In apertura: Incontro circolo di Bastiglia, anni Sessanta (Centro documentazione donna, Archivio Udi Modena).
I sistemi che cerchiamo di delineare non intendono sostituire o contrastare l’iniziativa culturale di qualsivoglia soggetto, ma soprattutto muovere un volano che, arrivando anche ai soggetti più deboli, sia in grado di moltiplicare le capacità di elaborazione e circolazione dei messaggi e di valorizzare le risorse disponibili a vantaggio di tutti (Giuseppe Corticelli, 1984)1.
Il 17 novembre 1989 veniva sottoscritta la prima Convenzione tra la Regione Emilia-Romagna e il Coordinamento regionale dell’Unione donne italiane per la valorizzazione degli archivi, centri di documentazione e biblioteche dell’Udi di Modena, Bologna, Reggio Emilia, Ferrara, Imola, Ravenna, Forlì. La Regione riconoscendo nel patrimonio storico documentario dell’Udi «l’esperienza della ricchezza di elaborazione del pensiero delle donne, delle loro lotte e delle conquiste ottenute»2 ne affermava «il ruolo e l’ambito di specializzazione» relativo alla storia del movimento delle donne nonché «il valore di patrimonio di interesse collettivo»3. Si impegnava pertanto «a garantire la continuità dell’intervento pubblico per il funzionamento e il potenziamento delle raccolte e dei servizi dei sette archivi, centri di documentazione e biblioteche»4.
L’accordo sancisce l’ingresso nell’organizzazione bibliotecaria regionale del patrimonio storico documentario dell’Udi e delle sue strutture conservative tramite un soggetto organizzativo unitario, il Coordinamento regionale dell’Udi. Al Coordinamento regionale erano assegnate le funzioni di raccordo per la programmazione delle attività e il coordinamento dei servizi presso i sette archivi, centri di documentazione e biblioteche, le cui individualità e peculiarità riguardo al patrimonio documentario, consistenze e stato dell’arte degli strumenti di ricerca, erano puntualmente rappresentate nell’atto.
La convenzione del novembre 1989 fa riferimento a una cornice normativa fondata sulla allora vigente Legge regionale n. 42/1983 – “Norme in materia di biblioteche e archivi storici di enti locali o di interesse locale”, della quale riprende principi e finalità. Riaffermati e sviluppati anche nella legislazione successiva, essi continuano tuttora a essere riferimento delle politiche regionali nell’azione di sostegno agli archivi storici pubblici e privati di interesse locale del territorio, rafforzati da un contesto operativo dell’Istituto per i beni culturali della Regione che si è evoluto e rinnovato soprattutto, a partire dagli anni 2000, in ambito archivistico.
La legge n. 42/1983 aveva istituito nell’ambito dell’Istituto per i beni culturali (da ora in poi IBC) il Servizio di soprintendenza per i beni librari e documentari e disegnava un quadro organizzativo e funzionale in cui gli archivi storici degli enti locali o di interesse locale erano parte integrante dell’organizzazione bibliotecaria del territorio5; nel panorama delle leggi sui beni culturali già varate negli anni Settanta da altre regioni, conteneva inoltre alcune rilevanti novità, in particolare dovute a un’inedita centralità attribuita al tema della qualificazione dei servizi.
Negli anni Ottanta l’attenzione rivolta alle modalità di erogazione dei servizi per i beni culturali era maturata all’interno della comunità bibliotecaria e nelle riflessioni sull’organizzazione bibliotecaria regionale, e rappresentava un approccio innovativo, soprattutto perché riferito anche al mondo degli archivi storici. Condizioni funzionali e requisiti oggi considerati criteri irrinunciabili per il sostegno finanziario pubblico agli istituti culturali, quali integrazione, qualità, cooperazione, sono richiamati nella convenzione del 1989 tramite l’esplicito riferimento agli articoli della legge regionale6, per ribadire le finalità che gli archivi, i centri di documentazione e le biblioteche dell’Udi dovranno perseguire una volta entrati a far parte dell’organizzazione bibliotecaria regionale.
Accanto allo sviluppo delle competenze e delle esperienze acquisite, delle «vocazioni specifiche, storicamente o istituzionalmente proprie» delle strutture, l’accordo richiama dunque gli obiettivi di integrazione dei servizi e delle attività delle biblioteche e degli archivi storici, di coordinamento delle strutture bibliotecarie e di quelle archivistiche pubbliche e private, di realizzazione di sistemi informativi coordinati; la qualità dei servizi erogati misurabile in termini di possesso dei requisiti necessari a rendere adeguata ed efficiente l’azione culturale sul territorio; la cooperazione con biblioteche e archivi dello stato, dei comuni e di altri enti, al fine di superare la dispersione delle risorse e le divisioni istituzionali7.
