In apertura: Manifestazione dei Fasci Italiani di Combattimento – Bologna 1921.
* L’articolo è un primo risultato di una più ampia ricerca sulle origini del fascismo a Bologna finanziata grazie al Comitato Regionale per le Onoranze ai Caduti di Marzabotto.
Negli ultimi anni la storiografia ha rinnovato un certo interesse nei confronti delle origini del fascismo, in particolare in occasione delle ricorrenze legate al periodo compreso tra la fondazione dei Fasci di Combattimento e la Marcia su Roma, e nel 2024 alle attività legate al rapimento e all’uccisione di Giacomo Matteotti. In questo breve contributo si tenterà di tracciare una sintetica disamina della produzione storiografica legata alle origini del fascismo a Bologna a partire proprio dagli anni Venti del Novecento. Come è possibile immaginare, la centralità del capoluogo emiliano-romagnolo nelle vicende che videro la nascita e lo sviluppo del fascismo e nello specifico dello squadrismo, rende ineluttabile per chiunque voglia trattare questo tema “fare i conti” con Bologna e la pianura padana. Davanti a questa massiccia mole di studi e ricerche, che non è possibile citare completamente, e senza disconoscere l’importanza centrale delle opere di storici come Roberto Vivarelli, Renzo De Felice, Fabio Fabbri ed Emilio Gentile1, l’analisi si concentrerà sugli studi prettamente dedicati a Bologna o che forniscono specifici elementi per comprendere le origini e le modalità con cui si sviluppò la violenza e lo squadrismo nel capoluogo regionale.
Già negli anni tra le due guerre furono pubblicati numerosi volumi di protagonisti dell’epoca, che scrissero a caldo, o caldissimo, le proprie considerazioni ponendosi a metà tra la testimonianza e il tentativo di storicizzare le fasi della violenza, soprattutto in funzione politica. Autori come Concetto Valente, Giorgio Pini e Vico Pellizzari2 gettarono le basi per l’interpretazione fascista della violenza come ribellione antisocialista facendo di Giulio Giordani il primo martire della rivoluzione, scaricando tutte le responsabilità dell’assalto a Palazzo d’Accursio sui socialisti. L’inchiesta nazionale del Psi pubblicata nel 1922, in cui un ampio capitolo venne dedicato a Bologna, serviva invece come strumento contro-narrativo e come denuncia delle violenze dello squadrismo tra 1919 e 1921. Negli anni seguenti gli scritti si concentrarono prevalentemente sull’esaltazione di singole figure viventi come Aldo Oviglio, Leandro Arpinati (la cui prima biografia, realizzata da Torquato Nanni nel 1927, fu poi repentinamente ritirata su ordine di Mussolini), o nuovamente Giulio Giordani. Se si escludono le memorie di Angelo Manaresi uscite per il decennale della marcia su Roma, fino alla fine della Seconda guerra mondiale sono solamente due gli scritti di un certo interesse e cioè l’autobiografia edita nel 1936 da Dino Zanetti3, organizzatore delle squadre nazionaliste “Sempre pronti per la patria e per il re”, e il volume del 1938 di Bruno Biagi che nel tracciare le linee storico- politiche della cooperazione sotto il fascismo tenterà di giustificare la violenza come elemento deideologizzante e depoliticizzante della cooperazione4.
