La Rete regionale archivi Udi Emilia-Romagna: nascita e consolidamento di una pratica politica

The Regional Udi Archives Network Emilia-Romagna: creation and consolidation of a political practice

In apertura: Seminario di studi, Soggettività femminili in (un) movimento, Ferrara, 9 novembre 2001 (Archivio Centro documentazione donna, Modena).

Con il presente contributo intendo ripercorrere le motivazioni che sono state alla base della nascita della Rete regionale degli Archivi dell’Udi Emilia-Romagna, le tappe fondamentali delle sue attività, le problematiche affrontate, le soluzioni adottate. Non la storia dei primi trent’anni della Rete regionale – che dovrà dare conto dalle tante attività realizzate anche singolarmente delle diverse Udi provinciali – quanto piuttosto il tentativo, sulla base della memoria personale e della documentazione, di seguirne l’evoluzione e il consolidamento in termini di pratiche politiche comuni. Quello degli archivi dell’Udi è un ambito di interesse che connota la mia attività professionale fin dagli inizi, sia come storica che come archivista, e per quello che riguarda la Rete regionale c’è un mio coinvolgimento soggettivo, tanto nei suoi primi passi quanto nella nascita e sviluppo del Centro documentazione donna di Modena, uno dei soggetti che da sempre animano la Rete. Attualmente faccio parte del Comitato scientifico dell’Associazione Rete regionale Archivi Udi. Da questo coinvolgimento non posso prescindere. Il contributo approfondisce le riflessioni che ho portato in occasione della giornata di studio per il trentennale della Rete archivi Storie di archivi, donne, welfare realizzata a Bologna il 23 ottobre 2019.

1. Nasce il Coordinamento regionale degli archivi Udi

La data in cui per la prima volta, in un atto istituzionale, è documentata l’esistenza degli archivi dell’Udi dell’Emilia-Romagna è il 17 novembre 1989. È la data in cui viene firmata da due modenesi – Luciano Guerzoni, presidente della Regione Emilia-Romagna e Rosanna Galli, Centro di documentazione dell’Udi di Modena1 – la Convenzione tra la Regione Emilia-Romagna e il Coordinamento regionale dell’Unione donne italiane, per la valorizzazione degli archivi, centri di documentazione e biblioteche delle associazioni di Modena, Bologna, Reggio Emilia, Ferrara, Imola, Ravenna e Forlì2.

La Convenzione, a seguito della legge regionale n. 42/1983 per la valorizzazione e la tutela dei patrimoni librari e documentari, riconoscendo che il patrimonio storico conservato dalle Udi dell’Emilia-Romagna è «l’espressione della ricchezza di elaborazione del pensiero delle donne, delle loro scelte, delle loro lotte e delle conquiste ottenute», inserisce i sette archivi Udi nell’organizzazione bibliotecaria regionale e li impegna ad adottare criteri condivisi per la conservazione, il riordino, l’inventariazione, la formazione del personale, ecc. A parziale copertura dei lavori archivistici da realizzarsi, la Regione riconosce un contributo di 15 milioni di lire per il 1989 e 30 milioni per il 1990 (a rendiconto le Udi ne spenderanno 41 milioni per il 1989 e 57 milioni per il 1990).

Da questo documento si possono ricavare notizie molto importanti sullo stato degli archivi a quella data: arco cronologico, consistenza in metri lineari e scatoloni o buste, tipologie documentarie (documentazione, fotografie, manifesti, ecc.), condizioni delle carte, perlopiù non riordinate e non inventariate. La Convenzione diventa lo strumento con cui si rafforzano i Gruppi archivio già in essere, come quelli di Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Bologna e Imola, e si stimola la nascita formale di Gruppi archivio dove ancora non esistevano come a Forlì e Ravenna3.

È da questo momento in poi che la storia collettiva del Coordinamento regionale degli Archivi dell’Udi si intreccia con la mia storia personale ed era infatti la fine del 1989 quando, proprio a seguito degli impegni che le Udi avevano contratto con la Regione per la valorizzazione dei propri archivi, sono chiamata come archivista della “Cooperativa Multiversum proposte e ricerche” a fare una proposta – poi realizzata – per il riordino e l’inventariazione “scientifica”, come allora dicevano le donne dell’Udi, dell’archivio di Modena4.

2. Quando e perché nasce l’attenzione dell’Udi per i propri archivi

L’attenzione delle donne dell’Udi per i propri archivi nasce con l’XI Congresso nazionale (Roma, 20-23 maggio 1982) quando si decide la destrutturazione dell’Associazione: l’Udi deve cessare di essere «una istituzione tra le istituzioni» e deve assumere la pratica politica del «separatismo e della conflittualità con le istituzioni e con il maschio istituzione». Dal punto di vista organizzativo decreta l’azzeramento della struttura gerarchica e dell’apparato delle funzionarie per una svolta incentrata sulla partecipazione diretta delle singole militanti alla vita dell’associazione (non più iscritte, cancellata anche la tessera).

L’Archivio è indicato nella relazione politica presentata all’Assemblea congressuale da Franca Foresti, della segreteria nazionale uscente e referente del Comitato Emilia-Romagna, quale strumento utile a garantire la continuità come comunicazione tra le diverse generazioni:

L’archivio è costituito da quanto si è prodotto nell’Udi nei 37 anni della sua storia, anche se di una storia parziale, ossia del materiale prodotto dal centro e inviato alla periferia. Si tratta di un patrimonio che non può andare disperso. Nasce quindi la necessità della sua custodia. Possiamo ipotizzare che sia necessaria una presenza che oltre ad essere responsabile del tener aperta la sede, sia contemporaneamente responsabile fisicamente della custodia dell’archivio […] Certo l’archivio potrebbe diventare qualcosa di più di quello che è […] Ma per questo è necessario costruire un progetto politico che può essere fatto proprio da un gruppo di aggregazione che si appassionerà a questo lavoro5.

