In apertura: “La Giustizia”, a. XXXIX, n. 1969, 22 giugno 1924, p. 1 (Foto dell’Autore).
1. “La Giustizia” settimanale nel socialismo reggiano ed emiliano
Camillo Prampolini decise di fondare agli inizi del 1886 un settimanale d’ispirazione socialista, “La Giustizia”, il cui primo numero uscì il 29 gennaio dello stesso anno. La direzione fu assunta da Prampolini medesimo1, che la mantenne fino alla cessazione forzata delle pubblicazioni nell’autunno 19252. Il periodico sarebbe divenuto «l’espressione del nascente movimento socialista della provincia reggiana che, all’epoca era considerata la “provincia cooperativa” per eccellenza. Il movimento operaio reggiano, infatti, unitamente a quello delle limitrofe province emiliane e romagnole, si apprestava a diventare un faro per il proletariato progressista dell’Italia intera»3 e Reggio Emilia, agli inizi del Novecento, sarebbe divenuta «“il principale laboratorio di vita socialista” e la capitale del socialismo riformista»4. Il giornale alternò diversi sottotitoli nel corso della sua storia. Come avvenne in generale per la stampa locale socialista fra Ottocento e Novecento, anche “La Giustizia” «stimolò l’emergere, sotto le insegne del socialismo, di istanze popolari, di bisogni elementari, dell’anelito delle aree sociali e geografiche emarginate e subordinate ad essere inserite nel contesto nazionale e ad emanciparsi. Fu incentivo alla militanza politica e sindacale, e quindi strumento di crescita e di partecipazione democratiche»5. Essendo poi stata fondata nel gennaio 1886, «anticipò di almeno una quindicina d’anni la fase più intensa dello sviluppo della stampa socialista di provincia […] e al tempo stesso, fin dall’inizio, ne fu l’espressione più alta e più consapevole, anzi costituì spesso il modello a cui ispirarsi»6 e grazie alla dimensione sovra-provinciale che acquisì a un certo punto della sua storia, «fu a lungo il modello del giornale socialista di tipo “regionale”»7. “La Giustizia” fu infatti uno dei pochi periodici socialisti locali a poter vantare una circolazione regionale o sovraregionale. La grande diffusione della rivista reggiana è testimoniata anche dall’alta tiratura. Il 1° gennaio 1904 uscì il primo numero de “La Giustizia” quotidiana, la cui direzione venne affidata a Giovanni Zibordi. L’edizione ebdomadaria, sempre sotto Prampolini, continuò a uscire a Reggio Emilia, nonostante l’accentuarsi delle violenze fasciste, fino all’autunno 1925; l’edizione giornaliera venne invece trasferita a Milano, dove divenne l’organo ufficiale del Partito socialista unitario, continuando a pubblicare fino al novembre 1925, quando venne soppressa. Una “Giustizia” settimanale sorse di nuovo a Roma nel marzo 1926 e pubblicava gli atti del Partito socialista dei lavoratori italiani mentre tutta la restante stampa socialista era stata soppressa e il Psi sciolto. Ma ebbe vita breve: infatti, nell’ottobre dello stesso anno fu costretta a chiudere. Dal punto di vista strutturale, “La Giustizia” era una rivista di quattro pagine. È possibile rilevare come «la figura di Prampolini coincidesse in gran parte con la vita del settimanale stesso»8, visto che quasi la metà degli articoli recano la sua firma. Molti furono i collaboratori: Prampolini permise, infatti, ai più grandi esponenti del socialismo locale e nazionale di scrivere sul suo giornale.
2. Non violenza e Prima guerra mondiale
Relativamente alla Prima guerra mondiale, Prampolini, insieme ai socialisti reggiani, espresse la sua opposizione al conflitto e la necessità che l’Italia rimanesse neutrale. La guerra non avrebbe fatto altro che produrre un arretramento nelle relazioni fra uomini e nazioni, avrebbe consolidato le forze reazionarie in tutti i paesi e avrebbe aumentato esponenzialmente le spese militari di ogni Stato, con conseguenze economiche negative a livello globale. A combattimenti iniziati, il politico reggiano, opponendosi oltreché al conflitto anche a una paventata insurrezione antibellica e all’aumento delle spese per gli armamenti, individuava la causa prima della guerra nel principio della concorrenza alla base del sistema capitalistico-borghese, arrivando a definirla «la forma più acuta e feroce di questa lotta quotidiana che si esplica nel campo industriale e commerciale fra i borghesi delle varie nazioni»9. Fintantoché fosse durato questo sistema, sarebbe esistita anche la «fatalità della guerra»10; di conseguenza, il dovere fondamentale dei socialisti era quello di abbattere, non con le armi ma a livello politico-economico, l’ordinamento borghese11.