D’altra parte l’istituto della convenzione, introdotto dalla stessa legge regionale n. 42/1983 per sollecitare la partecipazione attiva all’organizzazione bibliotecaria e archivistica di biblioteche e archivi privati di rilevanza regionale non appartenenti agli enti locali, aveva lo scopo di favorire la creazione di una rete articolata sul territorio di istituzioni private con specifica vocazione culturale, per potenziare gli strumenti di conoscenza e ampliare lo spettro delle possibilità di fruizione di un patrimonio documentario capillarmente diffuso sul territorio. Agli istituti culturali che entravano a far parte dell’organizzazione bibliotecaria regionale era riconosciuto un ruolo analogo a quello delle biblioteche e degli archivi degli enti pubblici territoriali, con compiti specificamente riconosciuti all’interno dei sistemi locali. A tal fine gli enti convenzionati assicuravano continuità e accessibilità dei servizi al pubblico secondo modalità convenute, quali condizioni necessarie per accedere ai finanziamenti regionali.
In questa stessa direzione la successiva Legge regionale n. 18/2000 – “Norme in materia di biblioteche, archivi storici, musei e beni culturali” rappresenta un ulteriore salto di qualità. Essa affida anche agli archivi, così come alle biblioteche e ai musei, il ruolo di istituto culturale, a tal fine subordinando gli interventi e i finanziamenti regionali al raggiungimento di standard e requisiti di qualità dei servizi e di professionalità degli addetti, sanciti da un’apposita direttiva regionale che contiene un capitolo specificatamente dedicato agli archivi8. Redatto dall’IBC in collaborazione con la comunità archivistica e le organizzazioni professionali, il documento rappresenta un contributo concreto per la definizione e lo sviluppo di servizi qualificati e per favorire una progressiva autonomia degli archivi come veri e propri istituti culturali.
Se da un lato il Coordinamento regionale dell’Udi, e successivamente la Rete archivi Udi Emilia-Romagna, ha potuto avvalersi delle risorse stanziate dal piano bibliotecario regionale per promuovere con maggiore continuità e progettualità le iniziative culturali programmate annualmente nelle diverse sedi locali e gli interventi di inventariazione del patrimonio documentario, dall’altro la sua attiva partecipazione all’organizzazione bibliotecaria regionale ha costituito un importante contributo ad ampliare e diversificare sul territorio regionale la mappa conservativa delle istituzioni culturali di interesse archivistico, e a favorire il loro protagonismo nelle politiche culturali pubbliche.
Le indagini che l’IBC aveva intrapreso già nel primo decennio della sua attività – ricognizioni e censimenti, analisi di tipo metodologico sulle tecniche di descrizione e rappresentazione dei beni culturali – avevano evidenziato fin dalla prima metà degli anni Ottanta una mappa conservativa popolata da una pluralità di archivi non solo afferenti agli enti pubblici territoriali. Archivi letterari e di personalità della cultura, archivi degli istituti psichiatrici, degli ospedali e delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, archivi d’impresa, archivi degli editori, andavano ad arricchire di nuovi contenuti un panorama che in precedenza era stato caratterizzato dall’attenzione rivolta prevalentemente all’ambito più tradizionale degli archivi storici comunali. In questo campo l’IBC aveva infatti collaborato alle rilevazioni sistematiche sui complessi documentari e sulle sedi di conservazione promosse dalla Soprintendenza archivistica per l’Emilia-Romagna, che portarono più tardi, nel 1991, alla pubblicazione della Guida degli archivi storici comunali in Emilia-Romagna9.
I molteplici aspetti riguardanti il cambiamento culturale indotto dall’ampliarsi nella seconda metà del secolo scorso dei concetti di documento e di archivio, con il conseguente radicale mutamento nella scala gerarchica di rilevanza delle fonti documentarie, sono stati ampiamente dibattuti dalla comunità degli archivisti e degli storici. Un particolare accento è stato posto intorno alla memoria documentaria del Novecento e alle criticità inerenti alla sua conservazione.