Le ipotesi di valorizzazione dell’archivio dell’associazione e della costituzione di un gruppo che si dedichi all’obiettivo strategico di rendere visibile la storia dell’Udi sono riprese anche nel dibattito dei gruppi di lavoro, dove si sottolinea l’urgenza politica di far emergere l’intreccio tra la storia collettiva e le soggettività delle militanti, a partire dalle pratiche femministe che tanto avevano determinato la svolta del Congresso. Accogliendo queste istanze, la Carta degli intenti, il nuovo Statuto dell’Associazione approvato dall’Assemblea autoconvocata il 5-6 febbraio 1983, recita:

Noi donne ci siamo unite nell’Udi per poter conoscere noi stesse […] – [tra le altre finalità] – ricostruire la nostra storia per poter vivere liberamente il nostro presente e il nostro futuro. […] per tutte noi, la cui storia personale si intreccia con la storia delle lotte delle donne. Ed è l’archivio «raccolta di materiali che l’Udi ha prodotto e produrrà, testimonianza della sua storia, canale di ricerca di identità e approfondimento delle proprie radici», uno degli strumenti con cui si perseguirà tale obiettivo (art. 7).

La modalità organizzativa sarà la stessa delle altre attività dell’Udi: «Ogni gruppo, di propria iniziativa, ogni qual volta ne avverte l’esigenza, si incontra e si confronta con altri gruppi che in altre località sono nati sullo stesso interesse. Questo gruppo si fa promotore di appuntamenti per i quali garantisce l’organizzazione (art. 2)»6. Ed è proprio da questo preciso mandato congressuale che a Roma7 e in altri territori nascono i Gruppi archivio dell’Udi. Rosanna Galli, nell’intervista pubblicata in “Volevamo cambiare il mondo”. Memorie e storie delle donne dell’Udi in Emilia-Romagna, racconta:

Tornando dall’XI Congresso, in treno, penso all’idea della storia, della memoria perché capisco che qualsiasi cosa noi avessimo fatto, la storia poteva andare dispersa, quindi propongo la costituzione del Gruppo Archivio. Coinvolgo Renata, Erika, Laura, costituiamo immediatamente questo gruppo e nel giro di due anni [A Modena] apriamo il Centro documentazione dell’Udi8.

In effetti a Modena come a Ferrara i Gruppi Archivio nascono molto precocemente, fin dal 19829. Le donne dei Gruppi archivio lavorano innanzitutto per mettere al sicuro la documentazione conservata in quelle che erano le sedi provinciali dell’Associazione, promuovendo attività di diversa natura: recupero dei materiali rimasti nelle case delle funzionarie, organizzazione delle carte, percorsi di ricerca, mostre fotografiche, apertura degli archivi alla pubblica consultazione. Dove tali sedi vengono chiuse, quale effetto della destrutturazione sancita dall’XI Congresso, avviano contatti per il deposito delle carte presso istituti culturali, archivi di Stato o comunali.

3. Il Coordinamento regionale degli archivi dell’Udi: tra tecnica archivistica e nuove domande alla storia

Gli anni Ottanta sono anni di dibattito molto intenso sui temi della storia e degli archivi delle donne, dentro e fuori dall’Udi. I molti Centri studi, ricerca e documentazione delle donne nati dal femminismo per sedimentare memoria e conoscenza, contro il rischio della cancellazione del patrimonio culturale elaborato dal movimento, si stanno interrogando su come coniugare la tecnica biblioteconomica e archivistica con il punto di vista delle donne10.

Il rapporto tra le regole archivistiche e le domande politiche a cui dovevano rispondere le carte diventa il terreno in cui, fin dalle prime attività del Coordinamento, si misura anche la relazione fra donne di diverse età e appartenenze. Più giovani e non dell’Udi “le tecniche”; più mature e dell’Udi “le politiche”, così come vengono nominate negli atti del primo seminario regionale intitolato Progetto di recupero, ordinamento, valorizzazione di un patrimonio storico delle donne, tenutosi a Bologna il 13 aprile 1991.

Il seminario, a due anni dalla firma della Convenzione con la Regione Emilia-Romagna, ha l’obiettivo di rendere conto dello stato di avanzamento dei lavori avviati nelle varie province e confrontarsi sugli impegni futuri della Rete. Dopo l’introduzione di Rosanna Galli intervengono le archiviste sulle metodologie adottate per i riordini e le inventariazioni: Magda Abbati a Bologna, Mirella Plazzi a Ravenna, Anna Rosa Remondini a Ferrara, Carolina Capucci, Caterina Liotti e Paola Romagnoli a Modena. La maggior parte delle archiviste aveva deciso di mantenere l’organizzazione delle carte data dalle militanti dei Gruppi archivio nel periodo 1982-1989, che uniformandosi alle scelte fatte per l’Archivio centrale dell’Udi, avevano creato due sezioni, una cronologica e una tematica. A Modena noi, dopo un sondaggio sulle carte che non erano state coinvolte dalla riorganizzazione tematica, avevamo invece deciso di riordinarle privilegiando il criterio cronologico, sulla base di un titolario per tipologie documentarie (atti generali, atti relativi all’attività istituzionale, corrispondenza, ecc.) tenendo conto del funzionamento e delle attività dell’associazione modenese.

Per poter comporre l’inevitabile diversità dell’organizzazione delle carte e garantire la trasversalità della consultazione sui diversi archivi locali, le archiviste consegnano al Coordinamento un documento in cui propongono di avviare uno studio per un indice delle parole-chiave comune a tutti gli archivi quale strumento di corredo supplementare agli inventari. Al seminario sono presenti Luciana Viviani e Marisa Ombra dell’Archivio centrale che contribuiscono allo scambio sulle metodologie adottate e sulla proposta avanzata. Intervengono diverse donne che a lungo hanno dato un contributo determinante all’evoluzione delle pratiche politiche del Coordinamento regionale. Tra le altre Delfina Tromboni, Liviana Zagagnoni e Ansalda Siroli di Ferrara e Ermanna Zappaterra di Bologna.

Contributi molto significativi sull’argomento in discussione sono portati da Maria Rosaria Celli Giorgini, Soprintendente archivistico per la Regione Emilia-Romagna e la sua collaboratrice, Elisabetta Arioti esperta in archivi contemporanei, che in quella occasione propongono, anche a seguito dell’avvenuta notifica di notevole interesse storico dell’Archivio centrale dell’Udi (25 marzo 1987), di avviare il percorso per gli archivi presenti nel territorio regionale, cosa che poi si realizzerà negli anni successivi: per primi gli archivi di Bologna (giugno 1991) e Modena (febbraio 1992). Sulle questioni sollevate dalle archiviste, Arioti condivide la necessità di tenere separate le esigenze archivistiche da quelle della ricerca storica11. Su questo tema rimando al suo saggio in questo dossier.

