Come nasce una biblioteca. Il progetto culturale della nuova Biblioteca Popolare della Fondazione Duemila

How is a library born? The cultural project of the new Popular Library of the Duemila Foundation

Sin dalle prime righe del proprio statuto, la Fondazione Duemila si presenta come un centro di studi e di ricerca volto alla cultura, alla formazione e all’innovazione sia politica che amministrativa. A breve, con l’apertura della Biblioteca Popolare, gli studiosi, i ricercatori, i politici, gli amministratori, gli appassionati e i semplici curiosi, avranno finalmente la possibilità di godere di un luogo di cui si mette a disposizione non solo lo spazio fisico ma anche, e soprattutto, il patrimonio culturale.

A partire dagli anni della sua creazione, nel 2006, la Fondazione si è assunta il ruolo di raccogliere l’eredità che la sinistra italiana, intesa nei suoi singoli individui come nei circoli ad essa affiliati, lasciava alla posterità. È per questo motivo che la Biblioteca potrà vantare sui propri scaffali una convergenza di interessi e di temi, al fine di dare voce alla cultura politica della sinistra nel suo più ampio spettro possibile. Un luogo politico dunque, questo è certo, ma di base apartitica. I vari argomenti, essendo indagati da autori diversi e con le conseguenti prospettive differenti, riescono ad analizzare a fondo il pensiero civile e culturale delle generazioni che ci hanno preceduto e le quali fanno parte della nostra storia.

Un’ulteriore ricchezza li contraddistingue: i libri messi a disposizione sono caratterizzati da provenienze variamente collocate all’interno della società, in grado dunque di raccontare gli interessi delle persone identificabili, per esempio, nella classe lavoratrice e nella classe dirigente degli anni passati e dei giorni nostri. Alcuni, evidenziando il ruolo fondamentale di acculturazione svolto dalle varie sedi, provengono dalle sezioni e dai circoli ormai chiusi, come quello sito in via delle Belle Arti, o dai magazzini del Partito comunista italiano e dei Democratici di sinistra. Saranno inoltre disponibili per la consultazione esemplari di lasciti della Federazione giovanile comunista italiana, e dei circoli ricreativi e culturali del bolognese. Altri ancora provengono da collezioni bibliotecarie precedenti, soprattutto da quelle circolanti impegnate nella diffusione e promozione culturale nei luoghi in cui con difficoltà si sarebbe trovata una biblioteca comunale o statale.

La sinergia con le altre biblioteche, ancora una volta, sarà dunque fondamentale. Proprio per questo motivo, la Fondazione Duemila ha stretto accordi con il Polo unificato bolognese al fine di essere presente sul catalogo online e comparire così nelle ricerche insieme alle altre biblioteche della città.

L’ampiezza dell’orizzonte culturale che ha caratterizzato il Pci è testimoniata altresì dalla presenza di libri provenienti da mercati rionali, luoghi di aggregazione per eccellenza, e dagli istituti superiori, licei e istituti tecnici. Non mancano poi ex libris di privati o dediche di personalità del panorama politico della sinistra italiana.

I volumi presenti portano sul dorso i nomi di autori che hanno contribuito a scrivere la storia del secolo scorso e di quello attuale, senza dimenticare coloro che, come Paolo Spriano o Giuseppe Vacca, si sono impegnati a raccontarla e interpretarla nel ruolo di esperti saggisti. I lettori possono dunque rivivere la storia della grande politica italiana attraverso la scrittura pulita di Palmiro Togliatti, Pietro Ingrao, Giorgio Napolitano e Massimo D’Alema, giusto per citarne alcuni che contornano le numerose edizioni degli scritti di Antonio Gramsci. La storia civile e sociale di realtà più circoscritte e particolari viene invece trasmessa da autori come Aris Accornero, il quale si occupa della realtà delle fabbriche, tema trattato in una diversa ottica dallo stesso Luigi Arbizzani. La storia delle amministrazioni comunali emiliane e dei loro sindaci emerge in numerose monografie: a partire dalla figura di Giuseppe Dozza, primo cittadino al governo di Bologna per ben ventun anni, fino a sindaci di piccoli comuni del territorio (particolarmente efficace, volendo citare un caso di studio, il libro dedicato a Francesco Testoni, ex sindaco di Anzola dell’Emilia, da parte di Loris Marchesini). Voce viene data, inoltre, alla realtà femminile presente nel socialismo e nel comunismo, ad esempio tramite gli scritti di Teresa Noce, di Evelyne Sullerot e quelli sulle prime donne italiane nelle istituzioni. Non viene ovviamente dimenticato il panorama internazionale, a partire dalle pionieristiche analisi su realtà e storia dell’Urss di Giuseppe Boffa fino alla più aggiornata storiografia. Da questo punto di vista rimangono importanti a livello di documentazione gli scritti di Kim il Sung, Fidel Castro, Breznev e molti altri.

