Inverno 1944. Sulle montagne dell’Appennino marchigiano, nel territorio di Cantiano (PU), i partigiani della V Brigata Garibaldi danno filo da torcere a nazisti e fascisti, con operazioni e sabotaggi sempre più frequenti in direzione di Cagli e Piobbico. In risposta, il 25 marzo le forze nazifasciste avviano un rastrellamento nella zona partigiana: tre colonne si muovono simultaneamente dal ponte di Polea, da Pontedazzo e da Pontericcioli per accerchiare i distaccamenti Fastiggi e Pisacane, dislocati tra i monti Catria e Petrano.
I partigiani, avvertiti la sera prima dell’imminente attacco, si appostano nottetempo in punti strategici, comprese trincee scavate nel terreno. L’inevitabile scontro si protrae per l’intera giornata, sotto una tormenta di neve, e sarà ricordato come la “Battaglia di Vilano”, uno dei maggiori successi dal punto di vista militare dei partigiani nel pesarese. Circa cinquecento tra nazisti e camicie nere battono in ritirata, con numerose perdite. Tra i partigiani si contano un morto, Tommaso Cordelli boscaiolo ventottenne di Cantiano, e due feriti, Vittorio Poveromo e Nicola Paruccini, rispettivamente di venti e ventidue anni. Ulteriore vittima della giornata è un contadino del luogo, Francesco Battilocchio, ucciso da colpi vaganti mentre accudiva il bestiame nei pressi della sua abitazione; gli verrà ufficialmente riconosciuta la qualifica di “caduto per rappresaglia”1.
Ricordiamo questa pagina di storia con un racconto intenso, dal titolo “Una grande vittoria partigiana. 25 marzo presso il Monte Petrano”, scritto a caldo da Giorgio De Sabbata, allora commissario politico del distaccamento Fastiggi. L’autore sarà successivamente sindaco di Pesaro (per undici anni, dal 1958 al 1970), poi consigliere regionale, deputato (dal 1972 al 1976) e senatore (dal 1976 al 1987) per il Partito comunista.
Il documento consta di cinque pagine dattiloscritte, con correzioni e annotazioni manoscritte. L’immagine digitale è visibile sul portale Memorie di Marca2; l’originale è conservato nel fondo Giuseppe Mari, presso l’Istituto di storia contemporanea della provincia di Pesaro e Urbino (Iscop).
Il fondo Giuseppe Mari comprende prevalentemente documentazione (soprattutto relazioni, elenchi, carteggio, fotografie e articoli di giornali) prodotta e acquisita dal soggetto produttore durante le ricerche e gli studi da lui compiuti in materia di storia della Resistenza e del movimento partigiano nelle Marche. Mari (Urbino, 1911-Pesaro 2002) è stato comandante del II Battaglione della V Brigata Garibaldi Pesaro poi, dal 2 settembre 1944, comandante della Divisione Marche. Nel dopoguerra è stato attivo con autorevolezza e ruoli di primo piano nell’Anpi provinciale, oltre ad aver ricoperto incarichi nell’amministrazione del Comune di Pesaro e della Provincia (di cui è stato presidente dal 1957 al 1959). Ha scritto numerosi contributi storici, tra i quali si ricorda Guerriglia sull’Appennino. La Resistenza nelle Marche (Urbino, Argalia, 1965).
Gran parte della documentazione che costituisce il fondo Giuseppe Mari è stata versata dal soggetto produttore nel 1991, con ulteriori versamenti negli anni successivi. Nel 2011, il figlio Carlo ha formalmente donato il fondo del padre all’Iscop; due anni dopo la Soprintendenza archivistica delle Marche lo ha riconosciuto di notevole interesse storico (decreto n. 97, 30 aprile 2013). Nel 2014, su progetto redatto da Antonello De Berardinis, Ingrit Vjerdha ha effettuato una prima ricognizione del fondo, al termine della quale ha stilato un elenco sommario della documentazione. L’anno successivo Luigi De Palo ha prodotto un inventario analitico: il lavoro è stato coordinato da Matteo Sisti, che ha anche organizzato la successiva fase di parziale digitalizzazione, avviata nel 2016 grazie a un cofinanziamento della Regione Marche e conclusa con la pubblicazione delle immagini sulla piattaforma web Memorie di Marca.