Arrivò a concordare sostanzialmente con il discorso di Wilson sulla nota inviata agli Stati belligeranti, preludio ai 14 punti, anche se lo definì una pace “borghese”, la sola possibile in quel momento; accolse però con giubilo la fine delle ostilità nel novembre 1918.
La sospensione delle ostilità è un fatto compiuto.
L’aurora della Pace s’erge in tutto il suo splendore. Benedetta sia! Da tanto tempo l’abbiamo invocata come la suprema delle giustizie! […] Inneggiamo alla pace che arriva, alla pace che ridà un po’ di gioia alle case angosciate, che estrae dei profondi sospiri di sollievo dalle anime travagliate. I nostri figli, i nostri fratelli, non sono più nel pericolo di ogni ora, di ogni minuto. Essi ritorneranno, essi ritornano. Viva la pace!12
Prampolini considerava responsabile dello scontro anche la Chiesa, rea di aver tradito «lo spirito del Cristo, ch’è spirito di pace, ch’è spirito d’amore»13, avendo appoggiato le potenze cristiane che avevano voluto la guerra14.
3. Non violenza e fascismo
Nei confronti del fascismo, Prampolini invitò i socialisti a non cadere nelle provocazioni, a evitare lo scontro e a essere sempre dalla parte della ragione, e considerava il movimento fascista reggiano più debole che altrove a causa della civiltà della popolazione locale, in parte connaturata e in parte sviluppata dalla più che trentennale educazione socialista.
Il Fascismo nacque e crebbe in determinati ambienti, per il concorso di speciali circostanze, che qui mancano. Con ciò non diciamo che altrove esso abbia una ragione d’essere; ma trovò delle occasioni per nascere e vivere. E per vivere, esso ebbe un certo consenso di opinione pubblica, in mezzo a tanta gente a cui appariva come un utile castigamatti contro certi eccessi, senza che perciò quella gente sia fatta di pescicani.
Qui una tale situazione non c’è, e la gente, anche non socialista, trova che il Fascismo non è necessario.
Inoltre […] c’è in genere nella cittadinanza, senza distinzione di parte, una disposizione a sorridere e a biasimare certe forme di violenza tanto più criticabili quanto meno necessarie. […] La libertà e il rispetto ci son sempre stati in grazia all’educazione socialista, ma in virtù anche dell’indole della popolazione, rossa o nera o azzurra, che sia. Non c’è città men militarista di Reggio, e non v’è città dove gli ufficiali vivano più rispettati. Perché? Perché c’è in genere dell’educazione verso tutti, e perché c’è, in ispecie, da più di 30 anni, una educazione politica e socialista che insegna che l’antimilitarismo non consiste nel disturbare gli ufficiali e l’anticlericalismo non sta nell’insultare i preti15.
L’opposizione alle camicie nere prese anche le forme dell’astensionismo alle elezioni politiche del 1921 e del 1924; dell’accettazione di qualsiasi politica governativa contraria alla violenza, arrivando addirittura alla stipula di un patto di pacificazione con Mussolini, poi sconfessato dai fascisti; del cambiamento di tattica politica, abbandonando l’intransigentismo e cercando l’alleanza con le forze borghesi contrarie alle violenze, per riconquistare la libertà16.
L’opposizione prampoliniana al fascismo toccò il suo apice in concomitanza dell’uccisione di Matteotti, quando, definendo l’assassinio come la «peggiore delle aberrazioni»17, profetizzò che l’illegalismo criminale non avrebbe impedito il compiersi anche in Italia del «fatale andare degli uomini verso la libertà e la giustizia»18 e anzi si sarebbe ritorto «contro coloro che follemente sognano di poter mutare con la violenza le leggi della storia»19.
4. Non violenza e insurrezionalismo anarchico, massimalista e comunista
Al “grande esproprio” predicato dagli anarchici, basato sull’insurrezione violenta, Prampolini contrapponeva l’educazione, l’organizzazione e la conquista delle masse al socialismo. Solo così una rivoluzione sarebbe stata efficace. Trascurando queste premesse, gli anarchici divenivano «i più fieri avversarii della rivoluzione sociale»20, poiché lasciavano le masse nell’ignoranza e, quindi, incapaci di approfittare vantaggiosamente di un momento rivoluzionario21.