È proprio su quest’ultimo tema che si aprono i primi studi sul fascismo nel dopoguerra, anche se bisognerà aspettare qualche decennio prima che alla violenza squadrista sia riconosciuto uno statuto autonomo di analisi. Nell’ambito della campagna economico-politica per l’ottenimento della legge sul maltolto, infatti, il movimento cooperativo iniziò un lungo lavoro di raccolta di informazioni e dati sui danni economici e morali che lo squadrismo italiano, e quindi anche quello bolognese, apportarono alla cooperazione. Ne uscì quindi un primo volume, a cura di Mario Franceschelli nel ١٩٤٩ che, seppur con approcci molto militanti, iniziò a porre le basi per l’analisi approfondita delle dinamiche della violenza squadrista5. Sarà poi tra anni Cinquanta e Sessanta, grazie all’intenso lavoro di studiosi come Renato Zangheri e Luigi Arbizzani, che le origini del fascismo bolognese inizieranno ad essere sistematicamente studiate6. Questi lavori, insieme alle considerazioni di Enrico Bassi7 all’interno del volume sulla storia dell’antifascismo italiano nel 1963-64 e allo scritto inedito di Libero Battistelli pubblicato nel 19698, furono fondamentali per l’apertura di una stagione di studi che approfondisse con rigore scientifico le fasi della crisi del socialismo bolognese e l’affermazione del fascismo, con la definitiva presa di consapevolezza che fu l’assalto di Palazzo d’Accursio il vero e proprio turning point storico-politico di respiro nazionale. Questi studi portarono poi alla luce nomi e protagonisti dello squadrismo, tanto che, con obiettivi diversi, fu sentita la necessità, nel 1968 e nel 1970, di pubblicare due biografie di Arpinati, la prima da parte della figlia9 e la seconda, con uno scopo tutto politico e autoassolutorio, da parte di Agostino Iraci, ex squadrista e collega di Arpinati stesso10.
Nella temperie politica della fine degli anni Sessanta e praticamente per tutti gli anni Settanta gli studi storici si sarebbero concentrati su una ricerca più approfondita dello squadrismo. Lo testimoniano lavori come quello di Arbizzani sulla ricostruzione dell’eccidio di Decima di San Giovanni in Persiceto dell’aprile 192011 e di Ignazio Masulli sulla società e sulla politica bolognese dal 1914 al dopoguerra e sulle origini del Partito comunista a Bologna12. Contemporaneamente Fiorenza Tarozzi pubblicò uno dei primi veri studi sulla fondazione del fascio bolognese, mettendone in luce le iniziali debolezze e divisioni e le seguenti dinamiche di sviluppo13. Negli stessi anni prese piede, inoltre, il lungo lavoro di Nazario Sauro Onofri con un importante studio sui giornali durante il ventennio e sulla figura di Francesco Zanardi14. Da questi studi partirà la consapevolezza della necessità di dover indagare più a fondo come le misure intraprese dalla prima amministrazione socialista di Bologna, in primis l’Ente Autonomo dei Consumi, fossero state osteggiate dalla piccola e media borghesia urbana, quella che supportò subito i primi gruppi paramilitari bolognesi. È in questo contesto che maturò anche la necessità, in dialogo con le elaborazioni di carattere nazionale, di modificare la classica dicotomia tra un biennio rosso contrapposto a un biennio nero a favore di un contesto di più lungo e largo respiro e con accenti più sfumati.
Il trentennale della Liberazione avrebbe poi nuovamente spinto numerose pubblicazioni riguardanti le origini del fascismo con la promozione di pubblicazioni sulla cooperazione ad opera di Arbizzani (1974) e della Federcoop (1975)15 che tracciavano il lungo percorso dall’antifascismo alla Liberazione. Ancora però le violenze squadriste, seppur analizzate, sono inserite in un contesto più ampio che vedeva come attore principale l’antifascismo resistenziale. È comunque in questo decennio che iniziarono a delinearsi in maniera sempre più marcata alcune linee interpretative e di indagine su aspetti che saranno decisivi per gli anni seguenti. Nella comprensione dello squadrismo agrario e del sindacalismo fascista riveste infatti un’importanza centrale lo studio di Paul Corner su Ferrara, perché tramite questo lavoro si comprendono in profondità i legami strategico operativi e di elaborazione politica tra Bologna e Ferrara.