I documenti digitalizzati – tra i quali la cronaca di Giorgio De Sabbata che qui viene riprodotta, con alcune riduzioni – sono stati selezionati sia in base alla loro rilevanza in riferimento al valore storico, sia in base allo stato di conservazione, dando priorità a quelli in condizioni più critiche al fine di poter escludere dalla consultazione gli originali analogici, garantendone conservazione e tutela.
1. Giorgio De Sabbata, “Una grande vittoria partigiana. 25 marzo presso il Monte Petrano”
Preludio
Al Cappone – il comando del Fastiggi – intorno a un camino si scaldano alcuni uomini. Fra loro c’è Imbriano Alessandri, che il 5 maggio cadrà nell’assalto alla caserma di Cagli. Argomento della conversazione è la possibilità da parte dei fascisti di compiere un rastrellamento. Tutti sono ottimisti e ritengono che i tedeschi abbiano da pensare al fronte, debbano prepararsi al prossimo urto, mentre i fascisti non avranno più il coraggio di tornare all’attacco dopo l’ultimo combattimento del 24 febbraio, che uno dei presenti ricorda.
Erano 130 fascisti raccolti dalle località delle Marche. Si era presentata al mattino, nera sulla neve bianca, una colonna. I partigiani ancora dormivano. Furono avvertiti, si alzarono e in dodici li posero in fuga dopo un combattimento di poco più di mezz’ora. La nebbia aveva salvato i fascisti che, giunti al piano in fuga, avevano richiesto munizioni a una colonna tedesca che passava in quel momento. Si narra che il comandante tedesco abbia risposto invitandoli a combattere con le palle di neve. Il discorso passa così dal serio al faceto. […]
La conversazione è interrotta. Imbriano si è alzato, si è portato in un angolo della stanza; parla sottovoce con uno arrivato da poco. L’espressione del suo viso non è delle più calme. Tutti sono intenti a guardarlo. Ecco, ora chiama il commissario politico. Effettivamente le notizie non sono troppo buone. A Cagli il presidio del luogo attende mille S.S. che l’indomani mattina compiranno il rastrellamento. Imbriano e gli altri discutono un po’ sulla attendibilità della notizia […], mentre il commissario invia due staffette per informare il “Pisacane” richiedendo il suo aiuto in caso di attacco e ordina la sveglia alle quattro per il giorno dopo.
A Pesaro
Al mattino seguente il nostro comando di Brigata viene a sapere che il rastrellamento è in corso. Il nervosismo è grande; il risultato di mesi e mesi di lavoro sta per essere collaudato. I fascisti a Pesaro sono di ottimo umore, sperano che una disfatta partigiana faccia arruolare i richiamati delle classi di leva nell’esercito repubblicano e indebolisca fortemente le file di coloro che non vogliono più sapere cos’è la tirannide.
Nicola, il comandante di Brigata, pensa: “Come potranno 80 uomini resistere? Ieri sera non hanno potuto sganciarsi perché non lo hanno saputo e, per bene che possa andare, subiranno molte perdite. E la gioia dei fascisti se potranno vantarsi di aver ottenuto qualche successo? Quella sì che sarà insopportabile!”.
Dal comando di Brigata parte una staffetta per avere le informazioni quanto prima.
In montagna
Audaces fortuna iuvat. E l’audacia impedì che le speranze dei fascisti divenissero realtà.
Dopo una notte di guardia rinforzata, alle quattro e mezzo tutti i partigiani sono nelle posizioni. Fa freddo, qualcuno ha la coperta, qualcuno il cappotto, la maggior parte nulla. Così fino alle sette. Alle sette, motori sulla Flaminia: a Ponte d’Azzo si sono fermati parecchi camion. La sentinella dà l’allarme. Poco tempo dopo arriva la notizia che anche a Pianello ci sono forze pronte per il rastrellamento. E il comandante manca. La sera prima il Pisacane, ricevuta la notizia, aveva subito mandato a chiamare il comandante del Fastiggi, ma il comandante non veniva.