L’opposizione all’insurrezionalismo massimalista sfociò invece in una polemica fra Prampolini e Mussolini, allora esponente di spicco della frazione radicale. Per quest’ultimo la sollevazione, e in particolare la tattica dello sciopero, era sempre utile, anche quando fallimentare, Per il fondatore de “La Giustizia”, invece, il socialismo non consisteva né nell’estetica né nello sport dell’insurrezione; il socialismo chiamava il proletariato alla vita, non alla morte. Per Mussolini, sostenitore dell’azione delle minoranze, i tempi erano già maturi per instaurare violentemente la nuova società collettivista guidata dal proletariato. Conquistare e formare l’intera massa lavoratrice avrebbe richiesto troppo tempo. Al contrario, per Prampolini, usando una metafora ginecologica, i tempi non erano ancora maturi, il regime socialista non si era ancora formato in embrione all’interno del sistema capitalista, grande industria e proletariato, “ossatura” del nuovo sistema sociale in formazione, non erano ancora abbastanza sviluppati. Accelerare i tempi avrebbe significato arrestare e far regredire l’evoluzione verso il socialismo22.
A proposito di minoranze, Prampolini si contrappose infine all’insurrezionalismo dei comunisti “alla russa”, che teorizzavano la presa del potere manu militari da parte del proletariato di fabbrica. Nella pratica, il potere sarebbe poi stato gestito dal partito alla testa degli operai, cioè il Partito comunista, e specificamente dai capi di questo, come avveniva nella Russia bolscevica. Alla “dittatura del proletariato” Prampolini contrapponeva il “diritto della maggioranza” a governare ovvero la democrazia, oltre al diritto della minoranza a divenir maggioranza attraverso i mezzi pacifici di riunione, associazione, propaganda e voto. Per il socialista reggiano la democrazia costituiva la forma di governo più perfetta, l’unica in grado di condurre al socialismo. La negazione dei diritti suesposti, «diritti essenziali di cui nessun uomo può legittimamente venir privato»23, giustificava agli occhi di Prampolini l’insurrezione violenta volta a ripristinarli. Questa situazione e la difesa personale e territoriale da un’invasione straniera costituivano gli unici due casi in cui Prampolini ammetteva il ricorso alla violenza24.
5. L’attualità della non violenza prampoliniana
Molti degli aspetti correlati alla Prima guerra mondiale e posti in evidenza da Prampolini, quali la distruzione di vite e ricchezze che ogni conflitto porta con sé; il rafforzamento di regimi personali e il conseguente pericolo per le democrazie; l’arretramento delle relazioni internazionali verso odi fra nazioni, che sembravano superati da tempo; il passaggio dall’aumento delle spese militari a scopo difensivo all’aumento a scopo offensivo, d’aggressione verso altri paesi; la presenza di interessi industriali e commerciali dietro allo scoppio o alla mancata conclusione delle guerre e, infine, le conseguenze negative a livello economico e sociale delle stesse sono rintracciabili e presumibili nel mondo nel 2024. Il riferimento è in particolare al conflitto fra Russia e Ucraina scoppiato il 24 febbraio 2022, tuttora in corso, e alla recente ripresa delle ostilità fra Israele e Palestina, in seguito all’attacco terroristico compiuto da Hamas nell’ottobre 202325.
Note
1 Prampolini rimase direttore solo dell’edizione settimanale. Fu anche proprietario del periodico fino al 1895, quando divenne una Spa. Cfr. Associazione Giovani in Europa (AGEuropa), https://www.ageuropa.eu./, ultima consultazione di tutti i link: 19 settembre 2024.
2 «Il giornale venne stampato inizialmente in via Emilia S. Stefano 9, poi in via Ariosto 6, quindi in via Gazzata, nei locali dell’ex orfanotrofio maschile, dove nel 1900 si era insediata la Società anonima cooperativa tra lavoranti tipografi e affini. Qui vennero fissate anche la sede amministrativa e la redazione, fino al 1924, quando dopo l’emigrazione forzata di Prampolini, il giornale si trasferì in fondo a via De Amicis (attuale via Roma)», in Associazione Giovani in Europa (AGEuropa), https://www.ageuropa.eu./.