Le tensioni politiche degli anni Settanta portarono quindi a uno studio più esaustivo della violenza, dell’attività delle forze di polizia e delle squadre armate e paramilitari così come la questione degli studenti e dei giovani. È proprio attingendo a questi studi e alle prospettive di ricerca apertesi che dagli anni Ottanta fioriscono nuovi studi a partire proprio dal periodo 1980-82 che vede, quantitativamente, la pubblicazione di dieci studi che abbracciano aspetti economici, sociali e politici. Il 1980 si apre infatti con il primo vero lavoro storiografico su Palazzo d’Accursio ad opera di Nazario Sauro Onofri16. L’importanza di questa opera fondamentale risiede nel fatto che da un lato sono ricostruite tutte le fasi della violenza di piazza e nella sala del consiglio comunale in maniera estremamente analitica, dall’altro l’analisi interpretativa affonda le proprie radici nello studio degli anni precedenti lo scoppio della Grande Guerra e l’aprirsi di lunghe vertenze agrarie che si sarebbero protratte anche nel dopoguerra. In questo modo, pur riconoscendo una notevole importanza alla contingenza postbellica, Onofri dimostrò come alcune tensioni sociali fossero da ricercare già nel decennio, se non nel ventennio, precedente e che la guerra non fece che esacerbare. Allo stesso tempo questo lavoro mette in luce le fasi della nascita e della crescita del movimento squadrista prima nella città di Bologna e poi il suo dilagare nella provincia. È nelle fasi del settembre-dicembre 1920 che si concentra la lettura innovativa e ad oggi credo ancora estremamente valida che riconosce cinque momenti topici nell’esplosione dello squadrismo a Bologna; il primo è rappresentato dal 20 settembre, con l’assalto al ristorante cooperativo della Sala Borsa, il secondo, tra il 13 e il 16 ottobre è caratterizzato prima dai cosiddetti incidenti del “Casermone” tra anarchici e forze dell’ordine e poi dalle violenze fasciste a seguito dei funerali degli agenti morti negli scontri precedenti. Il terzo momento riguarda la firma e la sistematica disapplicazione del concordato Paglia-Calda, considerato uno degli accordi più avanzati d’Italia tra lavoratori della terra e agrari. Il quarto momento è invece rappresentato dall’assalto alla Camera del Lavoro il 4 novembre 1920 dove si rivela agli occhi degli squadristi tutta l’impreparazione da parte dei socialisti, e nello specifico all’ala rivoluzionaria, allo scontro armato e si palesa anche la connivenza di ambienti dello Stato, nello specifico la questura guidata da Luigi Poli. Onofri, infatti, non risparmiando durissime critiche alla condotta di Ercole Bucco e delle Guardie Rosse, indica che quell’episodio avrebbe fatto capire ai fascisti la possibilità di sfidare i socialisti a Palazzo d’Accursio, quinto e vero momento spartiacque. Da quel momento infatti nell’interpretazione di Onofri, i fascisti si rendono definitivamente credibili a quel mondo agrario ancora alla ricerca di un interlocutore politico armato che sapesse controbattere la vivacità e la potenza del socialismo. A seguito di questo lavoro diventano quindi centrali le analisi contenute nel volume collettaneo curato da Luciano Casali, dove i vari saggi toccano proprio molti dei temi divenuti imprescindibili con le analisi del decennio Settanta e l’opera di Onofri17. La necessità di approfondire lo scontro di classe nelle campagne anche prima della Grande Guerra porterà alla pubblicazione nel 1982 del volume di Anthony Cardoza a testimonianza dell’ampio interesse che rivestono le vicende bolognesi nell’ambito degli studi sulle origini del fascismo anche a livello internazionale18. Gli anni Ottanta diventano poi uno snodo centrale per la pubblicazione dell’ultima autobiografia di uno dei massimi protagonisti del fascismo, e cioè Dino Grandi, che ripercorre nella prima metà del libro il suo avvicinamento e poi l’adesione al fascismo una volta tornato dal fronte19. Il decennio si conclude con gli studi di Jonathan Dunnage che riaprono la pista di ricerca sul ruolo delle istituzioni e delle forze di polizia in provincia di Bologna, affondando l’analisi nelle dinamiche sociopolitiche e istituzionali di fine Ottocento e quindi ben prima dell’esplosione dello squadrismo vero e proprio20. Se si escludono altre due biografie su Arpinati uscite nel 1997 e nel 1999 a cura di Cattani e Grimaldi, si può sostenere come gli anni Novanta, rispetto al decennio precedente si siano principalmente concentrati sul ruolo delle forze dell’ordine e sugli anni precedenti alla fine della Grande Guerra, soprattutto da un punto di vista economico, ricercando ulteriormente le ragioni strutturali dello scontro di classe. L’interesse per questi temi, tra l’altro, è testimoniato dalla ristampa del lavoro di Franco Cavazza sulle agitazioni agrarie in provincia di Bologna dal 1910 al 1920, pubblicato inizialmente nel 1940.
