni, Incontri, convegni e iniziative (serie Lavoro).
22 Armando Antonelli, Il progetto “Una Città per gli Archivi”, http://www.cittadegliarchivi.it/breve-storia-sul-progetto-una-citta-per-gli-archivi.
23 Annarita Buttafuoco, Uno specchio dotato di memoria. Note su fotografia e storia delle donne in margine alla mostra, in Cesare Colombo (a cura di), Donna lombarda. Un secolo di vita al femminile, Electa, Milano, 1989, pp. 10-15; Monica Di Barbora, Fotografia e storia di genere, in Francesco Faeta, Giacomo Daniele Fragapane (a cura di), Forme e modelli. La fotografia come modo di conoscenza. Atti del Convegno (Noto, 7-9 ottobre 2010), Corisco Edizioni, Messina, 2013.
24 Intervista a Roberto Grandi, Fotografia, musei e patrimonio: uno sguardo integrato tra pubblico e privato, a cura di Eloisa Betti, in “Clionet. Per un senso del tempo e dei luoghi”, 2 (2018).
25 Tracce di questa riflessione possono essere trovate in: Elisa Giovannetti, La solidarietà al femminile attraverso le fonti dell’Archivio Udi di Bologna, in Eloisa Betti, Fiorenza Tarozzi (a cura di), Le italiane a Bologna. Percorsi al femminile in 150 anni di storia unitaria, Bologna, Editrice Socialmente, 2013; Monica Ferrarini, Micaela Gavioli, Valeria Gilli, Parliamo di Noi (donne), in “IBC”, XXVI, 2018, 1; sul ruolo dell’immagine anche cinematografica in Noi Donne: Lucia Cardone, Noi Donne e il Cinema Dalle illusioni a Zavattini (1944-1954), Pisa, Edizioni ETS, 2009.
26 L’Archivio documentale e fotografico di “Noi Donne” è conservato presso Archivia – Archivi, Biblioteche, Centri di documentazione delle donne con sede a Roma, per ulteriori informazioni: http://www.archiviaabcd.it/cataloghi-e-inventari/noi-donne/.
27 Per uno sguardo di sintesi, si rimanda a: Eloisa Betti, Gli archivi dell’UDI come fonti per la storia del lavoro, in Saveria Chermotti, Maria Cristina La Rocca (a cura di), Il genere nella ricerca storica, Il Poligrafo, Padova, 2015, pp. 483-509.
28 Sulla relazione tra storia e fotografia nell’Italia repubblicana, si veda: Giovanni De Luna, Gabriele D’Autilia e Luca Criscenti (a cura di), L’Italia del Novecento. Le fotografie e la storia, Torino, Einaudi, 2005; Uliano Lucas (a cura di), Storia d’Italia. Annali 20. L’immagine fotografica, 1945-2000, Torino, Einaudi, 2004.
29 Betti, Gli archivi dell’Udi, cit.
30 Eloisa Betti, Senza giusta causa. Le donne licenziate per rappresaglia politico-sindacale a Bologna negli anni Cinquanta, Editrice Socialmente, Bologna, 2014.
31 Sondra Cerrai, I partigiani della pace in Italia. Tra Utopia e sogni egemomico, Padova, libreriauniversitaria.it edizioni, 2011; Patrizia Gabrielli, La pace e la mimosa. L’Unione donne italiane e la costruzione politica della memoria (1944-1955), Roma, Donzelli, 2005.
32 Si veda, tra gli altri, “l’Unità”, Un appello dell’UDI alle donne cattoliche, Cronaca di Bologna, 5.7.1950.
33 Maria Michetti, Margherita Repetto, Luciana Viviani, Udi: laboratorio di politica delle donne, Cooperativa libera stampa, Roma, 1994.
34 Per uno sguardo d’insieme: Eloisa Betti, Forme di solidarietà al femminile a Bologna nel secondo Novecento. Ipotesi di ricerca sul ruolo delle donne dell’UDI, in Betti, Tarozzi (a cura di), Le italiane a Bologna, cit.