3 Biblioteca comunale “Antonio Panizzi” di Reggio Emilia, https://www.bibliotecapanizzi.it/.
4 Ibid.
5 Maurizio Degl’Innocenti, La Giustizia e il socialismo reggiano, in Giorgio Boccolari, Adolfo Zavaroni (a cura di), Gli anni de La Giustizia. Movimento operaio e società a Reggio Emilia (1886-1925), Reggio Emilia, Biblioteca municipale “A. Panizzi”, 1986, pp. 11-48: 13.
6 Ivi, p. 12.
7 Ivi, p. 14.
8 Ibid.
9 La guerra e i borghesi, in “La Giustizia”, a. XXIX, n. 1465, 18 ottobre 1914, p. 2.
10 Ibid.
11 Cfr. La Confederazione Provinciale Socialista Reggiana, Operai, contadini, madri: abbasso la guerra!, in “La Giustizia”, a. XXIX, n. 1455, 9 agosto 1914, pp. 1-2; La guerra e i borghesi, cit.; Discussioni in famiglia. Nazione, patria borghese, proletariato e guerre di difesa, in “La Giustizia”, a. XXIX, n. 1469, 15 novembre 1914, p. 4; I socialisti reggiani contro la guerra. Il discorso dell’on. Prampolini alla Federazione Socialista, in “La Giustizia”, a. XXIX, n. 1470, 22 novembre 1914, pp. 1-2.
12 La fine, in “La Giustizia”, a. XXXIII, n. 1678, 17 novembre 1918, p. 1.
13 Dopo venti secoli di cattolicismo, in “La Giustizia”, a. XXIX, n. 1457, 23 agosto 1914, pp. 1-2: 1.
14 Cfr. Dopo venti secoli di cattolicismo, cit., pp. 1-2; La Chiesa e la Guerra, in “La Giustizia”, a. XXIX, n. 1473, 13 dicembre 1914, p. 1; La croce e la spada, in “La Giustizia”, a. XXXI, n. 1538, 12 marzo 1916, p. 1; Il nuovo passo degli Stati Uniti per la pace, in “La Giustizia”, a. XXXII, n. 1584, 28 gennaio 1917, p. 2; Wilson e il nostro partito. (Echi del “messaggio”), in “La Giustizia”, a. XXXII, n. 1585, 4 febbraio 1917, p. 1; La crisi dei consumi e la voce delle moltitudini. (Resoconto ufficiale del discorso pronunciato alla Camera il 3 Marzo corr. dal compagno C. Prampolini), in “La Giustizia”, a. XXXII, n. 1591, 18 marzo 1917, pp. 1-2; La nota del Papa per la pace, in “La Giustizia”, a. XXXII, n. 1613, 19 agosto 1917, pp. 1-2; Quel che dice il Papa. (Dalla Nota ai capi delle nazioni belligeranti), in “La Giustizia”, a. XXXII, n. 1614, 26 agosto 1917, p. 1; Cronaca di Reggio. La magnifica e civile manifestazione di martedì mattina per la pace, in “La Giustizia”, a. XXXIII, n. 1677, 10 novembre 1918, pp. 3-4; La fine, cit.; La Santa Sede, https://www.vatican.va/content/vatican/it.html.
15 La festa fascista di domenica e le vane provocazioni del “Giornale di Reggio”, in “La Giustizia”, a. XXXVI, n. 1796, 13 febbraio 1921, p. 4. Cfr. I fatti di Milano, in “La Giustizia”, a. XXXIIII, n. 1700, 20 aprile 1919, pp. 1-2; Il fascismo e la legge della maggioranza, in “La Giustizia”, a. XXXV, n. 1789, 26 dicembre 1920, p. 1; Cronaca di Reggio. Noi e il fascismo, in “La Giustizia”, a. XXXV, n. 1791, 9 gennaio 1921, p. 4; La festa fascista di domenica e le vane provocazioni del “Giornale di Reggio”, cit.; Fascismo, in “La Giustizia”, a. XXXVI, n. 1797, 20 febbraio 1921, p. 4; Camillo Prampolini, Giovanni Zibordi, Cronaca di Reggio. La violenza fascista di lunedì sera contro i deputati Zibordi e Prampolini, in “La Giustizia”, a. XXXVI, n. 1801, 20 marzo 1921, p. 4; Le distruzioni compiute venerdì dai fascisti contro la “Giustizia”, la Camera del Lavoro, la Stampa Socialista e il Club Socialista, in “La Giustizia”, a. XXXVI, n. 1804, 10 aprile 1921, pp. 3-4.