A conclusione dei lavori, “le politiche” riconoscono le ragioni e le proposte delle “tecniche” impegnandole nella definizione di un thesaurus di genere che potesse favorire la consultazione sui temi che hanno caratterizzato l’attività politica dell’associazione. Per raggiungere tali obiettivi nel 1992-93 le archiviste sono coinvolte in un corso di formazione di 75 ore promosso dall’Istituto Galileo Formazione, finanziato dalla provincia di Bologna, intitolato I corso di aggiornamento Gestione Archivi Udi, poi riproposto l’anno successivo sul tema Informatica per archiviazione12.

Nonostante gli sforzi, lo strumento thesaurus non arrivò ad una definizione finale, rimanendo una questione aperta anche negli anni successivi. Alcuni archivi, come ad esempio Modena, sono comunque stati dotati di un indice per parole significative che ne consente la consultazione anche per temi13.

Ricordo come su tutto questo percorso iniziale pesasse tantissimo la constatazione dell’invisibilità della storia dell’Udi. Erano uscite diverse pubblicazioni sulla storia del movimento delle donne, soprattutto grazie alle nuove domande poste dalle storiche femministe e alla nascita della Società italiane delle storiche (1989), ma in nessuna la storia dell’Udi era stata assunta a materia di studio.

Rosanna Galli a conclusione di quel seminario ribadisce la necessità di: «far emergere la nostra storia parallela, che non è mai stata tenuta in considerazione» – e prosegue evidenziando quanto questa progettualità se promossa al di fuori dell’Accademia avesse bisogno di risorse economiche – «dobbiamo di più valorizzare questa nostra storia per farla mettere in circolo e ottenere, come altri ottengono i finanziamenti necessari ad un progetto di così alto valore per le nuove generazioni femminili»14.

4. Politica delle donne, archivi e storia: i primi passi di nuova pratica

Si delinea chiaramente la volontà del Coordinamento regionale di perseguire entrambi gli obiettivi, sia archivistici che storici, per favorire la trasmissione generazionale. Quindi due le piste di lavoro che negli anni trovano momenti di incrocio e di valorizzazione reciproca: da un lato il lavoro sugli archivi (riordini, inventariazioni, diffusione/pubblicazione degli inventari, censimenti degli archivi, riconoscimento dell’interesse storico, ecc.) per mettere al sicuro la documentazione e renderla consultabile ai ricercatori e alle ricercatrici; dall’altro il lavoro di studio e di ricerca, cioè l’impegno a promuovere e realizzare approfondimenti sulla propria storia.

Questo duplice obiettivo è rintracciabile nelle iniziative pubbliche del Coordinamento regionale di questi trent’anni: mentre il seminario di Bologna del 1991 aveva al centro obiettivi archivistici (metodologie di riordino e strumenti per la consultazione incrociata), l’iniziativa realizzata l’anno successivo (21 novembre 1992)15 vede prevalere finalità storiche. L’incontro 50 : 13 = Udi percorsi della memoria, idee per il futuro è infatti dedicato ai progetti da realizzarsi in occasione del ٥٠° anniversario dell’Associazione, che si sarebbe celebrato due anni dopo. Nella relazione introduttiva di Ermanna Zappaterra si iniziano a riconoscere i primi passi di questa pratica politica:

Questo incontro è stato promosso dal Coordinamento degli archivi regionali, cioè dai sette archivi che in questi anni hanno lavorato per il progetto di catalogazione dei materiali della storia dell’Udi in Emilia-Romagna e non solo perché si sono prodotte iniziative politico-culturali volte a far vivere la nostra storia come momento di trasmissione, di ricerca, di valorizzazione della nostra identità16.

All’ordine del giorno c’è la discussione – aperta ai tanti luoghi che in quel momento si riconoscevano nella Carta degli intenti – di un’idea progettuale della regista Tilde Capomazza e di Liviana Zagagnoni di Ferrara per la realizzazione di un video sulla storia dell’Udi. L’incontro prevede due relazioni: una politica di Rosanna Galli e una di taglio storico politico di Delfina Tromboni. Dalle due relazioni, ricchissime di spunti e riflessioni, emerge chiaramente il progetto politico che si vuole realizzare, ma anche le difficoltà delle scelte da compiersi. Rosanna Galli ne ricostruisce le motivazioni:

È dall’XI° Congresso che donne dell’Udi (a Roma per l’Archivio centrale e in alcuni luoghi dell’Emilia-Romagna) hanno sentito in modo forte che la continuità la si determinava sì con i vari strumenti nuovi che ci siamo date (Autoconvocazione – Sede nazionale – Garanti) ma particolarmente attraverso la valorizzazione e quindi la sistemazione e inventariazione dei materiali che l’Udi, dalla sua nascita, ha prodotto, produce e produrrà.

Non è solo il valore dell’emozione nello “scoprirci nel passato” ma soprattutto la voglia di impegnarsi in idee e progetti che facciano della “scoperta del passato”, la forza per imprimere una svolta davvero nuova “nel presente” per dare continuità indispensabile alla vita delle donne e alla società. Se non avessimo chiaro questo concetto del nostro interesse intorno al patrimonio storico, avremmo fatto come le donne dell’Udi di Torino che hanno consegnato l’intero archivio al Centro Gramsci. Infatti l’Udi di Torino non esiste più17.

Il Coordinamento della rete regionale dei Gruppi archivio si identifica con questo obiettivo: mantenere in vita l’associazione, anche attraverso la sua storia. Ma passare dalla teoria di un lavoro comune sulla storia delle donne dell’Emilia-Romagna alla realizzazione di un progetto specifico di autorappresentazione dell’Associazione – dopo la frattura dell’XI Congresso e i conflitti tra le diverse Udi – non è cosa semplice come precisa Delfina Tromboni:

Con le compagne del coordinamento abbiamo fatto tre incontri, tre pomeriggi lunghi, sofferti, conflittuali e appassionanti. Abbiamo appena cominciato a dire di quante e quali, delle mille facce dell’Udi nei cinquant’anni della sua storia, avremmo voluto trovare traccia nell’esito finale di un progetto culturale e politico insieme […] Ma una cosa è dire – per personale passione – che la nostra memoria va salvata, ben conservata e trasmessa, altra cosa è misurarsi con un progetto concreto come una pratica politica.