La Fondazione Duemila, a sua volta, si occupa di promuovere una attività editoriale che ha al suo centro l’interesse per i percorsi biografici di alcune personalità della sinistra emiliano-romagnola e la storia di luoghi simbolo di aggregazione e socialità come le case del popolo. Più di recente, con il progetto regionale “Partecipare la democrazia: storia del Pci in Emilia-Romagna”, di cui la Fondazione è capofila, si sono realizzati lavori più sistematici e complessivi di censimento archivistico e indagine storica, con le relative pubblicazioni.

Si è così progressivamente rafforzata la collaborazione con case editrici e dipartimenti universitari, rendendo ancora più salda la volontà di cooperazione con mondi che non possono non essere portatori di nuove idee e di nuovi punti di vista. Ecco, dunque, che il lavoro culturale che si svolge intorno alla Biblioteca non si ferma al solo momento di raccolta, catalogazione e conservazione ma si spinge oltre, indagando attivamente la storia.

È dunque, quello attuale, un patrimonio librario in grado di raccontare una storia della sinistra fortemente aderente al territorio. Già all’interno delle case del popolo, strutture che promuovevano allora come oggi forme di partecipazione attiva, la popolazione aveva a disposizione dei luoghi in cui acculturarsi, discutere, crescere, anche grazie a piccole biblioteche e a spazi teatrali. Il modello di riferimento della nostra Biblioteca Popolare è quello. Un luogo dove i diritti e i doveri dei cittadini erano compresi e conosciuti e ognuno, in piena coscienza, poteva relazionarsi con i propri simili e maturare un’idea di politica1. Aprire oggigiorno uno spazio con gli stessi ideali etico-culturali di impegno sociale e di ideazione di progetti civili vuole essere un atto di coraggio capace di spingere la sinistra a riflettere e ad agire.

Siamo abituati, qui a Bologna come in altre città d’Italia ricche di storia, a entrare in biblioteche storiche, spesso pronte ad accoglierci con la maestosità degli alti soffitti affrescati e con mobilio non di rado più vetusto di coloro che lo utilizzano.

La storia della Biblioteca Popolare è differente e inizia, con qualche reminiscenza biblica, con la polvere. Tanta polvere e molti scatoloni. Dopo un attento processo di selezione dei volumi, operazione che ha richiesto ordine e logica accompagnate spesso dal dispiacere di non poter tenere tutto il materiale presente per gli annosi motivi di spazio capaci di affliggere ogni bibliotecario, la metafora può, al fine, sciogliersi. Dalla polvere e dal disordine culturale che regnavano sovrani, la speranza è quella di essere approdati a un uso logico e ordinato, classificato e, speriamo, correttamente valorizzato. Dare nuova vita a un sapere recluso, più che racchiuso negli scatoloni, è il tentativo per divenire una biblioteca semiofora, cioè portatrice di un significato. Per tale motivo, per la grande attenzione rivolta alla crescita culturale, intesa nel senso più ampio possibile, della popolazione, la biblioteca sarà intitolata a Renato Zangheri, ex sindaco di Bologna. La sua figura di guida della città sarà un memento per tutti coloro che lavoreranno e interagiranno con la biblioteca.

La sala principale rimarrà uno spazio polivalente, e di conseguenza a largo utilizzo popolare, pronta ad aprirsi con coraggio ai bisogni e alle necessità della gente che ne richiederà l’uso. Il patrimonio culturale esposto sugli scaffali avrà di conseguenza bisogno di un atto di responsabilità per garantirne la salvaguardia da parte della comunità che si troverà a beneficiare di uno spazio adibito ai più diversi interessi. Ecco allora che il tentativo, e la responsabilità, di facilitazione della ricerca e dello studio dovrebbe rendere possibile quel momento fondamentale traducibile poi nella partecipazione alla vita attiva, sociale e civile, in grado di creare nuove opportunità e possibilità di crescita.