Il tempo è minaccioso, si leva un vento che acquista forza ogni minuto di più. In breve si scatena una violenta bufera di neve. Non si vede più niente a cinque metri di distanza. In queste condizioni il nemico non può attaccare; il tempo ci asseconda. Mezz’ora, un’ora, un’ora e mezzo, poi il tempo si stanca di essere nostro alleato e lascia intravvedere un po’ di luce. Di nuovo riprende un vento violento, di nuovo nevica, ma è soltanto un breve pentimento, che tutto, dopo poco, ritorna calmo. Sono le nove circa e gli uomini delle trincee scorgono i tedeschi che iniziano gli attacchi. Procedono da Ponte d’Azzo e da Pianello in direzione del Cappone.
Alle nove e quarantacinque “canta la raganella!”, la Breda 37 apre il fuoco sul nemico che procede da Pianello, s’inceppa e, dopo 15 minuti, ripiglia a cantare. Immediatamente il nemico cambia direzione, si porta a Moria, dove piazza le mitragliatrici. Frattanto anche le altre posizioni hanno aperto il fuoco sui tedeschi provenienti da Ponte d’Azzo. […]
Il Pisacane
Mentre attaccano da Ponte d’Azzo e da Pianello, i nazisti hanno spinto una colonna anche oltre il fianco destro del Fastiggi, con lo scopo evidente di aggirare il distaccamento. Ma la manovra non riesce, perché i tedeschi urtano contro il Pisacane. Il comandante, Roberto, ha ricevuto un biglietto che gli diceva di portare il distaccamento a Ca’ Aiale, ma da chi è partito questo messaggio? Infatti, giunti in quel luogo si trovano in una posizione infelicissima in fondo a una conca. Un po’ per questo, un po’ per uscire dalla nebbia che, dopo la bufera, stagna ancora nelle quote basse, Roberto distende i suoi trenta uomini su un fronte di due km in posizioni più elevate.
Da una parte il commissario politico fa di una carbonaia una postazione da mitragliatore e, centrata una colonna nemica, ne respinge l’attacco con meno di venti colpi, dopo di che il mitragliatore s’inceppa e il combattimento prosegue con i moschetti e con colpi alternati di mitragliatore. Dall’altra parte il comandante respinge un altro attacco con il solo fuoco di fucileria. È qui che viene a ricongiungersi la squadra del commissario.
Il vicecomandante tiene la posizione più avanzata per impedire una manovra aggirante nemica. Il commissario politico ne tiene un’altra, pure avanzata, con Peppe, Nicola e Tommaso. Dopo qualche tempo però la scarica di un mitra nemico, centrata in pieno, ferisce Tommaso con due colpi alla testa e Nicola con un colpo alla gamba. Tommaso se ne va e il commissario aiuta Nicola a mettersi al sicuro.
Tommaso Cordelli è l’unico partigiano caduto il 25 marzo.
Il Fastiggi
Nella piazza di Cagli alcuni fascisti affermano che i tedeschi, dopo aver catturato tutti i partigiani, procedono alla fucilazione sul luogo.
Ma l’eroe che ha sopportato tanto carcere per la sua idea, l’eroe morto con l’arma in pugno a S. Angelo in Vado, Pompilio Fastiggi, è presente fra i partigiani. Mai e poi mai essi cadranno in mano al nemico.
La sera stessa, sulla stessa piazza di Cagli, un ufficiale delle S.S. esclamerà: “Ci vuole la 5a armata per prendere quelle posizioni!”.
E il Fastiggi resiste cantando “Bandiera rossa”. Il piombo nemico lacera l’aria, urla, fischia, ma si perde nel vuoto. È il nostro piombo che incontra la carne, perché è spinto dalla volontà di chi combatte. Non importa se l’olio manca e le armi s’inceppano per la poca esperienza di chi le maneggia. C’è Gianni che ogni tanto stende una coperta per terra, per smontare il mitragliatore quando s’inceppa. C’è il mitragliatore di Drago che non funziona più. Drago lo smonta e trova una molla indebolita, la sostituisce con un’altra che non è neppure della stessa misura: l’arma funziona di nuovo, ma solo a colpi alternati. Drago la rismonta e s’accorge di aver messo un pezzo rovesciato!
Il mitragliatore di Vincenzo è quello che funziona meglio. Vincenzo insegue a raffiche i tedeschi che si spostano di fianco procedendo a sbalzi. Poi vede alcuni uomini che camminano con delle fascine sulle spalle; anche quello è “nemico” e l’ingenua camuffatura non impedisce che su di lui si abbattano i colpi del Breda.