35 Ester Capponi, L’Unione Donne Italiane per i figli dei lavoratori, in “La voce dei lavoratori”, 23 agosto 1950.
36 Termine utilizzato da Alfeo Corassori, sindaco di Modena, ripreso in Giovanni Rinaldi, I treni della felicità. Storia di bambini in viaggio tra due Italia, Ediesse, Roma, 2009, da cui è stato tratto il documentario di Alessandro Piva, Pasta nera (2011).
37 Michetti, Repetto, Viviani, Udi: laboratorio di politica delle donne, cit., Documento 6, p. 27.
38 Alba Piolanti, Le donne dell’Udi per l’infanzia durante la ricostruzione: il caso dei bambini di Napoli tra storia e memoria, in Betti, Tarozzi (a cura di), Le italiane a Bologna, cit.
39 Al riguardo si veda: Testimonianza di Maria Maddalena Rossi, in Angiola Minella, Nadia Spano, Terranova (a cura di) 1980, Cari bambini, vi aspettiamo con gioia… il movimento di solidarietà popolare per la salvezza dell’infanzia negli anni del dopoguerra, Milano, Teti Editore, 1980.
40 Betti, Forme di solidarietà al femminile a Bologna, cit.; sulle relazioni internazionali, inoltre, Wendy Pojmann, Italian women and international cold war politics 1944-1968, New York, Fordham University Press, 2013.
41 Ampia testimonianza delle manifestazione contro la guerra in Vietnam è rintraccibiabile ne “l’Unità”, sezione Cronaca bolognese; l’evento ripreso è con ogni probabilità descritto in: Le vietnamite tra le ragazze delle Sirani, in “l’Unità”, Cronaca di Bologna, 17 marzo 1969.
42 Pesenti, Storie d’archivio, cit.; ulteriori testimonianze si possono trovare in: Caterina Liotti, Rosangela Pesenti, Angela Remaggi et al., Volevamo cambiare il mondo. Memorie e storie delle donne dell’UDI dell’Emilia-Romagna, Carrocci, Roma, 2002.
43 Sul rapporto tra Udi e lavoro: Betti, Gli archivi dell’Udi, cit.
44 Audibo, Fondo Comitato provinciale di Bologna, b.6, fasc. 3, Unione Donne Italiane, Comitato Provinciale Bologna, Prime risultanze dell’inchiesta in corso alla Camiceria Pancaldi – Bologna, dattiloscritto.
45 Udi, La salute della donna che lavora. Atti del convegno nazionale (Torino, 28-29 gennaio1967), Leonardo Edizioni Scientifiche, 1967.
46 Oltre 8 milioni per le pancaldine, “l’Unità”, Cronaca di Bologna, 13 luglio 1968.
47 Su Udi e welfare si rimanda al rapporto di ricerca del progetto promosso dalla Rete Archivi Udi Emilia-Romagna: Welfare in Emilia-Romagna: una storia di donne. Gli archivi dell’Udi raccontano (2013) e alla sintesi del seminario di presentazione: Micaela Gavioli, Cittadinanza femminile plurale, “Ibc”, 2013, n. 4.
48 Eloisa Betti, Tra lavoro e welfare: il contributo femminile alla costruzione del modello emiliano, in Carlo De Maria (a cura di), Il modello emiliano nella storia d’Italia. Culture politiche e pratiche di governo locale, Bradypus, Bologna, 2014.
49 Archivio centrale Udi, sezione tematica, “Divorzio – Famiglia”, b. 10, fasc.151, Petizione sul diritto di famiglia corredata da firme presentata al Senato della Repubblica in occasione della manifestazione nazionale per il nuovo diritto di famiglia (Roma, 13 novembre).
50 Paolo Ungari, Storia del diritto di famiglia in Italia (1796-1975), Bologna, Il Mulino, 2002.
51 Udi, Consultazione popolare su un nuovo rapporto donna-maternita-sessualità e su una nuova regolamentazione dell’aborto. Le proposte dell’UDI, Roma, SETI, 1975; Liotti, Pesenti, Remaggi, Volevamo cambiare il mondo, cit.
52 Laura Elisabetta Bossini, Le proposte di legge in materia di violenza sulle donne all’inizio del dibattito italiano (1979-1980), in Simona Feci, Laura Schettini (a cura di), La violenza contro le donne nella storia. Contesti, linguaggi, politiche del diritto (secolo XV-XXI), Viella, Roma, 2017.