Il progresso del movimento democratico deve attuarsi avendo alle spalle basi ben salde di conoscenza diffusa riguardo l’attualità da cui siamo circondati. Cercando di raggiungere questo scopo, e per garantire anche ai giovani la possibilità di formarsi in un ambiente silenzioso benché culturalmente vivace, sono stati stipulati accordi con la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Bologna. Sono perciò previste delle postazioni dedicate e riservate agli studenti dell’Alma Mater, affinché trovino in questa biblioteca un posto tutto per loro2.

La Fondazione Duemila coglie dunque la possibilità di trasformarsi da magazzino del sapere a luogo del sapere, in cui cercare di comprendere e capire cosa accade intorno a noi, e ciò non può non avere delle radici profonde nella nostra cultura, e ha dunque la necessità di essere indagato. Il timore di una nuova debolezza sociale, favorita dall’avanzamento di un deserto culturale, dovrebbe spingerci ad una maggiore autoconsapevolezza e presa di coscienza di noi e degli altri. Conoscere la storia, e chi quella storia l’ha vissuta e scritta, vuol dire avere gli strumenti culturali per agire attivamente all’interno di un mondo che richiede una sempre maggiore partecipazione ma il quale spesso purtroppo non riesce a fornire a tutti gli strumenti necessari per farlo. La tentazione di cadere nell’indifferenza, in mancanza di tali strumenti, è assai alta. In quest’ottica, si riconosce il pieno rilievo individuale che, da parte sua, deve avere come fine il miglioramento della vita civile, sia essa in un’ottica prettamente locale, come quella del quartiere e di chi più da vicino ci circonda, sia in un’ottica più ampia, volta al benessere del paese e di chi ci vive. Già Gramsci aveva messo in guardia chiunque gli prestasse orecchio dall’avere della storia un’idea di fenomeno naturale capace di accadere e fatalmente travolgere tutto e tutti, e invitava pertanto ad una partecipazione attiva volta ad un’azione collettiva, priva di assenteisti o di indifferenti3. Ed è questo il punto di vista che intendiamo adottare, favorendo e suggerendo un risveglio delle coscienze – e delle conoscenze – pronte all’azione. Chi è vicino alle istituzioni, o chi di queste istituzioni fa parte, dovrebbe porre attenzione a non cedere alla tentazione di appiattire il panorama sociale, mantenendolo eterogeneo e ricco di spunti, libero da semplificazioni e omologazioni forzate. Ecco perché la Fondazione Duemila crede nella cultura e, con la nuova biblioteca, intende farsi ancora di più promotrice attiva di essa. L’apertura della Biblioteca Popolare quale luogo di studio e di incontro vuole accogliere i frutti maturati da una pluralità rigogliosa, abbracciare il diverso e il simile affinché possano collaborare ed esprimere verità e necessità. La politica deve poter tornare a guardare alla vera realtà temporale con cui la civiltà deve confrontarsi, che non può essere in modo esclusivo quella contemporanea e fondata sull’assunto capitalista dell’hic et nunc.

Oltre agli eventi volti alla formazione di una coscienza critica e politica, dopo il primo periodo di assestamento della Biblioteca, abbiamo l’idea di inaugurare una serie di corsi volti a dare ai cittadini le chiavi per l’accesso nella società. Da qui potrebbero nascere i seminari di italiano L2 per stranieri, visto anche il quartiere fortemente multietnico in cui ci troviamo e di navigazione internet per accedere ai servizi offerti da questa agorà sempre più dematerializzata di cui facciamo parte. Sarebbero auspicabili anche corsi di contabilità, di gestione e amministrazione e incontri per la comprensione del panorama politico che si delinea a livello cittadino e nazionale. Sicuri che la necessità sia quella di andare incontro alle persone, nei mesi scorsi sono già stati organizzati degli eventi con temi di largo interesse. Fondamentale, anche perché è stato il primo ad essere organizzato, è stato quello tenuto nell’ottobre 2020 con la presenza di Giulio Ferroni, critico letterario, storico della letteratura e saggista. Se il dibattito sul ruolo dell’intellettuale poteva non essere nelle corde di tutti, è però importante il messaggio che si è voluto lanciare in quell’occasione. Il primo evento fu infatti proposto in piazza dell’Unità, all’aperto, nella piazza popolare per eccellenza del quartiere e di tutta la città. Era, quella, una biblioteca che si spostava dalla sede ufficiale, non ancora inaugurata ma già pronta ad accogliere altri eventi, per andare incontro ai cittadini e far sapere della propria nascita. Una biblioteca pronta a uscire dal guscio e desiderosa di mettersi in contatto con la comunità che la circonda e coinvolgerla, in un momento di apertura all’altro fondamentale per l’incontro di conoscenze.

