Un cronista a bordo campo: Vittorio Pozzo e i mondiali del 1934

A reporter on the side: Vittorio Pozzo and the 1934 World Cup

In apertura: Vittorio Pozzo portato in trionfo dalla sua squadra dopo la finale vinta 2-1 contro la Cecoslovacchia. 10 giugno 1934 (https://it.wikipedia.org/wiki/File:Coppa_Rimet_1934_-_Italia_-_Vittorio_Pozzo.jpg).

1. Introduzione

L’11 giugno del 1934 i principali quotidiani del paese, aprirono la loro prima pagina dando pomposamente notizia della vittoria della finale della coppa del mondo riscossa dalla nazionale italiana che era stata in grado di battere per 2-1 nei tempi supplementari la tenace Cecoslovacchia. Veniva in particolare messa in evidenza la presenza fortunata del Duce che aveva presenziato alla partita vittoriosa, l’entusiastica partecipazione dell’intero popolo italiano al percorso degli azzurri, il portato simbolico di un trionfo che descriveva anche lo stato di salute del regime fascista e il consenso che era in grado di riscuotere. Sul “Corriere della Sera” lo scrittore e giornalista Emilio De Martino osservava:

Campioni del mondo: la folla, la grande folla di Roma che ha gareggiato in entusiasmo e passione con il pubblico milanese… ha gridato a questi campioni il suo orgoglio. Il grande quadro del campionato, organizzato mirabilmente da uomini di sicura fede, si è concluso alla presenza del Duce, con una grande dimostrazione di popolo, al canto di Giovinezza. La grande fortezza è stata finalmente espugnata. Ora pensiamo a consolidarla. Intanto gli azzurri, il loro presidente, il loro Commissario devono essere issati sugli scudi: essi hanno vinto su tutti i campi. Bisogna rendere loro giustizia. Ma il popolo nei suoi slanci sa essere ancora più grande degli atleti. Questa vittoria conquistata nel nome del Duce è sorta appunto dal popolo, dalla folla, dalla grande generosa folla italiana1.

I campionati del mondo del 1934 assegnati all’Italia durante il congresso della Fifa di Stoccolma del maggio 1932, rappresentarono l’occasione per il regime fascista di offrire al di là dei confini nazionali l’immagine di un paese moderno, giovane e organizzato, convintamente raccolto attorno alla figura del Duce2. In questa ottica giocò un ruolo fondamentale la straordinaria copertura mediatica di cui l’evento potette godere e l’incessante propaganda di taglio patriottico che dall’inizio alla fine con toni trionfalistici esaltò il vittorioso percorso della nazionale italiana3.

I mondiali italiani, iniziati il 27 maggio a Roma (presso lo stadio Nazionale, Italia-Usa 7-1) e terminati con la già citata finale il 10 giugno, videro la partecipazione di 16 squadre, delle quali 12 provenienti dall’Europa (Svezia, Svizzera, Germania, Spegna, Italia, Francia, Cecoslovacchia, Ungheria, Austria, Romania, Paesi Bassi, Belgio), una dall’Africa (Egitto), una dall’America Settentrionale (Usa), due dall’America meridionale (Brasile, Argentina). Si svolsero quindi 17 incontri con la buona media realizzativa di 4,12 gol a partita (per un totale di 70 gol segnati) e un pubblico complessivo che superò le 358.000 presenze (con una media di 21.000 presenze a incontro). Il successo organizzativo, sportivo e finanziario dell’evento si inseriva nel quadro di uno sport, quello del calcio, che in quel primo scorcio di anni Trenta aveva conosciuto in Italia un’importante espansione. Sotto il regime fascista era diventato uno prezioso strumento di integrazione e nazionalizzazione delle masse, grazie alla sua crescente popolarità favorita anche da una generale riorganizzazione che tutto il movimento aveva vissuto con l’introduzione del professionismo, una efficiente struttura dirigenziale, l’istituzione di un campionato nazionale a girone unico. I mondiali del 1934 rappresenteranno un momento di grande importanza per la crescita del movimento4.