Tra fine anni Novanta e inizio Duemila è poi inaugurata la lunga e prolifica collana dell’Istituto Provinciale della Resistenza di Bologna (Isrebo) sulla storia locale che porterà negli anni allo studio, all’interno del contesto più ampio del periodo 1914-1945, delle origini del fascismo e delle violenze squadriste in molti comuni della provincia felsinea, come Monteveglio, Bentivoglio, Crespellano e Bazzano. Grazie a questi volumi è maturata la consapevolezza della pervasività dello squadrismo agrario. A questi studi è da aggiungere il lavoro di Luca Pastore su Pianoro, edito dallo stesso Comune nel 2005. Nello stesso anno l’Isrebo avrebbe poi portato a compimento la monumentale opera in sei volumi a cura di Arbizzani, Onofri e Albertazzi iniziata negli anni Ottanta che raccoglie i principali avvenimenti e brevi biografie di antifascisti, partigiani e vittime del fascismo nel bolognese tra il 1919 e il 1945.
Con il nuovo millennio l’interesse storiografico si sposta nuovamente sullo squadrismo e la violenza acquisisce definitivamente uno statuto autonomo dagli studi sulla Resistenza e sull’antifascismo. A partire dal lavoro sulla costruzione del mito dello squadrismo all’interno del regime fascista di Roberta Suzzi Valli e dall’analisi di Cristina Baldassini sull’autorappresentazione dello squadrismo, sono stati messi in luce aspetti legati alla mentalità e alla componente generazionale e di classe. Il rinnovato interesse per gli squadristi ha in seguito portato alla ribalta studi su personaggi fino a quel momento rimasti relativamente in ombra e cioè Gino Baroncini, a cui saranno dedicati un libro e una tesi di laurea, e Arconovaldo Bonaccorsi, anch’egli oggetto di tesi di laurea, entrambe ad opera di Filippo Simili21. Mentre la figura di Gino Baroncini riveste un ruolo centrale nella comprensione e nell’analisi dello squadrismo agrario e del sindacalismo fascista, Arconovaldo Bonacorsi rappresenta il prototipo dello squadrista violento, la cui traiettoria di vita rimarrà punto di riferimento anche per i gruppi neofascisti della seconda metà del Novecento ed oltre. Gli aspetti generazionali che caratterizzano la composizione del primo squadrismo è poi oggetto di studio nel lavoro di Simona Salustri sugli universitari bolognesi tra il 1919 e il 194322.