Occorre far emergere un’immagine della donna dell’Udi diversa da quella stereotipata di soggetto politico etero-diretto la cui azione politica quotidiana non intacca il modello tradizionale della femminilità: «[perché], se questa è l’immagine che noi abbiamo di noi stesse e della nostra storia, è comprensibile che quasi a nessuna venga in mente di iscriverci tra i soggetti politici che vale la pena studiare!» – prosegue Tromboni – «ma poiché le altre non “ci dicono” (noi come Udi), forse noi stesse, abbiamo bisogno, per cominciare a “dirci”, di andare più “dentro” con i nostri strumenti e con il nostro sguardo in questi termini»:

Io ho la convinzione, forte, che proprio partendo da questa nostra storia, che a tutte noi appartiene, noi possiamo produrre pensiero nostro, farlo vivere per il 50° ed è anche il processo che abbiamo avviato verso il 13° congresso.

Noi siamo oggi tante cose, ed abbiamo segnato, in questi anni, delle nostre pratiche, la vita politica, le sue forme, in questa regione e oltre.

Siamo il contrario dello spreco che facciamo di noi stesse. Lavorare attorno al progetto che portiamo qui può essere forse un altro modo, uno dei tanti possibili, di riconoscersi18.

I tanti interventi concordano sulla necessità che il video debba rappresentare le differenze tra i diversi luoghi dell’Udi, attraverso la complessità dei percorsi che le singole hanno inventato e praticato, tenendo insieme la dimensione collettiva e quella soggettiva. Il video di Tilde Capomazza sul 50° dell’Associazione Udi in Emilia-Romagna non verrà mai realizzato, nonostante il proseguimento di incontri e confronti, per la difficoltà di definire a livello regionale scelte e responsabilità del messaggio da veicolare.

Risulta invece più semplice realizzare il video localmente per iniziativa dell’Udi di Modena19, così come proseguono senza particolari difficoltà le attività delle singole realtà provinciali (ad esempio produzione/pubblicazione degli inventari archivistici, incontri, mostre fotografiche, sulla storia dell’Udi e dei movimenti delle donne, ecc.).

Dopo quel seminario del 1992, con l’evoluzione delle pratiche politiche dell’Udi attraverso il XIII Congresso nazionale (1994) e l’ingresso nella Rete regionale della nuova associazione culturale Centro documentazione donna di Modena (1996)20, questo lavoro storico a dimensione regionale può essere avviato.

La scelta dell’Udi modenese di affidare la gestione e la valorizzazione dei propri archivi all’Associazione Centro documentazione donna, che ha come obiettivo statutario di dar vita ad un omonimo Istituto culturale di ricerca (d’ora in poi Cdd), promuove un acceso confronto, sia a livello regionale che a livello nazionale, sull’opportunità di distinguere la gestione politica da quella archivistica delle carte e sulle potenzialità che poteva offrire una struttura attrezzata con figure professionali dedicate alla conservazione, alla valorizzazione degli archivi, alla ricerca storica, alla progettazione culturale e al fund raising.

5. La soggettività femminile tra memoria, storia e archivi

Facendo tesoro del lavoro fatto dalla rete nei primi 10 anni – che ha messo al sicuro le carte prodotte ed acquisite dall’Associazione nella sua dimensione collettiva e organizzativa e che ha evidenziato quanto restano nascoste nelle carte le singole donne che questa storia avevano animato – si avvia nel 1998 il progetto Soggettività femminili in (un) movimento. Le donne dell’Udi storie, memorie, sguardi.

Il progetto ha l’obiettivo di creare un corpus di fonti orali capaci di restituire l’intreccio tra la storia dell’Associazione e la memoria autobiografica delle militanti e delle funzionarie: i ricordi, le storie personali e i rapporti tra le scelte politiche dei territori e il vissuto soggettivo. Il movimento dell’Udi come una “comunità femminile”, luogo di incontro, di relazione e di trasmissione.

Il progetto presentato dal Cdd all’Assessorato alla cultura della Regione Emilia-Romagna che lo sostiene, vede l’adesione attiva dell’Udi di Ferrara, Modena e Ravenna che, con proprie ricercatrici, realizzano le interviste sui loro territori. La costruzione degli strumenti con cui andare a interrogare le testimoni e gli obiettivi della ricerca vengono discussi nell’omonimo seminario nazionale di studi che ha come sottotitolo Le donne dell’Udi. Storie, memorie, sguardi21, realizzato a Modena il 18 dicembre 1999.

Il programma prevede due sessioni: la prima intitolata Rappresentazioni comprende gli interventi di cinque ragazze che hanno fatto ricerca negli archivi dell’Udi per le loro tesi di laurea (Chiara Borsotti, Ornella Domenicali, Micaela Gavioli, Myriam Maffoni e Alessandra Mattiola) e le relazioni delle discussant Delfina Trombori e Rosangela Pesenti; la seconda intitolata Dialoghi apre il confronto tra protagoniste, storiche e giovani ricercatrici.

Gli atti ci restituiscono un vivace dibattito – a cui partecipano la storica Fiorenza Tarozzi e diverse protagoniste di quella storia a livello nazionale quali Lidia Menapace e Marisa Ombra – di cui il comitato scientifico del progetto (Liotti, Pesenti, Tromboni) terrà conto nelle fasi successive, facendo una scelta consapevole: «questa ricostruzione quindi non è neutra e rivela un’esigenza, una scelta politica delle donne dell’Udi di considerarsi soggetti di una storia autonoma»22.

Si vuole rendere visibile quello che le carte nascondono in considerazione delle modalità organizzative dell’associazione: il rapporto tra le scelte soggettive e le scelte politiche dei territori, le esperienze di lotta, la fatica della doppia militanza in un continuo confronto/scontro con il Pci, l’incontro/conflitto con il femminismo.

A conclusione del rilevamento e della somministrazione delle interviste è importante ricordare anche il seminario di studi realizzato nel novembre 2001 a Ferrara, promosso da Cdd, Archivio storico Udi di Ferrara e Comune di Ferrara-Centro documentazione storica, quale confronto tra le coordinatrici del progetto di ricerca con la storica Anna Rossi-Doria (Università degli studi di Bologna e Società Italiana delle Storiche) e Lea Melandri (Archivi Riuniti delle Donne di Milano).

L’anno successivo la ricerca viene pubblicata con l’editore Carocci con il titolo “Volevamo cambiare il mondo”. Memorie e storie delle donne dell’Udi in Emilia-Romagna, a cura di chi scrive e di Rosangela Pesenti, Angela Remaggi e Delfina Tromboni. La prima presentazione, datata 19 ottobre 2002, è realizzata a Ravenna, nel Ridotto del Teatro Alighieri, alla presenza, tra gli altri, del presidente della Regione Vasco Errani e di Anna Rossi-Doria.