Presso la casa di “Dindi Boia” una capanna brucia: è ciò che costruisce la civiltà germanica. Un altro pagliaio, più lontano, brucia anche lui.
Frattanto il commissario invia una pattuglia al fianco destro per sincerarsi della partecipazione del Pisacane alla battaglia. Poco dopo arriva una donna di corsa che grida: “Il Pisacane ha fatto sessanta prigionieri e sta aggirando tutte le forze nemiche! Il comandante del Pisacane chiede che sospendiate il fuoco perché teme che colpiate i suoi uomini”. Il fuoco, sospeso un istante, riprende più violento contro il nemico che è giunto vicinissimo alle postazioni. Anche questa notizia era falsa.
Falso non è invece quanto ci dice un partigiano inviato da una posizione avanzata: “Sono in dodici contro 150 e chiedono rinforzi. Impossibile resistere oltre. È giocoforza farli ritirare sulle posizioni retrostanti. Il commissario e il capo squadra studiano la via della ritirata, tenendo sempre pronta una squadra per l’esplorazione di questa via. La squadra è agli ordini di Angelo. Ma Angelo è impaziente e improvvisamente si riporta sulle posizioni di combattimento. Scoprendo il petto per far fuoco sul nemico, resta colpito da due pallottole di mitra.
Nicola del Pisacane e Angelo sono gli unici nostri feriti di questa battaglia.
Il nemico è tanto vicino che per fargli fuoco Gianni è costretto a stare in piedi. Il Fastiggi resiste ancora, resiste fino a sera, fino a quando, condotto dal comandante appena giunto, si ritira dopo che il nemico ha desistito dall’attacco. Far la ritirata significa attraversare vasti campi di neve, significa impantanarsi portando a spalla le munizioni, i mitragliatori, le mitragliatrici (muli non ce ne sono, la popolazione si è ritirata prima dei partigiani), ma gli uomini vorrebbero combattere ancora, alcuni vogliono fucilare il commissario perché si era messo troppo presto a studiare la via della ritirata…!
Conclusione
Mentre a Ponte d’Azzo passano i morti ei feriti del nemico ritiratosi dopo nove ore di combattimento per l’accanita resistenza del Fastiggi, a Pontericcioli passano pure altri morti e feriti, quelli che hanno combattuto contro il Pisacane che ha salvato, col suo eroico comportamento, il fianco destro del Fastiggi; altre forze tedesche e fasciste devono ricordare i colpi ricevuti nella stessa giornata del 25 marzo dai distaccamenti Stalingrado e Gramsci a Frontone.
Le informazioni assunte dagli abitanti del luogo fanno presumere che le perdite tedesche di quel giorno ascendano a un centinaio di uomini.
Il giorno dopo Radio Londra riconosce il contributo portato alla lotta di liberazione d’Italia, con poche parole: “Aspri combattimenti nella zona fra Frontone e Perugia”. Radio Roma, dal canto suo, non può fare a meno di onorarci con una strabiliante bugia: “Mille tedeschi hanno affrontato 16.000 partigiani; perdite gravi da ambo le parti”.
Nella montagna il Fastiggi e il Pisacane, ricongiuntisi, sono pronti a combattere ancora.
Di questo sono capaci i partigiani.
Note
1 Cfr. Ruggero Giacomini, Ribelli e partigiani. La Resistenza nelle Marche 1943-1944, Ancona, Affinità elettive, 2008; Ivan Tognarini (a cura di), L’Appennino del ’44: eccidi e protagonisti sulla Linea Gotica, Montepulciano, Le balze, 2005; La 5° Brigata Garibaldi “Pesaro”, Pesaro, Provincia di Pesaro e Urbino, 1980; Lotta partigiana e antifascismo nel comune di Cantiano, Cantiano-Pesaro, Comune di Cantiano, Anpi Pesaro e Urbino, 1998; Francesco Lupatelli, Cronache partigiane. Luglio 1943-luglio 1944, Cagli, 2000. Sull’episodio di Vilano del 25 marzo 1944 si veda la scheda: http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=743, ultima consultazione: 28 febbraio 2022.
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