Gli ultimi dieci anni sono invece caratterizzati da lavori prevalentemente più generali che rileggono alcuni degli snodi principali come la condotta e il ruolo della Guardia Regia e il linguaggio e la retorica politica. Lo squadrismo diventa un oggetto di studio specifico e approfondito, mentre con la fine del decennio acquista nuovamente centralità la categoria del diciannovismo. In ambito strettamente bolognese sono da citare studi di storia locale su Castel Maggiore a cura dell’Istituto Parri di Bologna, di William Pedrini sull’eccidio di Decima e di Mauro Maggiorani e Vincenzo Sardone su Ozzano Emilia23. La necessità di sistemare le vicende politiche bolognesi alle origini del colpo di Stato ha spinto poi Annalisa Padovani e Stefano Salvatori a raccogliere in un volume i fatti e i protagonisti del nazionalismo e del fascismo bolognesi tramite la cronaca locale24. Nel 2013, una decina di anni dopo il volume sul caso Zamboni e l’attentato a Mussolini del 1926, Brunella Dalla Casa pubblicherà poi la biografia del “fascista anomalo” Leandro Arpinati che, come il volume di Onofri, può essere considerato un punto di arrivo e di partenza allo stesso tempo25. Il volume, infatti, pur tenendo centrale la figura di Arpinati, descrive in maniera dettagliata e approfondita le varie fasi che attraversa il Fascio di Combattimento poi Partito fascista bolognese, dalla fondazione di stampo repubblicano-interventista alla ri-fondazione filo mussoliniana dopo il cambio di campo di personaggi come Pietro Nenni e i fratelli Bergamo. Allo stesso tempo il volume ricostruisce anche gli scontri di potere all’interno del gruppo dirigente fascista concentrandosi sulle figure, tra gli altri, di Baroncini, Baccolini e Grandi, fino alla definitiva presa di potere di Arpinati sul complesso sistema di potere che si stava instaurando a Bologna. Gli ultimi studi, in ordine di tempo, pubblicati su Bologna sono principalmente quattro. Il primo è quello di Ivan Spada edito nel 2021 che cerca di sistemare e analizzare le traiettorie delle carriere locali di alcuni degli squadristi bolognesi, a testimonianza dell’interesse crescente verso le biografie personali di alcuni dei protagonisti della guerra civile del 1919-22 e del sistema politico-economico di Bologna degli anni Trenta26. A questo testo è necessario aggiungere la biografia pubblicata da Federico Morgagni nel 2024 su Genuzio Bentini che, seppur romagnolo, fu indiscusso protagonista del socialismo bolognese.27 Il terzo studio, punto di arrivo di una ricerca condotta dalla Rete Regionale degli Istituti Storici dell’Emilia-Romagna, a cura di Andrea Baravelli, è un volume collettaneo edito nel 2022 che raccoglie saggi per ogni provincia della regione, che ha il merito di suddividere il territorio bolognese da quello imolese, mostrando quindi la complessità di un territorio variegato28. Il quarto lavoro, contraddistinto da una forte spinta militante ma realizzato con rigore scientifico, è stato realizzato nel 2024 da Antonio Senta e Rodolfo Vittori, dove emerge il protagonismo, fino ad ora lasciato in secondo piano, della componente anarchica nell’universo ampio del socialismo bolognese, così come una nuova analisi dell’organizzazione e della violenza nazionalista29.
Come mostra questa breve analisi molti sono stati gli elementi presi in considerazione dagli studi realizzati fino ad ora sulle origini del fascismo bolognese, ma rimangono probabilmente alcuni aspetti da approfondire ulteriormente. In primis, diviene necessaria un’analisi che applichi la categoria della razza all’interno dei metodi e degli obiettivi della violenza squadrista, come portato della costruzione razzista dell’Italia liberale, e in particolare nella contrapposizione tra città (civilizzazione) e campagna (barbarie). Secondariamente sono ormai diventati imprescindibili maggiori riflessioni sul ruolo dei nazionalisti nell’elaborazione delle forme della violenza, in particolare nell’individuare obiettivi primari come la Camera del Lavoro, e sul respiro nazionale che ebbero alcuni momenti cruciali nel bolognese. Un esempio, lo spirito emulatore che produsse l’assalto di Palazzo d’Accursio negli ambienti fascisti campani e più nello specifico in quello stabiese, che si servì proprio del modello bolognese per assaltare, nel gennaio 1921, il palazzo comunale di Castellammare di Stabia. Questi potrebbero essere temi e approfondimenti che arricchirebbero sicuramente il già denso e complesso panorama sugli studi delle origini del fascismo bolognese.