2. Il valore degli avversari, le metafore guerresche: il racconto di Vittorio Pozzo

Nella grande copertura mediatica dell’evento, spiccano i resoconti di un allora, assai celebre cronista sportivo de “La Stampa”, Vittorio Pozzo, che in quel momento era anche il commissario tecnico della nazionale. Quando i mondiali italiani iniziarono, Pozzo aveva 48 anni e una già lunga carriera giornalistica e sportiva alle spalle. Dopo una esperienza di buon livello come calciatore (Grasshoppers Zurigo e Torino) aveva allenato gli azzurri (prima due parentesi nel 1912 e nel 1924 poi in carica per diciannove anni di fila dal 1929 al 1948) per affermarsi quindi tra i più importanti tecnici del periodo grazie al metodo un sistema di gioco concreto ed essenziale, basato su difesa e contropiede, di cui sarà tra i massimi interpreti5. Non abbandonerà mai però la sua collaborazione con “La Stampa”, nemmeno durante le competizioni ufficiali nelle quali la sua squadra era coinvolta, consegnandoci così una peculiare e interessantissima testimonianza dell’evento. Nel corso di tutta la competizione, Pozzo scriverà nove articoli: in quattro presenta una accurata cronaca degli incontri degli azzurri (dagli ottavi alla finale), gli altri sono di argomento vario con commenti sulle partite imminenti, previsioni sull’andamento del torneo, retroscena sull’umore dei calciatori italiani. Raramente cita se stesso e quando questo accade la menzione è sempre alla terza persona. Tra le costanti del racconto agonistico dell’allenatore possiamo annoverare: il rispetto per gli avversari la cui levatura è sempre sottolineata con una certa insistenza; il carattere indomabile, caparbio, tenace degli azzurri combattivi anche nei momenti più difficili; lo spessore tecnico e atletico della squadra, la più meritevole alla fine del trionfo iridato; l’esaltazione del regime. Il 28 maggio ad esempio, commentando la vittoria della sua squadra durante gli ottavi di finale sui modestissimi Stati Uniti per 7-1, Pozzo sottolineava comunque il valore dell’avversario che «si rivelò molto più forte del previsto»6. Più aspra la contesta che vedrà ai quarti l’Italia avere la meglio sulla Spagna: il 31 maggio 1-1 dopo i tempi supplementari e poi il 1 giugno ripetizione della sfida secondo le regole del tempo. Pozzo, ufficiale degli alpini durante la prima guerra mondiale, farà utilizzo spesso nel corso della sua carriera giornalistica di metafore belliche7. Qui, il racconto dell’incontro assumeva toni epici e drammatici allo stesso tempo:

Chi lo descriverà mai un incontro calcistico di questo tipo? Fu la più furiosa battaglia che si sia mai vista in campo internazionale, una lotta senza quartiere, un combattimento senza esclusione di colpi, un cozzo all’ultimo sangue fra le squadre più tipicamente latine che partecipano o abbiano partecipato al torneo. La lotta durò fino all’esaurimento e nessuno dei due contendenti riuscì a piegare l’avversario. Tutto quanto vide l’incontro in fatto di marcatura fu compreso nel primo tempo, in venti minuti del primo tempo ad esser più precisi; un punto degli spagnuoli e il pareggio degli italiani. Il primo dopo circa 25 minuti di gioco, il secondo a qualche minuto dal riposo di metà tempo. Il resto, tutto il resto, fu un furibondo lottare con chiara e netta- prevalenza italiana, con una dozzina di situazioni e di occasioni di segnare per gli azzurri e tre o quattro per gli spagnuoli, ma senza che più un pallone, potesse andare a finire in una delle due reti. Fu l’incontro più veloce e più drammatico che si possa immaginare8.

Ancora metafore belliche nella vittoria di misura in semifinale contro l’Austria. Spiegava Pozzo che la squadra aveva mostrato «una fede tale nelle proprie forze e nella propria causa, da far della squadra uno strumento di lotta di prim’ordine, uno strumento di combattimento tipicamente italiano nel senso attuale del termine»9. Virtù che si univano però a una modestia e semplicità nello stile di vita, una frugalità nel quotidiano che rifuggiva da qualsiasi divismo e che Pozzo non mancava mai di sottolineare. In questo senso appare interessantissima la descrizione che il commissario tecnico fa della sua squadra, che dopo la vittoria con l’Austria si riposa nella campagna toscana presso l’Hotel Sorgente Roveta. Vengono raccontate le chiacchierate serene e spensierate che i calciatori azzurri intrattengono con il personale dell’albergo, camerieri, cuochi, con il proprietario, il cavalier Gino Scotti: la caccia alla lepre, la sorgente d’acqua minerale di Roveta, gli affari della struttura. Viene elogiato il contributo silenzioso ma ritenuto fondamentale di chi lavora dietro le quinte, come i massaggiatori della squadra, Angeli e Bortolotti. Vengono anche tessute le lodi della tranquilla campagna toscana:

A Roveta si sta bene. Pace e quiete idiliaca, panorama vario e riposante, passeggiate splendide, aria buona. I giuocatori vi stanno bene, in clausura, senza accorgersene senza sentirne il peso. Sono fuori tutto il giorno, respirano a pieni polmoni non hanno bisogno di sentinelle e non le vorrebbero, tanto spontaneamente volenterosi essi sono, e sugli avvenimenti che gli attendono si possono concentrare senza distrazioni10.