La pubblicazione, dando visibilità e parola alle donne che avevano fatto l’Udi in Emilia-Romagna, segna l’avvio del percorso del “dirci” invocato da Tromboni dieci anni prima e che la stessa riprende nel saggio Di donna in donna. Ritratti in punta di penna (1945-1960)23. Il lavoro, analizzando come si erano autorappresentate le testimoni, restituisce una varietà di soggettività e di pratiche politiche messe in atto per ritagliarsi spazi di autonomia nella società e nella politica partitica. In particolare, emerge come le donne dell’Udi non si percepissero come l’ennesimo organismo in cui si articolava il Pci: la loro azione si presentava come novità che scompaginava i metodi tradizionali della politica e il loro protagonismo spesso risultava difficile da accettare.

Un percorso soggettivo segnato dall’esperienza politica nell’Udi: «L’Udi diventa allora tema unificante di una storia individuale, o parte di una storia che comunque fa coincidere con la periodizzazione politica dell’associazione le tappe di crescita e mutamento della propria vita» – scrive Rosangela Pesenti nel saggio Fuori scena – evidenziando comunque la difficoltà di fare una storia delle soggettività senza avere ancora una storia collettiva:

A chi legge vorrei ricordare che proprio al fondo di una storia così personale da non poter prescindere dal soggetto “io” ho ritrovato continuamente il legame di un “noi”, che non è solo quello esplicito dell’azione, ma appartiene ad una più sotterranea, tenace e quasi insaputa condivisione che attraversa legami e scontri tra generazioni e relazioni diverse, età, condizioni, origine, stile di vita, collocazione sociale, atteggiamenti, comportamenti, e che non è comunque riconducibile ai modi di quell’uso comune dell’acronimo Udi che etichetta l’agire […] Ho pensato che ci fosse in quel “noi” il nocciolo duro di un’esperienza politica […] un nocciolo di storia che ho visto sbucciando e spolpando quelle storie non nella loro multiforme e inesauribile verità, ma dei miei sentimenti stessi, di quell’agire troppo partecipe che pure avevo cercato di ridurre a poche parole di cortesia e pochi gesti, quasi solo quelli di accendere e spegnere il registratore, ringraziare, salutare24.

La stessa Pesenti di fronte alla complessità di leggere quella storia dall’interno, come l’Udi ha fatto fino a quel momento, in un passaggio precedente, pone l’interrogativo se i tempi non siano «maturi per separare i due ambiti assegnando la storia alle storiche e la politica alle politiche»25. Ma i tempi maturi non sono.

Il nodo di dare visibilità alle soggettività individuali investe in quegli anni anche attività e metodologie archivistiche. Che fare considerato che nelle carte d’archivio manca spesso il nome di chi scrive, il più delle volte celato dietro al “noi” dell’organismo collettivo? Quali strumenti archivistici occorre mettere in campo per restituire le soggettività femminili?

La questione ne sottende altre: come dare visibilità all’intreccio fra teoria e prassi politica dell’Udi, al rapporto tra emancipazione individuale ed emancipazione collettiva, al faticoso recupero di autonomia politica, segnata dalla scoperta dell’asimmetria del potere tra donne e uomini, e al difficile ma fecondo confronto con la pratica politica della relazione fra donne del femminismo.

A queste domande aveva provato a rispondere anche un seminario nazionale promosso dall’Archivio centrale dell’Udi il 23 e 24 ottobre 1998 a Roma dal titolo Donne sull’orlo degli archivi. Al Seminario avevano partecipato i numerosi archivi delle donne presenti in Italia tra i quali: la Fondazione Elvira Badaracco, gli Archivi riuniti delle donne, l’Archivio Piera Zumaglino, l’Archivio Camilla Ravera, la Rete degli archivi lesbici, l’Archivio della memoria del Dipartimento di discipline storiche dell’Università di Bologna e l’Archivio del Centro di documentazione delle donne della stessa città.

Delfina Tromboni, che aveva svolto la relazione introduttiva del seminario, scrive su Agenda della Società italiana delle storiche, che l’obiettivo dell’incontro era stato riuscire ad organizzare l’uso pubblico della storia dell’associazione e che il confronto fra le donne dell’Udi, le responsabili degli archivi delle donne e le storiche, aveva portato alla decisione di promuovere la creazione di strumenti di corredo, capaci di dare visibilità alle soggettività femminili e di svolgere quella funzione di “narrazione” che l’inventariazione delle carte da sola non poteva assolvere, anche utilizzando al meglio tutte le potenzialità dell’informatica e delle forme di comunicazione multimediale26.

Questo tema dell’emersione delle soggettività femminili non verrà risolto a livello archivistico. A livello storico invece alcune ricerche e pubblicazioni saranno realizzate su figure rilevanti nella storia dell’associazione, promosse dalle Udi locali27.

6. Dal Coordinamento regionale all’Associazione Rete regionale archivi Udi della Regione Emilia-Romagna

Il 2001 è l’anno in cui il Coordinamento regionale tra Udi di Bologna, Udi di Ferrara, Udi di Forlì, Udi di Imola, Udi di Modena, Udi di Ravenna, Gruppo Archivio Udi di Reggio Emilia e Cdd diventa “Rete regionale degli Archivi Udi dell’Emilia-Romagna”. La sede sociale è stabilita a Ferrara, la coordinatrice e delegata è Micaela Gavioli, nell’ambito del suo lavoro presso l’Archivio dell’Udi di Ferrara.

La Rete si costituisce formalmente in Associazione nel 2017, con un proprio Statuto che prevede socie e organi sociali (Assemblea delle socie, Consiglio direttivo, presidente e tesoriera). I soci fondatori sono i 6 archivi dell’Udi e il Cdd28, che storicamente compongono il Coordinamento; risulta assente solo l’Associazione Gruppo Archivio dell’Udi di Reggio Emilia che da alcuni anni non partecipava più alle attività29.

È eletta presidente la stessa Gavioli, che ricopre la carica per pochi mesi. Le succede Katia Graziosi dell’Udi di Bologna. Nel 2020 l’Associazione assume la definizione di Aps (Associazione di promozione sociale) in adempimento alla riforma del Terzo settore e trasferisce la sua sede a Bologna.