Note
1 Roberto Vivarelli, Storia delle origini del fascismo, 3 voll., Bologna, Il Mulino, 1967, 1991, 2012; Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario, 1883-1920, Torino, Einaudi, 1965; Id., Mussolini il fascista. Vol. I: La conquista del potere, 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966; Fabio Fabbri, Le origini della guerra civile: l’Italia dalla Grande guerra al fascismo, 1918-1921, Torino, Utet, 2009; Emilio Gentile, Le origini dell’ideologia fascista (1918-1925), Bari, Laterza, 1975; Id., Storia del Partito fascista. 1919-1922. Movimento e milizia, Roma-Bari, Laterza, 1989.
2 Concetto Valente, La ribellione antisocialista a Bologna, Bologna, Cappelli, 1920; Giorgio Pini, Le legioni bolognesi in armi, Bologna, Edizioni dell’Assalto, 1923; Vico Pellizzari, L’eccidio di Palazzo d’Accursio, Milano, Mondadori, 1923.
3 Dino Zanetti, L’anima nella bufera: (per non dimenticare), Bologna, Galleri, 1936.
4 Bruno Biagi, La Cooperazione, Milano, Mondadori, 1938.
5 Mario Franceschelli, L’assalto del fascismo alla cooperazione italiana (1921-1922), Roma, Editrice Coop, 1949.
6 A titolo esemplificativo: Renato Zangheri, Le campagne emiliane nell’epoca moderna, Milano, Feltrinelli, 1957; Luigi Arbizzani, Sguardi sull’ultimo secolo. Bologna e la sua provincia, 1859-1961, Bologna, Galileo, 1961; Id., L’avvento del fascismo nel Bolognese, 1920-1922, Parte I-II, in “Movimento operaio e socialista”, 1964, n. 2 e n. 3-4, pp. 83-102, 253-276; Id., Fascismo e antifascismo nel bolognese, 1919-1926, Bologna, Quaderno de “La Lotta” 8, Bologna, 1969.
7 Enrico Bassi, I fatti di Palazzo d’Accursio, in AA.VV., Storia dell’Antifascismo italiano, Roma, Editori Riuniti, 1963-1964, vol. 2, pp. 9-16.
8 Ezio Antonioni (a cura di), Libero Battistelli, I fatti di Palazzo d’Accursio e l’assassinio Giordani, in Fascismo e antifascismo nel bolognese 1919-1926, Quaderno de “La Lotta” 8, Bologna, 1969, pp. 29-37.
9 Giancarla Cantamessa Arpinati, Arpinati, mio padre, Bologna, Il Sagittario, 1968.
10 Agostino Iraci, Arpinati l’oppositore di Mussolini, Roma, Bulzoni, 1970.
11 Luigi Arbizzani, L’eccidio di Decima (5 aprile 1920), in “Strada maestra”, Quaderni della biblioteca di S. Giovanni in Persiceto, Bologna, 1970, pp. 5-20.
12 Ignazio Masulli, Società e politica a Bologna dal 1914 al dopoguerra: in tema di origini del fascismo, in Deputazione Emilia-Romagna per la storia della Resistenza e della Guerra di Liberazione, La Resistenza in Emilia-Romagna: numero unico per il 25esimo Anniversario della Lotta di Liberazione nazionale, Bologna, 1970, pp. 69-114.
13 Fiorenza Musiani Tarozzi, Il primo e il secondo “Fascio di combattimento” di Bologna nelle carte dell’archivio riservato del gabinetto di prefettura (1919-1922), in “Atti e memorie della Deputazione di Storia patria per le province di Romagna”, 1972, XXIII.