16 Cfr. La situazione odierna e le elezioni, in “La Giustizia”, a. XXXVI, n. 1806, 24 aprile 1921, p. 1; L’astensione affermata dal congresso provinciale, in “La Giustizia”, a. XXXVI, n. 1806, 24 aprile 1921, pp. 2-3; Le vie del disarmo, in “La Giustizia”, a. XXXVI, n. 1815, 26 giugno 1921, p. 1; La crisi ministeriale e il partito socialista, in “La Giustizia”, a. XXXVI, n. 1816, 3 luglio 1921, p. 1; Tra un governo e l’altro. Il nuovo Ministero, in “La Giustizia”, a. XXXVI, n. 1817, 10 luglio 1921, p. 1; Il concordato di tregua tra socialisti e fascisti. Il testo del trattato, in “La Giustizia”, a. XXXVI, n. 1821, 7 agosto 1921, p. 1; Borghesia e Fascismo, in “La Giustizia”, a. XXXVI, n. 1839, 25 dicembre 1921, p. 1; Per il Congresso. L’assemblea della Sezione reggiana, in “La Giustizia”, a. XXXVII, n. 1866, 21 maggio 1922, p. 4; La dittatura fascista e “la borghesia”, in “La Giustizia”, a. XXXVII, n. 1892, 24 dicembre 1922, p. 1; Verso le elezioni, in “La Giustizia”, a. XXXVIII, n. 1943, 16 dicembre 1923, p. 1; Le elezioni fasciste, in “La Giustizia”, a. XXXIX, n. 1959, 13 aprile 1924, p. 1.
17 L’assassinio del deputato Giacomo Matteotti, in “La Giustizia”, a. XXXIX, n. 1969, 22 giugno 1924, pp. 1-2: 1.
18 La scomparsa di G. Matteotti, in “La Giustizia”, a. XXXIX, n. 1968, 15 giugno 1924, p. 1.
19 Ibid. Cfr. ibid.; L’assassinio del deputato Giacomo Matteotti, cit., pp. 1-2.
20 Un Socialista, Insorgere… e poi? Come sia inutile l’insurrezione, quando nelle masse manca ciò che è necessario per istituire una organizzazione socialista, in “La Giustizia”, a. V, n. 209, 23 marzo 1890, p. 2.
21 Cfr. Un Socialista, Insorgere… e poi?, cit.
22 Cfr. La parola del buon senso. A proposito di sciopero generale, in “La Giustizia”, a. XXVIII, n. 1382, 16 marzo 1913, p. 2; La scuola ostetrica di Mussolini, in “La Giustizia”, a. XXVIII, n. 1385, 6 aprile 1913, p. 2.
23 c. p., I socialisti del reggiano ed i centristi. Cos’è la “dittatura del proletariato?”, in “La Giustizia”, a. XXXV, n. 1746, 7 marzo 1920, pp. 2-3.
24 Cfr. c. p., I socialisti del reggiano ed i centristi, cit.; La preparazione del Congresso Nazionale. Il nostro possibilismo e quello di Serrati, in “La Giustizia”, a. XXXVI, n. 1822, 14 agosto 1921, p. 1; c. p., Che fare? Evoluzione o rivoluzione?, in “La Giustizia”, a. XXXVII, n. 1842, 15 gennaio 1922, p. 1; Il pensiero e le direttive del nostro partito. Democrazia o dittatura?, in “La Giustizia”, a. XXXVIII, n. 1898, 4 febbraio 1923, p. 1; Un socialista, Guerra di classe e lotta di classe. Il dogma di Mosca e l’esempio inglese, in “La Giustizia”, a. XXXX, n. 2038, 30 ottobre 1925, p. 1. Per i riferimenti storici all’interno del paragrafo, cfr. Alberto Mario Banti, L’età contemporanea. Dalla Grande Guerra a oggi, Roma-Bari, Laterza, 2009; Silvia Bianciardi, Camillo Prampolini costruttore di socialismo, Bologna, Il Mulino, 2012; Aurelio Lepre, Claudia Petraccone, Storia d’Italia. Dall’Unità ad oggi, Bologna, Il Mulino, 2008.
25 Cfr. Enciclopedia Treccani, https://www.treccani.it/.