Senza entrare nel merito di questo importante dibattito, vale tuttavia la pena in questa sede accennare brevemente a due aspetti che vi sono connessi e che hanno determinato una evoluzione sotto il profilo dei processi legati alla conoscenza e alla fruizione della documentazione archivistica, condizionando l’offerta delle iniziative di promozione e i progetti di descrizione del patrimonio da parte degli istituti culturali, anche della Rete archivi Udi. Innanzitutto, il cambiamento nella domanda di fruizione: l’emergere di archivi afferenti a nuovi, molteplici e specifici ambiti culturali ha agevolato l’interesse da parte di nuove categorie di fruitori, non solo studiosi e storici ma anche studenti, insegnanti, professionisti, comuni cittadini.
In secondo luogo, l’affermarsi di nuovi approcci metodologici nell’affrontare i progetti di inventariazione archivistica, che devono tenere conto della complessità documentaria di cui si compongono in particolare gli archivi contemporanei, pubblici e privati.
Infatti risalgono, proprio agli anni Ottanta le prime riflessioni critiche e le iniziative di formazione che la Soprintendenza per i beni librari e documentari organizzò per archivisti e bibliotecari in relazione alla gestione e alla descrizione degli archivi cosiddetti compositi. Il termine era stato utilizzato nell’ambito delle attività di censimento e di acquisizione inerenti agli archivi di personalità della cultura e fa riferimento alla variegata composizione dei fondi documentari per tipologia dei materiali, specificità dei linguaggi e dei supporti che pur nell’unitarietà del cosiddetto contesto di produzione rispondevano tuttavia a categorie distinte di “beni culturali”, ciascuna afferente a diversi codici disciplinari, distinte professionalità e metodologie di descrizione, differenti ambiti di tutela.
Se in quella fase la riflessione ebbe particolare enfasi riguardo all’universo degli archivi culturali, si è tuttavia in seguito fatto tesoro delle analisi e delle esperienze fatte, in relazione a gran parte degli archivi contemporanei, soprattutto privati, la cui natura di archivi compositi costituisce spesso un tratto distintivo, importante ai fini dell’efficacia degli strumenti di ricerca, dunque elemento centrale nell’approccio metodologico con cui sono progettati gli interventi di inventariazione archivistica. Si tratta di un tema assai pertinente per il patrimonio storico documentario dell’Udi, evidenziato nella stessa convenzione del 1989 che non solo elencava in modo dettagliato tutte le tipologie documentarie conservate sede per sede nei diversi archivi, ma faceva della «ricerca e definizione di uno specifico sistema di catalogazione adeguato alla particolare natura dei fondi contenuti in tali raccolte» un esplicito obiettivo di sviluppo futuro10.
Le finalità di integrazione, coordinamento delle strutture, dei servizi e delle attività, di cooperazione con le istituzioni culturali del territorio, che come abbiamo sottolineato furono alla base del disegno di organizzazione bibliotecaria e archivistica regionale al quale gli archivi dell’ Udi aderirono fin dal 1989, restano più che mai attuali oggi date le grandi opportunità offerte dalle nuove tecnologie, anche a sostegno di una gestione del patrimonio culturale per la quale sempre più centrale è il tema delle reti (documentarie, territoriali, tematiche, ecc.) e del rapporto degli istituti con le comunità locali. Questa prospettiva da alcuni anni è supportata più concretamente da un rinnovato contesto organizzativo e operativo, dato dalla costituzione di un sistema archivistico regionale imperniato sullo sviluppo del sistema informativo partecipato per gli archivi storici dall’IBC Archivi.
Nato nel 2005-2006 con le prime iniziative per la creazione di una nuova infrastruttura tecnologica e una rete di nuovi servizi gestiti e coordinati dall’IBC per il censimento annuale degli archivi storici (enti conservatori e complessi documentari), il sistema è stato progressivamente sviluppato in funzione della gestione delle descrizioni archivistiche e della fruizione on line delle risorse informative. IBC Archivi svolge un ruolo di coordinamento tecnico e progettuale per tutti gli enti che vi aderiscono, anche per iniziative e progetti promossi in autonomia dalla programmazione regionale. Mette a disposizione degli enti che vi partecipano, senza costi aggiuntivi, le infrastrutture applicative e l’assistenza tecnologica, la progettazione degli interventi, le attività di formazione e aggiornamento per gli archivisti e per tutti gli operatori che interagiscono con il sistema nelle sue differenti funzioni, i servizi di consulenza archivistica. Svolge inoltre attività dirette di censimento, di inventariazione degli archivi e di pubblicazione on line di tutte le risorse informative, anche quelle prodotte direttamente dagli archivi che aderiscono al sistema.