Una caratteristica fondamentale dei campioni, spiegava sempre nello stesso articolo Pozzo, era l’umiltà, la modestia, la semplicità dei modi quotidiani. La serietà. «Una serietà che non è musoneria, una serietà che va benissimo d’accordo con la giovialità e l’allegria»11.

3. «Il dovere compiuto»: forza d’animo, ardore agonistico e fedeltà al regime

I riferimenti alla disciplina, all’austerità del gruppo, all’essenzialità dei modi presentavano numerosi punti di contatto con la filosofia dei campioni d’Italia della Juventus, che in quel momento stava dominando le scene entrando nel cuore dei tifosi italiani. Dal 1930 al 1935, i bianconeri avrebbero vinto cinque campionati consecutivi guidati da Carlo Carcano, altro profeta del metodo, in quei mondiali vice di Vittorio Pozzo che quella squadra conosceva bene, sia perché costituiva l’ossatura della nazionale, sia perché i suoi successi venivano raccontati dal cronista domenica dopo domenica su “La Stampa”12. Di quella Juventus, carta stampata e opinionisti celebravano soprattutto l’impegno quasi calvinista al lavoro, l’abnegazione per la conquista del risultato, la disponibilità a enormi sacrifici sul campo e fuori per sovrastare gli avversari. Un senso del dovere e della competizione fuori dal comune. Letture che senza dubbio si legavano anche a schemi interpretativi sull’efficienza, l’organizzazione, la capacità di fare impresa dei piemontesi di cui la Juventus era certa proiezione sportiva e dei quali anche Pozzo si faceva orgoglioso interprete13. Valori che tornavano anche nella celebrazione del trionfo, nell’articolo pubblicato da “La Stampa” in prima pagina l’11 giugno:

il successo stesso è stato afferrato. Esso premia la serietà, la fermezza morale, lo spirito di abnegazione, la ferma volontà di un plotoncino di uomini che per degnamente difendere i colori dell’Italia, non ha esitato a segregarsi dal mondo per quaranta giorni privarsi di tutto, a piegarsi ad ogni disciplina. Nessuna squadra nazionale mai ha fatto quello che nel periodo della preparazione hanno fatto i nostri azzurri. Si dica quel che si vuole: nessuna cosa supera al mondo la soddisfazione del dovere compiuto con coscienza, con fede, con caparbia anche se necessario, con studio, con prudenza, con successo14.