Il 19 maggio 2001 nasce anche l’Associazione nazionale degli archivi dell’Udi – Istituto culturale di studi e ricerca per la tutela e la valorizzazione degli archivi dell’Udi sul territorio italiano (d’ora in poi Anau), sia conservati direttamente dalle Udi locali sia depositati presso altri enti. Tra le 24 socie fondatrici anche le Udi dell’Emilia-Romagna e il Cdd di Modena che sicuramente hanno un ruolo determinante nelle fasi di progettazione e definizione dello statuto30. La prima presidente è Marisa Ombra, poi Rosanna Galli (2006-2015), Rosangela Pesenti (2015-2019) e oggi Vittoria Tola. Ma questa è un’altra storia.

7. Il confronto con le nuove tecnologie

Sono le nuove tecnologie in campo archivistico la sfida che attende la Rete regionale negli anni Duemila. L’archivio ci restituisce le carte della progettazione di Memori@. Una rete per gli archivi delle donne presentato da Modena Formazione e Cdd, sostenuto dall’Udi e da diverse associazioni femminili (Cif, Rete Lilith, ecc.) e istituti che sul territorio nazionale conservano archivi femminili. La proposta, presentata nell’aprile 2001, sull’asse E obiettivo 1 del Fondo sociale europeo dedicato alle Pari opportunità, non viene purtroppo finanziata.

Proseguono comunque attività locali, come quella del Cdd che – grazie al progetto Archivi@. Archivi modenesi del ’900, promosso insieme a Istituto Storico e Centro culturale Francesco Luigi Ferrari e sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena – avvia nel 2003 l’inventariazione dei fondi con il software Gea per aderire al progetto Archivi del Novecento, la memoria in rete del Consorzio Baicr-Sistema cultura, che già riuniva numerosi istituti culturali, garantendo la consultazione trasversale dei patrimoni archivistici sul portale del progetto31.

Sull’esperienza modenese di utilizzo delle nuove tecnologie adottate dagli archivi misti e su quelle di altri archivi delle donne (Archivio centrale Udi, Coordinamento per l’Autodeterminazione della donna di Catania, Fondazione Elvira Badaracco, Centro italiano femminile – Cif, Rete Lilith e Centro delle donne di Bologna)32 ci si confronta con le istituzioni archivistiche centrali e regionali nel seminario Documentare la differenza. Gli archivi delle donne tra memoria e innovazione tecnologica (Bologna, dicembre 2004). Il seminario è anche l’occasione per presentare la Guida agli archivi dell’Unione Donne Italiane pubblicata nel 2002 nei Quaderni della Rassegna degli archivi di Stato a cura della Direzione generale per gli archivi, con una introduzione di Marisa Ombra. La Guida, oltre all’Archivio centrale, censisce, grazie all’attento lavoro di Delfina Tromboni, altri 39 archivi Udi, tra i quali anche i 7 aderenti alla Rete regionale, restituendo una fotografia della situazione in quel preciso momento storico33. Da segnalare che da quella esperienza nasce la proposta, purtroppo non realizzata, della pubblicazione della scheda fondo di tutti gli archivi dell’Udi in Archivi del Novecento di cui resta traccia nelle carte del 2008.

Sulle nuove tecnologie la discussione si allarga anche alle novità introdotte nella produzione dei documenti nel seminario Archiviamo il presente con uno sguardo al passato. Donne e documentazione nell’era digitale, realizzato a Roma il 22 giugno 2013, promosso dall’Anau, dall’Archivio centrale e dal Cdd.

I lavori, coordinati da Rosanna Galli, presidente dell’Associazione nazionale, si aprono con la relazione di Vittorina Maestroni, presidente del Cdd, sui risultati dell’aggiornamento del censimento nazionale degli archivi Udi realizzato tra 2011 e 2012 dallo stesso Istituto grazie a un contributo del Ministero per i Beni e le attività culturali – Direzione generale degli archivi34. Sul tema specifico del seminario intervengono Linda Giuva, responsabile scientifica Archivio centrale, Mariella Guercio, docente dell’Università La Sapienza, illustrando principi e strumenti per la conservazione dei materiali che nascono digitali (e-mail, file, ecc.).

Questa necessità di rendere accessibili gli archivi in una prospettiva di dialogo con differenti sistemi di catalogazione e fruizione continua ad essere un’esigenza molto sentita dalla Rete regionale che in quegli anni sperimenta, per la prima volta concretamente, le potenzialità della ricerca storica trasversale ai singoli archivi con il progetto Welfare in Emilia-Romagna: una storia di donne realizzato grazie al contributo dell’Assessorato alla cultura dell’Emilia-Romagna (L. 37/94). Il progetto crea dapprima un thesaurus di parole chiave, nella loro evoluzione cronologica, e poi attraverso questo va ad individuare la presenza di documentazione utile alla ricerca storica sul tema specifico.

Micaela Gavioli, presidente della Rete regionale, nella sua introduzione ai lavori del seminario Cittadinanza femminile plurale. Gli archivi dell’Udi per una storia del welfare in Emilia-Romagna (Bologna, 21 ottobre 2013) di presentazione degli esiti del progetto, precisa:

Il progetto “Welfare in Emilia-Romagna: una storia di donne”, contempera elementi maturati e condivisi nel lavoro di tutti questi anni: la necessità di rendere visibile la storia dell’associazione come fondamentale per comprendere la storia delle donne in Emilia-Romagna, e la storia stessa della regione; la soggettività – individuale e collettiva – come chiave di lettura imprescindibile per avvicinarsi a questa storia; il valore del patrimonio documentale posseduto, nella sua varietà e complessità; l’importanza dell’accessibilità ai documenti in una prospettiva di dialogo con differenti sistemi di catalogazione e fruizione; l’apporto delle nuove generazioni di studiose, in termini di competenze, professionalità ma anche di passione e contenuti.

E conclude dicendo:

Gli esiti di questo lavoro sono da valutare sotto due punti di vista: quello della ricerca storica e quello della messa a punto di uno strumento “tecnico” di indagine sugli inventari.

Per quanto riguarda il primo, l’inquadramento del tema “Udi e welfare” in prospettiva storica ha tracciato una periodizzazione che fissa coordinate cronologiche e al tempo stesso tematiche dell’agire multiforme e “multifronte” dell’associazione, nell’interfacciarsi tra dimensione nazionale e regionale ma anche nell’interazione tra Udi e altri soggetti. Rispetto al secondo, la sperimentazione di un metodo di ricerca basato sulle parole-chiave ha permesso una descrizione sia quantitativa che qualitativa delle occorrenze documentarie relative al tema welfare negli archivi inventariati.