14 Nazario Sauro Onofri, I giornali bolognesi nel ventennio fascista, Bologna, Tip. Moderna, 1972.
15 Luigi Arbizzani, Antifascismo e cooperazione nella provincia di Bologna, Bologna, Federcoop, 1974; Federcoop, Antifascismo e cooperazione nella provincia di Bologna: 30esimo della Resistenza e della Liberazione dal nazifascismo, Bologna, Federcoop, 1975.
16 Nazario Sauro Onofri, La strage di Palazzo d’Accursio. Origine e nascita del fascismo bolognese, 1919-1920, Milano, Feltrinelli, 1980.
17 Luciano Casali (a cura di), Bologna 1920: le origini del fascismo, Bologna, Cappelli, 1982.
18 Anthony Cardoza, Agrarian Elites and Italian Fascism. The Province of Bologna, 1901-1926, Princeton, Princeton University Press, 1982.
19 Dino Grandi, Il mio Paese. Ricordi autobiografici, a cura di Renzo De Felice, Bologna, Il Mulino, 1985.
20 Jonathan Dunnage, Istituzioni e ordine pubblico nell’Italia giolittiana. Le forze di polizia in provincia di Bologna, in “Italia Contemporanea”, 1989, n. 177, pp. 5-26; Id., Ordinamenti amministrativi e prassi politica. Le forze di polizia a Bologna di fronte al fascismo 1920-1922, in “Italia Contemporanea”, 1992, n. 186, pp. 64-89.
21 Filippo Simili, Gino Baroncini e il sindacalismo fascista bolognese, Tesi di laurea in Storia Contemporanea, rel. Maria Salvati, Università degli studi di Bologna, a.a. 2004-2005; Id., Arconovaldo Bonacorsi: il “conte rossi” alla conquista di Maiorca, Tesi di laurea in Storia contemporanea, rel. Luciano Casali, Università degli Studi di Bologna, a.a. 2006-2007.
22 Simona Salustri, La nuova guardia. Gli universitari bolognesi tra le due guerre (1919-1943), Bologna, Clueb, 2009.
23 Domenico Bruno, Enrico Cavalieri, Luca Pastore, La pianura e il conflitto: fascismo, Resistenza e ricostruzione a Castel Maggiore 1919-1946, Istituto Storico Parri Emilia-Romagna, Venezia, Marsilio, 2010; William Pedrini, L’eccidio di Decima (5 aprile 1920): “Niuna esitanza, niuna debolezza”, S. Matteo della Decima, Marefosca, 2017; Mauro Maggiorani, Vincenzo Sardone (a cura di), Dai primi socialisti a Tonino Pirini. Il lungo filo rosso della sinistra a Ozzano Emilia (1895-1975), Imola, Bacchilega, 2019.
24 Annalisa Padovani, Stefano Salvatori, Cronaca del nazionalismo e del fascismo a Bologna dal 1918 al 1923. Nomi, fatti, luoghi, Bologna, Tinarelli, 2011.
25 Brunella Dalla Casa, Leandro Arpinati. Un fascista anomalo, Bologna, Il Mulino, 2013.
26 Ivan Spada, Il fascismo a Bologna. Storia delle camicie nere all’ombra delle due torri (1919-1945), Roma, Red Star Pess, 2021.
27 Federico Morgagni, Genuzio Bentini dall’Italia liberale al fascismo, Bologna, Bologna University Press, 2024.
28 Andrea Baravelli (a cura di), Le origini del fascismo in Emilia-Romagna. 1919-1922, Bologna, Pendragon, 2022.
29 Antonio Senta, Rodolfo Vittori, Guerra civile. Bologna dal primo dopoguerra alla Marcia su Roma. 1919-1922, Milano, Zero in Condotta, 2024.