La nostra sede, il quartiere della Bolognina, ricorda la svolta avvenuta ad opera di Achille Occhetto nel novembre di quell’anno fatidico per il comunismo internazionale ed europeo che fu il 1989. I locali storici della “svolta” si trovano a fianco della Biblioteca. Di quei momenti, ci rimane il coraggio di prendere iniziative, di porsi delle domande e di cercare delle risposte. Indagare la superficie degli eventi storici può aiutare a sopravvivere nel breve periodo, ma per dare forma ad un pensiero e a delle iniziative concrete, in grado di rappresentare un senso unitario e compiuto, finalizzato alla costruzione di un futuro per tutti migliore, occorre scavare a fondo sia nel presente sia in ciò che ha portato alla creazione di questo presente.

Questa indagine occorre prima di tutto operarla all’interno delle propaggini tutte della sinistra, italiana ed europea, le stesse a cui oggi si aprono le porte per un dialogo costruttivo. La sinistra deve poter tornare a interrogare prima di tutto se stessa e le proprie azioni, deve poter usufruire di luoghi e mezzi per affrontare un dibattito interno in grado di concepire quale direzione dare alle azioni dell’avvenire e in quale modo imprimere questa direzione. L’esigenza di rinnovamento di alcune ideologie e forse soprattutto del modo di comunicarle ed esprimerle alla popolazione appare ora indispensabile, se si vuole cercare di rimanere attuali e competitivi sul piano politico e mediatico, piano ormai non più accantonabile. Il populismo, da cui alle volte sono state lambite alcune diramazioni della sinistra dando spazio ad esaltazioni demagogiche, può essere superato con una maggiore e migliore conoscenza di sé e dei propri obiettivi.

Apriamo di conseguenza le porte ad una sinistra non fatta dai partiti ad personam, ma a una sinistra plurale desiderosa di lavorare insieme per un progetto civile e comunitario, che vuol mettere in campo idee e non volti e nomi da cartelloni pubblicitari. Tale apertura non intende però, nel modo più assoluto, essere sinonimo di un tentativo teso ad annacquare la diversità delle posizioni. Vuole invece arrivare a promuovere un’azione in grado di presentarsi come comune contro la disgregazione dei principi e dei valori che pericolosamente erode le fondamenta della nostra società. La politica deve tornare ad essere vocazione morale e sociale pronta a sfociare in atti pratici di aiuto e sostegno al benessere della comunità di cui si prende cura. La coesistenza non deve essere alla base della competitività ma approdare a un punto di vista comprensivo, in grado cioè di comprendere quanto di buono possa derivare dalla cooperazione. Allontanarsi dallo schema illuministico di una maggioranza deputata a prendere decisioni e di una minoranza messa nella condizione di potersi solo opporre e controllare, al fine di approdare a scelte più salde e sicure, in quanto frutto di conclusioni condivise e concordi. Tornare a parlare alla gente, prima che agli elettori, contrariamente a certi atteggiamenti malsani i quali vorrebbero piuttosto l’operazione opposta, dovrebbe essere il primo passo volto alla pragmaticità, a rendere reale ciò che è possibile, passando dalla potenza all’atto. L’idea è così quella di costruire un luogo di confronto e di crescita, un’agorà nel cuore della Bolognina, quartiere simbolo della poliedricità e della ricchezza culturale che caratterizza non solo la città ma il paese tutto.


Note

1 Per una rapida panoramica sull’importanza delle case del popolo per la cittadinanza, si vedano, ad esempio: Giovanni Pieretti (a cura di), Democrazia e cittadinanza attiva. Le case del popolo nella società contemporanea, Milano, Franco Angeli, 2016 e Andrea Cavalieri, Claudio Pesci, Alessandro Rovinetti, Dove i diritti stanno di casa. Le case del popolo nella Provincia di Bologna, Bologna, Fondazione Duemila, 2014.

2 Sull’importanza di un luogo dedicato si ricordi, a titolo esemplificativo, Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé, traduzione e cura di Maria Antonietta Saracino, Torino, Einaudi, 2016.

3 Antonio Gramsci, Odio gli indifferenti, Milano, Chiarelettere, 2011, pp. 3-6.