Di qui si aprono possibili piste di approfondimento. La prima è una ricerca storica a livello delle Udi regionali, in base alle coordinate cronologiche e tematiche individuate, che faccia uso dello strumento di ricerca sperimentato. La seconda è invece una messa a sistema della ricerca per parole-chiave, che implicherebbe un vero e proprio progetto di tesauro Udi, nutrito del bagaglio culturale e di riflessione maturato sulla propria storia dagli archivi Udi della Rete. In entrambi i casi appare chiaro che questa operazione di valorizzazione e approfondimento anche tecnico sui fondi archivistici, dovrebbe vedere una maggiore omogeneità negli strumenti di accesso ai fondi stessi, cosa possibile in primis attraverso l’informatizzazione degli inventari (e, prima ancora, attraverso l’esistenza stessa degli inventari)35.

Il limite rilevato allora, non è ancora colmato. L’inventariazione informatizzata di tutti gli archivi dell’Udi non è a tutt’oggi ancora pienamente realizzata, ma importante in tal senso la scelta adottata dalla Rete dal 2012 di produrre tutti i nuovi inventari con il software X-Dams per renderli visibili e consultabili sulla piattaforma IBC Archivi della Regione Emilia-Romagna, dove sono stati riversati anche alcuni inventari informatizzati con altri sistemi operativi.

Ugualmente importante la realizzazione di un sito web della rete online dall’ottobre 2019 (https://retearchiviudier.it) che assolve al compito di descrivere i patrimoni conservati dalle Udi locali, rimandando agli inventari informatizzati quando disponibili.

8. Alcune conclusioni

Per concludere si può affermare che a seguito della destrutturazione dell’Udi decretata dall’XI Congresso molte sedi locali trovano nelle attività intorno all’archivio una determinante ragione di continuità. Una pratica politica di rilevanza vitale, tant’è che in molte realtà è solo intorno all’archivio che prosegue l’attività delle militanti. Come ha scritto Rosangela Pesenti: «[È quella delle Udi locali] una sopravvivenza, garantita non a caso, praticamente e simbolicamente da un archivio in cui è racchiusa una storia passata»36.

Quello che avviene in Emilia-Romagna, con la costituzione del Coordinamento regionale degli archivi dell’Udi, poi Associazione, è un caso unico sul territorio nazionale. Da un lato si determinano risultati significativi rispetto alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio documentario, anche grazie alla continuità del sostegno pubblico. Si guardi agli interventi di riordino e inventariazione realizzati, agli interessi di studio e ricerca sollecitati, alla visibilità delle fonti, nonché al contributo dato alla nascita dell’Anau. Dall’altro il percorso ha ricadute sulle stesse pratiche politiche dell’associazione. Infatti, all’interno del percorso politico nazionale di salvaguardia degli archivi e della storia Udi, si evidenziano elementi di profonda novità e discontinuità con le pratiche politiche post XI Congresso, sia nelle relazioni con le istituzioni che in quelle interne all’associazione. In particolare, in questa direzione vanno la collaborazione continuativa con la Regione Emilia-Romagna e la creazione di una referente regionale, quale delegata a rappresentare le diverse realtà dei Gruppi archivio.

In quei primi anni il Coordinamento regionale sperimenta una forma organizzativa basata sul peso paritario e non gerarchico dei diversi Gruppi archivio provinciali e sull’assegnazione a turno del coordinamento amministrativo della Rete diventando un luogo politico dove «ricominciare a parlarsi dopo la frattura dell’XI Congresso», come dice Ansalda Siroli nel 199237.

La pratica politica del Coordinamento sviluppa il confronto permanente tra “le tecniche” e “le politiche”, tiene insieme il desiderio di esserci nel presente con la volontà di conservare le carte, sedimentare la memoria e la storia dell’associazione e delle sue militanti per trasmetterla alle giovani generazioni. Una pratica che, anche nella sua trasformazione in “associazione”, offre un contributo significativo alle riflessioni politiche che avanzano dentro l’Udi a livello nazionale, dal XIII al XIV Congresso (1994-2003), sulle forme organizzative e sulla loro efficacia.

Trent’anni di una pratica politica costante che negli ultimi anni ha avuto ulteriori sviluppi andando a distinguere il livello politico da quello tecnico-archivistico e storico. In tal senso si può leggere la scelta dell’ottobre 2018 di istituire, accanto al Direttivo dell’Associazione, un Comitato scientifico guidato da Eloisa Betti quale responsabile. Ugualmente con il sostegno dato alla ricerca e pubblicazione Differenza Emilia. Teoria e pratiche politiche delle donne nella costruzione del “modello emiliano”38 i tempi sono diventati maturi anche per affidare la storia dell’Udi dell’Emilia-Romagna alle storiche e agli storici, che di quella storia non hanno fatto parte.


Note

1 Il Centro documentazione donna dell’Udi di Modena nasce nel dicembre del 1984 dopo un lavoro di organizzazione delle carte svolto dalle volontarie del Gruppo Archivio dell’Udi.

2 Convenzione tra la Regione Emilia-Romagna e il Coordinamento regionale dell’Unione donne italiane, per la valorizzazione degli archivi, centri di documentazione e biblioteche delle associazioni di Modena, Bologna, Reggio Emilia, Ferrara, Imola, Ravenna e Forlì in Centro documentazione donna di Modena (d’ora in poi Cdd), Archivio Udi Modena, serie 2.5.1, fasc. 5.

3 Rosanna Galli dice: Ferrara estate 1982, Modena dicembre 1982, Reggio Emilia 1986, Bologna inizio 1987, Imola fine 1988, Ravenna fine 1989 e Forlì inizio 1991 in Introduzione ai lavori in Coordinamento regionale Archivi Udi, Atti del seminario regionale «Progetto di recupero, ordinamento, valorizzazione di un patrimonio storico delle donne», Bologna, 13 aprile 1991, datt., p. 1 in Cdd, Archivio Udi Modena, serie 2.5.1, b. 1.