La ferrea e quasi militaresca disciplina che Pozzo avrebbe imposto al suo gruppo e che era alla base anche della Juventus del quinquennio, del suo allievo Carcano, sarebbe stata uno dei motivi d’orgoglio del commissario tecnico15. Il percorso della squadra italiana era iniziato come visto il 27 maggio con la goleada inflitta agli Stati Uniti (7-1), era proseguito ai quarti con la doppia sfida alla Spagna, il 31 maggio e il 1 giugno (1-1, poi ripetizione vinta per 1-0, gol di Meazza) ed era culminata con la semifinale archiviata per 1-0 contro l’Austria (il 3 giugno) e la finale di Roma, 2-1 alla Cecoslovacchia dopo i tempi supplementari, il 10 giugno. Una vittoria in realtà accompagnata da numerosissime polemiche e recriminazioni da parte degli avversari. La Spagna in particolare lamenterà la scorrettezza e la fallosità del gioco azzurro, denunciando a gran voce l’arbitraggio dello svizzero Mercet, ritenuto assai compiacente nei confronti dell’Italia e in generale il clima intimidatorio che si respirò durante tutto il torneo. La squadra iberica sarà costretta a rinunciare a ben sette elementi nella seconda partita tra i quali Zamora, portiere titolare, simbolo delle furie rosse. Anche l’Austria avrà da recriminare: il gol risolutivo di Guaita verrà giudicato irregolare da diversi osservatori16. Pozzo commenterà con piglio diplomatico alcuni di questi episodi, smorzando sempre i più accesi toni polemici17. Diversi furono anche i riferimenti politici all’evento, alla abilità organizzativa del regime e alla persona del Duce. Non si discostavano molto da quello che tutto il resto della stampa nazionale pubblicava in quei giorni. Da un punto di vista propagandistico durante l’intera durata del torneo vennero sottolineati da parte dei principali quotidiani nazionali tre elementi: la centralità di Mussolini, la cui presenza in occasione degli incontri venne sempre puntualmente registrata sottolineando anche come fosse la sua guida politica a permettere al paese di registrare tanti e validi successi sportivi; la perfetta e puntigliosa organizzazione della manifestazione da parte del regime e l’ammirazione suscitata presso gli osservatori stranieri; la totale e incondizionata fiducia del popolo italiano nel fascismo e nel suo capo. Pozzo seguiva questo copione. Il 30 maggio ad esempio prima dei quarti di finale con l’Austria osservava ammirato la straordinaria efficienza della macchina organizzativa fascista18. Veniva anche sottolineata la presenza di Mussolini, la sua popolarità, la fede entusiastica degli italiani per la sua persona. Nell’articolo di commento alla vittoria ottenuta nel match inaugurale con gli Stati Uniti, era riproposto un elemento che sarà piuttosto presente nella propaganda di quei giorni: la decisione di Mussolini di non ricevere biglietti omaggio ma di acquistarli direttamente alla biglietteria dello stadio19. Dopo la vittoria avrebbe ricordato con commozione i complimenti fatti dal Duce in persona: «ero tanto felice che non ricordo più cosa mi abbia detto. Le sue parole le ho qui, nel cuore, ma non mi sono mai venute alle labbra. Ricordo solo il suono della sua voce ed il suo sguardo»20.

4. Conclusioni

Una settimana dopo il trionfo mondiale, Vittorio Pozzo riprese la sua attività di cronista, raccontando la partita, valida per la coppa Europa, denominata in seguito Mitropa cup, tra Juventus e Teplitzer e vinta 4-2 dai bianconeri21. Il 6 luglio lui e la squadra azzurra sarebbero stati ricevuti da Mussolini in persona a Palazzo Venezia22. Il suo racconto giornalistico, nelle doppie vesti di cronista sportivo e allenatore di calcio è una testimonianza preziosa di quei mondiali. Per tutta la durata del torneo, Pozzo non fece elogi diretti alla propria persona e il merito del successo veniva attribuito principalmente alla squadra e al regime. Il suo quotidiano però, lo avrebbe generosamente celebrato il 23 giugno, organizzando una serata in suo onore presso la sede del giornale in via Roma, a Torino, nella quale incontrò lettori e tifosi e della quale avrebbe dato conto in un dettagliato resoconto23. Pozzo veniva descritto come «il tessitore del successo e il condottiero degli uomini che l’hanno conquistato» ma anche «tecnico profondo conoscitore infallibile del gioco del calcio»24. In quella circostanza il commissario tecnico avrebbe riproposto tutti gli elementi principali del suo racconto giornalistico: lo spessore tecnico e caratteriale del gruppo, l’importanza della compattezza dimostrata dalla squadra e affinata grazie ai lunghi ritiri a Roveta; l’incredibile determinazione dei giocatori; la vicinanza della squadra al regime; la straordinaria organizzazione del torneo.


Note

1 Emilio De Martino, Animati dalla presenza del Duce i calciatori italiani conquistano il campionato del mondo, in “Corriere della Sera”, 14 giugno 1934, p. 1.

2 Ormai ampia è la bibliografia su sport e fascismo. Per una rassegna ragionata: Nicola Sbetti, Daniele Serapiglia, Uno stato dell’arte. Articoli e capitoli significativi per gli studi su sport e fascismo in “Storia dello Sport”, 2022, n. 4, https://storia-sport.it/index.php/sp/article/view/108/202, ultima consultazione di tutti i link: 11 maggio 2024.

3 Riccardo Brizzi, Nicola Sbetti, Storia della Coppa del mondo di calcio (1930-2018). Politica, sport, globalizzazione, Firenze, Le Monnier, 2018, p. 48. Per una storia politica della coppa del mondo si veda anche: Riccardo Brizzi, Nicola Sbetti, La diplomazia del pallone. Storia politica dei mondiali di calcio (1930-2022), Firenze, Le Monnier, 2022.

4 Per un inquadramento generale su calcio e fascismo: Simon Martin, Calcio e fascismo, lo sport nazionale sotto Mussolini, Milano, Mondadori, 2006.