Il sistema regionale richiede la partecipazione attiva dei soggetti aderenti alle attività coordinate dall’Istituto per l’aggiornamento annuale dei dati di censimento finalizzati a identificare il patrimonio archivistico posseduto, localizzarlo, conoscerne le modalità di conservazione e le condizioni di fruizione e consultazione. Le caratteristiche applicative consentono infatti a una pluralità di soggetti di agire nel sistema informativo, strutturandosi in un modello gestionale a rete dove i diversi utenti istituzionali cooperano all’inserimento, aggiornamento e verifica dei dati secondo un principio di complementarietà e sussidiarietà. Tramite profili differenziati e predefiniti di accesso, procedure di controllo e validazione dei dati immessi, gli enti conservatori possono aggiornare i propri dati, fare elaborazioni e statistiche, monitorare i requisiti di qualità e misurare gli indicatori.
La piattaforma di inventariazione è aperta, ovvero è a disposizione dei progetti di inventariazione promossi sul territorio da istituzioni pubbliche e private. L’utilizzo dell’infrastruttura applicativa comporta la condivisione di standard descrittivi che consentono la fruizione delle risorse informative con ricerche sia mirate per singolo archivio sia integrate per più archivi. Si intende così valorizzare le iniziative gestite e finanziate per conto di istanze istituzionali e territoriali diversificate, riportandole all’interno di un contesto informativo unitario di livello regionale, capace di tradurre in possibilità di relazione la frammentarietà che spesso caratterizza le iniziative di valorizzazione degli archivi storici.
L’insieme di questi servizi costituisce un’opportunità per gli istituti convenzionati di elevare la qualità della propria adesione all’organizzazione bibliotecaria e archivistica regionale. Se da un lato consolida in maniera significativa il sostegno alle loro iniziative in termini economici, aldilà dell’erogazione delle risorse finanziarie comunque importanti e tuttora previste dai piani regionali approvati annualmente dalla Regione per le biblioteche e gli archivi storici, dall’altro l’adesione a IBC Archivi rappresenta un salto di qualità per la stessa gestione da parte degli istituti, grazie alla possibilità offerta di effettuare il monitoraggio delle strutture conservative, dei patrimoni documentari posseduti e del fabbisogno in termini di risorse e interventi necessari per il miglioramento dei servizi, lo sviluppo di risorse informative adeguate e allineate con i sistemi informativi non solo regionali ma anche nazionali.
In questo quadro si inserisce il progetto recentemente varato dalla Rete degli archivi Udi dell’Emilia-Romagna, che in collaborazione con il sistema archivistico regionale ha elaborato un piano pluriennale di interventi in corso di realizzazione, che vanno dalla rilevazione dei dati di censimento relativi alle strutture conservative all’aggiornamento e revisione degli strumenti di ricerca prodotti in passato, alla realizzazione di nuovi progetti di inventariazione.
L’utilizzo dei servizi e delle funzionalità rese disponibili da IBC Archivi consentirà di integrare e pubblicare nel sistema informativo regionale i dati di censimento rilevati, gli inventari, i cataloghi e ogni altra risorsa informativa prodotta, favorendo molteplici possibilità di ricerca e di relazione, ad esempio tematiche e/o territoriali, tra i complessi documentari conservati nei diversi nodi della rete Udi, e tra questi e le risorse informative disponibili in IBC Archivi, inerenti il patrimonio archivistico conservato sul territorio regionale.
Note
1 Assessore alla cultura della Regione Emilia-Romagna, 1980-1990.
2 Convenzione tra la Regione Emilia-Romagna e il Coordinamento regionale dell’Unione donne italiane per la valorizzazione degli archivi, centri di documentazione e biblioteche dell’Udi di Modena, Bologna, Reggio Emilia, Ferrara, Imola, Ravenna, Forlì. Bologna, 17 novembre 1989. Cfr. in premessa.
3 Ivi, art.1.
4 Ivi, art. 4, terzo capoverso.
5 Legge regionale 27 dicembre 1983, n. 42, “Norme in materia di biblioteche e archivi storici di enti locali o di interesse locale”, art. 11 – Organizzazione regionale delle biblioteche e degli archivi storici, e art. 19 – Servizio di soprintendenza per i beni librari e documentari.
6 Ivi, artt. 1, 3, 11.
7 Cfr. ivi, art. 3.
8 “Direttiva sugli standard ed obiettivi di qualità per biblioteche, archivi e musei”, approvata con deliberazione della Giunta regionale 3 marzo 2003, n. 309.
9 Giuseppe Rabotti (a cura di), Archivi storici in Emilia-Romagna: guida generale degli archivi storici comunali, Ufficio Centrale Beni Archivistici, Culturali e Ambientali, Bologna, 1991.
10 Convenzione, cit., in premessa lettera b.