4 Il riordino è presentato l’11 dicembre 1992 come una attività del Centro documentazione donna dell’Udi.

5 XI Congresso nazionale dell’Unione donne italiane. Atti, Litografia Falcongraf, s.l., 1986, p. 26.

6 Ivi, pp. 121-123.

7 A Roma si forma un Gruppo intorno all’Archivio centrale, animato da Maria Michetti, Margherita Repetto, Luciana Viviani; cfr. Luciana Viviani, Fare ordine, darsi valore in Pesi e misure, in “DWF”, 1990, n. 12, pp. 19-27.

8 Caterina Liotti, Rosangela Pesenti, Angela Remaggi e Delfina Tromboni (a cura di), “Volevamo cambiare il mondo”. Memorie e storie delle donne dell’Udi in Emilia-Romagna, Roma, Carocci, 2002.

9 Rosanna Galli, Introduzione ai lavori in Coordinamento regionale Archivi Udi, Atti del seminario regionale «Progetto di recupero, ordinamento, valorizzazione di un patrimonio storico delle donne», cit., p. 1.

10 Cfr. Coordinamento nazionale dei centri di documentazione, delle librerie e delle case delle donne, Le donne al Centro. Politica e cultura dei Centri delle donne negli anni ’80, Roma, Coop. Utopia, 1988.

11 Coordinamento regionale Archivi Udi, Atti del seminario regionale «Progetto di recupero, ordinamento, valorizzazione di un patrimonio storico delle donne», cit., pp. 22-23.

12 Programmi dei corsi in Cdd, Archivio Udi Modena, B.I, b. 141 e 151.

13 Guida agli Archivi dell’Unione Donne Italiane, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale per gli archivi, 2002, p. 114.

14 Coordinamento regionale Archivi Udi, Atti del seminario regionale «Progetto di recupero, ordinamento, valorizzazione di un patrimonio storico delle donne», cit., p. 25.

15 Coordinamento regionale archivi Udi, Atti dell’incontro di discussione «50 : 13 = Udi. Percorsi della memoria, idee per il futuro», 21 novembre 1992, Bologna, datt. in Cdd, Archivio Udi Modena, 2.5.1, b. 1.

16 Ivi, p. 1.

17 Ivi, Rosanna Galli, Intervento, p. 3.

18 Ivi, Delfina Tromboni, Intervento, pp. 9-15.

19 Tilde Capomazza lavorò comunque su un video a dimensione locale per la realtà modenese dal titolo Femminile plurale. L’Udi e le altre nella casa delle donne nell’autunno del 1994, in Cdd, Archivio Udi Modena, b. 148, fasc. 607.

20 L’associazione culturale nasce dal Gruppo Archivio dell’Udi e da giovani storiche e archiviste con l’obiettivo di creare un Istituto culturale di ricerca cfr. Caterina Liotti, Il Centro documentazione donna di Modena. Gli archivi delle donne tra conservazione e diffusione, in “AIDAinformazioni”, 2003, n. 1, pp. 225-236. L’associazione riceve in deposito gli archivi dell’Udi di Modena, Carpi e Castelfranco e a partire da questo ruolo operativo entra a far parte del Coordinamento; quando il Coordinamento regionale si costituisce formalmente in associazione (2017) il Cdd ne è socio fondatore.

21 Vittorina Maestroni, Angela Remaggi (a cura di), Soggettività femminili in (un) movimento. Le donne dell’Udi. Storie, memorie, sguardi, Modena, Cdd, 2001.

22 Caterina Liotti, Introduzione, in “Volevamo cambiare il mondo”, cit., p. 31.

23 Ivi, Delfina Tromboni, Di donna in donna, Ritratti in punta di penna (1945-1960), pp. 39-69.

24 Ivi, Rosangela Pesenti, Fuori scena, pp. 85-86.

25 Ivi, p. 85.

26 Delfina Tromboni, Gli archivi dell’Udi: una riflessione e un confronto in “Agenda della Società Italiana delle Storiche”, 1999, n. 21, pp. 19-23.

27 Il tema delle soggettività delle donne che dai Gruppi di difesa della donna hanno fatto nascere l’Udi è al centro di una progettualità promossa in occasione del 70° dell’Udi da Cdd, Associazione regionale Archivi Udi, Archivio centrale e Associazione nazionale degli archivi dell’Udi, purtroppo non finanziata. Diverse invece le iniziative locali oggetto del seminario regionale Raccontare non basta. Per una riflessione sui Gruppi di difesa della Donna in Emilia-Romagna (Modena, 21 novembre 2015).

28 Il Cdd dal 2015 ha una Convenzione autonoma con la Regione Emilia-Romagna.

29 L’associazione Gruppo Archivio Udi Reggio Emilia, si scioglie nel dicembre 2021, dopo aver donato il proprio archivio al Cdd. L’archivio era depositato dal 2002 presso l’Istituto Storico di Reggio Emilia (Polo archivistico del Comune di Reggio Emilia).

30 Resoconto dell’incontro di Modena (novembre 2000) del gruppo di lavoro per la proposta di associazione degli archivi dell’Udi, in Cdd, Archivio Udi, serie 2.5.1, b. 7.

31 Il progetto Archivi del Novecento si conclude nel 2012 per mancanza di finanziamenti. Gli archivi modenesi sono ancora in rete nel portale www.archivimodenesi.it, ultima consultazione: 6 settembre 2022.

32 Il confronto sulle scelte che orientano l’inventariazione delle fonti e il trattamento delle informazioni è molto acceso soprattutto tra gli archivi del femminismo. Io stessa partecipo come relatrice ad alcuni convegni sul tema.

33 Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale per gli archivi, Guida agli Archivi dell’Unione Donne Italiane, cit.

34 Cdd, Guida agli archivi dell’Unione Donne Italiane: censimento e aggiornamento, datt., 2013 in Archivio Cdd, B.I. 2013.

35 Associazione Rete regionale archivi Udi, Welfare in Emilia-Romagna: una storia di donne. Gli archivi dell’Udi raccontano, Rapporto di ricerca, datt., 2013 in Archivio Cdd, B.I. 2013.

36 Rosangela Pesenti, Fuori scena, in “Volevamo cambiare il mondo”, cit., p. 82.

37 Coordinamento regionale archivi Udi, Atti dell’incontro di discussione «50 : 13 = Udi, cit., p. 11.

38 Caterina Liotti (a cura di), Differenza Emilia. Teoria e pratiche politiche delle donne nella costruzione del “modello emiliano”, Roma, Bradypus, 2019, con saggi di Natascia Corsini, Elda Guerra, Eloisa Betti, Tito Menzani, Orsetta Giolo.