5 Per un ritratto dell’allenatore italiano: Dario Ronzulli, Vittorio Pozzo, il padre del calcio italiano, Bologna, Minerva Edizioni, 2022.

6 Vittorio Pozzo, Italia-Stati Uniti 7-1, in “La Stampa”, 28 maggio 1934, p. 7.

7 Resterà celebre l’articolo commemorativo scritto in onore del Grande Torino il giorno seguente la tragedia di Superga in cui paragonò la squadra granata a un eroico e intrepido battaglione completamente annientato durante un combattimento mentre adempie al proprio dovere. Vittorio Pozzo, Il Torino non c’è più, in “La Stampa”, 5 maggio 1949, p. 2.

8 Vittorio Pozzo, Spettacolo superbo, in “La Stampa”, 1 giugno 1934, p. 5.

9 Id., Gli azzurri battono l’Austria per 1-0, in “La Stampa”, 4 giugno 1934, p. 1.

10 Id., Quando gli azzurri non giocano…, in “La Stampa”, 7 giugno 1934, p. 7.

11 Ibid.

12 Sulla Juventus degli anni Trenta: Aldo Agosti, Giovanni De Luna, Juventus, storia di una passione italiana: dalle origini ai giorni nostri, Torino, UTET, 2019, pp. 71-97; Onofrio Bellifemine, ‘Maledetta Signora’. Storia dell’antijuventinismo (1897-2023), Firenze, Firenze University Press, 2023, pp. 25-37.

13 Silvana Patriarca, Italianità: la costruzione del carattere nazionale, Roma-Bari, Laterza, 2010, pp. 20-21. Su questi punti anche: Onofrio Bellifemine, “Benedetta gente, questi piemontesi!”. Da Torino alla gloria nazionale, la Juventus del quinquennio d’oro (1930-1935) nella stampa italiana, in “Storia dello Sport”, 2022, n. 4, https://storia-sport.it/index.php/sp/article/view/torino-gloria-nazionale-juventus/159.

14 Vittorio Pozzo, Il dovere compiuto, in “La Stampa”, 11 giugno 1934, p. 1.

15 Pozzo avrebbe imposto un lunghissimo ritiro al suo gruppo, prima sulle Alpi e poi nella campagna toscana, per un totale di quaranta giorni. Quasi maniacale era poi il controllo della vita privata dei calciatori (altra caratteristica in comune con Carcano). Come Pozzo ha condotto gli azzurri alla conquista della Coppa del Duce, in “La Stampa”, 24 giugno 1934, p. 6.

16 Brizzi, Sbetti, Storia della coppa del mondo, cit., p. 45.

17 Nella cronaca della prima partita con la Spagna pareggiata 1-1, ammetteva ad esempio che il gol italiano era stato viziato da irregolarità durante una mischia ma riteneva che l’episodio fosse bilanciato dal gol spagnolo (irregolare a causa di una punizione battuta troppo frettolosamente) e da un rigore ingiustamente non concesso agli azzurri. Pozzo, Spettacolo superbo, cit.

18 Vittorio Pozzo, Gli azzurri non fanno pronostici, in “La Stampa”, 30 maggio 1934, p. 7. Un commento praticamente identico si troverà su “Il Popolo d’Italia” dopo la vittoria del torneo. L’appassionato incontro Italia-Cecoslovacchia, in “Il Popolo d’Italia”, 12 giugno 1934.

19 Pozzo, Italia-Stati Uniti 7-1, cit.

20 Come Pozzo ha condotto gli azzurri alla conquista della Coppa del Duce, cit. Pozzo nella sua lunga esperienza sia come commissario tecnico, sia come cronista manifesterà in più occasioni la propria vicinanza al fascismo. Probabilmente l’allontanamento dal regime si consuma tra il 1938 e il 1940 con le leggi razziali e l’entrata in guerra. Recentemente dalle carte dell’Archivio Vittorio Pozzo, custodito presso l’Archivio di Stato di Torino è emerso l’impegno attivo di Pozzo nella Resistenza fin dal settembre del 1943. Alessandro Fulloni, Il partigiano Vittorio Pozzo, in “La Lettura”, 2023, n. 608, pp. 37-39.

21 Vittorio Pozzo, Juventus-Teplitzer 4-2, in“La Stampa”, 18 giugno 1934, p. 5.

22 Giornale Luce B1333 del 06/07/1938, https://www.youtube.com/watch?v=xznjKVyj_KE.

23 Come Pozzo ha condotto gli azzurri alla conquista della Coppa del Duce, cit.

24 Ibid.